Salve a tutti! Dopo mesi eccomi qui con
il capitolo finale! So di avervi fatto aspettare tanto, ma tra
impegni universitari e blocchi dello scrittore mi ci è voluto
parecchio tempo per terminare, anche perchè questo capitolo è
venuto fuori più lungo degli altri. Spero tanto che non vi
annoi e soprattutto che sia di vostro gradimento! Vi ringrazio
tantissimo per aver seguito la mia storia e per aver recensito, ma
soprattutto vi ringrazio per la pazienza con la quale avete atteso
gli ultimi capitoli! Siete stati straordinari!:) Grazie ancora!<3
P.S.: Non la inserisco “ufficialmente”
ma se vi va per l'ultima scena potete ascoltare in sottofondo questa
canzone [The
Boyce Avenue – Find me]
“Papà!!!”
“Alexis?!?”
“... Kate?!?!?!”, Alexis
aveva deciso che la scena che le si era presentata davanti agli
occhi, dopo aver aperto la porta di casa, non sarebbe stata
dimenticata troppo facilmente. Non tanto perchè avesse beccato
il padre mezzo svestito mentre era in atteggiamento intimo con una
donna, quanto per il fatto che la donna in questione fosse la
detective Beckett.
“Io... Ehm... ”, il viso
della ragazzina era diventato più rosso dei suoi capelli, “...
Mi sono appena ricordata che devo andare da Ginny...”, e così
dicendo Alexis si avviò in tutta fretta verso la porta;
Richard aprì bocca per chiamarla, ma non fece in tempo ad
emettere alcun suono, che la figlia si era già dileguata.
La casa fu pervasa dal silenzio più
totale per alcuni secondi, poi Kate si alzò: “Beh, credo
sia meglio andare...”, disse mentre dava una sistemata alla
camicetta.
A quelle parole, Richard si alzò
con una chiara espressione di delusione sul volto: “N-no!
Perché vai via? Alexis era solo imbarazzata, vedrai che quando
torna a casa...”
“... Si sentirà ancora più
in imbarazzo se mi trova ancora qui!”, rispose la detective,
interrompendolo, “ Non voglio essere troppo invadente nel
vostro rapporto. Passi già troppo tempo a starmi dietro al
distretto, e adesso ha anche scoperto, nella maniera più
imbarazzante possibile, che occuperai parte del tuo tempo libero con
me. Siamo state buone amiche fino ad ora e non voglio che le cose
vadano male proprio adesso”.
Lo scrittore le cinse la vita con il
braccio e la attirò a se, guardandola dritta negli occhi:
“Quanto sei sexy quando fai questi discorsi così
profondi... Mi fa venire in mente qualche giochetto tra paziente e
psicologa”, disse alzando le sopracciglia con fare malizioso.
Kate non riuscì a trattenere un
sorriso: “ Che scemo!”, esclamò mentre lo
allontanava dandogli uno leggero schiaffo sulla guancia.
“Ahi!!!” esclamò
Richard, posando la mano sulla guancia-secondo lui-dolorante.
“Ma dai, era sì e no un
buffetto!”, rispose la detective sbuffando, “Sei proprio
un bambino lo sai?”
“Sì”, ribatté
lui imitando una voce infantile, “E il piccolo Ricky vuole un
bacino sulla bua, così può guarire”.
Kate era in parte irritata da
quell'atteggiamento: era riuscito a passare da un argomento serio
come quello di cui avevano parlato fino a pochi secondi fa a una
scenetta così!
Prese la giacca e si avviò verso
la porta: “Allora ci vediamo domattina”.
“Ma... Te ne vai così??”,
chiese lo scrittore con espressione delusa.
Kate si fermò: “Ah sì,
hai ragione. Ho dimenticato...”, rispose tornando indietro
verso di lui, “... questo...”, una volta faccia a faccia,
gli posò una mano dietro il collo e lo guardò con i
suoi magnifici occhi verdi... Richard era quasi stordito: quegli
occhi sembravano dire tante cose, tanti desideri inespressi... E
questo lo confondeva: fino a due secondi prima voleva andarsene in
tutta fretta... Mentre vedeva le sue labbra avvicinarsi, cominciò
a sentire il suo profumo diventare sempre più forte... Gli
occhi di Kate si concentrarono per qualche secondo sulle labbra di
Castle, poi sorrise, compiaciuta... Lo scrittore stava già
assaporando il momento in cui le loro labbra si sarebbero incontrate,
quando sentì i capelli di lei solleticargli il naso... Le
labbra della donna si posarono leggere sulla sua guancia, vi rimasero
per un paio di secondi... Poi la detective si allontanò.
“Questo era per la bua...
Piccolo Ricky”.
“Salve,
detective Kate Beckett. Ho un appuntamento col signor Latimer”,
si presentò la detective mostrando il distintivo alla
segretaria dietro la scrivania.
La ragazza passò
lo sguardo da Kate a Richard e strinse gli occhi, come per cercare di
metterlo a fuoco poi, come se si fosse accesa una lampadina, il suo
voltò si aprì in un'espressione di piacevole sorpresa
ed esclamò: “Ma lei è... è Richard
Castle!”
La detective alzò
gli occhi al cielo e si trattene appena dallo sbuffare sonoramente,
mentre sentiva lo scrittore pavoneggiarsi con la ragazza.
“Sì,
sono io”, rispose Castle tutto tronfio, mentre la segretaria
afferrava carta e penna con mani tremanti.
“P-potrebbe...
Ecco... Un autografo... Sa, sono una sua grande fan!”, esclamò
lei con una odiosa vocetta stridula.
“Ma certo!”
Kate avrebbe
sopportato di tutto, fin quando quell'oca non l'avesse additata
come...
“E lei è
Nikki Heat! Giusto?”. Appunto.
La detective mostrò
un sorriso forzato: “Ehm... No, sono la detective Beckett”,
rispose irritata, ma cercò di non darlo a vedere, “Mi
spiace interrompervi ma dovr-”, Kate si interruppe: era una sua
impressione o quella sgualdrina stava deliberatamente mostrando il
davanzale a Richard?! Sicuramente c'era qualcosa di interessante da
vedere, data l'espressione imbambolata di lui! Kate sentì
forte la tentazione di prendere quella ragazza e rimetterla al suo
posto... Magari con una bella tirata di capelli, se fosse stato
necessario.
<< Kate,
calmati! Respira! >>, ordinò a sé stessa. Senza
farsi vedere, usando il tacco pestò il piede a Richard.
“Ahi, ma che
diavolo...???”
“Mi dispiace
interrompervi, ma vorrei parlare col suo capo... Adesso”, disse
Kate parlando sopra la voce dello scrittore, e rivolgendo alla
segretaria il sorriso più falso di cui era capace.
