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Salve
ragazze *-* probabilmente vi starete domandando se state sognando o
meno. Beh siete sveglie e si, questo è il nuovo capitolo. Sono mortificata, non so davvero come scusarmi per l'enorme ritardo. Altri 6 giorni e sarebbero stati 2 mesi per la miseria!
Purtroppo sono successe alcune cose e c'è stato qualche
incidente di percorso, inoltre le vacanze non hanno giocato a nostro
favore. Il capitolo avrebbe dovuto scriverlo Marty ma praticamente non
ha voluto farlo, insomma non se la sentiva di scriverlo per non so di
preciso quale motivo, fatto sta che alla fine ci ho pensato io. Insomma
siamo alla fine e non mi andava di sospendere la storia, per altro
seguita da tante di voi, proprio agli ultimi due capitoli. Sarebbe
stato stupido e senza dubbio immaturo. Volete o non volete sapere come
termina?
Ci ho messo davvero il cuore per scriverlo, ci ho lavorato su un'intera
settimana, ho fatto ricerche su ricerche, perciò spero di vero
cuore che non vi deluda. Il capitolo gira tutto intorno alla nascita
del piccolo Pattinson e visto che avendo 18 anni non sono ancora mamma
mi sono dovuta affidare alla buona sapienza di google xD Scusate se ci
sono errori tecnici, non è colpa mia ma sua xD
Detto questo ci leggiamo in fondo*-* Buona lettera.
p.s. VI ANNUNCIO CHE QUESTO E' L'ULTIMO CAPITOLO PRIMA DELL'EPILOGO.
"Resta"
28- Capitolo (Nusia)
4 MESI DOPO
Pov. Kristen
Me
ne stavo a leggere tranquilla il mio libro preferito: “East of
Eden” di John Steinbeck mentre una dolce melodia classica si
diffondeva per la stanza facendo da sottofondo musicale alle vicende
dei personaggi. Era assurdo come in quel periodo le mie tendenze
musicale fossero cambiate. Non avevo mai ascoltato così tanta
musica classica, ma da 3 mesi a quella parte la trovavo estremamente
rilassante. Evidentemente al mio piccolo piaceva quel genere di
melodie. E chissà una volta cresciuto sarebbe diventato un
ottimo pianista, proprio come il suo papà. Magari sarebbe nato
già con una testa piena di capelli scompigliati ad arte e una
mano tra essi. Ridacchiai per il mio folle pensiero e mi accarezzai la
pancia. Erano nove mesi ormai e tra una manciata di giorni sarebbe
finita l’attesa e quell’angioletto, il nostro
angioletto, avrebbe finalmente visto la luce. Prima di rimanere incita
di Joy non avevo mai capito perché le donne incinte fossero
sempre così belle, sorridenti e con gli occhi perennemente
lucidi e brillanti, anche quando avevano la nausea o il bambino tirasse
calci. Le avevo sempre guardate sconcertata quando affermavano
contente: “Ha scalciato!” oppure “Oggi ho avuto la prima nausea. Non è fantastico?” cosa poteva mai esserci di fantastico nell’avere la nausea? Poi ho capito. Appena il dottore mi disse “Lei è incinta signorina”
mi sentii diversa. Nell’ esatto istante in cui aveva pronunciato
quelle parole non ero più in pena per me, ma per quella piccola
creatura che mi cresceva in grembo. Non tenevo più conto delle
mie esigenze, ma delle sue. Non mangiavo cose che sapevo potevano farle
male, non facevo sforzi inutili. Tutto per lei, per tenerla al sicuro e
farla stare bene. Era venuto tutto così normale che mi sembrava
assurdo che proprio io, Kristen Stewart, fossi in grado di pensare e
agire come una madre. Proprio io che avevo sempre guardato con occhio
cinico quelle donne gioiose dei malori della gravidanza, mi ritrovavo a
comportarmi nel loro stesso modo. Alla prima nausea uscii dal bagno
sorridente, al primo calcio piansi di gioia.
Si, da quel giorno la mia vita cambiò del tutto.
