My secret friend 5
My secret friend
Avvertimenti: la storia tratta argomenti come
l'omosessualità, tratta oltretutto argomenti delicati ed
è presente linguaggio scurrile, se non vi piace non leggete. La
storia non è reale, non ho preso spunto da nessuna storia
realmente accaduta. Ogni riferimento a fatti e/o persone è
puramente casuale.
I personaggi di 'Katekyo hitman Reborn' non mi appartengono e la storia non è assolutamente a scopo di lucro.
«Anche a me piace, è simpatico» Dino
notò il repentino cambiamento nell'espressione di Federico.
«A mamma e papà non piace» continuò a dire
mentre svogliatamente stirava le pieghe della maglia che indossava.
Dino si sentiva sempre più a disagio perché dopotutto lui in quel discorso non c'entrava
assolutamente nulla, eppure Federico continuava a parlare come se nulla
fosse, come se stesse parlando con qualcuno che conosceva da tempo e
con cui poteva confidarsi liberamente. Dino oltretutto sapeva anche che
a Squalo tutto ciò non sarebbe piaciuto, per quel poco che lo
conosceva aveva capito che non gli piaceva parlare dei suoi affari.
Più che altro, ora poteva intuire, perché non avrebbe
voluto far sapere di quella situazione che sembrava alquanto scomoda,
anche
se poi non aveva capito fino in fondo ciò che Federico forse stava cercando di fargli capire.
«Mi dispiace» disse allora in mancanza di altre parole, e
gli dispiaceva per davvero.
Federico allora smise di lisciare le pieghe
e lo guardò confuso, o forse stava semplicemente
pensando, Dino non era mai stato un tipo troppo intuitivo, per
questo motivo non
capiva al volo le emozioni delle altre persone, se non per emozioni
palesi e ben chiare, sopratutto con degli estranei, sopratutto con
Federico che sembrava un ragazzo alquanto enigmatico.
«Ma va bene così, io gli voglio bene» a quel punto
Federico guradò fuori dalla finestra. «Piove, adesso va
anche meglio» Dino osservò le grandi nuvole grige che
ormai avevano completamente coperto il cielo.
La pioggia sembrava aver
racchiuso in una bolla d'acqua le ville tutt'attorno e ancora una volta
si ritrovò a pensare al fatto che Squalo avrebbe potuto ammalarsi,
nonostante poi Federico gli avesse detto che non si ammalava mai.
«Ed è tornato in anticipo» Osservò Federico che scuoteva la mano in segno di saluto.
«Squalo è tornato?» Dino si alzò e corse a
guardare fuori dalla finestra in cerca della testa del suo amico,
eppure non vide nulla se non una macchina giagia e lucida.
«No, è papà. Ora Squalo sarà nei
guai» Federico si strinse nella maglia e allungò il collo
come se stesse cercando di guardare attraverso la piccola villa davanti alla
loro.
«Nei guai?! Allora forse è meglio se lo vado a cercare, magari...»
«No. Papà si arrabbia, non gli piace quando Squalo è
fuori. Deve
controllarlo» il volto di Dino si rabbuiò in uno strano
cruccio. Non sapeva cosa volevano dire quelle parole, non capiva il
motivo per cui l'uomo dovesse controllare Squalo e automaticamente
si sentì stringere lo stomaco in una morsa dolorosa. Si sentì come un uccellino in gabbia.
«Ma se vado a cercarlo posso dire che era con me, magari non
si arrabbia» Federico storse il naso e sospirò.
«Squalo lo sa che non deve uscire»
«Ma come hai detto, vostro padre è tornato in anticipo, Squalo non
avrebbe potuto saperlo» lo guardò ansioso in attesa di
una risposta quanto più che positiva, perché si sentiva
agitato, perché aveva paura di un qualcosa che nemmeno lui
riusciva a concepire, ma che nella sua mente, in modo occulto, riusciva
a suscitargli dolore.
«Papà è un generale e ha sempre detto che bisogna
prepararsi ad ogni evenienza, a lavoro o a casa non importa»
Dino non seppe cosa dire, rimase a guardare Federico per un tempo che
gli parve eterno. Osservò il modo in cui abbassava le
sopracciglia in modo contrariato, era ovvio che anche il ragazzo
più piccolo non approvasse quella regola. Non gli piacque affatto, infatti a Dino quel modo di fare
gli sembrava quasi una cosa assurda, eppure sapeva bene che quello non
era l'unico uomo ad essere così severo in famiglia.
Nonostante
Dino potesse capire in qualche modo quella vita, suo padre non si era mai
comportato in quel modo, per questo riteneva in qualche modo ingiusto
quel comportamento da parte del generale.
Federico sospirò afflitto, sperava che Squalo tornasse al più presto, era evidente.
«Vado a cercarlo» a quelle parole Federico si girò
verso Dino, ma lui aveva già preso a camminare verso la porta
della camera con l'intenzione di non voler ascoltare altre affermazioni
pessimistiche, anche se in fondo sapeva che anche Federico approvava in un certo senso la sua decisione. Il
fatto però era che Federico non voleva che Dino si fosse ritrovato in qualche guaio
per colpa sua, perché aveva visto sin da subito che
tipo di persona era e, per quel poco tempo che avevano potuto per parlare, aveva visto la genuinità del
suo animo.
