Little lies, little lies, making up
tragedies, nothing is what it seems…
Era già da un po’ che era
seduta a quel tavolo con le valigie tutte intorno a lei. Non avrebbe voluto
lasciare così la sua casa, ma ormai non poteva più tornare sui suoi passi: non
doveva mostrarsi debole e poi sua madre sarebbe stata certamente arrabbiata,
non poteva ripresentarsi davanti a lei dopo quello che aveva fatto. Prima della
fuga, quando pensava al lavoro che i Malfoy le avrebbero dato, aveva deciso di
recidere i legami con la famiglia, almeno per un po’, per dimostrarsi autonoma,
e così avrebbe fatto. Però dopo la litigata con i genitori aveva un po’
esagerato e quel “per un po’” si era tramutato in un “permanentemente”: aveva
anche staccato la sua lancetta dall’orologio in soggiorno e ora l’aveva lì in
mano, la rigirava. Non sapeva nemmeno perché l’aveva tenuta invece di buttarla
via, nel primo cestino che avesse trovato, tanto ormai a casa non ci sarebbe
più tornata.
Madama Doréssa guardava
già da un po’ la ragazzina lì seduta, non aveva ancora ordinato, e questo era
strano dato che da una settimana a quella parte la prima cosa che vedeva della
ragazza, prima ancora del suo viso, erano una massa di capelli rossi in
avvicinamento e una manina bianca che si posava sul balcone per richiamare
l’attenzione, per fare la sua ordinazione sempre diversa ma sempre poco costosa
e analcolica, appropriata a lei, quindi. Le stava simpatica, quella ragazzina
le ricordava lei da giovane. Prima di diventare barista in quel locale ci aveva
lavorato per anni e tutto perché a casa non stava più a suo agio.
Lei non aveva una storia
felice alle spalle, anche se si mostrava sempre sorridente. Sorridere ed essere
affabile era il suo lavoro. Da piccola la sua era una famiglia normale, aveva
una sorella gemella e su di loro veniva riversato l’amore di due felicissimi
genitori. Fino a quando aveva compiuto undici anni e a lei era arrivata la
lettera da Hogwarts, a sua sorella no. Da allora loro, tutti loro, le avevano
dato la colpa di essere una strega, di essere diversa. Col tempo aveva capito
che lo facevano perché si sentivano inferiori, loro in realtà erano magonò; la
magia li aveva rifiutati e loro la rifiutavano. Così aveva vissuto a scuola e
da una lontana parente, anche lei strega.
La bambina seduta là in
fondo le ricordava molto se stessa, sola, abbandonata. Senza dubbio stava
aspettando qualcuno perché aveva con sé delle valige e non smetteva di tener
d’occhio l’entrata. Quasi certamente stava dando l’addio al suo passato. Aveva
anche lei la stessa età quando se ne era andata di casa, più o meno.
Eppure, in lei, in quella
ragazzina dalla testa infuocata, pareva esserci dell’altro che non un nuovo
inizio: aveva lo sguardo come perso nel vuoto, accigliato e allo stesso tempo
sembrava sul punto di scoppiare a piangere; non le piaceva vedere le persone in
quello stato, ma lei non era abituata a badare ai bambini. Agli altri clienti
di solito, per risollevar loro il morale, offriva un bicchiere gratis di un
potente alcolico, ma ovviamente non poteva darlo anche a lei, come non poteva
andare là e interferire, per il rispetto di se stessa da bambina, per il
ricordo, sapeva che voleva solo esser lasciata in pace e la rispettava per
questo.
D’improvviso si aprì la
porta e Ginny fece come per nascondersi, calmandosi subito dopo: nessuno sapeva
che lei frequentava quel bar se non Malfoy e due o tre vecchietti che aveva
incrociato nella settimana. Era solo Malfoy, infatti. E lei lo stava
aspettando. Dette una regolata ai suoi pensieri che vagavano ancora alla sua
famiglia, si cercò di calmare e di ricordarsi che loro avevano un patto. Lei
aveva bisogno di lui e lui di lei, non l’avrebbe abbandonata a sé.
Draco prese posto di
fronte a lei come aveva già fatto il giorno prima e le chiese se fosse davvero
convinta di accettare il posto di lavoro che le aveva offerto, cosa di cui non
era più tanto sicuro dopo la discussione avuta con suo padre (o meglio, il
monologo di questo su come i Weasley avrebbero deriso i Malfoy che chiedevano
aiuto).
- Malfoy, se mi vedi qua
non è per farti dispetto, e poi cinque galeoni al giorno non li butto via. Mi
pagherai in giornata, sempre, vero?