“Sei
sicura di poter rimanere sola?” chiese Robert attirando la mia
attenzione “Chiamo Dakota se vuoi riposare” alzai gli occhi
al cielo e mi avvicinai a lui massaggiandomi l’enorme pancione.
Nell’ultimo mese tutti volevano a tutti i costi farmi da
babysitter. Era irritante!
“Non
ho bisogno di nessuno ok? Voglio solo che tu faccia presto”
guardò l’orologio al polso e mi stampò un bacio
sulle labbra.
“Sarò qui tra tre ore esatte” promise per poi chiamare Joy che si materializzò al mio fianco.
“Fai la brava e non far stancare la mamma ok? E se succede qualcosa chiamami” scossi la testa divertita.
“Ha
solo 5 anni Rob, non farla spaventare inutilmente” lo rimproverai
accarezzando i capelli della nostra bambina. Lei sembrò
offendersi e mi guardò male.
“Non sono piccola” puntualizzò per poi fare l’ok al padre e tornare a guardare i cartoni. Sbuffai.
“Contento?
Adesso ho una bambina di 5 anni come balia” si aprì in un
sorriso sghembo e baciandomi la punta del naso si allontanò.
“Ti amo” disse prima di sparire dalla mia visuale.
Tornai ad accomodarmi sul divano, poggiai la testa sul cuscino e ripresi il libro tra le mani.
“Cosa guardi?” chiesi a Joy sentendola ridere a crepapelle.
“SpongeBob”
rispose. Annuii appena e quando un lungo sbadiglio mi colpì
decisi di riposare un po’ gli occhi. Avrei finito il capitolo
più tardi.
“Dormi?” domandò Joy avvicinandosi a me dopo qualche minuto. Scossi la testa e le sorrisi aprendo gli occhi.
“No amore”
“Papà
dice sempre che tu e il fratellino dovreste dormire tanto”
affermò con la sua aria risoluta. La guardai con la coda
dell’occhio e feci una strana smorfia con la bocca.
“Non
dare importanza alle parole di papà. A volte parta a
vanvera” e a confermare le mie parole sbadigliai ancora.
“Cosa significa a vandela?” ridacchiai della sua sbagliata pronuncia.
“Parla troppo e inutilmente” biascicai chiudendo gli occhi “Torna a guardare SpongeBob”
Joy
annuì e prima di tornare sulla poltrona mi lasciò un
tenero bacio sulla guancia e quella fu l’ultima cosa che sentii
prima di cadere tra le braccia di Morfeo.
A
svegliarmi fu un fastidioso rumorio proveniente dalla cucina. Mi misi a
sedere stropicciandomi gli occhi, poi mi guardai in giro in cerca di
Joy. Che fine aveva fatto mia figlia?
“Joy?” la chiamai. Solo io potevo addormentarmi e lasciare sola una bambina di 5 anni.
“Sono in cucina” disse e quando la raggiunsi per poco non mi prese un colpo.
“Ti sei svegliata!”
“Scendi immediatamente da li sopra, se cadi come minimo ti rompi qualcosa” la richiamai agitata.
Mi avvicinai a lei e l’aiutai a scendere dal ripiano della cucina. Come aveva fatto a salirci?
“Scusa, ma avevo fame” si giustificò abbassando gli occhi per terra.
“Dovevi svegliarmi” neanche mi ero accorta di aver preso sonno.
“Non
volevo” alzai gli occhi al cielo più irritata che mai.
Nell’ultimo mese persino mia figlia mi trattava come una
bambolina di porcellana!
“Non farlo mai più ok?” annuì sorridendo ed io ricambiai “Cosa volevi mangiare?”
“Le gocciole”
Non
volevo prendere una sedia, perciò mi alzai in punta di piedi per
afferrare il pacchetto di biscotti, ma non appena mi tesi verso di esso
una fitta al basso ventre mi fece piegare su me stessa dal dolore.
Senza rendermene realmente conto lanciai un urlo spacca timpani e Joy sobbalzò spaventata.
“Mamma
cos‘hai?” mi poggiai al tavolo e strinsi forte i pugni.