La ragazza si alzò:
“Oh sì, ha proprio ragione, mi scusi tanto. Prego,
seguitemi”, replicò facendo loro strada verso l'ufficio
del capo.
Kate sentiva lo
sguardo di Richard addosso; si voltò e gli lanciò
un'occhiataccia che avrebbe mandato in fiamme persino il diavolo.
Lo scrittore rimase
un po' intimorito dallo sguardo, ma mormorò lo stesso: “Si
può sapere cos'hai? Perché mi hai pestato il piede?!?
Fa male!!!”, si lamentò.
“Perché
ti ho pest-”, la detective si zittì: erano arrivati
davanti alla porta dello studio, “Ne parliamo dopo, Castle”.
Kate entrò di corsa nel
Dodicesimo e si fermò davanti alla lavagna, piazzandoci sopra
una fotografia: ritraeva un gruppo di ragazze e ragazzi vestiti tutti
allo stesso modo.
Richard la raggiunse e si sedette al
suo posto, vicino alla scrivania della detective.
“Cos'è quella foto?”,
chiese Esposito, avvicinandosi per guardarla meglio.
“Siamo andati sul luogo di lavoro
di Cheryl...”, replicò Kate, “... e non ne avevamo
cavato un ragno dal buco...”
“... Fin quando la mia vista di
falco non ha notato questa fotografia nel corridoio appena fuori
l'ufficio del suo capo”
“Sì, la tua vista di falco
aveva notato anche qualcos'altro...”, mormorò Kate a
denti stretti.
“Come scusa?”, chiese
Richard scrutandola con sguardo indagatore.
Kate sentì il calore salirle
alle guance: come aveva fatto a sentirla?!
“N-niente, stavo semplicemente
dicendo...”, cercò di replicare ,ma lo scrittore
continuava a fissarla con uno strano sorrisetto stampato in faccia;
lei gli lanciò un'occhiataccia, ma lui non mollava. Nel
frattempo era arrivato anche Ryan, ed Esposito gli stava mostrando la
scenetta in atto tra i due: Beckett usando solo il labiale chiese a
Castle che cosa avesse da sorridere a quel modo, ma lui non rispose.
Kate si accorse che i due colleghi li
osservavano alquanto divertiti, così decise di ignorare lo
scrittore e ritornare al caso: “Dicevo... Castle ha visto
questa foto e abbiamo notato che le ragazze e i ragazzi vestono tutti
allo stesso modo, in pratica indossavano una sorta di divisa...”
“ … E le ragazze hanno al
collo dei foulard color nero e rosso pompeiano”, continuò
Rick.
“State dicendo che la vittima
potrebbe essere stata strangolata con uno di quei foulard?”,
domandò Ryan.
“Esatto”, rispose Kate,
“Ognuna delle ragazze teneva il proprio nell'armadietto. Li
abbiamo perquisiti e l'unico a mancare è quello di Cheryl”.
Ma Esposito continuava a non
capire:“Come facciamo a sapere chi è l'assassino se
l'arma del delitto è scomparsa?”
La detective aprì bocca per
rispondere, ma Richard la anticipò: “Beh, ma mi sembra
ovv-”, lo scrittore si fermò quando vide la detective
lanciargli l'ennesima occhiataccia, ma ricambiò con un sorriso
da angioletto e un battito di ciglia, come se lei gli avesse mandato
un bacio; Kate alzò gli occhi al cielo: << Vi prego,
qualcuno mi dica perchè frequento quest'uomo!!! >>,
decise che era meglio continuare con la strategia dell'indifferenza,
“ In realtà abbiamo un sospettato... Si tratta della
migliore amica della vittima, Elizabeth. E' da quando è morta
Cheryl che non si presenta al lavoro. Contattatela e ditele di
presentarsi tra un'ora.”
I due poliziotti annuirono e si
allontanarono, mentre Kate afferrava la giacca e si dirigeva verso
l'ascensore.
Richard la guardò contrariato,
si alzò dalla sedia e la seguì:“Per me è
tutto molto chiaro”, disse, “L'assassino è
sicuramente la sua migliore amica! Voglio dire, Cheryl e lei
scompare! E come dici sempre tu, non esistono cose come le
coincidenze”.
“Hai ragione, io non credo nelle
coincidenze, ma se non ho prove concrete non posso arrestare la gente
basandomi su mere supposizioni! Ci segui da tre anni ormai, dovresti
saperlo!”, gli rispose, in attesa che le porte dell'ascensore
si aprissero.
“Posso chiederti una cosa?”,
disse la detective, dopo qualche secondo di silenzio. Richard annuì,
“Si può sapere cosa avevi da ridere prima?”
“Oh, niente...”, rispose
lui evasivo.
Rick la osservò in silenzio per
qualche secondo. Kate sapeva che stava morendo dalla curiosità
di sapere dove stesse andando.
“Dove stai andando?”, le
chiese alla fine.
La detective a stento riuscì a
trattenere un sorrisetto compiaciuto: “Ho un appuntamento”.
Le porte si aprirono ed entrarono entrambi, poi si richiusero davanti
a loro.
Lo scrittore sembrava essere stato
colto da una paresi e la detective non poté fare a meno di
tranquillizzarlo:“ Rilassati, vado a pranzo con tua figlia”,
rispose divertita. Le porte si aprirono di nuovo e Kate stava per
uscire, ma si sentì trattenere; si voltò e vide che
Richard le stava stringendo la mano. Alzò lo sguardo e si
fissarono per pochi istanti, occhi negli occhi. Kate sostenne lo
sguardo che quegli occhi azzurri le rivolgevano... Gli sorrise
dolcemente, si liberò dalla stretta e andò via.
In un bar poco lontano dal Dodicesimo,
Alexis sedeva a un tavolino; quando vide Kate avvicinarsi, si alzò.
“Salve Beckett”
“Ciao Alexis”, rispose Kate
sorridendo. Riusciva a sentire l'imbarazzo che provava la figlia di
Richard e a dirla tutta, un po' ne provava anche lei. Decise di non
indugiare oltre e ruppe subito il ghiaccio, “Senti, so che
questa è una situazione un po'...”
“... Imbarazzante?”,
continuò la ragazzina.
La detective mostrò un mezzo
sorriso: “... Già.”
“Già”.
“Mi dispiace per quello che è
successo ieri sera. Non dovevi scoprirlo in quel modo, per questo
volevo scusarmi con te per avertelo tenuto nascosto. E' stata colpa
mia, io ho chiesto a tuo padre di aspettare un po' prima di dirtelo,
altrimenti sono sicura che l'avrebbe fatto subito. E' che accaduto
tutto così in fretta...”