Il dubbio era che le
accreditasse lo stipendio sul suo conto alla Gringott, ancora sotto il
controllo dei suoi genitori.
- Certo, cos’è? Vuoi un
anticipo? – soffiò lui di rimando.
Poi notò le valige a terra:
- Non mi dire che sei scappata di casa, Weasley! Tutto per stare con me?
- Stai zitto. Non ti
riguarda la mia vita.
A quel punto Draco
gongolava letteralmente, se non fosse stato un esperto dissimulatore avrebbe
lasciato trasparire un grosso sorriso, di quelli che fanno solitamente i gatti
dopo aver mangiato un topo. Coda compresa.
- Oh, ma una cosa posso
saperla? Dove dormirai? I tuoi cari genitori babbanofili e i tuoi stupidi
fratelli faranno presto a ritrovarti, non passi certo inosservata con tutti
quei geni Weasleypezzenti che hai addosso… o mi sbaglio? Pelle chiara e
lentigginosa da popolana, capelli rossi mal curati, sguardo vacuo… non ci vuole
tanto a capire da che razza di famiglia vieni.
- Ah sì? Mi stai offrendo
un alloggio al tuo palazzo di cristallo, Lady Malfoy?
- Non azzardarti a
chiamarmi così, sai? Altrimenti altro che pentirti di essere nata, ti riporto
direttamente da tua madre e tanti saluti. L’ho vista quella donna, sai? … Ora,
se non hai niente in contrario, prendi le tue cose e seguimi, dove andiamo non
ti deve interessare.
Draco si alzò e si avviò
all’uscita, lasciando dietro di sé una Ginny che armeggiava con i bagagli. Lei
non si sarebbe mai potuta accorgere del ghigno che attraversava il volto del
giovane Malfoy che pensava già a come sfruttare a suo vantaggio quella preziosa
situazione. Insomma, una ragazza che si rifugia nelle braccia del rampollo
della famiglia nemica e rivale non era cosa da tutti i giorni, no? Soltanto
Romeo e Giulietta, forse, potevano avere la stessa idea. Ma lui non era Romeo,
a lui non importava nulla se quella Giulietta soffriva, lui voleva vendicarsi
del suo amato fratello Ronald e di quel bonzo di Harry Potter che, assieme a
quella secchiona della Granger, se ne andavano tronfi per i corridori di Hogwarts
a farsi ammirare da tutti. Eccoli i nuovi eroi! Il terzetto dei bravi e
coraggiosi grifoncini! Avrebbero pianto, oh sì.
Alla Tana nel frattempo era
scoppiato un putiferio: non solo Ginny era scomparsa e nessuno sapeva dove
fosse, ma anche la sua lancetta non c’era più e questo significava che nessuno
poteva sapere se era sana e salva o in pericolo! Di dove fosse andata non ne
avevano idea, in fondo non poteva certo aver trovato davvero ospitalità
dai Malfoy, la sola idea era irrazionale.
La mattina Molly si era
lasciata convincere che forse era solo arrabbiata, aveva fatto le valige, aveva
tolto la sua lancetta, ma sarebbe tornata sicuramente per il pranzo, in
lacrime, pregando di perdonarla, di volerle bene. Era un’adolescente e per di
più era stata vittima di un maleficio per quasi tutto l’anno scolastico, se già
l’identità era un po’ in crisi per gli ormoni e la crescita, quello la poteva
rovinare. Però, quando il “pranzo” si era trasformato in “merenda” e poi
inesorabilmente in “cena”, Molly non aveva più retto e si era lasciata andare a
una crisi isterica che aveva colpito come un monsone tutta la famiglia, e il
ministero sezione persone scomparse, più volte, fino a tarda notte,
ripetutamente.
Del resto nessuno era
rimasto con le mani in mano nemmeno durante il giorno.
Arthur si era dato un gran
daffare al ministero per distribuire foto della figlia a chiunque avesse
intenzione anche solo di uscire per bersi un caffè; Harry, Ron e Hermione
battevano i boschi e campi intorno alla casa fin dalla mattina, Fred e George
facevano lo stesso sorvolando i villaggi magici. Perfino Percy la stava
cercando, proprio lui che di solito non si interessava alle “sceneggiate”
famigliari.
Faceva un gran caldo, ma
nessuno si dava pace: bisognava ritrovare Ginny, non aveva ancora dodici anni!
Le poteva accadere di tutto.