Dannazione avevo dimenticato quanto, quel dolore, fosse intenso. Non
riuscii a rispondere a Joy, ne a tranquillizzarla. Stavo per partorire
cavoli! Mi erano appena venuta una contrazione ed ero in casa da sola,
con una bambina di 5 anni che mi guardava terrorizzata. Avrei dovuto
dare ascolto a Robert! Quando il dolore passò tirai un sospiro
di sollievo e guardai l’orologio, erano quasi le 19,
perché diavolo Rob non era ancora tornato?
“Mamma, stai bene?” sorrisi a mia figlia cercando di rassicurarla.
“Si
tesoro, ma dobbiamo chiamare papà” le dissi “corri a
prendere il telefono” sparì in un batter d’occhio e
pochi minuti dopo mi piegai nuovamente su me stessa lanciando un
altro grido. Avevo le lacrime agli occhi e per cercare di calmare le mie grida mi morsi la lingua facendola sanguinare.
“Non
lo trovo” biascicò mia figlia con la voce tremante e gli
occhi sbarrati dal terrore. Quando anche quest’altra contrazione
passò mi rilassai e avvicinai a Joy.
“Tranquilla
amore, è tutto apposto” le accarezzo il capo per calmarla
“non piangere e cerca tra i cuscini del divano. Dovrebbe essere
li”
Avevamo
atteso 9 mesi questo momento ed ora che il piccolo protestava per
venire al mondo, il mio futuro marito non era con me. Quell’
idiota di Rob non c’era. Stavo per avere una crisi nervosa e se
non sarebbe arrivato nell’arco di 10 minuti probabilmente lo
avrei ucciso il giorno seguente. Avevamo sempre dato per scontato che
saremmo stati insieme quando sarebbero iniziate le doglie, ma
evidentemente ci sbagliavamo.
“Eccolo!”
urlò Joy dal salone e proprio in quel momento il campanello
suonò. Qualcuno lassù mi voleva bene allora!
“Apri”
ordinai alla bambina. Sentii la serratura scattare e Dakota chiedere a
Joy cos’avesse. Bene, non era Robert!
“Corri
la mamma sta male” e proprio in quel momento un’altra
ondata di dolore mi colpì forte. Un’altra contrazione,
altre grida, altre lacrime.
“Kris!” urlò Ota raggiungendomi spaventata. Aspettai che passasse anche questa volta, poi le sorrisi.
“Ho
le contrazione e quel coglione di Rob non è qui” mi
sorrise nervosa e posando la borsa mi aiutò a mettermi sul
divano.
“È la prima?” chiese mentre afferrava dal mobile un borsone.
“è la terza. Arrivano ogni 15 minuti” spiegai quando tornò in salone con una valigia piena di roba.
Si avvicinò a Joy e le disse di non preoccuparsi, poi afferrò il telefono e digitò un numero.
“Il fratellino ti sta facendo male, mamma?”
“No
amore, ha solo tanta voglia di vederti” mi accarezzò il
pancione che sembrava più enorme di pochi minuti fa e
annuì.
“Non
farla male, lei è brava” disse riferendosi al piccolo. Mi
commossi per quelle parole e alcune lacrime mi rigarono il viso.
Dakota
tornò poco dopo e afferrando la borsa si avvicinò alla
porta aprendola tutta, poi tornò da me e mi aiutò ad
alzarmi.
“Dobbiamo chiamare Rob” affermai.
“Non risponde, lo chiameremo per strada”
L’aria mi si bloccò in gola. Cosa significava “Non risponde?”,
si era forse ammattito? Quel bastardo del mio fidanzato aveva
intenzione di farmi partorire da sola? Era stato lui a mettermi incinta
e se voleva vedere il sole sorgere ancora avrebbe fatto meglio a
raggiungermi il prima possibile.
“Andiamo”
ordinò ancora la mia amica “Joy vieni, tieni aperta la
porta” ci avvicinammo tutte all’ascensore e quando vi salii
venni travolta dall’ennesima contrazione.
“Cavolo!”
esclamai stringendo forte la mano ad Ota e serrando i denti. Non volevo
far spaventare ulteriormente, mia figlia.
