Le stelle
sgocciolano placidamente il loro nettare nei tuoi occhi, e tu non hai bisogno
di chiederlo. Non hai mai dovuto chiedere nulla, nemmeno a me, nemmeno al tuo
re, perché hai il diritto di avere ogni cosa solo per il fatto di esistere, di
essere qui.
Il tuo coraggio,
Efestione, mi dà coraggio; la tua forza è la mia forza, e se tutte le volte che
ti ho guardato ed ho scoperto di amarti fosse nato un fiore dalla terra, ora
non esisterebbe più l’inverno. Ti guardo guardare in alto, e scioccamente
sorrido del tuo sorriso. Cosa c’è rimasto da dirci? Forse tutto, forse niente,
forse ancora qualcosa. Dieci giorni, dieci giorni appena, dieci giorni e dieci
anni, da quando siamo partiti. Ero diverso, dieci giorni fa, ero più giovane,
più avventato, più folle. Stare con te mi rende calmo, mi dà pace, mi fa venire
sonno. Sì, proprio quel sonno che tanto mi spaventa, quel sonno così umano, mi
coglie quando mi appoggio alle tue ginocchia, e mi lascio cullare dalla tua
voce, dalla tua morbida voce.
I boschetti bassi
ed odorosi della costa ti piacciono tanto, i mettono una strana smania di
viaggiare, addosso, una buffa impazienza. Guardarti mentre mordicchi irrequieto
un bastoncino, mentre mi parli dei porti che incontreremo sul nostro cammino,
mentre ti entusiasmi. Il nostro amore è un continuo sguardo, un cercarci con
gli occhi, un prendersi senza mai lasciarsi. Sei sole e danza, piccolo cuore,
sei vino e gioia. Con le dita tracci circoli nell’aria, sospiri e mi guardi. Ti
guardo. È magia.
-che cosa staranno
facendo a Pella, senza di noi, Alessandro?- domandò Efestione socchiudendo gli
occhi ed interrompendo i pensieri del re.
-di certo non
staranno guardando il cielo.-
-oh no, credo
proprio di no. Scriverò ad Aminta di guardare anche lui un po’ di stelle, ogni
tanto.-
-tanto non lo farà;
lo conosci, no?-
Efestione arricciò
il naso. -lo farà, perché sono io a chiederglielo.-
-come ti diverte
farmi ingelosire, eh?-
-sei geloso?-
Alessandro si
strinse nelle spalle. -lo sono?-
-ti ho incastrato,
re.-
-lo so. Ma tu sei
l’unico contro cui accetto di perdere.-
-lo so, Alessandro
dai capelli biondi.-
Il giovane sovrano
scattò verso il compagno e gli immobilizzò le mani. -continua a prendermi in
giro, e il tuo bel visino vedrà un bel po’ di polvere, invece dei miei capelli
biondi.-
-magari non te lo
lascerei fare…-
-è una sfida?-
-sfidami, e lo
sarà…-
Mi fai ridere, e lo
sai che è difficile… è difficile, ma tu ci riesci anche solo facendo lo scemo,
come fai sempre. Sei un re, eppure ricordi a tutti noi che siamo ancora dei
ragazzi, che ci divertiamo ancora a giocare a palla, o ad azzuffarci come
bambini, o a sfidarci a dadi. Chissà quanti di noi vedono questa campagna come
un gioco, come una sorta di avventura eccitante. Io no. Io sono qui con te, e
nulla è eccitante quando ci sei tu. Tu rendi tutto solido e certo, ai miei
occhi, perché sei l’uomo più forte che io abbia mai conosciuto. È per questo
che hai bisogno di me: per contenerti; per non esplodere. Ed io sono qui per
te, Alessandro, mio re, per aiutarti come posso, se posso, quando posso, per
esserti vicino quando me lo chiedi e quando preferiresti vedermi sparire nel
nulla, perché per me ogni cosa che dici, che fai, che pensi è importante. Ti
ascolto parlare di guerre, di strategie, di sogni e di Dario, e vorrei che tu
mi prendessi in braccio, mentre ti infiammi con i tuoi discorsi; sì, vorrei che
tu mi prendessi in braccio proprio come se fossi un bambino, per farmi stare
bene, e soprattutto per farmi sentire che sei ancora un uomo, e non ti sei
trasformato nell’aquila che tanto fieramente orna le tue insegne. Alessandro,
vorrei amarti nel modo in cui mi ami tu, ma non mi riesce, e mi dispiace, mi
sento tanto in colpa, per non essere un dio.
Mi piace quando fai
così, quando mi baci senza motivo, così, solo per farmi sentire la tua pelle
ruvida di un paio di giorni di barba. E fai lo stupido, mi fai il solletico,
giochi. In questi momenti sei l’Alessandro che è cresciuto con me, che ha
dormito tante volte nel mio letto, che ha diviso con me ogni cosa, persino i
dentini. E quando si dividono i denti, si divide tutto. Siamo partiti da dieci
giorni. Dieci giorni, e già io penso che sono dieci giorni in meno con te, ora
che possiamo essere adulti, ora che non c’è più tua madre. Chissà per quanto
tempo staremo via, chissà quando torneremo. Le rivedremo mai, un giorno, le
nostre case? Non posso negare di avere un po’ paura, a volte. Paura di morire.
Semplice, umana paura della morte. Ma che importa, se tanto basta che tu venga
ad abbracciarmi perché mi passi ogni cosa, perché io pensi a te e solo a te, e
giuri a me stesso di difenderti.
-che ne dici…
torniamo al campo?- Alessandro si sollevò e si risistemò il mantello sulla
spalla.
-sarà meglio.-
sospirò Efestione. -le sentinelle si chiederanno che fine abbiamo fatto.-
-oh, beh, la fine
migliore!- il re sorrise e circondò con un braccio le spalle del generale.
-vieni a dormire con me, stanotte?-
-posso?-
-ma certo che puoi,
sciocco.-
Io sono felice
perché ho bisogno di te. Stringimi forte, Alessandro.
Così uomo e
fanciullo, fra le mie braccia. Ti amo perché sei il vento, Efestione.