“Sì, in effetti è
stato un po'... Scioccante.”, la interruppe Alexis, “ Ma
sappi che non ce l'ho con te, né tanto meno con papà.
Insomma... Credo di aver capito prima di voi che il vostro non era
più solo un rapporto di lavoro, e poi tu mi piaci...”.
Kate vide la ragazza abbassare la
testa, lasciando la frase in sospeso: “Ma...?”, Alexis
alzò lo sguardo, “Non preoccuparti, ti ho chiesto di
pranzare con me per poter passare un po' di tempo insieme e chiarire
questa faccenda.”
“Ma...”, Alexis esitò,
“ Ecco, io...”
La detective capì che aveva
bisogno di un po' di incoraggiamento: “Ma ora che ci
frequentiamo, hai paura che tuo padre passi troppo tempo con me e il
vostro rapporto non sia più lo stesso”.
Beckett osservò la figlia di
Richard alzare di scatto lo sguardo verso di lei, guardarla con
sorpresa mista a senso di colpa, poi parlò: “Sì...”
“Lo immaginavo, e ti capisco! Per
questo siamo qui: voglio che tu sappia che ne ho già parlato
con tuo padre dopo... Beh, dopo quello che è successo”,
replicò sorridendo un po' imbarazzata, “Voglio che non
trascuri il vostro rapporto, tu sei sua figlia e hai la precedenza su
tutto. E poi non voglio che la nostra amicizia si rovini proprio ora.
Per non parlare della mia salute mentale: frequentarlo troppo
potrebbe farmi venire voglia di ucciderlo... Ma questo non glielo
diciamo!”, esclamò Kate facendo l'occhiolino
all'indirizzo di Alexis.
“In effetti hai ragione.”,
replicò la ragazza divertita, “Vuol dire che dovrò
darti delle lezioni! Sai, io sono specializzata in Gestione di
Richard Castle!”. Risero.
“Allora...
Tutto okay?”, domandò la detective.
“Certo”,
rispose Alexis sorridendo.
“Bene!”,
replicò Kate raggiante, “Allora possiamo ordinare”.
Dopo aver pranzato
con Alexis, Kate ritornò al distretto, per farsi aggiornare
sulla situazione. Entrò e si diresse subito verso Ryan ed
Esposito, seduti alla scrivania del poliziotto dagli occhi azzurri:
“Allora, E' arrivata la ragazza?”, chiese.
“No, ma sarà
qui tra poco”, rispose Ryan.
La detective rimase
in silenzio per qualche secondo, poi cominciò a guardarsi
intorno: “Dov'è Castle?”, chiese.
“Ah, già.
E' lì dentro”, rispose indicando la stanza dove tenevano
la macchina del caffè.
Kate la osservò:
di solito la porta era aperta e le piccole veneziane anche. Richard
aveva chiuso tutto. La detective si rivolse ai due colleghi con
sguardo interrogativo.
Ryan ed Esposito
fecero spallucce, come a dire: “Non chiederlo a noi!”,
poi Ryan disse: “Ha ricevuto una telefonata poco fa e si è
allontanato. Poi è entrato là dentro e ha
categoricamente vietato a tutti di entrare”.
“E ci ha
espressamente chiesto di dirti che voleva parlare con te, appena
saresti arrivata”, aggiunse Esposito.
Kate si voltò
di nuovo verso la stanza chiusa, con aria perplessa: “Va
bene... Vado a vedere che cosa vuole...”
Mentre la detective
si allontanava, Esposito si rivolse al collega sorridendo
maliziosamente: “Sono proprio curioso di sapere che cosa ha in
mente!”
Kate entrò
nella stanza; era un po' buia rispetto al solito, ma era riuscita a
vedere Richard vicino alla macchina del caffè. Si voltò
per chiudere la porta.
Nel momento in cui
stava per voltarsi di nuovo verso lo scrittore e chiedergli il perchè
di quell'atteggiamento, sentì le labbra di Castle sulle sue,
il suo respiro sul viso, una mano tra i capelli e l'altra dietro la
schiena. La detective, colta di sorpresa, stava per perdere
l'equilibrio, così afferrò la camicia di Richard... Lo
scrittore non poté fare altro che seguirla mentre la donna
andava a sbattere contro il tavolino dietro di lei. Alcuni bicchieri
poggiati lì sopra caddero a terra e il tavolino sbatté
contro la parete. Richard sorrise, tenendo il viso a pochi millimetri
da quello di lei... Si persero entrambi l'uno negli occhi
dell'altra... Kate si sentiva un po' confusa: era accaduto tutto così
velocemente...Nonostante tutto, per qualche strano motivo non stava
impedendo a Richard di baciarla... Strinse ancora di più la
presa sulla camicia e lo attirò a sé... Tutto intorno a
loro era come scomparso, le uniche cose che i suoi sensi riuscivano a
percepire erano i loro respiri, la mano di Richard che le accarezzava
la schiena e l'altra che dai capelli si spostava al suo viso... La
donna sentì la tensione andare via e il pugno che teneva
stretto il colletto della camicia dello scrittore si aprì,
scendendo con il palmo sul suo petto... Kate sentì il battito
di Richard rallentare gradualmente... Dopo quell'attimo di passione i
due si stavano godendo un dolce bacio nel silenzio della stanza del
distretto...
<< Il
distretto! >>, la detective aprì gli occhi in preda al
panico e si allontanò dallo scrittore.
Osservò la
stanza ed era vuota, a parte loro. Trasse un sospiro di sollievo, poi
lanciò un'occhiataccia a Richard: “Cos'è che non
ti è chiaro di 'Non provare a toccarmi quando siamo al
distretto' ?!”, disse ancora con il fiato un po' corto per
il bacio.
“Non mi pare che tu abbia opposto
tanta resistenza...”, replicò lui adoperando la sua
solita espressione: sopracciglio alzato e sorrisetto malizioso.
Kate avrebbe tanto voluto sparargli...
E saltargli addosso.
“N-non è questo il
punto!”, esclamò, “Mi hanno detto che hai ricevuto
una telefonata... E' successo qualcosa?”, chiese cercando di
cambiare argomento.
“Sì, ed è per
questo che ti ho fatta venire qui”, disse avvicinandosi di
nuovo a lei, “Mi ha chiamato Alexis e mi ha parlato del vostro
incontro a pranzo... Mi ha detto che sei stata fantastica, che avete
chiarito e che vi siete divertite molto... E che sono molto fortunato
ad aver incontrato una donna come te...”, le si avvicinò
ancora e le mise i capelli dietro l'orecchio, “...Ma questo lo
sapevo già”, disse quasi in un sussurro.
