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Autore: Fiamma Drakon    26/08/2011    1 recensioni
01. Hermes of Death: «... è morto... per colpa mia...».
02. Son of Darkness: Il giovane Vince era paragonato dalle serve ad un piccolo principe delle tenebre.
03. They simply hate each other: Tra Vincent Nightray e Xerxes Break non correva affatto buon sangue.
04. Like a dark sky: «Tu... vedi tutto con troppa negatività...».
05. Drowsy anger: «Vince, cosa volevi fare con quelle forbici, mh?».
06. Tutor-mode ~ ON: «Cominceremo con le lezioni di pianoforte, lady Ada».
07. It's red like my scissors' wound... and your eye: «Il tuo occhio rosso... ha lo stesso colore delle ferite di Cheshire, quelle delle tue forbici».
08. I want to call you "master"!: «Dai, Vincent... a sentirmi chiamare “padrone” mi sembra d’essere vecchio...».
09. The Curse of Awareness: «Perché... non è stata colpa mia, Gil...».
10. War on a white blanket: «Una dichiarazione di guerra?».
[scritta per la community dieci&lode]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti, Vincent Nightray
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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8_I want to call you ''master''_ Non era da molto che Gilbert e Vincent servivano alle dipendenze della casata dei Bezarius, presso la quale erano stati accolti per volere di Jack; per questo almeno il maggiore dei due non riusciva ad orientarsi ancora bene all’interno di quell’intrigo immenso di corridoi enormi.
Era stato mandato da una delle cameriere che prestavano servizio in cucina a chiamare Jack per la cena, ma il povero Gilbert non aveva abbastanza senso dell’orientamento per riuscire a trovare facilmente la camera del biondo.
«Eppure ero convinto che la camera di padron Jack fosse in questa zona...» pensò dubbioso, guardandosi intorno, purtroppo senza scorgere nemmeno una porta - anche se, ad una seconda analisi più accurata, ne vide una un po’ più avanti, verso la quale si avviò a passo più veloce e deciso.
«Forse la sua camera è quella...» si disse, mentre raggiungeva lo stipite.
«Perché vuoi chiamarmi “padrone”...?».
Gilbert si fermò sentendo le parole appena pronunciate da quella che senza ombra di dubbio era la voce di Jack Bezarius.
Incuriosito, si accostò alla soglia - che era a malapena socchiusa - e sbirciò all’interno: vide uno scorcio del corpo del nobile, riconoscibile per l’altezza e gli inconfondibili abiti - anche se mancava la giacca verde acceso che di solito invece indossava. Da quel poco che riusciva a vedere, Gilbert poté notare un certo malcontento un po’ da bambino nella sua espressione, visto che era girato verso la porta.
Innanzi a lui c’era il profilo di una persona decisamente più bassa, un ragazzino che Gilbert riuscì a riconoscere immediatamente: i capelli biondi, corti e vagamente spettinati - oltre al completo della servitù che indossava - lo rendevano impossibile da confondere con altre persone.
«Vince...?» borbottò tra sé, perplesso: che cosa ci faceva suo fratello con padron Jack?
«Dai, Vincent... a sentirmi chiamare “padrone” mi sembra d’essere vecchio...» si lamentò il Bezarius, storcendo le labbra in una smorfia infantile che - appaiata col suo sguardo - dava al suo volto un che di buffo.
«No, io voglio chiamarvi “padrone”!» esclamò il biondo con voce decisa.
A quanto sembrava, era in corso un piccolo attrito tra i due e l’origine della diatriba era l’insistenza di Vincent nel chiamare “padrone” il più giovane figlio dei Bezarius.
Quest’ultimo sbuffò sonoramente, grattandosi la testa con fare perplesso.
«Ma perché ci tieni tanto a chiamarmi “padrone”...? Non fa lo stesso chiamarmi in un altro modo...? Non vedo tutta questa differenza» asserì.
Gilbert si sporse un poco di più, incuriosito dalla conversazione, attualmente completamente dimentico del suo compito.
Scorse Jack mentre si chinava sul più piccolo e gli accarezzava la testa con fare affettuoso, come se Vincent fosse stato il suo fratellino.
«Perché non mi chiami “fratellone”?» domandò, sorridendogli.
Gilbert avvertì un improvviso senso di usurpazione del proprio ruolo di fratello maggiore, ma fu solo una sensazione fugace che se ne andò dopo qualche secondo.