Era felice che Squalo avesse trovato un amico come quello, anche se
sapeva che suo fratello non avrebbe mai e poi mai dimostrato alcun tipo
di affetto nei suoi confronti, perché non era il tipo.
Senza dire altro dunque Dino uscì e scese le scale, cercando
attentamente di non mancare i gradini. Fino a quel momento non
aveva fatto nessun capitombolo, ma appunto per questo doveva stare
attento a non creare caos di qualche sorta.
Una volta arrivato alla fine delle scale, vide la madre di Squalo tutta
affannata correre verso la porta e mettersi a posto i capelli in un
gesto frenetico e nervoso.
«Mi scusi signora, io dovrei...» la donna non lo
lasciò finire che subito lo guardò sorridendo e
respirando come se stesse in ansia.
«Oh, non ti preoccupare, dirò a Squalo che sei
passato!» Dino non capì il modo strano in cui la donna a
quel punto sorrise: era un sorriso diverso, tirato e molto falso.
«Mi dispiace.» Disse dunque avviandosi verso la porta.
«Ma no caro, non devi preoccuparti, puoi comunque venire a
trovare Squalo quando vuoi, sei il benvenuto.» Di nuovo gli
mostrò quel sorriso che a quel punto lo spaventò.
Abbassò lo sguardo e lasciò che la donna aprisse la porta.
«La ringrazio. Arrivederci.» Mentre usciva
incontrò lo sguardo del padre di Squalo e vi vide freddezza, una freddezza
che lo fece chiudere nelle spalle ed abbassare lo sguardo «B-buona sera.» E dopo quelle parole cortesi quanto
timorose, corse via come un lampo, senza aspettare che l'uomo potesse
rispondergli.
Dino si sentì scombussolare le membra non appena
sentì la voce dell'uomo salutarlo di rimando, ma non osò
voltarsi preferendo correre da Romario che era ancora lì ad
aspettarlo.
«Scusami se ci ho messo così tanto» quando
entrò nell'abitacolo sentì il familiare calore che lo
fece sentire meglio.
«Qualcosa ti preoccupa?» Dino guardò Romario e si morse il labbro inferiore.
«No, cioè sì.» Gesticolò e
guardò dritto davanti a sé «Dovrei chiederti un
altro favore»
Squalo se ne stava sdraiato sul prato a guardare le nuvole cariche di
pioggia. Iniziò a pensare a quanto la pioggia potesse
essere rilassante. Amava il modo in cui le gocce si scontravano al
suole, sugli oggetti e sulle persone. L'acqua piovana puliva quel mondo
sporco e ingiusto, la pioggia spazzava via quel senso di disagio che si
sentiva addosso. Quando pioveva si sentiva felice, quando le
fredde gocce gli scorrevano sul viso si sentiva sollevato. Non
ricordava nemmeno il giorno in cui era iniziata a piacergli così
tanto, ma forse nemmeno gli importava. Sapeva solo che sentiva la
pioggia come parte integrante di sé, come se fosse il suo
elemento naturale.
Squalo non poteva sapere quanto ciò potesse essere vero. Un
giorno però, nemmeno troppo lontano, l'avrebbe capito. Sarebbe
stato l'inizio o forse la fine di tutto, questo però, per tutti
gli anni che sarebbero passati, non l'avrebbe mai saputo, anzi
probabilmente l'avrebbe anche dimenticato.
Pioveva finalmente, le gocce colpivano il suo corpo facendolo sentire
sollevato. Era una sensazione magnifica. Alzò la spada e
fendette l'aria, godendo dell'effetto che provocava la lama tra le
gocce. Si lasciò successivamente cadere a terra tra l'erba
bagnata e chiuse gli occhi lasciandosi investire dall'acquazzone. La
pioggia era così forte che ad un certo punto gli fece perfino
male la faccia.
Storse il naso. Forse era meglio se tornava a casa,
anche perché, si rese conto, era tardi e voleva tornare a casa
prima di suo padre così da poter stare un po' di più con
suo fratello.
Sospirò e si alzò in piedi stropicciandosi gli occhi
anche se era inutile, prese il panno per avvolgere la sua spada e si
incamminò verso la strada che l'avrebbe riportato a casa.
Camminando si ritrovò a pensare di nuovo a Xanxus e
istintivamente rabbrividì. Non che avesse paura, solo un
pochino. Era strano comunque che gli avesse messo tutto quel timore
addosso, eppure, nonostante avesse temuto per la sua vita, non riusciva
a non pensare a quanto quegli occhi lo attirassero e a quanto volesse
vederli di nuovo e fissarli in tutto quel pieno d'ira che li riempiva.
Erano stati pochi attimi a guardarsi, questione di qualche secondo, ma era come se l'avessero inevitabilmente catturato. Si
accorse che quegli occhi lo caricavano di adrenalina ed era una
sensazione così strana che sentì il bisogno di correre
per scaricare tutta quell'improvvisa forza che sentiva montargli
dentro. Alla fine non trovò così male la prospettiva di
affrontare Xanxus se questo poteva permettergli di guardarlo dritto
negli occhi.
