Central Park al tramonto era uno spettacolo da
mozzare il
fiato. Non importava averlo già visto per trent’anni, tutte le volte
riusciva a
catapultarla in quell’atmosfera magica e surreale che solo quel grande
parco
era in grado di offrire. Nel mezzo di una grande metropoli e allo
stesso tempo
immersa nel verde e separata dal cemento e dai grattacieli tipici di
Manhattan.
Per un istante poteva immaginare di essere altrove, in montagna,
lontana dal
caos e dalla routine giornaliera.
Si incamminò lentamente verso la statua di Alice
nel paese
delle Meraviglie, la sua favola preferita. Se avesse mai avuto una
figlia,
l’avrebbe chiamata così, sperando che quel nome l’aiutasse a vivere la
vita da
sognatrice spensierata che anche la protagonista del racconto aveva
avuto.
Sapeva il giro che, turni permettendo, Josh faceva
per
mantenersi in forma, lo stesso che avevano fatto insieme per un’estate
intera: doppio
giro del lago, deviazione verso la statua di Alice e uscita dal parco
dal lato
della Fifth Avenue (Josh adorava
correre sudato in mezzo a tutti i ricconi che facevano shopping sulla
Quinta
per farli scansare schifati). Poi doccia a casa del chirurgo (spesso
insieme) e
cena abbracciati sul divano ascoltando musica o guardando un film. Non
sarebbe
sopravvissuta quell’estate senza di lui.
Lo vide svoltare l’angolo che lo portava alla
statua, con la
sua tenuta da jogging e le cuffie agli orecchi. Lo vide sorridergli,
con un
sorriso sincero e felice, quando si accorse di lei. Fece un profondo
respiro e
affrontò le sue responsabilità.
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Kate Beckett era sempre stata una persona
riflessiva, ma mai
come in quella settimana, aveva sfruttato ogni singolo momento libero
da
impegni per sviscerare, senza paura, le sue profondità.
La rottura con Josh era stata dura: il chirurgo
non l’aveva
presa benissimo, soprattutto considerato che, nonostante l’argomento
non fosse
stato esternato chiaramente, era ben conscio che la causa di quella
rottura
aveva un solo nome: CASTLE.
Era uscita dal suo appartamento in lacrime, con
dei sensi di
colpa enormi, consapevole di aver ferito un uomo straordinario che le
era stato
vicino e l’aveva fatta ridere quando nessuno pensava di riuscirci. Non
aveva
sbagliato niente con lei e in diversi momenti si era sentita pronta a
fidarsi
di lui e a raccontargli di sua madre. Ma quando arrivava il momento
c’era
sempre qualcosa che la tratteneva, qualcosa che la frenava dall’aprirsi
completamente. E forse, inconsciamente,
quel qualcosa aveva
ancora lo stesso nome: CASTLE.
Era passata una settimana da quella chiacchierata
al caffè e
la rottura con Josh: al distretto non si era fatto vivo e non si erano
sentiti
neanche per messaggio. Da un paio di sguardi intercettati tra Ryan ed
Esposito
aveva intuito che era rimasto in contatto con loro in questo periodo,
ma
nessuno le aveva detto niente.
Non sapeva se fosse pronta a rivederlo, ad
affrontarlo. Ma
Alexis partiva per Boston quel giorno e voleva esserci. E solo per
questo aveva
preso coraggio e adesso stava per bussare alla casa dello scrittore.
La faccia di Rick passò dallo stupito al felice in
un attimo
quando aprì la porta. Evidentemente non si aspettava di vederla. Kate
gli
sorrise timidamente, abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro
inferiore. Le
faceva piacere vedere quel sorriso sul volto dello scrittore: aveva
temuto del
risentimento per essere sparita per tutto quel tempo.
“Ciao, Castle,” bisbigliò timidamente.
“Kate! Ciao… io… accomodati,” disse facendo spazio
alla
detective. Chiuse la porta dietro di sé e rimasero a guardarsi in
silenzio per
un paio di secondi che ad entrambi parvero ore
Era passata solo una settimana ma le sembrava un
secolo che
non lo vedeva. E forse era solo la sua nuova consapevolezza, ma le
sembrava
diverso: quello sguardo arrogante e dispettoso che normalmente
sfoggiava aveva
lasciato spazio alla dolcezza e alla tenerezza. Possibile che non si
fosse mai
accorta di questa sfaccettatura della sua personalità?
“Sono felice di vederti, Kate,” la voce di Castle
la
risvegliò dai suoi pensieri.
“Sono passata a salutare Alexis, non sono in
ritardo vero?”
vide il suo sorriso appannarsi, ancora forse non aveva ben digerito
l’imminente
partenza della figlia.