Kate sentì un tuffo al cuore
quando sentì quelle parole... Fissò quegli occhi
azzurri... Non le piaceva quando Richard la guardava così: era
come se in qualche modo fosse capace di farle perdere il controllo...
Beh, in realtà non le dispiaceva poi così tanto; vi si
perse dentro per qualche frazione di secondo, poi si riprese e
domandò: “E il motivo per cui mi sei saltato addosso?”
“Hai ragione, chiedo venia. In
realtà volevo solo ringraziarti per quello che hai fatto con
Alexis, darti un bacino...”, rispose con aria innocente, “Ma
ci siamo fatti prendere un po' la mano a quanto pare...”, disse
sorridendo mentre guardava i bicchieri caduti a terra; li raccolse,
poi li rimise al loro posto.
“Ah, volevo chiederti un'altra
cosa...”
“Cosa?”
“Vuoi venire a cena con me
stasera?”, le chiese, “Ho chiesto già il permesso
ad Alexis”, aggiunse con espressione da cucciolo.
Kate esitò, poi rispose: “Va
bene... Vieni sotto casa mia alle 20”. Sorrise.
Richard era abbastanza vicino da poter
sentire il profumo di ciliegia che lo aveva avvolto durante quel
bacio mozzafiato... Quel sorriso era una delle cose che più lo
faceva impazzire... Si avvicinò ancora un po', le mise la mano
sotto il mento e le alzò delicatamente il viso: “Continuo
a chiedermi come ho fatto a vivere tutti questi anni senza di te”,
portò le sue labbra su quelle di Kate e la baciò.
Quando si staccarono la detective si
sistemò la camicia e si rivolse allo scrittore: “Sarà
meglio uscire di qui... Aspetta, hai un po' di lucido sulla
bocca...”.
I due uscirono dalla stanza con
circospezione, ma ad attenderli alla scrivania di Ryan c'erano già
i due poliziotti.
“Abbiamo sentito del rumore
mentre eravate lì dentro... E' successo qualcosa?”,
chiese Esposito. Il tono non era per niente preoccupato, ma alquanto
malizioso.
“Niente!”, si affrettò
a rispondere Kate, “E'... Elizabeth è arrivata?”,
chiese per cambiare discorso.
“Sì, è nella stanza
interrogatori da quasi 10 minuti ma... Non volevamo disturbare...”,
rispose Ryan.
Alla detective stava cominciando a dare
sui nervi l'atteggiamento dei suoi colleghi, ma sapeva che la colpa
era stata loro, per non essere stati abbastanza discreti, così
si avviò in silenzio verso la sala interrogatori evidentemente
irrigidita e a disagio. Richard stava per raggiungerla quando fu
bloccato da Esposito: “Hey, amico... Hai messo il rossetto?”
Ryan stentava a trattenere le risate.
Lo scrittore, impassibile, rispose: “Ho messo del burro
cacao... Sai... Per le labbra screpolate...”, e in tutta fretta
raggiunse Kate.
I due poliziotti lo guardarono andare
via, poi Esposito esclamò sorridendo: “Quei due stanno
insieme”
“Sicuro”, rispose il
collega annuendo.
Quando Castle entrò nella stanza
interrogatori, Kate aveva appena finito di presentarsi alla ragazza
di fronte a lei. Chiuse la porta e la osservò mentre si
avviava alla sua sedia: era una giovane donna sui 25 anni, capelli e
occhi neri; passò più volte lo sguardo da Kate a
Richard. Era evidentemente spaventata, ma non sembrava mostrare alcun
senso di colpa... Qualcosa gli diceva che si era sbagliato: quella
donna non c'entrava niente con l'omicidio di Cheryl.
“Allora, il suo nome è
Elizabeth Daves”, cominciò la detective, “Lavorava
con Cheryl... E ci hanno detto che eravate molto intime...”
Non appena la ragazza sentì
nominare il nome dell'amica assassinata, si abbandonò alle
lacrime: “S-sì...”, disse con la voce rotta dal
pianto, “I-io ero la sua... La sua migliore amica...”.
Kate la osservò per qualche
attimo prima di proseguire con le domande: la ragazza mostrava grande
sofferenza... Qualcosa le diceva che non era colpevole ma essendo un
poliziotto sapeva che andava verificata ogni possibile pista...
“Stamattina siamo andati a
controllare il luogo in cui lavori... E ci hanno detto che da quando
è morta Cheryl non vai a lavorare... Come mai?”, chiese
la detective.
“Io... Io... Non me la sentivo di
tornare al lavoro dopo quello che è accaduto a...”,
Elizabeth non riuscì a completare la frase e continuò a
piangere in silenzio.
“Capisco... Senti, Elizabeth...
Sai qualcosa che potrebbe essere utile alle indagini? Qualsiasi cosa”
“S-sì... In effetti c'è...
Qualcosa c-che dovreste sapere...”
Lo scrittore e la detective
incrociarono i loro sguardi, poi si voltarono entrambi verso la
giovane con interesse.
“Di cosa si tratta?”,
domandò Kate.
“Poche ore prima che...”,
Elizabeth si fece forza e andò avanti, “Che Cheryl
venisse uccisa, so che aveva un appuntamento con il nostro capo, il
signor Latimer”, Kate si accorse del disgusto con cui la
ragazza pronunciò quel nome.
“Questo non ce l'ha detto”,
constatò Richard, rivolgendosi alla detective, che annuì.
“E il motivo?”, domandò
Beckett.
“Non lo so, ma all'inizio Cheryl
non voleva presentarsi... Quel viscido da un po' di tempo le faceva
delle avances e continuava a favorirla sul lavoro... Gli altri ormai
non facevano che parlare male di Cheryl...”, affermò con
rabbia, “Alla fine però aveva deciso di andare: temeva
di perdere il posto se non l'avesse fatto...”
“Sai dove dovevano incontrarsi?”,
domandò Richard.
Elizabeth fece segno di no con la
testa: “Mi dispiace... Ora che ci penso però potreste
chiedere alla segretaria del signor Latimer!”
“L-la segretaria?”, chiese
Kate, lasciandosi sfuggire un'espressione riluttante: ripensò
a quella donna, che aveva mostrato a Richard il contenuto della sua
scollatura senza tanti complimenti. Il solo pensiero di doverla
rivedere le faceva venire l'orticaria, “Controlleremo”,
rispose ritornando alla realtà, “Grazie per la
collaborazione”.
Mentre la ragazza si allontanava, Kate
si accorse che Richard la stava fissando: si voltò verso di
lui e lo vide rivolgerle un sorriso maliziosamente compiaciuto.
“Che c'è?”, chiese
cercando di nascondere l'irritazione.
Lo scrittore fece spallucce: “Niente”.
