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7.
Senza aspettare nemmeno di
essere arrivata in camera, mi libero dell’abito bianco, trascinandolo su per le
scale fino all’armadio dove lo relego con un sospiro liberatorio.
Infilo i primi jeans che mi
capitano a tiro, legando i ricci biondi in una coda alta e dopo quindici minuti
afferro le chiavi della mia auto; sono praticamente scappata via dalla chiesa,
completamente dimentica dei miei genitori, ma ormai penso di essere abbastanza
padrona delle mie emozioni per affrontare tutte le conseguenze dell’abbandono
dello sposo sull’altare.
Spalanco il portone e sobbalzo
per la seconda volta in meno di mezz’ora “Per l’amore del cielo, Nick! Ti
diverti così tanto a farmi spaventare?” Chiedo al giovane seduto sugli scalini,
a meno di un metro da me. “Dillo che hai intenzione di uccidermi!” Esclamo con
un sorriso, il battito cardiaco ancora accelerato.
L’altro si rabbuia di colpo ed
alzandosi esclama, in tono aspro “A quanto pare la mia presenza qui non è
gradita, quindi vado via!”
Spalanco gli occhi, stranita
“Ehi, ma perché travisi le mie parole?” Allargo le braccia e vado a sedermi
anch’io sugli scalini, guardando il giovane, ancora in piedi “Io non ho mai
detto una cosa del genere, sei stato tu… bah, meglio non cercare di spiegarsi i
tuoi strani comportamenti!”
Circondo le ginocchia con le
braccia, fissando il vuoto per qualche istante, in leggero imbarazzo, prima di
inspirare profondamente “Scusa Nick!” dico all’improvviso “Scusa, non avrei
dovuto parlarti in quel modo, l’altro giorno. Avevi ragione, è solo che non
volevo accettarlo!” Sospiro con aria colpevole “Sono stata una vera cocciuta!”
“Già… una cocciuta!” mi fa eco
lui, quasi assente, nonostante abbia lo sguardo fisso su di me.
“E non solo questo! Per non
parlare del tuo squallido discorso!” Il giovane sospira, tornando a sedersi,
prima di sorridere lievemente “Anzi, squallido è dir poco. Tutte quelle cose: la
solitudine eterna ecc, ecc… sinceramente potevi fare di meglio, con la fantasia
che ti ritrovi!” Si stiracchia con aria soddisfatta mentre mi ritrovo a
guardarlo, sorpresa: è bastato poco per fargli cambiare umore.
Rimaniamo in silenzio e,
ripensando alle parole appena pronunciate da Nicholas, sorrido amaramente. Non
posso negare che facciano molto male, ma non riesco a volergliene: dopotutto lui
non sa nulla e anche tutte quelle frasi che gli ho sputato addosso con l’intento
di ferirlo, non sono servite a nulla. Nonostante ciò mi sento in colpa: non
avevo nessun diritto di giudicare la sua scelta di vita, come lui non ha mai
fatto con me.
Mi volto un attimo verso il
giovane, ritrovandomi di fronte i suoi occhi neri. Rimango un attimo immobile
prima di inclinare la testa di lato. Nicholas si scuote, aprendo e chiudendo la
bocca più volte mentre scuote leggermente la testa, voltandosi dall’altra parte.
Alzo le spalle di fronte a
quella reazione e ritorno a fissare l’orizzonte “In fondo…” penso tra me “Non
sono molto rattristata da come sono andate le cose; sembra che il destino avesse
deciso fin dall’inizio come dovevano andare le cose.” sorrido brevemente “Il
destino, già! Non è che ci abbia mai creduto a queste cose però, ci sono delle
volte in cui è tanto evidente la sua azione e le sua presenza…”
“Annie!”
La voce di Nicholas, forte e
sicura, mi distoglie dai miei pensieri e mi fa voltare di colpo.
Pochi istanti, neanche il tempo
di rendermene conto, e le labbra di Nick sfiorano le mie per pochi, velocissimi
secondi. E con la stessa velocità il giovane si alza, pronto ad andar via.
“Ehi!” esclamo appena mi rendo
conto che Nicholas sta tentando la fuga “Dove credi di andare?” La sorpresa per
quel gesto improvviso ed inaspettato viene surclassata dalla necessità di avere
una spiegazione: cosa gli è preso così all’improvviso? È possibile che l’idea
assurda che sta cominciando a farsi largo nella mia testa possa essere vera?
Nick si volta e, come se nulla
fosse, torna indietro, sedendosi nuovamente vicino a me; la sua espressione è
imperturbabile “Cosa c’è?” chiede tranquillamente, fissandomi negli occhi;
sembra che l’unica a sorprendersi per un nonnulla sia io.
Socchiudo le labbra, rimanendo
qualche attimo a scrutarlo prima di domandare, scandendo bene le parole “Vuoi
gentilmente spiegarmi il significato del gesto, tra parentesi, non autorizzato,
di poco fa?”
