5_Drowsy anger
La vedeva sempre, ogni volta
che gli capitava di sbirciare dalla finestra della sua camera alla
Pandora e per disgrazia incrociava proprio Oz in compagnia di suo fratello e spesso e volentieri anche di quel fastidioso buffone di Xerxes.
La vedeva ed in lei riconosceva, nonostante il differente
atteggiamento, la ragazza che aveva rattristato Jack nella sua
infanzia. Quella per cui anche Gilbert aveva provato rabbia e rancore.
Alice.
Non riusciva a capire perché fosse riuscita a liberarsi dei suoi
ricordi, quei ricordi che lui le aveva lasciato con tanta dedizione
impressi nella sua mente come marchi di fuoco indelebili e che reputava
la giusta punizione per aver fatto soffrire Jack e Gilbert.
E invece adesso viveva come una persona normale, benché non lo fosse - così come non lo era stata nemmeno allora.
Ogni volta che Vincent vedeva Alice, l’istinto di farle del male
sorgeva spontaneo in lui come quando era piccolo, il desiderio di farle
scontare un’altra volta tutto il dolore che aveva consumato a suo
tempo tutto ciò che gli era più caro, che l’aveva
spinto a fare quel che aveva fatto.
Il giovane Nightray era vincolato in una prigione di rabbia dalla quale non riusciva e non voleva scappare, non prima che Alice avesse pagato di nuovo per le sue colpe.
«Accidenti, ma dove si sarà cacciato Oz?».
La sede della Pandora era un edificio grande e per Alice, nonostante
fosse già qualche tempo che vi era ospite, era ancora difficile
orientarsi - soprattutto
quando il suo Contraente decideva di andarsene in giro da solo:
chissà perché quel ragazzo aveva una passione innata per
andare a cacciarsi nei luoghi più impensabili.
La Chain camminava a passo spedito, il rumore dei tacchi che
riecheggiava contro le pareti, disperdendosi in lontananza. La sua
espressione era quella tipica di chi andava in cerca di qualcun altro
più perché era costretta che per voglia vera e propria.
Non vedeva l’ora di trovare Oz per dirgliene quattro: come si
permetteva di lasciare da sola la sua padrona senza dirle neppure dove
andava?
«Ah, appena lo trovo gliela faccio vedere io...!» esclamò, stizzita.
Fu quella frase a far fermare Vincent nel bel mezzo di uno dei tanti
corridoi che si affacciavano su quello che Alice stava percorrendo in
quel preciso istante.
Un’ondata di rabbia montò dentro di lui, invadendogli il
petto, accecandolo: adesso non vedeva altro che lei, la fonte ignara di
tutti i mali che si erano abbattuti su di lui nel corso della sua
infanzia.
Quando la vide passare davanti all’imboccatura del suo corridoio,
il biondo non riuscì a trattenersi ed accelerò il passo,
senza però farsi sentire.
Le sbucò alle spalle, l’espressione rabbiosa ed inquietante.
La ragazza si voltò un poco sentendosi lo sguardo di qualcuno
inchiodato addosso e non riuscì a trattenere
un’espressione stupefatta e spaventata quando notò il
cipiglio che il Nightray aveva assunto, così diverso da quello
che aveva normalmente.
Indietreggiò per riflesso di un passo, avvicinandosi alla parete.
«Che cosa vuoi?» domandò, diretta ed intimorita: quel ragazzo non le era mai piaciuto.
Non sapeva spiegarsene le ragioni, ma era come se percepisse una specie
di energia negativa scaturire da lui. Era una persona che non le
ispirava affatto fiducia, anzi, l’esatto contrario.
Vincent le si avvicinò inesorabilmente, imprigionandola tra il proprio corpo ed il muro.
«Alice...» sussurrò, inarcando le sopracciglia «... tu non ricordi niente».
«E allora?» domandò lei per contro. Non capiva dove
il biondo volesse arrivare, ma voleva andarsene da lì: quella
vicinanza ristretta la metteva in difficoltà.
«Perché non sparisci di nuovo? Gil non ti vuole...»
disse Vince, sorridendole maligno, chinandosi sulla fanciulla.
Nella sua mente si ripresentò l’immagine della prima
sfuriata che Gilbert le aveva fatto - della quale né
l’aggressore né la vittima però ricordavano niente.
Lui, invece, ricordava tutto, il rancore e la rabbia che suo fratello
sembrava aver serbato per tanto senza poter dar loro voce in alcun
modo, emozioni che aveva percepito quasi a pelle liberarsi assieme alle
parole del fratello.
Ed era stato da quel momento che anche lui aveva cominciato a provare
rabbia nei suoi confronti, una rabbia che - a differenza di Gilbert -
lui aveva continuato a portarsi dentro attraverso l’Abisso, fino
ad allora.
Alice cominciò a cercare di spostarlo per crearsi un varco ed uscire.
«Non m’importa! Vattene! Lasciami andare...!» esclamò.
Era in trappola e lui poteva lasciar andare finalmente a briglie
sciolte la rabbia che era stato costretto a serbare senza
possibilità di sbocco per tutti quegli anni.
