8_I want to call you ''master''_
Non era da molto che
Gilbert e Vincent servivano alle dipendenze della casata dei Bezarius,
presso la quale erano stati accolti per volere di Jack; per questo
almeno il maggiore dei due non riusciva ad orientarsi ancora bene
all’interno di quell’intrigo immenso di corridoi enormi.
Era stato mandato da una
delle cameriere che prestavano servizio in cucina a chiamare Jack per
la cena, ma il povero Gilbert non aveva abbastanza senso
dell’orientamento per riuscire a trovare facilmente la camera del
biondo.
«Eppure ero convinto che la camera di padron Jack fosse in questa zona...»
pensò dubbioso, guardandosi intorno, purtroppo senza scorgere
nemmeno una porta - anche se, ad una seconda analisi più
accurata, ne vide una un po’ più avanti, verso la quale si
avviò a passo più veloce e deciso.
«Forse la sua camera è quella...» si disse, mentre raggiungeva lo stipite.
«Perché vuoi chiamarmi “padrone”...?».
Gilbert si fermò sentendo le parole appena pronunciate da quella che senza ombra di dubbio era la voce di Jack Bezarius.
Incuriosito, si
accostò alla soglia - che era a malapena socchiusa - e
sbirciò all’interno: vide uno scorcio del corpo del
nobile, riconoscibile per l’altezza e gli inconfondibili abiti -
anche se mancava la giacca verde acceso che di solito invece indossava.
Da quel poco che riusciva a vedere, Gilbert poté notare un certo
malcontento un po’ da bambino nella sua espressione, visto che
era girato verso la porta.
Innanzi a lui c’era il profilo di una persona decisamente più bassa, un ragazzino
che Gilbert riuscì a riconoscere immediatamente: i capelli
biondi, corti e vagamente spettinati - oltre al completo della
servitù che indossava - lo rendevano impossibile da confondere
con altre persone.
«Vince...?» borbottò tra sé, perplesso: che cosa ci faceva suo fratello con padron Jack?
«Dai, Vincent... a
sentirmi chiamare “padrone” mi sembra d’essere
vecchio...» si lamentò il Bezarius, storcendo le labbra in
una smorfia infantile che - appaiata col suo sguardo - dava al suo
volto un che di buffo.
«No, io voglio chiamarvi “padrone”!» esclamò il biondo con voce decisa.
A quanto sembrava, era in
corso un piccolo attrito tra i due e l’origine della diatriba era
l’insistenza di Vincent nel chiamare “padrone” il
più giovane figlio dei Bezarius.
Quest’ultimo sbuffò sonoramente, grattandosi la testa con fare perplesso.
«Ma perché ci
tieni tanto a chiamarmi “padrone”...? Non fa lo stesso
chiamarmi in un altro modo...? Non vedo tutta questa differenza»
asserì.
Gilbert si sporse un poco di più, incuriosito dalla conversazione, attualmente completamente dimentico del suo compito.
Scorse Jack mentre si
chinava sul più piccolo e gli accarezzava la testa con fare
affettuoso, come se Vincent fosse stato il suo fratellino.
«Perché non mi chiami “fratellone”?» domandò, sorridendogli.
Gilbert avvertì un
improvviso senso di usurpazione del proprio ruolo di fratello maggiore,
ma fu solo una sensazione fugace che se ne andò dopo qualche
secondo.
«No» rispose secco Vincent «Il mio fratellone è Gil» sentenziò in tono ovvio.
Alzò la testa per guardare meglio in faccia il maggiore.
«Voi siete il “padrone”. Anche Gil vi chiama così!» esclamò in tono più fermo.
Sembrava intenzionato a vincere la discussione ad ogni costo.
Cadde qualche secondo di
silenzio in cui Gilbert osservò sovrappensiero Vincent: a quanto
pareva, il più piccolo lo considerava come una specie di esempio
da seguire.