Solleva le spalle, con
noncuranza, prima di lanciarmi un’occhiata gelida
“Tutto quello che stai pensando e ipotizzando non corrisponde alla
realtà!”
“Ma benissimo!” ribatto io di
rimando, questa volta con una faccia di bronzo “Allora vuoi di grazia dirmi tu
perché l’hai fatto?”
Nicholas mi poggia un pollice
sulla guancia “Volevo scusarmi per averti lasciato il segno delle dita sulla
guancia!” Un sorriso ironico gli sale in viso ed ho come la netta e brutta
sensazione che si stia deliberatamente prendendo gioco di me.
Lo fisso incredula;
atteggiamenti come questo non sono normali neanche per lui. “Ma se era solo
quello, perché…” Sussurro incapace di andare oltre, sempre più convinta di
sapere cosa ci sia sotto.
Nicholas sembra intuire il mio
sospetto perché all’improvviso la pelle abbronzata del suo viso assume una
sfumatura più rosea e con uno scatto torna ad alzarsi.
“Ah, un’ultima cosa!” esclama
prima di poggiare una mano sullo scalino e chinarsi fin quando i nostri visi non
sono tanto vicini da sfiorarsi. Con la sua calma ritrovata mi bisbiglia
all’orecchio “Quello che provavi fino a qualche
giorno fa per Scott, beh… penso sia lo stesso sentimento che sto provando in
questo momento per te!” sorride furbescamente, raddrizzandosi e questa volta si
allontana definitivamente.
Guardo Nicholas andar via e
senza saper perché, mi sento leggera e felice, anche se ancora un po’ confusa.
Il paesaggio che mi circonda
comincia ad aver i contorni più sfocati e in pochi istanti rimango in compagnia
soltanto dell’oscurità.
“Annie… Annie, mi senti?”
Una voce, di nuovo, come giorni
prima: una voce che mi chiama e il nulla intorno a me.
Cerco di aprire gli occhi anche
se le palpebre pesanti si rifiutano di eseguire il comando.
Sono stanca, sì, stanca ma
stranamente in pace con me stessa; mi sarei lasciata cullare del tepore di
quella sensazione calda e avvolgente se quella voce non avesse nuovamente
cominciato a chiamarmi.
Quando riesco a schiudere gli
occhi mi rendo conto di essere in un luogo scarsamente illuminato.
“Annie…”
Alzo lo sguardo sul
proprietario della voce e scorgo un paio di occhi neri che mi fissano
preoccupati; il volto, ormai pieno di rughe, ha perso l’antico fascino ma a me
appare così rassicurante e familiare. Sorrido quasi impercettibilmente e, senza
dire nulla, mi libero dalla stretta del braccio che mi ha tenuta sollevata da
terra fino a questo momento. Riesco a stare seduta senza difficoltà e,
nonostante il leggero intorpidimento, mi sento bene.
“Ti sei svegliata per fortuna,
come stai?” La voce calda e profonda continua a parlarmi. Socchiudo le labbra,
limitandomi a fissare il vuoto.
“Ehi, perché non rispondi?
Almeno dimmi se è tutto a posto o se devo chiamare un’ambulanza, per Diana!”
Scuoto leggermente la testa “Non
cambi mai, vero, brutto orco?” Mi guardo intorno e sospiro: sono di nuovo a
casa, di nuovo nella mia soffitta buia e polverosa; gli occhi mi cadono
sull’oggetto che ho in mano: l’orologio da taschino, con la lancetta dei secondi
irrimediabilmente ferma all’interno del quadrante “Un sogno…” sussurro
sovrappensiero e accenno un sorriso nel rendermi conto che l’essere di nuovo
un’anziana donna sola, mi deprime meno di quel che avrei creduto: in definitiva
era più spaventoso il pensiero; ora che la cosa è una certa realtà mi accorgo
che è meno orribile del previsto. “Possibile sia stato tutto solo un sogno?”
“Ma cosa stai dicendo?”
Scuoto nuovamente il capo “Non
lo so, Nick, non lo so… è solo che…” Inspiro profondamente, lanciando
un’occhiata furtiva all’uomo che ha cominciato a guardarmi male e il ricordo
degli ultimi istanti vissuti in quella strana dimensione mi spingono a chiedere
“Posso farti una domanda personale?”
“Prego!”
Inarco un sopracciglio,
sforzandomi di apparire calma e sicura anche se, onestamente, la reazione che
potrebbe avere l’altro mi preoccupa un po’ “Ti sei mai innamorato di me?”
La domanda, una volta formulata,
sembra completamente folle alle mie orecchie e, da quello che riesco a leggere
sul viso di Nicholas, sembra che lui la pensi esattamente come me. Dopo i primi
istanti di disorientamento, infatti, l’uomo strabuzza gli occhi e, con aria
innervosita sbotta “Ma ti ha dato di volta il cervello?”
Cerco di restare indifferente e
mi affretto a precisare “Non sei obbligato a rispondermi!” alzando le mani.
“Forse sì!”