Si fermò improvvisamente e fissò a terra. Era sbalordito
dai suoi stessi pensieri. Nemmeno lo conosceva quel Xanxus e già
aveva una voglia matta di rivederlo. L'aveva odiato per quei secondi
che l'aveva visto e l'aveva anche maledetto, in quel momento invece
voleva solo tuffarsi in quegli occhi rossi e non per maledirli, ma per
guardarli e basta, per sentire più vivide quelle sensazioni che
ora lo stavano scuotendo all'interno e che non capiva nemmeno se
fossero piacevoli o meno, se fossero deleterie oppure no. Voleva dunque
incontrare di nuovo Xanxus perché voleva capire cosa gli stava
succedendo, perché non riusciva a controllare né il suo
corpo né la sua mente. Pensò dunque che forse quelle
sensazioni e tutta quella carica le provava perché voleva fare
davvero del male a Xanxus, almeno per il momento poteva convincersi che
fosse così, anche se sapeva che c'era dell'altro e che
probabilmente quella notte avrebbe dormito molto male per quello. In
quel momento però doveva solo pensare a tornare a casa il
più presto possibile se voleva passare abbastanza tempo con
Federico.
Riprese a correre sotto la pioggia cercando di dimenticare quel rosso
che gli stava invadendo la mente. Era difficile non pensarci, ma una
macchina fermatasi proprio davanti a lui, lo distolse dai suoi pensieri
e d'istinto
si fermò. La portiera si aprì e in un
attimo Squalo pensò che forse era meglio scappare, ma quando
vide una zazzera bionda spuntare fuori e gli occhi nocciola di Dino
fare capolino
rilassò i muscoli.
«Squalo!» Corse verso di lui e strinse un poco gli occhi per la forza della pioggia.
«Che cazzo ci fai qui?» Squalo guardò la macchina e di nuovo l'amico che sembrava preoccupato.
«Ti accompagno a casa» rispose dunque afferrandogli il
polso, ma Squalo oppose resistenza. «Tuo padre, ecco, è-»
«Che cosa?!» L'aveva bloccato. Dino guardò gli
occhi di Squalo spalancarsi e riempirsi di panico, gli mancò il
fiato.
«Non restiamo qui, andiamo» lo trascinò verso la
macchina e lo fece entrare. «Mi dispiace
Squalo.»
L'albino lo guardò stralunato e guardò poi lo specchietto retrovisore vedendo Romario che li guardava pacato.
«Lui è Romario» disse in fretta e furia Dino.
Squalo fece cenno con la testa, ma non una parola gli uscì dalle
labbra.
In tutta quella fretta non era riuscito ad
allacciare tutti i punti, quando però sentì la macchina
iniziare a sfrecciare, nella sua mente iniziarono a crearsi degli
interrogativi: come faceva Dino a sapere di suo padre? Come mai suo
padre era già tornato? Come aveva fatto Dino a trovarlo?
Perché era così allarmato? Cosa sapeva in realtà
Dino? Erano troppi interrogativi e lui non sapeva rispondere
nemmeno ad uno di questi. Semplicemente tornò a guardare l'amico
che sembrò capire tutta quella confusione.
«Sono stato a casa tua» allora un altro interrogativo
nacque spontaneo nella sua mente, ma questa volta riuscì a
trasformarlo in forma di parola.
«Perché?» Dino per la prima volta vide lo sguardo
di Squalo non corrucciato ma preoccupato. Gli era concesso capire per
quanto gli era stato concesso di sapere da Federico.
«La cartella.» Squalo alzò un sopracciglio «L'hai lasciata a scuola» finì dunque.
Squalo lo guardò come se avesse capito tutto quanto e deglutì.
«Quindi...» inclinò la testa in avanti senza
smettere di fissarlo e Dino capì di dovergli delle spiegazioni,
anche se ormai la macchina si era fermata ed erano arrivati a casa di
Squalo.
«Ne parliamo domani, siamo arrivati» Squalo guardò
fuori dal finestrino e subito lo sguardo andò verso la macchina
del padre.
«Cazzo.» Fu l'unica cosa che riuscì a dire
lì per lì prima di scapicollarsi praticamente fuori dalla
macchina senza una parola. L'unica cosa che aveva pensato in quel
momento era suo padre e di conseguenza aveva dimenticato la
buona educazione, ma questo poteva farselo perdonare il giorno
seguente.
Dino osservò Squalo fermarsi davanti alla porta e capì
che l'amico stava pensando se entrare oppure scappare di nuovo.
«Dino...» Guardò lo specchietto retrovisore e vide gli occhi di Romario puntati sui suoi.
«Ti spiegherò tutto.» Poi di nuovo tornò a
guardare verso la porta, ma di Squalo non c'era traccia. Si
guardò dietro e avanti e capì che era entrato in casa. Si
preoccupò, ma disse a Romario di tornare a casa.
Squalo era entrato in casa sbattendo la porta. Se ne fregava altamente
di quello che sarebbe successo, tanto ormai avrebbe potuto aspettarsi
il peggio.
«Cosa ci facevi in giro con questa pioggia?» La madre
andò all'ingresso sconvolta. L'albino si tolse le scarpe e la
guardò con indifferenza senza nemmeno pensare di degnarla di risposta,
sapeva che tanto a lei non importava, quella era stata solo una
domanda di circostanza dato che si trovava nelle vicinanze.
Attraversò l'ingresso, superando la madre che se ne era rimasta
lì in mezzo come un palo, ed era entrato nel grande salone,
consapevole del fatto che ci fosse il padre lì sulla poltrona ad
attenderlo.