“Respira
Kris, ritmicamente forza” feci come mi consigliò lei
“ci sono io” sussurrò al mio orecchio raccogliendomi
i capelli in una coda e togliendomi il sudore dalla fronte.
La guardai con gratitudine e per tutta risposta sorrise.
Già,
lei c’era sempre, in ogni occasione futile o importante che
fosse. Era la mia migliore amica, quella che per anni aveva asciugato
le mie lacrime, quella che mi aveva aiutata a crescere Joy, a non
demoralizzarmi, quella che gioiva con me ogni qualvolta la vita mi
regalasse una vittoria o piangeva se c’era qualcosa che andava
storto. Quella che quando, con Joy, mi si ruppero le acque si
alzò nel cuore della notte e mi accompagnò in ospedale.
Quella che in sala parto mi incitava a spingere e a dare alla luce il
frutto del mio più grande amore. Quella che probabilmente non mi
abbandonerà mai.
“Come sempre” mormorai quando le porte dell’ascensore si aprirono.
Salimmo veloci in macchina e prima che potessi rendermene conto sfrecciavamo già verso l’ospedale.
“Mi
piacerebbe stringerti nuovamente la mano in sala parto”
affermò rompendo il silenzio “Ma questa volta non tocca a
me” la sua voce si incrinò alla fine della frase e con
occhi lucidi mi guardò.
“La
mia dolce mammina!” esclamò afferrando il cellulare e
digitando, probabilmente, il numero di Robert “Adesso chiamiamo
Rob e sarà meglio per lui che risponda” aggiunse poi
tirando su con il naso. Joy nel frattempo restava in silenzio nei
sedili posteriori e mi accarezzava teneramente i capelli.
Chiusi
gli occhi e mi rilassai sul sedile in attesa di una nuova ondata di
dolore, che sapevo sarebbe arrivata presto. Avrei dovuto sopportare,
perché se il piccolo somigliava almeno un po’ alla
sorella, allora avrei sofferto per molte ore.
Pov. Robert
Il
servizio fotografico era andato alla grande, ma era durato più
di quanto mi aspettassi perciò non avevo mantenuto la promessa
fatta a Kristen. Entrai veloce in macchina e guardai l’orologio,
erano le 19 e trenta, ero in ritardo di un’ora e mezza.
Afferrai
il telefono dalla tasca e controllai chi mi avesse chiamato: Dakota.
Cosa voleva? A rispondere alla mia domanda ci pensò lo squillare
del cellulare. Risposi subito.
“Dakota dimmi”
“Idiota ti sto chiamando da mezz‘ora!” urlò esasperata. Alzai un sopracciglio confuso.
“Scusa ma ero impegnato dimmi tutto”
“Impegnato?
IMPEGNATO?” ruggì “Kristen sta per partorire e tu
eri impegnato?” quelle parole furono in grado di farmi aumentare
i battiti cardiaci e bloccare le vie respiratorie. Cosa significava che
stava per partorire? Il tempo non era ancora scaduto cosa…
“Ci sei ancora?”
“S-i scusami. Dove siete, dov‘è?” chiesi agitato azionando subito la macchina.
“Stiamo
andando all‘ospedale. Fai presto, ha bisogno di te” e a
fortificare le parole sentii delle grida assurde e Kristen imprecare di
smetterla.
“Sto
venendo” fu tutto ciò che riuscii a dire. Chiusi la
chiamata senza attendere risposta e dando gas partii a tutta birra.
Guidai
come un matto, come mai prima di allora, neanche quando volevo bloccare
il suo matrimonio con Steve corsi così tanto. Stavo per
diventare di nuovo padre per la miseria, avrei avuto il piacere e la
gioia di condividere con lei il momento del parto, di vedere mio figlio
nascere, era normale essere agitati. Volevo arrivare in tempo, godermi
tutto senza perdermi altro. Se solo avessi saputo che sarebbe successo
oggi non avrei preso impegni, sarei rimasto a casa con lei e Joy,
l’avrei aiutata ad entrare in macchina, sorretta alla prima
contrazione e confortato mia figlia che probabilmente, in quel momento,
era terrorizzata. Cavoli, l’avevo promesso a me stesso!