Ginny se ne stava seduta
in un grande atrio ventilato, al fresco, con un succo tropicale in mano (con
tanto di ombrellino!) mentre Draco, seduto come al solito di fronte a lei, le
mostrava una piantina dell’immenso negozio per ricchi di sua madre. Erano nella
zona ristoro dello stesso, al piano terra, circondati da piante e fiori che
rendevano molto accogliente l’ambiente, fatto tutto di vetri e specchi.
Nessuno dei due sembrava
infastidito dalla presenza dell’altro: erano affari e loro collaboravano, una
volta finito sarebbero ritornati alla vita di sempre.
O meglio, Ginny pensava
che dopo quello avrebbe avuto abbastanza soldi per affittare un qualcosa per
l’estate, anche solo una piccola tenda magica, giusto per il periodo in cui
avrebbe dovuto tornare in famiglia per passare le vacanze; Draco, invece,
pensava che se il suo piano fosse andato a buon fine si sarebbe guadagnato il
rispetto di suo padre e avrebbe messo a tacere Potter&friends, compresa la
Piattola che, per essere una ragazzina del primo anno, si era dimostrata
davvero...fastidiosa? Sì, ecco. Perché non poteva solo essere posseduta, no,
lei doveva anche essere salvata dagli eroi della domenica. Sicuro non fosse
stata l’adorata sorellina della Donnola non si sarebbe scatenato quel casino.
Draco si scostò un ciuffo
che gli era caduto sugli occhi: - E in questo settore ci sono gli accessori
magici, magia nera, e quindi a te è proibito avvicinarti. Sono solo per
purosangue, hai capito? Non importa quanti soldi possano esser disposti a
pagare: solo purosangue.
- Ho capito, ho capito. Primo
piano vestiti, secondo: borse, cappelli e scarpe; terzo: accessori, vietato il
reparto nascosto dietro il grande specchio. Chiaro.
Ginny mosse la testa su e
giù come un buon cagnolino, aspirando un sorso del cocktail che aveva in mano,
non ci voleva un genio per seguire i discorsi di Draco, poco ma sicuro.
- Bene, brava. Senti… dove
hai detto che dormi? Sai che devi esser qui alle 7 vero? Non prendere un
alloggio troppo lontano.
- Non so, Malfoy. Non ho
abbastanza soldi per pagarmi un posto letto, a meno che non dorma in strada o
non dorma affatto o… non è che potrei dormire qui? L’hai detto tu stesso che
c’è una piccola dependance!
Ecco, l’aveva detto. Ginny
aveva appena pronunciato le parole che aspettavano entrambi. Lei per non
tornare a casa e non finire per strada, per fargli pena e farsi accogliere, lui
la voleva in trappola, invischiata a tal punto nella sua rete che fosse
impossibile sfuggirgli.
-Mi schifa la sola idea,
Weasley! Ma… potrei chiedere a mia madre, se l’altra opzione è perdere
l’aiutante.- Mentì spudoratamente Draco.
-Grazie ehm.. Draco.
- Chiamami Malfoy, non
voglio aver nessun contatto con te che non sia legato al lavoro.
-Bene, Malfoy. –
Succhiò soddisfatta dalla
cannuccia: quel succo era buonissimo e lei aveva trovato un alloggio a prezzo
zero.
Erano passati solo dieci
minuti da quando Draco l’aveva lasciata e già ne stava discutendo con i
genitori. Sorprendentemente avevano trovato che fosse una buona idea avere la
piccola Weasley come aiutante e certo non le avrebbero negato l’ospitalità.
Draco era rimasto basito,
non capiva come, dopo tutti quegli anni di ostilità, potessero accogliere in
casa loro una traditrice dei purosangue, almeno non prima di avere ascoltato il
suo piano che l’avrebbe allontanata prima dai suoi amici e poi distrutta.
Ci pensò sua madre a
spiegargli la situazione quando furono soli, a quattr’occhi: la ragazzina serviva
per una vendetta e Draco doveva collaborare. Ci sarebbe stato? Sì, ci stava.
Sorprendentemente era lo stesso motivo che aveva mosso Draco ad accollarsela,
solo che suo padre non mirava a Potter e il suo giulivo seguito, piuttosto
all’intera famiglia Weasleypezzenti.
Il piano era di traviare
la dolce bambina di Molly Weasley, la sua unica femmina, quella con cui aveva
un legame particolarmente forte; l’avrebbero fatta diventare una Malfoy, le
avrebbero fatto disprezzare la sua famiglia e l’avrebbero educata secondo
l’etichetta dei veri e nobili purosangue. Era un progetto di poche parole,
lineare: proprio per la sua semplicità sarebbe andato a buon fine. Dopotutto,
poi, quella che si doveva ingannare era una bambinetta di dodici anni scappata
di casa, anche se fosse stata sospettosa all’inizio, avrebbero comunque vinto
loro perché quando giocavano sporco lo sapevano fare molto bene.