«Perché eri in giro?» La voce dura e fredda gli
fecero tendere i muscoli. Si fermò e guardò l'uomo negli
occhi. Sapeva che la madre era dietro di lui e stava guardando la scena
con le mani unite in grembo ostentando una calma che non aveva, sia lui
che il padre lo sapevano e Squalo non capiva perché si sforzasse
tanto.
«Stavo tornando a scuola» bugiardo. Ma doveva mentire per salvarsi la pelle. Quasi si sentì soddisfatto
della sua risposta.
Il padre lo guardò accigliato e mosse una mano facendogli cenno
di andare davanti a lui per guardarlo meglio negli occhi. Squalo sapeva
che tanto l'uomo non avrebbe capito se stava mentendo o meno,
perché non lo conosceva e perché l'albino ormai sapeva
bene come mentirgli con gli occhi.
«Vedi di non dimenticare più le tue cose a scuola»
disse a quel punto. Squalo si rese conto che con molta
probabilità la madre gli aveva detto di Dino e della cartella e
forse gli aveva raccontato la sua stessa menzogna. Si
voltò quindi verso le scale ed incrociò lo sguardo della
madre che teneva gli occhi spalancati ma che sembrava più
rilassata. Non avrebbe detto nulla, non l'avrebbe ringraziata
perché con lei non ci voleva parlare.
«Vai in camera tua» finì per dire l'uomo, Squalo si fermò a metà scale.
«Voglio salutare Federico»
«Ho detto di andare in camera tua.» Si morse il labbro e
strinse i pugni. Lo maledì mentalmente e si diresse verso la sua
camera ubbidendo a quell'ordine. Non avrebbe potuto fare
altrimenti.
Guardò fugacemente verso la porta chiusa della camera di suo
fratello ed entrò nella sua stanza. Una volta entrato gli venne
voglia di dare un calcio alla scrivania, ma non lo fece perché
il suo sguardo si posò sul suo letto dove era ancora posato il
suo quaderno. Strinse la mascella e lo afferrò sfogliandolo. Ne
avrebbe parlato con Federico dato che era l'unico a sapere dove era.
Squalo sapeva perfettamente che suo fratello aveva lasciato il quaderno
sul letto per un motivo. L'aveva combinata grossa e l'avrebbe sgridato
perché aveva fatto vedere a Dino un qualcosa che doveva rimanere
segreto. Non volle pensare al perché l'avesse fatto,
preferì arrabbiarsi dopo aver sentito le spiegazioni del
fratello, perché dopotutto doveva esserci una ragione e Federico
sapeva bene che non doveva andare a spifferare ai quattro venti gli
affari suoi. Però sapeva anche che Dino non sarebbe andato a
dire i giro nulla, ma in ogni caso era arrabbiato, era ovvio che lo
fosse.
Lanciò il quaderno a terra e si buttò sul letto supino
andando a fissare il soffitto, dimenticando perfino che era fradicio.
Gli dava fastidio anche l'idea di dover andare giù a cenare e
vedere in faccia qualcuno, sopratutto i suoi genitori. Sbuffò,
gli si era chiuso lo stomaco e avrebbe dovuto fare finta di
mangiare.
«Vaffanculo» imprecò a denti stretti. Portò
gli occhi alla finestra. Perlomeno, pensò, stava piovendo e per
questo si lasciò andare ad un sospiro afflitto continuando a
fissare le incessanti gocce che si scontravano sul vetro. Avrebbe
voluto aprire la finestra e scappare di nuovo, ma era riuscito a
scamparla una volta, la seconda non avrebbe potuto riuscirci, non aveva
scuse da inventarsi. Decise quindi di andare a fare una doccia, ma si
accorse subito che qualcosa non quadrava.
«Cazzo, la spada!» L'aveva dimenticata in macchina. Si
portò la mano a coprirsi la faccia. «Maledizione!»
Si alzò pieno di stizza e si diresse verso il bagno. Era
più che naturale che Dino gli avrebbe fatto delle domande,
sperò solo che non avrebbe fatto qualche sciocchezza come
portarsi la spada a scuola. Si fermò un attimo a pensare: Dino
non era poi così stupido, era sbadato, ma non stupido.
Uscì dalla stanza e guardò di nuovo la porta accanto, era
leggermente aperta e gli occhi di Federico lo guardavano.
«Ti ammazzo» sussurrò Squalo. Vide gli occhi di
suo fratello illuminarsi furbi e un sorriso allargarsi sul suo volto: lo stava sfidando.
Federico sapeva che in quel momento Squalo era costretto a
non poterlo vedere, ma sapeva anche bene che quella notte
sarebbe entrato silenziosamente in camera sua, come faceva tutte le
volte in cui il padre per punizione gli vietava di vederlo, e avrebbero
parlato per tutta la notte. Entrambi sapevano che il padre era a
conoscenza del fatto che Squalo e Federico di vedevano di notte, ma fino a quel
momento non aveva detto nulla, forse anche quella era una punizione
perché la mattina entrambi si svegliavano con solo un
paio di ore di sonno.
«Gli piaci!» Rispose consapevole della reazione del
fratello. Infatti Squalo strinse le labbra e lo guardò furente.
