Fermati…
dannazione… dannazione a te… quanto corri… ora però fermati… fermati, adesso. A
momenti non respiro, mi gira persino la testa, per la corsa furiosa che ci ha
portati qui, uno davanti all’altro, una volta di più. Lo scroscio della pioggia
monsonica mi graffia le orecchie ma non mi impedisce di sentire il tuo respiro
gonfio e stanco, mentre tu vai e vieni, come un miraggio, dietro al velo
d’acqua che confonde il tuo aspetto, la forma del tuo corpo, che gioca ad
animarti di guizzi, come se tu dovessi dileguarti come uno spirito degli
alberi, davanti a me. Invece te ne stai lì, immobile, e mi guardi. Mi guardi, e
questo mi punisce a sufficienza, te lo garantisco. Ho sbagliato per l’ennesima
volta a trattarti a quel modo, lo so, e mi dispiace. Veramente. Ho sbagliato a
dirti che non sei niente, ho sbagliato a maledirti, ero arrabbiato, non sapevo
che cosa dicevo, e ho sbagliato, ho preso l’ennesima cantonata, e così tu sei
uscito gridando come una furia, dalla tenda, e hai fatto bene, me lo sono
meritato. Lezione imparata, ma ora ti prego, ascoltami, perché voglio parlare
seriamente, con te, e non è così facile.
Mi hai cambiato, e
io ti odio, per questo. Ti amo, per questo. Una vita intera spesa a combattere,
e lo sai, spada in pugno, o lingua tagliente che fosse, sempre guerra. Ma
adesso basta, sono stanco di tutto, di ogni cosa, tranne che di te. per questo
volevo dirti che non è vero niente di ciò che ti ho detto, e voglio che questo
sia chiaro. Non è vero che voglio che te ne vada, non è vero che non ti
sopporto, non è vero che per me puoi andartene all’Ade. E voglio solo che tu
sappia che io ci sarò sempre, ci sarò, per te, quando avrai bisogno, non ti
abbandonerò, non ti lascerò nella polvere. Sul serio, non scherzo. Ho smesso di
scherzare molto presto, con te. Tu hai spento il sorriso sulle mie labbra, e
hai acceso la passione, e l’amore, nel mio cuore. Ci siamo presi, ci siamo
lasciati, mille e mille volte, come ora, ma mai davvero, lo abbiamo sempre
saputo entrambi,e ora il sapore degli schiaffi che ti davo quando mi facevi
infuriare è diverso, come quello dei baci, delle scuse impacciate, delle bugie
e dei morsi, degli inseguimenti esasperanti, esasperati. Dèi, fammi riprendere
fiato, ho corso come un folle sotto questo diluvio, guardami, sono pieno di
fango fino alla cintola, e tutto solo per inseguire te, per afferrarti il
braccio, per fermarti, per dirti di non andartene… non andartene. Tutto quello
che vuoi, Cassandro, dannazione, prenditi tutto, ma non te ne andare. Non lo
sopporterei un’altra volta, lo giuro, se te ne vai ti ammazzo, ti ammazzo e poi
ti riporto nella mia tenda, e ti tengo con me. Mi tocca persino scuotere la
testa per liberarmi dei riccioli appiccicati sulla mia fronte, devo respirare
con la bocca, perché la pioggia scende talmente forte che mi sembra di essere
immerso nella sua acqua, mentre tu, dannazione a te, sei bello anche così,
anche zuppo d’acqua, con i capelli neri ondulati e gocciolanti, con le ciglia
imperlate di pioggia, con gli occhi neri e rossi, e la veste fradicia. Dai,
scappa ancora, fammi correre ancora, in mezzo agli sterpi ed ai serpenti, fra i
rami di queste felci, fammi rompere le gambe sui sassi aguzzi, fammi cadere nel
fango. Ti inseguirò dovunque, stavolta, e che perisca l’orgoglio, che perisca
la codardia, che periscano tutti, tutti quanti, tranne noi. Guardami negli
occhi, quando ti parlo, dannazione, guardami e dimmi pure che sono pazzo, che
sono un egoista, ma dì qualcosa, per Zeus, per Ade! Lo vedi, quest’uomo che ti
sta davanti? Lo vedi, il mio viso sfigurato dal fiatone, i mie capelli
spettinati dall’acqua, le mie vesti sporche di fango? E lo capisci che tutto
questo è solo per te, dannazione, per te, per te? La vedi, la dignità che si è
spenta nei miei occhi, per colpa dei tuoi? Le vedi, Cassandro, le mie braccia
tese verso di te? Ti prego, dimmi che le vedi… dimmi che ora verrai qui, che
spezzerai la distanza che ci separa per dire il mio nome. Sono qui, Cassandro.
E ti amo. Cosa dovrei fare, ora, mettermi a pensare a qualche bel verso da
recitare per riconquistarti? Lo sai che tanto non ce l’ho, non avrò mai poesie
per te. Però c’è questo sentimento che non mi lascia tregua, quest’emozione
straniera, e sul serio, io ti odio di tutto cuore, per essermi entrato dentro
ed esserti impossessato di me come se tu ne avessi un qualche diritto. Tu non
avevi il diritto di farmi tutto questo, di ridurmi in questo stato, e invece lo
hai fatto. Che bello, vedermi così, vero? oh, il grande Filota ridotto peggio
di uno schiavo, per me… oh, che soddisfazione dev’essere, sarai contento, no?
Sarai contento, vero? Rispondimi, dannazione a te! Abbi la decenza di dire
almeno che sei felice, di questo. Che cosa ci fai, ora inginocchiato a terra?