Era un lato del suo
carattere di cui non era mai venuto a conoscenza e se ne sorprese:
conosceva quasi tutto di lui, le sue paure, ciò che gli piaceva
e ciò che odiava, addirittura - anche se forse era un po’
un’esagerazione - il suo modo di pensare.
Il moro vide Jack sollevare le sopracciglia con fare perplesso ed un po’ sorpreso.
«E tu vuoi fare esattamente come tuo fratello?» domandò.
«Sì. Voglio chiamarvi “padrone”» ripeté il minore, testardo.
Un attimo dopo la risata
allegra e cristallina del Bezarius riempì la stanza, cogliendo
alla sprovvista tanto Vincent quanto Gilbert.
«E va bene, chiamami
come vuoi» si arrese Jack, rialzandosi e fissandolo
dall’alto con affetto «Però ti vieto di darmi del
“voi”» aggiunse, assumendo una buffa espressione
risoluta.
Vincent arrossì un
po’, abbassando lo sguardo al pavimento, poi lo rialzò e
lo puntò di nuovo sul volto del biondo, annuendo.
«Va bene».
«Bene! Risolto
questo...» proseguì il Bezarius, rivolgendo gli occhi
smeraldini verso la porta, un nuovo sorriso allegro ad incurvargli le
labbra «... Gilbert, puoi anche entrare, nessuno ha intenzione di
mangiarti, qui...».
Il più piccolo dei
due servi si volse agitato verso la porta mentre il più grande
entrava, lo sguardo basso ed un cipiglio colpevole.
«Mi spiace, padron Jack... non era mia intenzione spiare...» si scusò, mortificato.
Vincent lo guardò, stupito ed un po’ impaurito.
«Hai sentito tutto?» chiese a bassa voce, quasi non riuscisse a dar voce a quella domanda.
Con qualche incertezza ed esitazione, Gilbert assentì col capo.
Vincent ebbe come
l’impressione d’aver ferito il maggiore. Non avrebbe saputo
dire in che modo né perché, ma sentiva di aver detto
qualcosa che lui non avrebbe mai dovuto udire.
Era come se quel disaccordo tra lui e Jack dovesse rimanere un segreto tra loro due.
Fece per dire qualcosa, ma fu preceduto e così tacque.
«Non ti preoccupare,
non è niente» lo rassicurò Jack «Eri venuto
per un motivo in particolare...?».
Solo allora il moretto si ricordò dell’incarico affidatogli dalla cameriera e cominciò ad agitarsi.
«Padron Jack! Mi
avevano mandato ad avvertire che la cena è pronta!»
esclamò, nervoso, poi aggiunse: «Mi dispiace, me ne ero
completamente dimenticato!».
Avrebbe cominciato a dar di matto se il nobile non gli avesse posato una mano sulla testa, accarezzandolo.
«Non ti preoccupare,
grazie. Tanto arrivo sempre in ritardo ai pasti» lo
tranquillizzò con assoluta spontaneità.
La sua voce fu come un abbraccio caldo che non strinse solamente Gilbert, ma anche Vincent.
I due ebbero la fugace
impressione di essere assieme alla prima - forse unica - persona che li
stesse trattando come fossero parte di una stessa famiglia. La
sensazione - completamente nuova per loro - li lasciò interdetti
per qualche momento.
«Coraggio, andiamo, altrimenti verranno a cercarci!» li esortò Jack, sospingendoli dolcemente verso la porta.
«Sì, padrone» esclamarono i due all’unisono.
Angolino autrice
Più o meno puntuale, ecco l'ottavo capitolo *^*
Ebbene sì, fustigatemi, ma è più forte di me
ù____ù child!Vince = child!Gil. E' una fissa oramai XD
Ringrazio GMadHattressFromUnderground
per la recensione allo scorso capitolo e coloro che hanno aggiunto la
fic alle preferite/ricordate/seguite, sperando che anche questo
capitolo sia gradito >/////<
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
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