Quando
la strada diventò sfocata e qualcosa di bagnato mi rigò
il volto capii di star piangendo e con l’adrenalina a mille
spinsi ancora il piede sull’acceleratore e in pochi istanti
raggiunsi l’ospedale.
Una
volta parcheggiato raggiunsi l’entrata e chiesi alla infermiera
dietro il bancone dove fosse la mia fidanzata. Mi guardò
preoccupata, evidentemente il mio viso non doveva avere una bella cera.
“Si sente bene?” chiese preoccupata. Annuii.
“La
mia fidanzata è appena arrivata qui” spiegai più
tranquilla “Kristen Stewart” mi sorrise elettrizzata e
iniziò a cercare su alcuni fogli. Sorrideva contenta e mi
lanciava sguardi eccitati. Sperai con tutto il cuore che non mi avesse
riconosciuto e che non fosse una nostra fan, non era il momento di
firmare autografi, ma dalla sua espressione sembrava proprio che
volesse porgermi un biglietto ed una penna.
“Faccia presto” l’esorta agitato.
“Secondo piano, reparto maternità, stanza numero 6. Congratulazioni” urlò mentre io ripresi a correre.
Piombai nella stanza ansante e fui costretto a piegarmi su me stesso per riprendere fiato.
“Rob!” esclamò lei dal letto.
“Scusa, mi dispiace tantissimo” ansimai avvicinandomi a lei e baciandole il capo.
“Adesso
sei qui, va tutto bene” sussurrò stringendomi la mano. La
guardai meglio e sospirai: aveva il viso ricoperto dal sudore e la
pelle leggermente più bianca; le guance erano macchiate di rosso
e le labbra di un colore più vivo, gli occhi tremendamente
lucidi.
“Sono uno straccio, lo so” scossi la testa sorridendo.
“Sei bellissima” protestai piegandomi per baciarle le labbra “Joy e Dakota?”
“Sono
andate a prendere qualcosa al bar. Joy si è presa una bello
spavento” spiegò prima di impallidire e stringere forte
gli occhi. Eccola
lì, la prima contrazione che vedevo. Strinse forte la mia mano
al punto da far diventare la punta delle dita quasi viola e urlò
forte per poi accasciarsi nuovamente sul cuscino con il fiato corto. Mi
faceva male vederla così e non poter far niente per alleviare il
suo dolore.
“Non
ce la faccio più” mormorò mentre calde lacrime
uscivano dai suoi occhi. Gliele asciugai con dei baci.
“Si invece, ce la fai” dissi dandole forza “Respira e stai tranquilla”
“Facile a dirlo quando non sei tu a soffrire come un cane” ringhiò guardandomi male.
“Mi
dispiace” le accarezzai i capelli per niente offeso dal suo tono
di voce. Sia Ashley che Dakota mi avevano avvertito che in quei momenti
si tendeva ad essere scortesi con tutti. Era colpa degli sbalzi
d’umore e del forte dolore che ti annebbiava i sensi.
“Papà!”
esclamò Joy entrando in camera e correndomi incontro. La presi
in braccio scoccandole un bacio.
“Stai bene?” chiesi e lei annuì felice.
“La
zia mi ha comprato un gelato” spiegò indicando Dakota. La
misi giù e mi avvicinai a quest’ultima abbracciandola.
“Grazie, per tutto” mormorai
“Di niente inglesino da strapazzo” sciolse l’abbraccio avvicinandosi a Kristen.
“Quando l‘ultima?” domandò. Risposi io.
“Meno di tre minuti fa” annuì pensierosa lanciando uno sguardo all’orologio appeso al muro.
“Cominciano
ad arrivare più riavvicinate. Quella precedente e l‘ultima
hanno avuto uno stacco di 10 minuti” spiegò.
“Cosa significa?” ero a disagio, non sapevo esattamente cosa volesse dire.
“Significa
che le contrazioni arrivano con poco distacco tra loro. Più
passa il tempo, più arriveranno riavvicinate”
“Ti si sono rotte le acque?” chiesi a Kristen e lei negò con il capo.