Lo fai per costringermi ad inginocchiarmi a mia volta, vero? Eccomi, allora,
per quello che può significare, eccomi inginocchiato davanti a te, a prenderti
per le spalle, a scuoterti, a urlarti in faccia che ti amo, forte, per superare
il muro della pioggia, per rendere ancora più patetico il mio tentativo di
essere un uomo, di essere il tuo compagno, in qualche modo, di provarci almeno.
Non sono bravo a parole, non lo sono mai stato, e quindi scusami, se mi ripeto,
scusami, se sono pesante, se ti annoio, ma io non voglio andare avanti senza di
te, non voglio continuare a combattere, preferisco gettare la spada nel fango e
farmi ammazzare, quindi almeno dimmelo, per favore, così alla prossima
battaglia saprò cosa fare. Ho passato quasi una vita a difendere dalle lingue
altrui il mio innaturale amore per te, quindi dimmi se ne è valsa la pena.
Dimmi che ne è valsa la pena. Hey, bambino, guardami… mi rendi triste, quando
non lo fai, vorrei che tu mi guardassi sempre, invece quello che si sveglia
ogni notte, come un idiota, e passa il tempo a guardarti dormire sono io, io…
che cosa ci unisca, che forza ci sia fra noi due, è una questione che riguarda
solo noi, ed è questa la cosa più importante, lo capisci? Per una volta, nella
mia vita, ho qualcosa di mio, di esclusivo, qualcosa che mi chiami in causa in
prima persona, qualcosa in cui non possa intervenire mio padre, o Alessandro, o
nessun altro. E lo sai cosa significa, questo, per me? Tu mi fai sentire uomo,
uomo come non lo sono mai stato, mi fai sentire… responsabile, per te,
protettivo, mi fai sentire protagonista di qualcosa di grande, di unico, e mi
fai sentire che la vita non finisce in una spada, non resta chiusa in una
tenda, non si riassume in una mappa. La vita non è solo una battaglia, c’è
altro… ci sei tu. Perciò facciamo così, dimmi quello che vuoi, da me, tutto
quello che vuoi. Io lo farò. Sai che lo farò. Chiedimi di morire, per te, o
chiedimi di uccidere, chiedimi di rubare la luce al sole, chiedimi di sfidare
le folgori di Zeus e la lancia di Atena. Lo farei. Per dimostrarti che non sono
solo parole, che bambino, io ti amo davvero, ti amo anche quando non sembra,
anche quando non voglio, e lo rifarei mille volte, ripeterei tutti gli errori
che ho fatto, con te. ricominciamo tutto da capo, inventiamoci una volta di
più, riscriviamo la nostra storia, la nostra follia.
Finalmente… quanta
acqua ti è dovuto scivolare sul volto, prima che tu ti decidessi. A guardarmi.
A fremere, e poi a gettarti nel mio abbraccio. Sempre rabbiosi in ogni gesto,
noi due, come se in qualche modo tentassimo sempre di strapparci l’anima di
dosso, di imprigionarci a vicenda, di lottare, di combatterci, per poi cadere
sconfitti insieme. Per vincere entrambi, e sai, il nostro mi sembra l’abbraccio
di due leoni. Dèi, oh, dèi, quanto mi sei mancato. Finalmente ti stringo di
nuovo, Cassandro, finalmente sei di nuovo mio, finalmente. Il tuo peso non mi
pesa, no, resta qui, accasciato senza forza tra le mie braccia più forti, e non
andartene più. Resta, e lasciati amare da me, nel modo che mi viene, come
posso, male, forse, goffamente, in certi casi, ma tu lasciati amare. Sii mio,
sempre. Per sempre. Sii mio sotto questa pioggia, o nelle iridi del sole. Sai,
ora io… vorrei vederti piangere. Non perché voglia vederti soffrire, ma solo
per poterti dire di non farlo, per poterti accarezzare i capelli e consolarti,
per poter essere l’uomo che ti consola, che si prende cura di te, che ti ama.
Ti amo solo quando piangi? Nulla di più falso. Ti amo quando piangi, quando
ridi, quando parli e quando sospiri, quando bevi troppo e quando dormi. La
verità è che ti amo sempre, e basta. Ecco, inizi a singhiozzare piano, sulla
mia tunica, ed io alzo gli occhi al cielo e mi lascio lavare il volto
dall’acqua, apro la bocca e respiro, bevo, taccio. Piangi ringhiando, e io ti
butto a terra, ti sovrasto, ti bacio. Tu mi stringi il collo prepotente,
avvinghi le gambe ai mie fianchi, incurante del fango, nei tuoi capelli, sulla
tua veste, sulla tua pelle. Finirò ad amarti, sua questo fango, lo so, e
sarebbe ipocrita dire che non voglio. Ti amerò fino a farti gridare, fino a
farti tendere le mani al cielo, fino a schiacciarti la testa a terra. Scaccerò
dal tuo corpo ogni goccia di pioggia con ossessiva gelosia, perché solo io ho
il diritto di toccarti, io e nessun altro, e sono geloso persino del vento, che
vigliacco nasconde nell’aria le sue dita, per poterti accarezzare il volto, i
capelli, le vesti. Poi mi alzerò scuoterò la testa, mi pulirò le mani sulla
tunica lorda, ti guarderò alzarti e ripulirti negligentemente la tua, ed
insieme torneremo al campo. Passeremo a testa alta, superbi e vanesi, fra gli
sguardi schifati dei nostri compagni, sfideremo chiunque oserà sfidarci, e li
lasceremo parlare sottovoce di sconcia perversione, perché solo noi sapremo di
aver vissuto assieme uno dei momenti più alti del nostro amore.