“No, è di sopra a fare la valigia. O meglio, la
sua quarta
valigia. Credo l’abbia fatta e disfatta almeno quattro volte! Forse se
vai a
darle una mano decide finalmente cosa portare,” le disse con la mano
verso le
scale che portavano alla camera dell’adolescente.
Kate sorrise a Castle e si incamminò sulle scale.
Bussò
delicatamente alla porta di Alexis ed entrò alla sua risposta. Non
appena la
vide scoppiò in una risata: Alexis seduta sul letto con aria
insoddisfatta che
fissava la sua valigia che le sarebbe stata sufficiente per un anno
intero!
“Non c’è niente da ridere, Kate! Ho riempito la
valigia di
cose orrende e Ashley non vorrà neanche guardarmi.”
“Ti dirò due cose signorina: la prima è che non
credo esista
vestito sulla terra che possa renderti orrenda. La seconda è che se
Ashley è
davvero innamorato di te, ti vedrà bella anche con la tuta da
ginnastica che
usi quando hai la febbre!”
Voleva aggiungere anche il punto tre: gli uomini
non si
accorgono neanche se hai un completino intimo un po’ più sexy (che
magari hai
acquistato apposta per loro) piuttosto che i mutandoni della nonna in
certi
momenti. Ma decise che questo tragico aspetto dell’universo maschile
avrebbe
dovuto scoprirlo a sue spese, non aveva senso rovinarle l’idillio in
questo
momento.
“Lo so… e non è vero che non c’è niente di carino…
sto solo
scaricando le mie paure su quella valigia,” piagnucolò Alexis.
“Direi che la tua analisi è perfetta!” disse Kate
sedendosi
sul letto accanto a lei. “Ehi, guardami! Eri così felice due settimane
fa, che
cosa è cambiato adesso?”
“Lo sono ancora Kate ma…”
“Ascoltami: vivi questa vacanza al minuto. Non
pensare a
cosa farai tra un’ora o domani o tra dieci minuti. Vivila secondo per
secondo e
fai solo e soltanto ciò che vuoi fare in quel secondo. E vivilo
appieno!
Qualsiasi cosa farete, ovunque vi condurrà questa vacanza nella vostra
relazione, sarà magica e non capiterà così spesso di riprovare quella
magia,”
le disse accarezzandole gentilmente una guancia.
“Le paure ci saranno sempre nella vita Alexis.
Paure e
insicurezze ti accompagneranno per sempre. Alcune di esse devono essere
superate con coraggio, altre vanno rispettate e va dato loro il tempo
di
sparire. Sono le paure che ci mantengono in vita e ci proteggono dal
male o dal
dolore. Almeno fino a quando non decidiamo che la persona che hai di
fronte
valga il rischio di scoprirsi e vincere le insicurezze. Mica penserai
che solo
perché sono più vecchia di te io non ne abbia vero?”
“Ne hai?” chiese debolmente Alexis.
“Più di quante immagini! E forse più di te in
questo
momento! Vai a Boston e divertiti. Fai tutto e solo quello che ti senti
di fare
e saranno tre giorni splendidi.”
“Grazie, Kate,” le disse buttandosi al collo prima
di essere
interrotta da un battito alla porta.
Si voltarono entrambe e videro spuntare la testa
di Rick.
“Milady, il principe è arrivato.”
Alexis sorrise e scese le scale con la valigia,
seguita dal
padre e da Beckett.
“Così tu saresti Ashley?!” chiese Kate infilando
una mano in
tasca in modo che il calcio della sua Sig Sauer casualmente apparisse
dalla
giacca. Ashley sembrava un ragazzo apposto, ma meglio che capisse
immediatamente con chi avrebbe avuto a che fare se avesse ferito Alexis.
“Sì Signora… ehm, Detective… Detective Beckett,”
disse
farfugliante il ragazzo.
“Kate va benissimo,” disse allungando la mano per
salutare
il ragazzo già sufficientemente intimidito.
“Forse dovremmo andare se non vogliamo perdere il
treno,”
disse Alexis per toglierlo dall’imbarazzo.
“Sì, meglio. Buona giornata, Signor Castle, e
anche a lei,
Detective Kate… Beckett… Signora!”
Beckett riuscì a mala pena a contenere la risata
prima di
abbracciare forte Alexis per salutarla.
“Buona vacanza Alexis e non dimenticare, VIVI ogni
attimo
senza pensare a quelli dopo…” le disse all’orecchio stringendola ancora
più
forte. “No, ecco… magari se poi decidete di fare un certo passo
pensateci alle
conseguenze… tuo padre non è pronto ad essere chiamato nonno ancora,
ok?”
Alexis rise e la strinse ancora più forte per
ringraziarla
prima di spostarsi e salutare suo padre. