Il mare. L'avevo già visto una volta, durante l'infanzia, ma
non esistono parole per descrivere ciò che prova un
fanciullo dell'entroterra di fronte all'inaspettata distesa marina, al
fascino dell'orizzonte celeste che si congiunge al mar ein una linea
perfetta.
I campi e le montagne, che sembravano estendersi interminabilmente, si
interrompono formando spiagge sinuose, insenature e scogliere: solo le
nuvole proseguono il loro cammino, impalpabili, con i loro pensieri
errabondi, nell'immensità dei tranquilli tramonti costieri.
Ma quella distesa è viva, ancor più della terra.
Muta inaspettatamente, parla una lingua infinita che atterrisce l'uomo.
E' allora che quell'uomo dell'entroterra comprende che nulla si
può costruire sul mare. Le case, i templi e le mura in cui
troviamo riapro sono impossibili qui. Solo il fragile vascello, che
forma una bianca scia che subito sfuma. I suoi sensi sembrano
dileguarsi, svanire in una vertigine senza ormeggi, e grida,
inginocchiandosi di fronte all'immensità, o indietreggia,
temendolo e odiandolo per sempre.
Io rimasi sbalordito sulla sabbia, contemplando quel gigante calmo e
ceruleo che si avvicinava a lambirmi i piedi delicatamente.
Ecco, visto che nessuno lo legge, per te che non sei nessuno, ma
qualcuna(: anzi, quancuna con la Q maiuscola, Qualcuna. La mia Qualcuna
preferita.
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