Kate vide la segretaria sedersi in una
delle poltrone del suo ufficio: indossava un top succinto e una
minigonna quasi inesistente. Richard si era allontanato per andare in
bagno qualche minuto prima. Voleva approfittare della sua momentanea
assenza per entrare senza di lui, ma nell'attimo in cui poggiò
la mano sulla maniglia della porta, lo scrittore le si presentò
affianco.
“Allora, andiamo a parlare con la
segretaria?”, chiese tutto sorridente.
Kate si voltò a guardarlo e
quando vide quel sorriso, le venne voglia di prendere a cazzotti
quella faccia tosta che si ritrovava davanti. << Ma per quale
motivo dovresti farlo? Non sarai mica gelosa? >>, le chiese una
vocina impertinente nella sua mente. Scrollò leggermente la
testa come a scacciare quella domanda e si rivolse allo scrittore:
“Senti, non è necessario che tu venga stavolta. Devo
solo controllare il libretto degli appuntamenti e farle un paio di
domande”.
Rick annuì, ma il modo in cui lo
faceva a Kate sapeva tanto di presa in giro: “Non è che
nascondi qualche altro motivo per il quale non vuoi che io entri lì
dentro?”
Kate spalancò gli occhi, colta
alla sprovvista da quella domanda: << Kate, non sei gelosa, NON
sei gelosa!!!.... E anche se lo fossi... Non dargli la soddisfazione
di saperlo! >>
“Volevo solo risparmiarti
qualcosa di noioso... Se vuoi esserci anche tu, fai pure!”,
disse alla fine, ostentando indifferenza.
Mentre entravano, Richard la stava
osservando a sua insaputa con un sorriso divertito, ma con occhi
adoranti.
Kate si trovava davanti alla lavagna a
scrivere qualcosa sotto la linea temporale, poco prima dell'ora della
morte della vittima: “Allora, a quanto pare abbiamo un
sospettato, visto che la... Segretaria...”, disse riluttante
ricordando gli spiacevoli minuti passati a sopportare quella donna
mentre faceva la gatta morta col suo uomo... Di nuovo, “...
Aveva sul libretto l'appuntamento di Cheryl col capo poco prima della
sua morte... Grazie”, disse rivolta a Richard quando le porse
il caffè fumante.
La detective stava iniziando a bere, ma
proprio mentre le labbra stavano per sfiorare la tazza, si fermò
lasciando il braccio sospeso e si voltò verso lo scrittore:
“Cosa c'è?”, chiese irritata: Richard aveva di
nuovo quel sorrisetto compiaciuto stampato in faccia.
“Tu sei gelosa”, affermò
tranquillamente l'uomo fissandola con espressione maliziosa.
Kate sbarrò gli occhi, la
mascella quasi toccava terra. La detective, però, si riprese
quasi subito: “Non capisco a cosa ti riferisci...”, disse
cercando di mostrare indifferenza.
“Non fare la finta tonta... Credi
che non sappia il motivo per cui non volevi che fossi presente mentre
parlavi con la segretaria? Certo, all'ufficio di Latimer non l'avevo
ancora capito ma quando Elizabeth ha nominato la segretaria la tua
faccia era... Avresti dovuto vederti!”, Richard vide le guance
della donna andare in fiamme e il suo sorriso strafottente si allargò
ancora di più.
Nello stesso istante, Esposito li
osservava dalla stanza della pausa caffè: “Hey, vieni a
vedere...”, disse divertito a Ryan, che era appena entrato.
Il poliziotto si avvicinò al
collega e vide l'espressione di Beckett: “Cavolo, cosa le avrà
detto Castle per farle andare a fuoco la faccia??”
“Sshhh! Non muoverti troppo, non
vorrei che Beckett si accorgesse che li stiamo guardando...”
Kate tentò di rispondere per le
rime ma lo scrittore non le diede tempo di aprire bocca: “ Non
devi sentirti imbarazzata, tesoro. Mi piaci un sacco quando diventi
gelosa...”, le mise gli occhi addosso e il suo sguardo aveva
qualcosa di ben poco innocente, “... Diventi ancora più
sexy... Non sai cosa ti farei in questo momento se solo fossimo da
soli...”
La detective lo osservò
impassibile per qualche secondo, poi sorrise: “Beh... Tu non
sai cosa avrei voglia di farti io...”, disse ricambiando lo
sguardo, “Sto morendo dalla voglia di fare una cosa e... Credo
che la farò proprio adesso...”, mormorò in
maniera seducente mentre si avvicinava allo scrittore.
Esposito diede una gomitata a Ryan
senza togliere gli occhi dalla scena che si svolgeva davanti alla
lavagna: “Che sta facendo Beckett?... Oh, non dirmi che...”,
i due si guardarono sorpresi, “Davanti a tutto il distretto?!”
Ignaro degli agenti alle sue spalle che
li spiavano, Richard fissava Kate piacevolmente sorpreso... Non
sapeva cosa avesse in mente di fare, ma vederla avvicinarsi in quel
modo, sentirla parlare così come se non gliene importasse
niente del fatto che si trovassero nel distretto gli aveva fatto
perdere la testa... Vide il viso di Kate avvicinarsi al suo... Già
pregustava nella sua mente un bacio appassionato davanti a quella
lavagna dove avevano passato tanto tempo tra ipotesi, prove, momenti
d'intesa e di attrazione... Immaginava tutto il distretto fissarli
prima stupiti con le mascelle a terra e poi applaudirli mentre
trionfanti urlavano : “Finalmente!”, “Che bella
coppia!”, “Castle, vecchio volpone!”...
“Lo sta facendo davvero!!!”,
Ryan stava quasi urlando... Lui e il collega con gli occhi spalancati
osservavano la detective invadere lo spazio personale dello scrittore
in maniera decisamente pericolosa...
Kate allungò la mano verso il
viso di Richard, che le sorrise... Lei ricambiò ... E tirò
l'orecchio di Castle talmente forte che il povero scrittore non poté
fare a meno di cacciare un urlo.
Kate sorrise soddisfatta: “Mi
spiace, tesoro. Te lo sei
meritato”, poi alzò la testa verso la stanza della pausa
caffè, inchiodando Ryan ed Esposito con uno sguardo di
rimprovero.
“Accidenti!”,
esclamarono i due agenti in coro.
Richard e Kate
stavano raggiungendo l'obitorio.
La detective
camminava a passo talmente spedito che lo scrittore quasi non
riusciva a starle dietro.
“Hey, sei
arrabbiata con me perchè ho detto che sei gelosa?”,
chiese Rick quando riuscì a raggiungerla.
“Io non sono
gelosa!”
“Allora
perchè sei arrabbiata?”
“Io non sono
arrabbiata!”, davvero non lo era, ma le piaceva fargli credere
il contrario.
