Il
cielo d'estate
Il
cielo d’estate era uguale a quello d’inverno, a
Forks.
Un’infinita distesa grigia che gli metteva tristezza. Solo la
frequenza dei
giorni di sole era diversa: in estate una volta a settimana la luce
riusciva a
bucare quella barriera impenetrabile che gli impediva di scaldare la
terra
della penisola olimpica e faceva rimpiangere ai poveri cittadini i
giorni
grigi. L’umidità che si sollevava dal terreno
rendeva l’aria irrespirabile e
tutti cercavano conforto sulla spiaggia – grigia come il
cielo – di La Push.
Morale
della favola, ogni volta che usciva il sole gli
era impossibile scendere a divertirsi con i suoi amici,
perché la spiaggia era
invasa dai visi pallidi.
A
dodici anni Embry Call rifletteva su quell’ingiustizia
seduto sugli scalini della veranda. A quattordici faceva comizi con gli
inseparabili Jacob e Quil. A sedici cercava di non pensarci, sapendo
che se si
fosse arrabbiato sarebbe diventato una palla di pelo a quattro zampe e
con i
denti aguzzi.
Ma
non sapeva dove altro indirizzare i suoi pensieri.
Jacob era fuggito, dopo aver ricevuto la notizia del
matrimonio di Bella. Sperava che tornasse presto, gli mancava davvero
il suo
migliore amico, così come gli mancava l’altro suo
migliore amico, portato via
dall’imprinting su una mocciosa di tre anni.
Quil.
Come
in risposta ai suoi pensieri gli si parò davanti.
«Oggi
niente turno come babysitter?»
«No,
c’è il sole.» rispose mentre si sedeva
sui gradini
della veranda accanto a lui come quando erano bambini. Embry non capiva
cosa
c’entrasse il sole con il turno da babysitter di Quil.
«Sole
uguale visi pallidi alla spiaggia, Em. Non
capirebbero.»
«No,
penserebbero che tu sia il padre o il fratello
maggiore della piccoletta. Non vedo cosa ci sarebbe di
strano.»
«Niente.»
sospirò e si alzò in piedi. Al pensiero che se
ne sarebbe andato lasciandolo di nuovo lì da solo, Embry
ebbe un sussulto.
«Vuoi
un bicchiere di tè freddo? Mamma l’ha preparato
prima di andare a lavoro.»
«Perché
no? Con quest’umidità mi si sta appiccicando
tutto il sudore addosso.»
Entrarono
in casa e si sedettero fianco a fianco sul piccolo
divano del soggiorno in perfetto ordine. Accesero il televisore e
guardarono le
immagini scivolare sotto i loro occhi mentre sorseggiavano i
tè.
«Manca
anche a te, eh?»
Impossibile
non capire a chi si stesse riferendo Quil.
Jake era assente fisicamente, eppure più presente che mai,
per loro.
«Tra
una settimana Bella si sposa. Sai che Seth andrà al
matrimonio?»
«Seth non ha tutte le rotelle a posto, l’abbiamo
sempre
saputo. E comunque anche Billy e Sue sono stati invitati.»
«Billy ci va solo per Charlie. Sai che se potesse lo
salterebbe!»
«Sei passato a trovarlo?»
«Sì. Tu hai Claire e io passo un sacco di tempo da
solo…
perciò ho pensato che forse avesse bisogno di un
po’ di compagnia. La prima
settimana da quando Jake se ne è andato sono passato tutti i
giorni. Poi è
tornata Rachel, e Paul ha avuto l’imprinting con lei. Non ha
più bisogno della
mia compagnia.»
Silenzio.
Nessuno aveva
bisogno di lui, si
trovò a pensare in un istante particolarmente buio, poi
gli venne in mente sua madre e tutto quello che aveva fatto per lui.
Aveva
lasciato la sua casa, l’aveva fatto crescere in mezzo alla
sua vera famiglia,
nonostante non gli avesse mai rivelato chi era suo padre.
«Ne
ho bisogno io.» affermò Quil serio. Le mani
strette a
pugno sulle ginocchia e le spalle rigide. Non si era voltato a
guardarlo, e la
cosa dava molto più valore alle sue parole. Se
se ne vergognava, allora era vero.
«Ma tu hai Claire.»
«Sì, e ho bisogno di te per sentirmi normale. Hai
idea di
quanto mi sento stupido a stare vicino a una bambina di tre anni e
preoccuparmi
per lei come se fossi suo padre? Sam e Jared la fanno facile. Hanno
avuto
l’imprinting con delle coetanee. E Paul con una di quattro
anni più grande! È
normale per loro sentirsi fighi… io ho la testa piena di
pannolini, pappette,
para-angoli, copritermosifoni in gommapiuma e copri-prese elettriche.
Ho
bisogno di te per sentirmi un sedicenne cazzone! Sono diventato padre
senza
nemmeno essermi goduto una sana scopata!»
Embry
non capiva perché si sentisse imbarazzato dalle
parole di Quil. Avevano passato anni a prendersi in giro, lui, Quil e
Jake.
Ecco, forse era proprio per l’assenza di Jake che si
sentiva imbarazzato.
Jake che buttava tutto sul ridere, Jake che gli impediva
di ragionare troppo sulle parole di Quil. Jake che gli mancava davvero,
perché
forse solo lui aveva capito come si sentiva nei confronti
dell’imprinting di
Quil.
«Avrai
bisogno di me anche quando Claire sarà cresciuta e
non ti farai più tutte queste paranoie?»
«Ma
che dici? Certo che avrò sempre bisogno di -»
Quil
non poté continuare la frase. Embry gli aveva chiuso
le labbra con le proprie. Era solo curioso di sapere come sarebbe
stato, e
prese immediatamente le distanze. Si alzò dal divano, anche.
Quil
lo imitò e uscì dalla casa balbettando qualche
scusa.
Sette
giorni dopo Jacob ritornò dal suo esilio e per
Embry e Quil fu come se nulla fosse mai successo.
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Ringrazio:
Kukiness,
che mi ha fatto venire voglia di
scrivere una Embry/Quil, Dragana
che pensa che sia un pairing quasi canon, e
Abraxas
che come al solito fa da lettore di prova e da beta.
Un grazie enorme a tutti e tre per la compagnia in questi caldi giorni
estivi ;)
E ovviamente ringrazio tutti voi che state leggendo
queste parole, perché ci siete.
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