«Sta zitto!» Si girò e si chiuse bagno
sbattendo la porta. Federico se la rise sotto i baffi e tornò a
disegnare. Si sarebbe divertito tantissimo a prenderlo in giro quella
notte e si sarebbe divertito ancora di più a vederlo trattenersi
dall'urlargli contro. Continuò a sorridere riempendo il sole che
aveva disegnato, a differenza del fratello a lui la pioggia metteva
tristezza, ma se c'era Squalo con lui non poteva essere triste,
perché gli occhi di Squalo che guardavano la pioggia
sprigionavano il sole. Era talmente tanto bello che non poteva non
pensare a quelle gocce d'acqua come tanti piccoli raggi di sole. Si
chiuse nelle spalle e prese un nuovo foglio su cui disegnare un nuovo
sole.
Squalo si mise sotto il getto d'acqua gelida sperando che questa
potesse fargli sbollire la rabbia. Federico si divertiva e Squalo lo
sapeva, alla fine poi si sarebbe fatto perdonare, e lui ogni volta lo
avrebbe perdonato anche se gli diceva sempre che sarebbe stata l'ultima
volta.
Questa volta però l'aveva fatta più grossa, non era
semplicemente
l'aver fatto un sole sul suo quaderno, aveva fatto vedere i suoi
appunti a Dino. Imperdonabile, pensò, ma sorrise. Pensò
al broncetto che avrebbe fatto suo fratello, a quando gli avrebbe
detto che Dino gli stava simpatico perché aveva gli occhi buoni,
perché lo sapeva che aveva pensato questo, chi non l'avrebbe
pensato guardando gli occhi di Dino. Poi pensò anche a quanto
l'avrebbe preso in giro perché "gli piaci!", anche se poi in
realtà quell'affermazione non l'aveva colta del tutto. Squalo
sapeva che Federico non si risparmiava domande imbarazzanti e Dino si
imbarazzava facilmente e quando si imbarazzava diventava ancora
più trasparente, gli si poteva chiedere di tutto e lui avrebbe
risposto sinceramente portandosi una mano a torturarsi la nuca. Era
adorabile, ma questo di certo non l'avrebbe detto né a Dino
né a Federico, già doveva sforzarsi per ammetterlo a se stesso.
Dino era, dopo Federico, l'eccezione alla regola al suo modo di
relazionarsi. Nonostante mostrasse sempre la faccia burbera,
Dino riusciva anche a farlo sorridere e rilassare. Certo, puntualmente
arrivava sempre qualche caduta o qualche piccolo guaio che lo facevano
arrabbiare, questo almeno all'inizio, con il tempo però ci stava
facendo l'abitudine, rideva perfino di lui dopo essere inciampato nel
nulla ed aver stretto le labbra arricciando il naso. Iniziava a
piacergli la sua sbadataggine, ma tanto nemmeno questo avrebbe
mai ammesso, né ora né mai.
Si appoggiò alle mattonelle, era stanco morto, sia fisicamente
ma sopratutto mentalmente. Era stata una giornata stressante e il
peggio era che non era ancora finita, doveva affrontare a colpi di
battute Federico. A Squalo non erano mai riuscite le battute, con tutto
che si sforzasse a trovarne di buone, con tutto che cercava di prendere esempio
da suo fratello, proprio non riusciva, poteva riuscire a fare
dell'ironia ogni tanto, ma era un'ironia aspra. Preferiva di gran lunga
mandare tutti a quel paese, era più facile.
«Squalo» bussarono alla porta, era la madre «c'è il tuo amico» ci mancò poco che
scivolasse nella vasca.
«Che cazzo vuole» non era diretto alla madre di certo.
«Non essere così volgare» sbuffò irritato «è un tuo amico dovresti»
«Che palle!» la interruppe e nemmeno si pentì.
Uscì dalla doccia senza nemmeno ascoltare la madre
che titubante continuava a dire qualcosa sul fatto che non avrebbe dovuto trattare
male le persone e forse anche qualcosa sugli ospiti, ma nemmeno aveva capito dato
che parlava a voce troppo bassa.
"Fanculo", pensò infilandosi
maglietta e pantaloni ed uscendo dal bagno senza nemmeno curarsi di
guardare la madre o dirle qualcosa. Si diresse al piano inferiore dove
già si aspettava Dino seduto sul divano a torturarsi le mani
dall'imbarazzo.
Quello che vide però lo spiazzò: Dino stava parlando con suo padre.
«Squalo!» in quel momento odiò tutto
quell'entusiasmo, odiò la sua voce, i suoi occhi e il suo
sorriso.
Dino gli porse il panno bianco avvolto in quello che sembrava un grande quadro. Che diamine era?
«Ti ho portato la tavola che hai dimenticato in macchina»
Squalo si accigliò. La tavola? Ma non poteva inventarsi qualcosa
di migliore?
«Dino ci ha detto che frequenti un corso d'arte» la voce della donna gli punse le spalle.
«Mi dispiace averti rovinato la sorpresa!» Squalo strinse
i pugni. Allora, infine, Dino era più idiota di quel che credeva.
L'albino guardò il padre che pacatamente guardava il biondo che
si sbracciava in varie ricerche di scuse. Distolse lo sguardo e lo
portò verso il basso.
«Non importa» scrollò la testa e di nuovo si
ritrovò a guardare il padre che questa volta lo fissava con uno
sguardo indecifrabile: era la prima volta che non sembrava
distante.
Squalo deglutì e Dino portò di nuovo in avanti la tela.
Ma era davvero una tela? Notò un piccolo rigonfiamento nel
panno, quella era sicuramente l'elsa della sua spada, non c'era dubbio.
Forse così stupido non era, ma perché riportargliela
proprio ora?
«Dino, vuoi rimanere a cena?» Squalo si morse il labbro
inferiore stizzito. Quella donna parlava sempre troppo, ma dopo tutto
quel blaterare sull'essere cortese con gli ospiti poteva aspettarsi un'uscita del genere.
«Nessun disturbo» disse a quel punto l'uomo seduto
comodamente sulla poltrona. Lo sguardo di Dino si illuminò
ancora di più, ma quando guardò gli occhi grigi e
irritati di Squalo gli si bloccò il fiato in gola.
«Dino, che bello, sei tornato!» Federico scese di corsa
le scale e andò ad abbracciarlo. Squalo si stupì di come
il fratello fosse tanto amichevole con qualcuno che aveva conosciuto
sì e no due ore prima e con cui aveva parlato per poco tempo. Si
stupì di come il padre sembrava tranquillo alla vista di tutta
quella vivacità e di come sua madre sorrideva serena. Si
sentì ancora una volta fuori posto: quella non era la famiglia
che conosceva. In un attimo tutto gli sembrò estraneo e una
fitta alla bocca dello stomaco gli face salire un doloroso groppo alla
gola; quella era la famiglia che i suoi genitori avevano sempre
desiderato. Squalo era la tessera sbagliata in quel puzzle
perfetto, era quello che aveva rovinato tutto.
«Ti prego resta!» disse a quel punto il ragazzo
più piccolo e Dino non seppe dire di no. Non guardò
Squalo negli occhi per non sentirsi in colpa, ma ugualmente
sentì il rimorso grattargli la gola.
«Devi avvertire casa» si avvicinò la donna con il telefono in mano.
«Grazie signora!» sorrise come al suo solito e prese il telefono.
«Oh caro, non chiamarmi signora, chiamami Letizia, dammi pure
del tu.» era bella, pensò Squalo, quando sorrideva in
quel modo, eppure continuò a non vederla come sua madre.
Dino portò l'indice a grattarsi la guancia in modo distratto.
«Ci proverò» e la donna rise cristallina.
«Intanto potete andare su, la cena non è ancora
pronta» poi la donna guardò Squalo «e dagli qualcosa per
asciugarsi, non vorrei prendesse un malanno» concluse con tono
nettamente diverso a quello con cui si era rivolto a Dino. A quel punto
anche il biondo guardò Squalo: aveva lo sguardo basso e stava
sicuramente
stringendo la mascella. Si dispiacque, ma prima che potesse anche solo
sentirsi lo stomaco strizzarsi, Federico lo aveva preso per mano e si
erano diretti
verso le scale, dove poi aveva preso anche il polso del fratello
trascinandoli entrambi al piano superiore.
«Io...» disse una volta entrati nella camera di Squalo, dove li aveva trascinati Federico.
«Chiama prima che ti dimentichi, coglione» disse l'albino
per poi guardare il fratello e stringendo il pugno, imitando un
cazzotto.
«Mi uccidi dopo» ridacchiò il più piccolo
facendosi scudo con le braccia. Squalo abassò la mano e storse
la bocca in una smorfia.
«E
tu» puntò il dito vero Dino «se dici che ti dispiace ti
taglio la lingua» l'amico alzò le mani e subito dopo compose il
numero.
«Romario, puoi andare a casa, rimango qui» Dino
guardò fuori dalla finestra la macchina ancora parcheggiata.
«Idiota, poteva anche uscire e dirglielo» borbottò l'albino.
«Ma piove, è meglio così» Dino
guardò Squalo e sorrise colpevole facendo spallucce, l'altro
sbuffò e guardò verso destra.
«Certo, sì. Grazie Romario, ciao!» attaccò poi e osservò la macchina allontanarsi.
«È la prima volta che un amico di Squalo viene a cena»
«Sì, sì, sta zitto!» Fece acido Squalo buttandosi sul letto. Federico ridacchiò divertito.
«Hai i capelli bagnati» Dino indicò verso la sua testa e Federico rise.
«Chissenefrega» si girò di lato dando le spalle ai due.
«Sei sempre scontroso, anche quando ci sono i tuoi amici»
Squalo sospirò profondamente irritato. Era anche normale che
fosse arrabbiato no? Insomma un completo estraneo alla sua famiglia,
piombava in casa per ben due volte nello stesso giorno e già veniva
invitato a rimanere per cena. Ma ovviamente non era quello il problema, il
problema era che aveva già simpatizzato con tutti, come era
possibile Squalo non lo sapeva, però gli si strizzarono le
membra al solo ricordo dello sguardo più o meno tranquillo e non
duro del padre, uno sguardo che non aveva mai visto rivolto a lui. A
dire la verità poi quello sguardo non l'aveva mai rivolto a
nessuno da quanto ne sapeva, e questo gli andava quanto mai scomodo, il
perché non lo sapeva, dopotutto non era Dino che gli dava
fastidio, tantopiù se ne fregava del padre. Come
poteva essere però che Dino fosse riuscito così
facilmente a parlare con l'uomo, e cosa si erano detti? Si accorse
però di non volerlo sapere.
Federico prese la tela e tolse il panno.
«Che bello!» Esclamò Federico guardando il dipinto. Dino si sporse per guardare.
«È la copia dei girasoli di Van Gogh» sentenzia
pensieroso. Federico si sedette a terra e alzò il quadro
spostandolo e girandolo per guardarlo in tutte le angolazioni possibili.