Narcissa, andandosene,
consigliò al figlio di diventare piano piano il migliore amico della bambina,
il suo confidente e, perché no?, anche il suo fidanzatino. Draco ci stava.
Troppe volte aveva subito a scuola gli scherzi dei Weasley e troppe volte
Potter aveva sventato i suoi, di scherzi. Ora era il momento della vendetta.
Che si ripercuotesse anche sulla famiglia di lei non lo turbava, Weasley e
Malfoy non andavano d’accordo, lo sapevano tutti, e quello sarebbe stata solo
una piccola goccia nel vaso della discordia.
Due ore dopo, mentre la
famiglia Weasley cercava ancora la propria figlioletta, questa entrava
nell’atrio della residenza principale dei Malfoy: aveva trovato una camera in
una lussuosissima villa con tanto di pavoni in giardino e la pagavano anche per
lavorare in un negozio bellissimo in cui avrebbe volentieri prestato servizio
gratis solo per poterci stare dentro.
Non poteva andare meglio.
Era un sogno, il suo
personale sogno di successo.
Gli elfi domestici presero
le cose di Ginny e le portarono nella sua nuova camera. Quando anche lei poté
vederla le si riempirono gli occhi di lacrime, non aveva mai pensato che i
Malfoy potessero essere così… così ospitali! La camera era bellissima, immensa,
aveva le pareti rosso scure con stucchi dorati, anche il letto a baldacchino
riprendeva gli stessi colori, c’erano una bandiera e un poster di Grifondoro
appesi, un tappeto magico che cambiava alternativamente il logo di Hogwarts a
quello della sua casata, in più aveva un bagno personale che avrebbe fatto
invidia a quello dei prefetti Hogwartiani (Percy ne aveva descritti i meriti
molto entusiasticamente). Il cuore quasi le scoppiò quando aprì l’enorme porta
finestra e si rese conto che la stanza dava sul rigoglioso roseto di cui i
Malfoy andavano fieri.
Non avrebbe mai potuto
ringraziarli abbastanza, ma era sicura di una cosa: non avrebbe più potuto dir
nulla di veramente maligno contro di loro, la sua famiglia sbagliava e l’aveva
dimostrato più volte. Si diede della stupida per avere ascoltato così tanti
pregiudizi e non aver capito che erano solo fandonie dettate dall’invidia.
Perfino l’episodio del diario le sembrò un errore: in fondo il signor Malfoy
non aveva mai ammesso di aver preso parte alla cosa e poteva benissimo essere
come diceva lui. Nessuno che accogliesse così bene una che apparteneva a una famiglia
altrimenti sgradita, facendola sentire veramente a casa, poteva essere così
malvagio e meschino come lo descrivevano sempre i suoi genitori.
Si allungò sul letto
guardando i piccoli elfi domestici mettere a posto le sue cose dalle valigie
agli armadi, poi si decise a fare un lungo bagno rilassante: doveva essere in
forma per il giorno dopo o avrebbe iniziato il suo lavoro già stanca.
Ciao a
tutti! Eccomi tornata J ... una
sola recensione? Hm? Ma almeno una c’è! E Blessed Bondless che recensice e che
spero di rivedere in questo capitolo!
Parlandoti
proprio a tu-per-tu, Bondless, ti ringrazio della recensione! In
questo capitolo ho dato forse poco spazio a quella che è l’introspezione
piuttosto che alla vicenda, ma ora il meccanismo si mette in moto... da qui in
poi Draco ritorna a essere più nel personaggio, Ginny se ne discosta, entrano
in campo le famiglie e tutto si ingarbuglia (evviva!!!) ... quindi, fammi
sapere ancora cosa ne pensi :P
-
Ah, se a qualcuno
pare “strano” o “vecchio sistema” che io risponda alle recensioni qui lo
informo che lo faccio perché mi piace tenere un dialogo aperto a tutti gli
occhi (come lo è la storia e lo sono le recensioni), solo quelle dell’ultimo
capitolo saranno risposte in privato, se a qualcuno non garba o non recensisce
(ma, suvvia, dai!) o mi specifica di rispondere in pm -
è Il titolo questa volta è una frase di “Little Lies” di
Tarja Turunen, la traduzione è: “piccole bugie, piccole bugie, causano drammi...”
(oh, sì, ancora titoli legate a canzoni...)
Grazie a chi
legge ma soprattutto a chi recensisce!!!
A presto,
Gufo