«No» rispose secco Vincent «Il mio fratellone è Gil» sentenziò in tono ovvio.
Alzò la testa per guardare meglio in faccia il maggiore.
«Voi siete il “padrone”. Anche Gil vi chiama così!» esclamò in tono più fermo.
Sembrava intenzionato a vincere la discussione ad ogni costo.
Cadde qualche secondo di silenzio in cui Gilbert osservò sovrappensiero Vincent: a quanto pareva, il più piccolo lo considerava come una specie di esempio da seguire.
Era un lato del suo carattere di cui non era mai venuto a conoscenza e se ne sorprese: conosceva quasi tutto di lui, le sue paure, ciò che gli piaceva e ciò che odiava, addirittura - anche se forse era un po’ un’esagerazione - il suo modo di pensare.
Il moro vide Jack sollevare le sopracciglia con fare perplesso ed un po’ sorpreso.
«E tu vuoi fare esattamente come tuo fratello?» domandò.
«Sì. Voglio chiamarvi “padrone”» ripeté il minore, testardo.
Un attimo dopo la risata allegra e cristallina del Bezarius riempì la stanza, cogliendo alla sprovvista tanto Vincent quanto Gilbert.
«E va bene, chiamami come vuoi» si arrese Jack, rialzandosi e fissandolo dall’alto con affetto «Però ti vieto di darmi del “voi”» aggiunse, assumendo una buffa espressione risoluta.
Vincent arrossì un po’, abbassando lo sguardo al pavimento, poi lo rialzò e lo puntò di nuovo sul volto del biondo, annuendo.
«Va bene».
«Bene! Risolto questo...» proseguì il Bezarius, rivolgendo gli occhi smeraldini verso la porta, un nuovo sorriso allegro ad incurvargli le labbra «... Gilbert, puoi anche entrare, nessuno ha intenzione di mangiarti, qui...».
Il più piccolo dei due servi si volse agitato verso la porta mentre il più grande entrava, lo sguardo basso ed un cipiglio colpevole.
«Mi spiace, padron Jack... non era mia intenzione spiare...» si scusò, mortificato.
Vincent lo guardò, stupito ed un po’ impaurito.
«Hai sentito tutto?» chiese a bassa voce, quasi non riuscisse a dar voce a quella domanda.
Con qualche incertezza ed esitazione, Gilbert assentì col capo.
Vincent ebbe come l’impressione d’aver ferito il maggiore. Non avrebbe saputo dire in che modo né perché, ma sentiva di aver detto qualcosa che lui non avrebbe mai dovuto udire.
Era come se quel disaccordo tra lui e Jack dovesse rimanere un segreto tra loro due.
Fece per dire qualcosa, ma fu preceduto e così tacque.
«Non ti preoccupare, non è niente» lo rassicurò Jack «Eri venuto per un motivo in particolare...?».
Solo allora il moretto si ricordò dell’incarico affidatogli dalla cameriera e cominciò ad agitarsi.
«Padron Jack! Mi avevano mandato ad avvertire che la cena è pronta!» esclamò, nervoso, poi aggiunse: «Mi dispiace, me ne ero completamente dimenticato!».
Avrebbe cominciato a dar di matto se il nobile non gli avesse posato una mano sulla testa, accarezzandolo.
«Non ti preoccupare, grazie. Tanto arrivo sempre in ritardo ai pasti» lo tranquillizzò con assoluta spontaneità.
La sua voce fu come un abbraccio caldo che non strinse solamente Gilbert, ma anche Vincent.
I due ebbero la fugace impressione di essere assieme alla prima - forse unica - persona che li stesse trattando come fossero parte di una stessa famiglia. La sensazione - completamente nuova per loro - li lasciò interdetti per qualche momento.
«Coraggio, andiamo, altrimenti verranno a cercarci!» li esortò Jack, sospingendoli dolcemente verso la porta.
«Sì, padrone» esclamarono i due all’unisono.





Angolino autrice
Più o meno puntuale, ecco l'ottavo capitolo *^*
Ebbene sì, fustigatemi, ma è più forte di me ù____ù child!Vince = child!Gil. E' una fissa oramai XD
Ringrazio GMadHattressFromUnderground per la recensione allo scorso capitolo e coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite, sperando che anche questo capitolo sia gradito >/////<
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
   
 
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