«Certo che» Squalo si girò di nuovo andando a
guardare l'amico «te ne potevi inventare una migliore»
alzò il busto e lo guardò accigliato. Dino si
grattò la nuca.
«È stata la prima cosa che ho pensato» fece tra un sorriso e l'altro. Squalo scosse la testa in diniego.
«Potevi anche risparmiarti di tornare» non pensò
molto a quello che aveva detto, ma Dino sembrò non prendersela
troppo.
«Non passano inosservate certe cose, a scuola non te l'avrei
comunque potuta portare» Federico a quel punto guardò il
biondo e poi il fratello.
«Ha ragione» annuì e fece cenno a Dino di sedersi
a terra. Il biondo sorrise e fece per sedersi inciampando come al solito nel
nulla e dando una poderosa sederata a terra. Si lamentò dolorante e Federico lo
guardò preoccupato.
«Ti sei fatto male?» Allungò il collo per
assicurarsi delle condizioni del ragazzo e questi alzò lo
sguardo verso di lui e rise.
«No, no sto bene, mi capita spesso di cadere» Squalo schioccò la lingua in un "tsk" scocciato.
«Dai Squa, non fare così» disse a quel punto il
fratello guardandolo con la fronte corrugata, ammonendolo del suo
comportamento burbero.
«Ora che mi invento con la storia del corso» Dino stese
le labbra forse rendendosi conto solo in quel momento del problema che
si era venuto a creare.
«Partecipi al corso» rispose il più piccolo
tranquillamente. Squalo lo guardò come se avesse bestemmiato.
«Voooi! Ma anche no!» aveva dunque esclamato alzandosi in
piedi ed iniziando a percorrere in lungo e in largo la stanza
«Non ci penso nemmeno» finì per dire, chinandosi a
prendere il panno con cui poi avvolse la spada.
«Se trovi altre soluzioni» lasciò in sospeso il biondo. L'albino lo guardò furente.
«Certo che le trovo!» aprì l'armadio e ripose la
spada come al solito sotto libri e quant'altro fosse possibile per
poterla nascondere.
«Anche a me piacerebbe tanto partecipare ad un corso di
disegno» sembrò più una frase detta fra sé
e sé, riprese poi a girarsi il quadro tra le mani.
«Non è la fine del mondo» disse Dino rivolto a Squalo che aveva sbattuto le ante dell'armadio.
«Lo è invece, non voglio fare quel corso del cazzo» Dino sbatté gli occhi più volte.
«Puoi anche solo fare finta» di nuovo Squalo si
ritrovò a lanciare uno sguardo esterefatto, questa volta diretto
a Dino.
«Torni a casa un po' più tardi il venerdì» spiegò.
Squalo rimase in silenzio per una dozzina di secondi. Si ritrovò
a riflettere su quel punto: sarebbe stato costretto a vagare a vuoto il
venerdì pomeriggio. Non che gli dispiacesse, tanto a casa la
maggior parte delle volte non ci voleva tornare, però non aveva
mai pensato ad un'eventualità simile e di conseguenza si
ritrovò a pensare a quanto cattiva fosse quell'idea. Era
difficile per Squalo stare fermo con le mani in mano, non ci riusciva proprio.
La prospettiva di ritrovarsi a vagare nei dintorni della scuola non lo
allettava affatto, come gli dispiaceva sprecare un pomeriggio senza
poter migliorare la sua abilità con la spada.
Dino non sapeva
quello che diceva, non c'era alcun dubbio, ma forse pensandoci
attentamente avrebbe capito che quella erano tutto fuorché
parole dette senza logica.
«Potresti tornare anche dopo papà» fece a quel punto Federico.
«Vooooi! E secondo te gli fa piacere se faccio un corso del cazzo
come quello?» sbottò sedendosi anche lui a terra.
«Non sembrava tanto dispiaciuto» Squalo lo guardò
interrogativo, in effetti, dovette ammettere, non gli era sembrato affatto arrabbiato.
Squalo trattenne il fiato e lo sguardo cadde sul
quadro: quei girasoli erano orribili. Si lasciò andare un
ennesimo "tsk" e digrignò i denti.
«Posso abbandonare il corso»
«Che stupido» se ne uscì subito il fratello in
risposta. Squalo girò velocemente la testa e lo guardò
arrabbiato mollandogli poi un cazzotto sulla spalla.
«Non voglio cacciarmi nei guai!» Federico si massaggiò la parte lesa facendo un broncio offeso.
«Non ti cacci nei guai» rispose infine cacciando fuori la
lingua. Squalo gli diede un altro cazzotto, sempre sulle stesso punto,
e Federico si lamentò mentre Squalo diceva cose come "ben ti
sta" e "la prossima volta ti spezzo il braccio".
Dino rimase in silenzio pensando al grande guaio che aveva combinato.
Alla fin fine però sembrava la soluzione più logica. Non
sapeva ovviamente cosa intendeva Squalo con "guai", ma sapeva che
l'amico non era il tipo da spaventarsi facilmente, né si tirava
indietro davanti a situazioni difficili. In quel caso se era tanto
preoccupato una ragione c'era e dunque doveva trovare una soluzione,
perché era stato lui a creare quel problema tornando a casa sua.