“Bene, aspettiamo allora”
Pov. Kristen
Le
undici e mezza. Erano passate quasi cinque ore e ancora non mi si
rompevano le acque. Avevo chiesto alla dottoressa di romperle lei
stessa, ma aveva deciso di aspettare ancora. La mia dilatazione, era
estremamente lenta, in quel momento era di 6 centimetri e non sapevo
quanto ancora avrei dovuto aspettare, ma stavo per impazzire,
letteralmente. Le contrazioni arrivavano ogni 5 minuti ed erano una
più forte dell’altra. Cole, Ashley e Kellan ci avevano
raggiunti e insieme a Dakota avevano portato Joy fuori a giocare con il
piccolo Dan. I miei genitori erano stati avvertiti e anche quelli di
Robert si erano messi in viaggio. Tutti eravamo impazienti di vedere il
nuovo membro della famiglia, ma lui sembrava volersela prendere ancora
con comodo.
“Rob!” lo chiamai sentendo arrivare un’altra contrazione. Gli strinsi forte la mano ed urlai ancora una volta.
“Basta, fatelo uscire” ansimai e in quel momento sentii un liquido scorrermi tra le gambe e bagnarmi tutto.
“Grazie al cielo!” esclamò Robert chiamando l’infermiera.
“Bene Kris, si sono rotte le acque e sei a quasi 7 centimetri. Dobbiamo attendere ancora”
Erano
passate 8 ore, ormai era notte fonda e le contrazioni arrivano ogni
minuto. La mia dilatazione era di quasi 11 centimetri. Non ce la facevo
più, avevo l’irrefrenabile bisogno di spingere, di far
uscire fuori da me quella piccola creatura che per quanto bene gli
volessi, in quel momento mi stava facendo dannare e sperare che tutto
finisse il prima possibile. Anche il travaglio di Joy era stato
doloroso, ma non come quello, almeno per quel che la sottoscritta
ricordava.
Ormai
non urlavo più, stringevo forte i denti e restavo in silenzio,
mentre la voce di Rob e il suo continuo incitarmi mi coccolavano.
C’era solo lui lì con me, gli altri aspettavano in sala
d’attesa e da quel che avevo potuto capire c’erano proprio
tutti. Mancavano solo i genitori di Rob che sarebbero arrivati entro le
7 di mattina. Chissà, forse il piccoletto voleva attendere i
suoi nonni per uscir fuori! Mia mamma era arrivata qualche ora fa, mi
aveva chiesto se volevo che entrasse con me in sala parto, ma quando
gli ho indicato Robert mi ha sorriso senza aggiungere altro. Sapeva
quanto per me fosse importante averlo al fianco in quel momento e cosa
più importante sapeva quanto lui ci tenesse.
“Ehi,
respira è passata anche questa” mi baciò la nuca
per poi prendere ad accarezzarmi i capelli. Era pensieroso e
quell’aria così seria proprio non gli si addiceva.
“A cosa pensi?” domandai con un filo di voce. Scosse la tessa sorridendomi dolcemente.
“A
noi, al giorno in cui tutto è nato, a quello che abbiamo dovuto
sopportare in quest‘ultimi anni e a quanto tutto sia cambiato in
questi mesi” spiegò per poi scoppiare in una risatina. Non
era divertito, nient’affatto, più che altro sembrava
felice, sereno ed eccitato. Oh si, era eccitato! Lo capito dal modo in
cui sgranava gli occhi, dal sorriso raggiante, dal suo toccarmi
convulsamente i capelli e baciare frettolosamente ogni parte del mio
viso. Quella era una risata incredula, quasi inaspettata e quindi
magica.
“Quando
sono atterrato a Los Angeles dopo ben 4 anni, mi sono sentito dopo
tanto tempo inadatto e fuori posto. Sono sempre stato piuttosto critico
con me stesso ma in quel momento mi sono sentito un fallito”
sembrava rapito dalle sue parole, ma quando arrivo un’altra
contrazione si fermò per darmi coraggio e poi riprese
“Tutti i miei amici avevano bene o male raggiunto il loro
obiettivo e tutti, ogni singola persona, era fidanzata se non
addirittura sposata. Io ero l‘unico a non avere nulla. A
parte qualche ragazza occasionale vivevo solo per me e mia moglie altro
non era che la mia carriera”
“Rob
io…” volevo dire qualcosa, chiedere scusa per
l’ennesima volta ma me lo impedì. Poggiò due dita
sulle mie labbra pregandomi di stare in silenzio.