È poco più di un sussurro e ho
quasi l’impressione di essermelo immaginato quando, a sorpresa, Nicholas si
schiarisce la voce “Può darsi! Sì, è possibile, e allora?”
Rimango a fissarlo come
imbambolata e lui si imbroncia ancora di più.
“Cos’hai da fissarmi in quel
modo?”
Apro e chiudo la bocca senza
riuscire a dir nulla al ché l’uomo continua “È successo molti anni fa, non è
una cosa di cui discutere ancora…” La voce si affievolisce e il suo sguardo si
fa improvvisamente lontano.
Mi dispiace quasi vedergli
quell’espressione e cerco qualcosa per sviare il discorso prima di rendermi
conto della cosa più banale “Cosa ci fai qui? Come sei entrato?” Chiedo
puntandogli gli occhi addosso.
Nicholas sembra sollevato da
quella domanda e scrolla le spalle “Beh, ho suonato alla porta e non ti ho vista
arrivare così mi sono preoccupato e ho deciso di prendere la chiave!” Spiega
come se fosse normale entrare in casa altrui senza invito, ma al momento c’è
qualcos’altro che mi turba “Quale chiave?” Chiedo confusa.
“Quella nel vaso!”
Rimango a fissarlo senza
riuscire a replicare; Nicholas non ha mai saputo di quella chiave… a meno che…
Scuoto la testa e l’unica cosa
che riesco a sussurrare è “Un po’ d’acqua… ho bisogno d’un po’ d’acqua!”
Riesco ad alzarmi, aiutata da
Nicholas, e insieme raggiungiamo la cucina.
“Adesso permetti di fare a me
gli onori di casa, siediti lì e non ti muovere, ok?” mormora Nicholas con un
tono che, però, non ammette repliche.
Annuisco solamente, lasciandolo
fare.
“Si può sapere cos’è successo?”
Mentre Nick comincia ad aprire
cassetti a casaccio, cerco di riordinare le idee, e dopo aver bevuto dal
bicchiere di vetro che mi porge, rispondo lentamente “Non lo so, mi sono sentita
male all’improvviso… devo ammettere che ho pensato che fosse arrivata la mia
ora!” faccio una smorfia, finendo l’acqua nel bicchiere, e riprendendo “Come mai
sei venuto a trovarmi? E poi, chi dice che non ero uscita a comprare qualcosa?
Poi, proprio tu che sei un lupo solitario!” Non riesco a trattenere un sorriso
mentre Nicholas spalanca gli occhi e tenta di rispondere “Beh, non lo so! Forse
perché… oh, accidenti An, sono venuto perché così mi andava! Adesso devo anche
spiegare perché voglio stare un po’ con una vecchia amica?” L’agitazione gli fa
diventare rosso il volto.
Mi alzo per non farmi vedere
ridere, rischiando di incappare nella sua ira, e mi dirigo verso i fornelli “Che
ne dici di rimanere a cena?”
“Eh? Vuoi invitarmi a cena?”
L’altro sembra spiazzato “Ma, veramente, non so se…”
“Oh, andiamo Nick, va bene la
vita ritirata, l’isolamento e tutto il resto, però adesso si esagera!” Sbotto,
decisa a non dargliela vinta.
“Beh, sì, forse hai ragione…”
“Dai, se non vuoi farlo per te,
fallo almeno per me!” sollevo un sopracciglio e sorrido leggermente, in attesa
di una risposta che non tarda ad arrivare.
“Va bene, puoi contare su di
me!” sospira Nick.
Esulto in silenzio, lanciando
all’uomo un’occhiata compiaciuta “Lo sapevo che in fondo in fondo, non eri un
brutto vecchio egoista!” Continuo a fissare Nicholas che, alle mie parole,
rimane come stordito e, con un’espressione indecifrabile in viso esclama “Questa
volta sono d’accordo con te!” inclinando leggermente all’insù le labbra.
Alla fine non è stato tutto
inutile; sogno o realtà, quella che ho vissuto è stata un’esperienza costruttiva
e, nel suo piccolo, è riuscita a farmi capire cose che mi erano rimaste ignote
nonostante anni di continue riflessioni. Ed ora, quando guardo la luna, non
vengo più assalita dalla malinconia e dalla tristezza soprattutto perché, a
fissarla con me, c’è qualcun altro oltre alla mia ombra.
Fine
Ringrazio chi è arrivato fin qui, sperando che la storia sia
stata di vostro gradimento.
Io ci sono particolarmente affezionata perché è la prima che
sono riuscita a concludere, nel lontano 2004, e mi fa sempre tenerezza
rileggerla nonostante abbia avuto bisogno di qualche revisione qua e la.
Quando la scrissi rimasi indecisa sul finale fino all’ultimo e,
nonostante sia un’inguaribile amante dell’ “happy ending”, sono arrivata alla
conclusione che questo tipo di finale calzava di più alla storia nonostante non
fosse il classico “e vissero tutti felici e contenti”. ^_^
Con questo direi che è tutto! Baci baci!
Prue
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