Però come avrebbe potuto fare? Avrebbe potuto tenersi la spada
e trovare un altro momento per riportargliela, ma alla fine aveva deciso
di tornare indietro e portargliela subito. Non sapeva bene il
perché, ma forse inconsciamente aveva pensato che tornando a
casa di Squalo almeno si sarebbe tolto il peso dell'angoscia che si
sentiva da quando aveva riportato l'amico a casa. Quando infatti aveva
sentito la madre di Squalo invitarlo in casa e dirgli di attendere
qualche attimo, si era sentito più rilassato capendo che non gli
era capitato nulla.
Quando Dino aveva detto a Romario di tornare a casa, aveva iniziato a
pensare di tutto. era passato dal pensare che Squalo si sarebbe beccato
una strigliata con i fiocchi, fino ad arrivare a Squalo chiuso in
camera al buio in un angolo. Non era nemmeno troppo tragico, ma non
riusciva proprio a pensare a punizioni più dolorose,
anche se davvero il padre di Squalo a prima occhiata poteva sembrare
molto severo, tanto da imporre la disciplina a suon di bastonate. Ma
davvero, Dino non voleva nemmeno pensare ad una cosa del genere.
Aveva poi visto la spada dimenticata da Squalo e non aveva potuto fare
a meno di pensare di riportargliela subito, era ovvio che il suo
cervello avesse lavorato di subinconscio.
Dino aveva chiesto a Romario
se per l'ennesima volta quel giorno avesse potuto fargli un favore.
Romario era sempre stato un tipo paziente, per questo aveva accettato.
Inizialmente gli aveva consigliato di riportarla un altro giorno, solo
che Dino non ci aveva voluto pensare troppo ed aveva insistito sul
dover riportare subito l'oggetto al proprietario. L'uomo dunque lo
aveva riportato indietro mentre Dino si scervellava ad alta voce
agitando le mani, cercando di trovare un modo per nascondere la spada.
Poi tra un agitarsi e l'altro aveva trovato la soluzione del quadro
anche se Romario non sembrava affatto convinto, ma il ragazzo era
così tanto soddisfatto della sua genialata che non aveva potuto fare a meno di approvare.
Per grazia divina oltretutto non era caduto rovinosamente a terra
mentre correva verso la porta della casa del suo amico. Quando gli fu
aperta la porta, mostrando la donna che, quando l'aveva visto, aveva
sorriso solare si era sentito sollevato da un peso. Si era pentito
inizialmente, perché solo in quel momento aveva potuto
accorgersi di come Squalo non avrebbe accettato il suo ritorno, poi
però, quando il padre di Squalo si era presentato, aveva
dimenticato il motivo per cui si era sentito tanto angosciato fino a
pochi minuti prima. Seppure lo sguardo dell'uomo potesse sembrare duro,
freddo e distante, si era presentato in modo molto gentile e nemmeno si
era trovato a disagio a parlare con lui.
«Tieni»
un asciugamano arrivò dritto in faccia a Dino «saresti un
problema con la febbre» fu la volta di Squalo di beccarsi un
pugno sulla spalla.
«Sei tu il problema» aveva detto Federico sogghignando.
«Voooi,
pezzo di merda, guarda che te lo spezzo per davvero il braccio!»
Dino rise divertito davanti alla scena di Squalo che si buttava sul
fratello: quei fratelli gli piacevano proprio tanto.
Finalmente il quinto capitolo! Dopo quasi sei mesi di blocco,
ritorno ad aggiornare, mi sembrava ingiusto fermarmi, anche se
più scrivo più penso di aver sbagliato tutto quanto.
Rileggendo i capitoli precedenti ho trovato molti errori, ho corretto
qua e là quelli più evidenti, non ho modificato la trama
e non ho cambiato nulla, ho tolto solo qualche frase di troppo e
corretto gli orrori grammaticali, anche se credo di non aver corretto
tutto per bene, ma non importa. Sì, importa, ma li
rivedrò più in là con molta più calma.
Detto questo: il capitolo di per sé non dice molto, mi rendo
conto che la storia sta andando per le lunghe per questo
cercherò di essere più breve nei prossimi capitoli e di
aggiungere fatti più concreti.
Vediamo Dino che ha combinato uno dei suoi geniali guai, e vedremo (nei prossimi episodi...) come si evolverà il tutto.
Non so se avete notato, ma il capitolo è più lungo (quindi?!)! Ci sono oltretutto tanti, ma tanti tanti discorsi diretti, quindi... Niente, ci sono tanti discorsi diretti (?).
Premetto già che nel prossimo capitolo, da come forse avete potuto intuire, accadrà di tutto.
Come ho detto prima, penso che la storia sia iniziata male e mi sto
sforzando molto per trovare un modo per migliorare la situazione. Ci
proverò, lo prometto, vediamo cosa ne esce (a chi importa?!,
vabbè 8D).
Mi dispiace tantissimo per il ritardo e non mi aspetto recensioni
(evvai), però mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate e se
notate degli orrori non fatevi alcuno scrupolo a segnalarmeli, anche
uno alla volta (questo però vi toglierebbe un sacco di tempo),
le critiche sono sempre ben accette.
Ringrazio come sempre tutti coloro che preferiscono, ricordano e
seguono la storia e anche coloro che leggono ovviamente e un
ringraziamento anche alle buone anime che arrivano fino alle noiose
note di una povera vacca-banana come me 8D.
Per le recensioni ringrazio direttamente nella pagina recensioni, che amo e non smetterò mai di dirlo 8D
*Naviga via sulla sua Banana Boat*
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