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Moment
number two – Hate
Capitava
anche che Francesca avesse qualche trovata geniale da proporre ai
suoi ragazzi e, anzi, quando gli chiedeva il permesso già
aveva
architettato tutto quanto – e con quale coraggio avrebbe
potuto
smorzare l'entusiasmo dei suoi figli?
Ora
che ci pensava, li vedeva così raggianti solo quando
Francesca era
con loro: qualunque cosa la tata dicesse loro sapeva che sui loro
volti, a fine giornata, poteva splendere ancora il sole.
Parimenti,
però, capitava che accadesse qualcosa sulla quale non
fossero troppo
d'accordo – e, diciamolo, le volte in cui questa ipotesi si
verificava non erano poi così rare –, come il
fatto che Brighton
accusasse improvvisamente un terribile mal di pancia, per l'appunto.
«Saranno
stati i dolcetti di zia Assunta? Eppure c'erano pochi ingredienti:
uova, farina, cioccolata, nocciola, cannella, cocco, fragole e... ho
l'impressione di
averne dimenticato qualcuno».
Il
volto di Maxwell assunse varie colorazioni, sino ad arrivare ad un
acceso porpora: «Perché avevo l'impressione che
sua zia ne fosse la
causa?!», le sbraitò letteralmente contro.
«Beh,
è una delle sue specialità più
caloriche!».
Fu
la blanda scusante con la quale la tata si giustificò.
Francesca
iniziò a correre a destra e a manca, pensando di sfuggirgli
per
sempre – quel teatrino si ripeteva quasi ordinariamente,
ormai era
normale amministrazione.
E
mentre Maxwell la rincorreva senza tregua alcuna, Francesca
sospirò
di stanchezza e pensò che tanto accanimento contro di lei
era solo
un modo come un altro di farle capire quanta importanza avesse
– e,
beninteso, non voleva illudersi come una ragazzina ingenua e
sperduta.
Che,
poi, dovesse essere soprattutto lei a rincorrerlo era tutt'altro paio
di maniche.
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