“Sai
quando mi sono realmente reso conto di non aver fatto un cazzo nella
mia vita? Quando ti ho incontrata in quel supermercato. Ti ho guardato
negli occhi dopo tanto tempo e l‘unica cosa che avrei voluto fare
era attirarti a me e baciarti come mai prima di allora, ma il rancore
era troppo e vederti lì, con tua figlia non ha fatto altro che
peggiorare la mia autostima” non sembrava triste, né
arrabbiato con la sottoscritta. Mi stava raccontando una sorta di
storia ed io avevo voglia di scoprirne il continuo, perciò non
lo interruppi ancora.
“Insomma
io ero rimasto aggrappato al passato, mentre tu ti eri lasciata tutto
alle spalle andando avanti: ti eri sposata, avevi avuto una bambina ed
avevi persino divorziato, senza contare che la tua carriera andava alla
grande. Avevi tutto ed io un bel niente ed ironia della sorte la vita
aveva voluto mostrarmelo così, tra un insulso corridoio di un
market”
Gli
sorrisi e prima che arrivasse un’altra ondata di dolore gli
baciai le labbra sussurrando un “Mi dispiace, ti amo” frase
assolutamente banale, ma cosa avrei mai potuto dirgli? Come avrei fatto
a spiegargli che per quanto Joy rendesse la mia vita ricca, in
realtà il mio cuore non era altro che un ponte vuoto dove
nemmeno un vagabondo voleva sostare? Mi avrebbe creduto, questo si, ma
in quel momento sarebbe stato davvero difficile mettere insieme
più di qualche parola e articolare un discorso. Magari il giorno
dopo, quando tutto quel atroce dolore sarebbe finito, avrei potuto
raccontargli la mia versione della storia, che per quanto diversa, era
senza dubbio ricca delle medesime emozioni.
“E
adesso guardaci Kris?” disse attirando nuovamente la mia
attenzione “Siamo qui, insieme, ho una figlia che dorme sulle
sedie di una sala d‘attesa e un altro figlio che sta per nascere.
In pochi mesi ho costruito tutto ciò che ho sempre desiderato.
La vita mi ha regalato una famiglia. Adesso sono l‘uomo
più ricco del mondo perché ho di nuovo te, Joy e questo
piccoletto che se non si decide ad uscire da li dentro riceverà
una bella ramanzina appena aperto gli occhi” mi sorride
orgoglioso e con occhi scintillanti di gioia. Io mi lasciai scappare
una risatina e poi lo abbracciai, per quanto le mie forze lo
permettessero, forte.
“Ti amo Signor Pattinson”
“Anch‘io mammina”
Pov. Robert
“Inspira
ed espira amore, così da brava” sussurrai al suo orecchio
stringendole la mano. Eravamo finalmente entrati in sala parto e da 5
minuti a quella parte Kristen non faceva altro che urlare, spingere,
respirare, piangere e maledire chiunque gli capitasse a tiro. Io le
stavo vicino e cercavo di farle forza, ma era inutile. Per quanto
cercassi di immedesimarmi in lei, per quanto volessi capire cosa
provasse proprio non riuscivo a farlo. Insomma dovevo immaginarmi che
un piccolo esserino doveva uscire da dentro la mia pancia per giunta da
un posto che non era dei più spaziosi. Mi veniva il freddo
addosso solo al piccolo pensiero. Lei soffriva, glielo si leggeva negli
occhi ed io non potevo fare un bel niente a parte sperare che tutto
finisse il prima possibile.
Durante
tutta la gravidanza non avevo mai seriamente pensato a questo momento,
la mia fantasia era sempre andata oltre tutto ciò perciò
l’unica cosa che vedevo era un pargoletto tra le mie braccia. La
mia mente non si era neanche minimamente sforzata di pensare a come avrebbe fatto mio figlio a vedere la luce, al male che Kristen avrebbe patito. In un certo senso mi sentivo in colpa.