“Allora
perchè sei così silenziosa da quando abbiamo lasciato
il distretto?”
“Forse perchè
tu non la smetti di parlare??”
“Colpito”,
ammise lo scrittore e decise che era meglio stare zitto.
Kate si voltò
per non lasciargli vedere il sorrisetto divertito che le increspava
le labbra ed aprì la porta dell'obitorio.
“Ciao Lanie”
“Kate. Oh,
vedo che hai portato Castle”. Sorriso malizioso.
La detective le
lanciò un'occhiataccia: “Allora, qual è la svolta
di cui parlavi al telefono?”
“Beh... Ieri
sera, prima di andare via, ho pensato di controllare se per caso
l'assassino avesse lasciato delle impronte almeno parziali sul collo,
visto che siamo senza arma del delitto...”
“Oh, non
dirmi che l'hai trovata?”, domandò Richard entusiasta.
“E vi dirò
di più”, attese qualche secondo per dare suspence,
“Abbiamo un riscontro!”
La detective e lo
scrittore si guardarono speranzosi.
“Ottimo
lavoro Lanie!”, esclamò Kate sorridendo, “Di chi
si tratta?”
“Un
certo...”, si avvicinò al pc, “Donald Latimer”
Kate era al settimo
cielo: “Lanie, tu sei un genio! Andiamo sub-”, la
detective si interruppe: il cellulare di Richard aveva preso a
squillare.
“Scusate... Pronto? Ciao muffin alle carote!”, esclamò
lo scrittore sorridendo.
Lanie si rivolse a Kate con aria perplessa: “Muffin alle
carote??”
“Alexis”, rispose la detective, e la sua faccia sembrava
dire: “Non farci caso: è Castle!”
Mentre Richard parlava al telefono, il medico legale prese da parte
la detective: “Allora? L'avete fatto?”, bisbigliò
Lanie.
“Fatto cosa?”, chiese Kate confusa.
“Dimmi un po', devo farti un disegnino per caso?! L'avete fatto
o no??”
“Fatto cosa?”, Richard aveva terminato la telefonata.
“Voleva sapere se avevamo già preso un campione di DNA
del sospettato, ma... No, dobbiamo ancora procurarcelo. Anzi stiamo
andando proprio ora! Grazie mille per l'informazione dottoressa
Parish”, Lanie lanciò alla detective un'occhiataccia
come a dire: “Prima o poi mi dirai tutto”, che Kate
ricambiò con una linguaccia, prima di uscire dall'obitorio.
Era ormai sera; Kate e Richard
entrarono nella stanza interrogatori: lì ad aspettarla c'era
il signor Latimer, all'apparenza un uomo qualunque... A quanto
pareva, però, nascondeva parecchi segreti dietro quel volto da
uomo medio americano.
La detective cerco di arrivare dritta
al punto, per spingerlo a confessare prima che potesse arrivare il
suo avvocato. In caso contrario... Aveva sempre il piano B.
Beckett aprì il file e cominciò
a leggere: non era una lista molto lunga, ma sicuramente dava un'idea
della persona che sedeva di fronte a lei in quel momento ed era una
pista che portava dritta verso la soluzione dell'omicidio di Cheryl
Dawn: “Allora, signor Latimer... A quanto pare quando ci siamo
visti stamattina ha omesso alcuni dettagli della sua vita che non mi
sembrano poi così irrilevanti: è stato denunciato 4
anni fa da sua moglie per violenza domestica e 3 volte negli ultimi
due anni per tentata violenza sessuale nei confronti di una sua
conoscente, una cameriera e la sua ex fidanzata...”
L'uomo tentava di mostrarsi impassibile
ma era chiaramente teso: “Sono errori del passato... Se pensate
che abbia ucciso quella ragazza vi sbagliate di grosso!”,
esclamò all'improvviso, dopo un attimo di pausa.
“Ci hanno detto che ultimamente
prestava a Cheryl... Come posso dire... Un po' troppa attenzione”,
insinuò Richard, “Io credo che la ragazza l'abbia
rifiutata e lei abbia perso le staffe”
“Si può sapere perchè
questo tizio deve stare qui??”, esclamò Latimer
rivolgendosi a Kate, “E voi permettete che un pallone gonfiato
che si crede un poliziotto si rivolga a me in questo modo!”
Le volte in cui la detective aveva
visto lo scrittore con un'espressione così alterata e
minacciosa si potevano contare sulla dita di una sola mano... Questa
era una di quelle: Castle stava per alzarsi dalla sedia, ma Beckett
lo bloccò mettendogli il braccio davanti al petto; Richard la
guardò, lei sostenne il suo sguardo, gli fece un cenno con la
testa e si rivolse all'indiziato: “Signor Latimer, le assicuro
che il signor Castle non le rivolgerà più alcuna
domanda, né farà più insinuazioni nei suoi
confronti...”, lo scrittore, contrariato, stava per replicare
ma la detective continuò: “ So che sta cercando di
provocarci, e per quanto mi farebbe un enorme piacere se l'uomo che
siede accanto a me le mollasse un cazzotto dritto sul naso,
preferisco non darle un pretesto per potersela cavare. Inoltre credo
proprio che in questa stanza ci sia eccome un enorme pallone
gonfiato, e di certo non è il signor Castle”. Richard
non nascose il sorriso appena accennato che gli increspava le labbra:
in quel momento si sentiva orgoglioso di avere a fianco a sé
una donna come lei, molto più del solito. Ci voleva un bacio
di ringraziamento... Si voltò a guardarla con occhi pieni di
desiderio, mentre lei continuava a parlare col sospettato: <<
Richard smettila, se ti becca mentre la fissi così con Ryan ed
Esposito dietro il vetro ad osservare... >>, lo scrittore si
morse il labbro inferiore e si voltò verso Latimer.
“Allora, vuole rispondere alla
domanda?”, Domandò Kate in maniera pressante.
L'uomo afferrò il bicchiere
d'acqua sulla scrivania e bevve tutto d'un fiato: “Io non parlo
senza il mio avvocato”.
“Va bene”, Richard si voltò
a guardarla: la donna sembrava quasi sollevata, “Può
andare”.
“Come?”, Latimer era
confuso.
“I poliziotti fuori la porta lo
accompagneranno a casa. Non lasci la città”.
Appena uscito dalla porta, Kate
estrasse una bustina trasparente e vi mise dentro il bicchiere.
Ore 21.00, loft di Richard.
Lo scrittore e la detective avrebbero
dovuto incontrarsi alle 20 sotto casa di Kate, ma fino a mezz'ora
prima erano rimasti al distretto per l'interrogatorio con Latimer,
così avevano rimandato di un'ora l'appuntamento.