Le afferrò un polso, trattenendolo contro la parete, quindi
affondò l’altra mano nelle pieghe della sua uniforme,
estraendone il suo amato paio di forbici, la sua arma preferita, quella
con cui aveva inflitto tanto dolore a quella stessa ragazza
cent’anni addietro.
La sensazione di poterla finalmente sopraffare con facilità e
dar libero sfogo a ciò che aveva represso così a lungo lo
sovreccitava. La mano con cui stringeva le forbici gli tremava appena,
mentre la sollevava sopra di lei.
Voleva farle del male, quanto più poteva.
Alice sgranò gli occhi: perché quelle forbici le erano in qualche terribile modo familiari...?
Aveva l’orrenda sensazione di averle già viste... ma non ricordava dove.
Cercò con più foga di divincolarsi dalla sua stretta, che
per contro il suo aggressore strinse ancor di più.
«Basta far soffrire Gilbert. Non soffrirà più per
colpa tua» disse, sorridendo, calando la sua arma su di lei con
rabbia e veemenza, come un boia che abbatte la propria ascia sul collo
di un condannato alla pena capitale.
Alla fine il momento in cui avrebbe sfogato la propria rabbia - che si
sarebbe abbattuta su Alice senza che lei potesse sfuggirle - era
arrivato.
«Vince! Che stai facendo?».
Il Nightray dilatò gli occhi, paralizzato dalla voce che gli era appena giunta dal fondo del corridoio.
Abbassò la mano con un gesto fulmineo, nascondendo nuovamente le
forbici nelle pieghe dell’abito, ed alzò lo sguardo -
adesso nuovamente normale - per fissarlo sul fratello maggiore che si
avvicinava a lunghe falcate attraverso l’andito,
l’espressione a metà tra stupore e rimprovero.
Gilbert era assolutamente certo di quel che aveva visto: fino ad un
momento prima suo fratello impugnava a mo’ di arma le sue forbici
e stava per ferire Alice.
A lui personalmente non importava niente della sua incolumità
fisica, poiché era a causa della sua esistenza in quel mondo che
il suo signorino era diventato un Contraente Illegale la cui lancetta
inesorabilmente, spostandosi, lo avvicinava sempre più
all’oblio eterno.
Fosse stato per lui, quel coniglio sarebbe già morto da tempo,
però non voleva che le capitasse niente perché Oz le era
affezionato.
Gilbert era assolutamente certo che non avrebbe potuto sopportare di
vedere la reazione del suo padrone in caso fosse successo qualcosa
d’irreparabile ad Alice.
«Gil...» disse il biondo, apparendo completamente innocente.
La Chain gli lanciò un’occhiata colma d’odio e se ne
andò correndo senza dire una parola, sollevata per il tempestivo
arrivo di Raven - anche se non aveva la minima intenzione di
ringraziarlo.
«Vince, cosa volevi fare con quelle forbici, mh?»
esclamò il moro senza tanti preamboli, fermandosi a pochi
centimetri da lui.
«Niente, Gil. Stavamo solo facendo due chiacchiere» rispose
Vincent placido. Dentro, però, gli rodeva immensamente che lui,
lo stesso che l’aveva aggredita così duramente durante
l’infanzia, adesso la stesse proteggendo a spada tratta.
Era frustrante.
«Due chiacchiere puoi farle anche senza quelle. Non fare del male ad Alice, chiaro?».
Le parole di Gilbert furono gelide, dure e ferirono il minore
più a fondo e più gravemente di una pugnalata al cuore:
il maggiore non gli si era mai rivolto con quel tono severo. Era
arrabbiato con lui e non si peritava minimamente di nasconderlo, anzi,
voleva farglielo ben capire.
In un certo qual modo, il più giovane dei due Nightray si
sentì tradito: colui che gli aveva “aperto gli
occhi” cent’anni prima sull’effetto che quella
ragazza sortiva su Jack adesso lo rimproverava duramente per aver
tentato di sbarazzarsi di lei.
Tutto ciò gli bruciava immensamente, eppure non rispose a tono a
suo fratello. Non ne era capace: gli era troppo affezionato.
Piuttosto, replicò con un moderato: «Non alzerò un dito su di lei, Gil, se è questo che vuoi».
E, senza aspettare altro, se ne andò, mentre in cuor suo la rabbia per Alice aumentava a dismisura.
Adesso non più solo perché in passato aveva rovinato la sua infanzia con Jack, ma perché nel presente aveva messo suo fratello contro di lui.
«Verrà il giorno in cui la pagherai di nuovo, Alice... per tutto quanto».
Angolino autrice
Aggiornamento regolare O/ lodato il cielo! *-*
Spero che il capitolo sia venuto
bene *diffida anche lei*. L'idea di partenza c'era, ma forse mi sono
persa per la strada *si strappa i capelli*
E con questo capitolo arrivo a metà della raccolta ù____ù *i prompt sono 10*
Ringrazio GMadHattressFromUnderground per la recensione allo scorso capitolo e coloro che hanno inserito la fic tra le preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
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