“Spingi
Kristen forza, vedo la testa vai” strinse forte gli occhi e fece
come la dottoressa le aveva ordinato e più spingeva più
il bambino usciva fuori, più l’ostetrica la incitava.
“Vai forza, un ultimo sforzo. È quasi finita” annunciò Caroline.
“No
basta. Basta non ce la faccio più” ansimò
“Non ce la faccio più Rob” le sorrisi per poi
baciarle il capo imperlato di sudore.
“Si
che ce la fai amore. Ce l‘hai sempre fatta e ci riuscirai anche
questa volta. Sei forte” l’incoraggiai.
“Spingi Kris”
“Ma fa male. Tanto” protestò.
“Ehi,
ci sono io qui ok? Stiamo sognando questo bambino da nove mesi. Nostro
figlio Kristen, il fratellino di Joy. Puoi farcela, pensa
a noi” mi guardò per qualche istante poi, senza
perdere il contatto visivo, diede le ultime spinte e poco dopo le sue
urla vennero sovrastate da un piccolo pianto. Era nato. Mio figlio era venuto al mondo ed io ero lì pronto ad accoglierlo.
“E‘
meraviglioso. Complimenti Kris, sei stata bravissima” si
complimentò la dottoressa per poi sostarsi infondo alla sala.
Probabilmente dovevano pulirlo.
“Voglio v-eder-lo” biascicò Kristen.
“Prima
bisogna pulirlo e saturare te, poi sarà tutto vostro”
spiegò un’infermiera allontanandosi.
Mi voltai verso Kristen e avvicinai il mio viso al suo.
“Ti
amo Kris, ancora una volta mi hai reso l‘uomo più felice
del mondo” confessai e solo quando lei mi passò una mano
sulla guancia capii di star piangendo.
“Ti
amo anch‘io Robert, più di qualsiasi altra cosa al mondo e
amo i nostri figli” annullai le distanze e le lasciai un tenero
bacio sulle labbra poi poco dopo la dottoressa si avvicinò per
mettermi il mio bambino tra le braccia. Il mio cuore perse un battito
quando lo strinsi a me e se possibile, le lacrime aumentarono a
dismisura quando ad occhi increduli ammirai quegli occhi color cielo. I
miei occhi. Mi avvicinai tremante a Kristen e quando anche lei lo
ammirò scoppiò in un dolce pianto.
“Sei meraviglioso! Hai visto cos‘abbiamo creato?” annuii con il capo, incapace di aggiungere altro.
“Benvenuto al mondo mio piccolo Thomas Pattinson”
Sorridemmo
in contemporanea, poi il mio pensiero andò oltre quella porta,
dove ad attenderci c’era il nostro prima angelo: la mia piccola
Joy che non vedeva l’ora di vedere il fratellino.
“Non
mi manca niente” sussurrai più a me stesso che agli altri
ed era vero. La vita mi aveva regalato tutto ciò che avevo
sempre desiderato e glien’ero grato. Estremamente grato.
Ero
così felice ed euforico che solo un’ora dopo compresi
quanto fosse stato traumatico il parto. Bello da morire si, ma
senz’altro pieno d’ansia e terrore. Per tutto il tempo
avevo avuto la sensazione di svenire, mi ero sentito più volte
mancare ma dovevo essere forte. Lo dovevo a me, ma soprattutto a
Kristen. Lei che per quanto avesse vissuto nello sbaglio per anni, era
stata forte. Forte perché aveva tirato su una bambina da sola,
perché non si era mai persa d’animo e perché ha
avuto il coraggio di riprendermi.
Oh si, la mia era senza dubbio una donna eccezionale!
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*______________* Allora cosa ne pensate? Il capitolo è
più lungo del solito, ma voglio un vostro parere perciò
lasciate qualche recensione anche se sò perfettamente che non ce
lo meritiamo affatto =(
Un bacio, al prossimo e ultimo aggiornamento =D
per contattarmi: Nusia Efp
Nusia*
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