Rick era nella sua camera da letto, si
stava abbottonando la camicia davanti allo specchio. Era da giorni
che aveva in mente di chiederle di uscire, così aveva
pianificato il loro primo appuntamento nei minimi dettagli. Avrebbe
solo dovuto attendere che Kate accettasse il suo invito, e nel
pomeriggio lo aveva ottenuto. Lo specchio riflesse la sua immagine
che sorrideva tra sé mentre ripensava al bacio che si erano
scambiati al distretto...
“Perché sorridi?”,
Alexis era apparsa sulla porta.
“Oh, niente tesoro... Ero
sovrappensiero...”
“Pensavi a Kate?”, domandò
la figlia sorridendo maliziosa.
“Si nota davvero così
tanto?”, chiese senza riuscire a nascondere la propria
felicità.
“Papà... Sei cotto, e si
vede”, la ragazza si avvicinò all'armadio aperto del
padre, “Su, ti aiuto a scegliere la cravatta”.
Quando padre e figlia scesero le scale,
Martha si trovava seduta al bancone della cucina, con un bicchiere di
vino in mano.
Richard scese l'ultimo gradino e
afferrò il cappotto: “Madre io esco. Non mi aspettate in
piedi, potrei fare tardi”, disse mentre si avvicinava ad Alexis
per stamparle un bacio sulla fronte.
“Divertiti... E salutami
Beckett”, replicò la madre.
Richard si voltò di scatto verso
Martha con espressione quasi inorridita: “Come...???”,
poi si voltò verso la figlia.
“Non è stata colpa mia, mi
ha sentita parlare al telefono con te del pranzo con Kate! So che
avrei dovuto dirtelo prima, scusami...”
“Non fa niente, non ce l'ho con
te”, disse dolcemente alla figlia; poi si voltò verso la
madre, “So che tua nonna quando vuole scoprire qualcosa è
impossibile da ostacolare”
Martha fece spallucce: “Ti sbagli
caro, stavo semplicemente passando davanti alla stanza di Alexis
mentre andavo in bagno e mi è capitato di sentire per caso
qualcosa che a quanto pare non avrei dovuto sapere”, disse con
tono risentito verso il figlio, “Non capisco perchè non
me l'hai detto, Richard! Sono tua madre dopo tutto!”
“Madre, tranne Alexis, nessuno sa
che io e Kate ci frequentiamo, perchè è stata lei a
chiedermi di non dirlo ad anima viva”, replicò lo
scrittore.
“Capisco... Comunque sono
contenta che finalmente abbiate deciso di mettervi insieme, sappi che
hai la mia completa approvazione: quella donna fa al caso tuo. Anche
se non capisco cosa l'abbia spinta a mettersi con te”
“Grazie, madre!”,
esclamò Richard contrariato.
“Non fraintendermi tesoro, ma
sappi che se non vorrai fartela sfuggire dovrai crescere un po'! Lei
non è come le donne che hai frequentato fino ad ora”
“Lo so”, rispose lui, e
davvero era consapevole di quale persona speciale si fosse
innamorato... Sapeva che Kate non era come le altre... Lei era
speciale. Prese le chiavi dell'auto, salutò madre e figlia e
si chiuse la porta alle spalle.
Appartamento di Kate.
La donna stava fissando in silenzio il
suo letto, su di esso vi era una scatola aperta: Richard le aveva
regalato un altro vestito; questa volta però niente di
vistoso, un semplice vestito nero di seta lungo appena sopra il
ginocchio, con spalline sottili. Era decisa a farlo smettere con
quelle spese assurde, erano tutte cose stupende ma lei non ne aveva
bisogno... Le bastava la sua presenza, sentire il suo buon odore
mentre l'abbracciava, riuscire a essere una coppia normale che parla
del più e del meno e che guarda la tv insieme, come era
accaduto due sere prima proprio sul divano di casa sua.
Prese l'abito tra le mani e iniziò
a infilarselo... La seta le scivolava fresca e morbida lungo il
corpo... Non poteva nascondere a sé stessa la paura che
provava... Si chiedeva se sarebbero mai riusciti a essere una coppia
come le altre: lui era uno degli scrittori più famosi degli
Stati Uniti e lei era diventata alquanto conosciuta da quando era
diventata la sua musa... Per non parlare del gossip di cui lui è
stato spesso al centro... Era anche per questi motivi che aveva
deciso di non dire niente a nessuno riguardo quello che stava
accadendo tra loro due: temeva il momento in cui la cosa sarebbe
diventata di dominio pubblico – perchè non aveva dubbi
che sarebbe accaduto. Ma soprattutto temeva di soffrire... Continuava
a tormentarsi con pensieri del tipo: “E se è solo un
fuoco di paglia?”, “E se non funzionasse?”. Sapeva
di essersi posta queste domande anche prima e alla fine aveva seguito
il cuore, quella parte di sé che le faceva venire le
palpitazioni ogni volta che lo vedeva, che le faceva sentire le
farfalle allo stomaco ogni volta che sentiva la sua voce, che la
faceva impazzire ogni dannata volta che la fissava con quegli occhi
color del cielo... Quella parte di sé che le aveva fatto
decidere di correre dietro Richard quella mattina e di baciarlo su un
marciapiede di New York sotto un insolito sole caldo di fine Ottobre.
Allora, trascinata dai sentimenti che provava per lui, aveva corso il
rischio che qualche paparazzo li beccasse ma per fortuna non era
successo. E per quanto avesse realizzato che non aveva mai provato
per nessuno quello che provava nei confronti di quell'uomo, la parte
razionale di lei continuava a dirle di stare attenta, di non lasciare
il suo cuore così esposto, così vulnerabile... Sperava
che funzionasse tra loro, lo voleva davvero... Ma aveva bisogno di
tempo per riuscire ad abbattere del tutto quel muro che aveva eretto
negli anni e non sapeva se Richard avrebbe voluto fare quel viaggio
con lei... Si truccò, diede una sistemata ai capelli e mise le
scarpe. Stava per prendere il cappotto quando bussarono alla porta.
Richard apparve davanti alla soglia
sorridente; quando vide Kate nell'abito che le aveva regalato rimase
senza parole.
“Chiudi quella mascella o ti
cadrà a terra!”, esclamò la detective
sogghignando.
“Scusa, ma dovresti essere
arrestata: è reato essere così perfettamente...
Perfetta!”, replicò lui con occhi adoranti. “Certo
che per essere uno scrittore hai un vocabolario molto ampio”,
rispose Kate prendendolo in giro.
“E' colpa tua se sono rimasto
senza parole”, si giustificò lo scrittore. Poi le
sorrise dolcemente, “Dai andiamo. Sto per portarti in un posto
speciale”.
Lo scrittore scese dall'auto e passò
dal lato passeggero per aprire la portiera alla detective.
“Eccoci arrivati”, disse
Richard indicandole una piccola libreria di fronte a loro.
Kate la osservò stranita:
conosceva quel posto ma non capiva perchè Rick l'avesse
portata lì.
“Lo so, pensavi che ti avrei
portata al ristorante ma aspetta di entrare dentro...”, l'uomo
la prese per mano portandola davanti alla porta chiusa. Quando
entrarono Kate vide qualcosa che davvero non si aspettava: al centro
della libreria c'erano due sedie, un piccolo tavolo rotondo
apparecchiato, con una piccola candela all'interno di un bicchiere e
un carrello con la cena. Il resto dello spazio era illuminato da tre
piccole lampade coperte da sottili stoffe colorate, per riempire
l'atmosfera di luci soffuse e dare un po' di colore. Le pareti
coperte da scaffali pieni di libri.
“Purtroppo non mi hanno permesso
di usare altre candele... Sai, per la presenza di tutti questi
libri”, esordì Richard rompendo il silenzio, “Qui
ho tenuto per la prima volta un incontro con i fan per firmare i
libri, quando i miei romanzi avevano iniziato ad avere davvero
successo... E qui ho incontrato per la prima volta una persona
davvero speciale...”, a quelle parole Kate arrossì, “...
Peccato che non ricordi quell'incontro...”
La detective sentì lo stomaco
fare le montagne russe... Lei quell'incontro lo ricordava benissimo:
alcuni anni prima aveva trovato il tempo per andare nella stessa
libreria in cui si trovava adesso, per incontrare Richard Castle e
avere l'occasione di farsi autografare il suo nuovo romanzo.
Ovviamente sapeva che lui non ricordava quell'incontro, quel
pomeriggio c'erano decine e decine di persone. Si chiedeva come fosse
venuto a saperlo.
“Come fai a...?”
“Tuo padre... Abbiamo fatto due
chiacchiere qualche giorno fa”, rispose Richard sorridendole.
<< Papà?! >>, Kate
sbarrò gli occhi: suo padre sapeva? Come l'aveva presa?
“Non preoccuparti, non ho detto
niente a tuo padre, gli ho fatto delle domande con la scusa di voler
conoscere la mia musa dal punto di vista del papà.
E' giusto sia tu a decidere quando parlagliene”
“Grazie”,
rispose lei sorridendo. Gli era davvero grata per aver rispettato i
suoi tempi... Era un' impressione o il suo scrittore stava crescendo?
“In ogni caso
ho pensato 'Visto che non ricordo il nostro primo vero incontro,
perchè non passare nello stesso luogo il nostro primo
appuntamento per farmi perdonare questa mancanza?' Così mi
aiuterai a riviverlo attraverso i tuoi di ricordi... E mi racconterai
anche di come sei diventata mia fan e della tua piccola biblioteca
comprendente tutti i miei romanzi!”, concluse trionfante.
<< Devo
ricordarmi di uccidere papà la prossima volta che ci vediamo!
>>, pensò Kate mentre alzava gli occhi al cielo.
“Perché
non me l'hai mai detto?”
“Appena ci
siamo conosciuti non avrei osato darti questa soddisfazione nemmeno
per tutto l'oro del mondo. Il solo pensiero di vederti pavoneggiare
per tutto il distretto mi dava l'orticaria... Ma ora non mi
dispiacerebbe parlarne...”, ammise sorridendo.
“Allora... Ti
piace l'idea? Ho cercato di rendere la libreria il più
accogliente possibile... E poi pensavo che avresti preferito un po'
più di privacy visto che non siamo ancora usciti allo
scoperto...”
La detective si
sentì grata nei confronti dello scrittore per la comprensione
che le aveva dimostrato con quel piccolo gesto. Il sorriso che le
increspava le labbra divenne più ampio: “E' delizioso,
davvero... Sei stato molto dolce...”
Richard
ricambiò il sorriso mentre fissava i suoi occhi in quelli di
lei. Poi si fece serio: “Kate... So che non sono perfetto, che
per quanto tu possa amare il lato infantile e superficiale di me, hai
bisogno di qualcuno che sappia esserti accanto, di un uomo che sia
divertente, ma anche serio e responsabile... Vuoi qualcuno che ti dia
la sicurezza e l'amore di cui hai bisogno e io... Voglio solo che tu
sappia che quell'uomo sono io, Kate. Devo crescere lo so, e con te so
di poterlo fare, sono già cambiato molto durante questi anni
passati insieme... Dopo Alexis tu sei la cosa più
straordinaria che mi sia mai capitata... Non ho mai provato per
nessuno quello che provo per te... Voglio essere con te quando
prenderai l'assassino di tua madre, voglio prendermi cura di te, sono
pronto a fare qualsiasi cosa per te, perciò... Non importa
quanto tempo ci vorrà perchè tu possa aprirti
completamente a me, non importa quanto dovremmo tenere nascosta la
nostra relazione... Io sono l'uomo di cui hai bisogno, Kate... Lascia
che io sia quell'uomo...”
Kate non sapeva
cosa rispondere: si sentiva come se Richard avesse ripreso a rompere
quel muro che lei stessa aveva eretto tra sé e il mondo
esterno, buttandone giù una buona parte e portandosi via i
mattoni caduti... Aveva la sensazione di sentirsi più leggera,
come se i dubbi che aveva non la assillassero più... Guardava
quei sinceri occhi chiari penetrarle dentro fino a toccarle
l'anima... Voleva che lui fosse il suo uomo... Non aveva dubbi:
voleva urlare al mondo che Richard Castle l'aveva stregata nel corpo
e nell'anima, non voleva più ascoltare la parte razionale e
timorosa di sé, non poteva più farlo ormai: c'era
dentro fino al collo, era innamorata di lui e non voleva lasciarlo
andare... Se alla fine avesse sofferto, sapeva che ne sarebbe valsa
la pena... Si avvicinò piano allo scrittore e con dolcezza
posò le labbra schiuse su quelle di lui mentre gli portava le
braccia al collo, poi lo strinse a sé nell'abbraccio più
forte di cui fosse capace: petto contro petto, riusciva quasi a
sentire il cuore di Richard battere a tempo col suo... Sentì
lo scrittore stringerla ancora di più verso il suo corpo, come
se avesse paura che potesse svanire da un momento all'altro... Ma la
detective era lì e non sarebbe andata da nessuna parte, perché
il suo posto era con lui... Mentre chiudeva gli occhi serena, Kate
sentiva che dopo anni passati a viaggiare nel mare in tempesta, il
suo cuore era approdato in un porto sicuro dove potervi rimanere...
Magari per sempre.
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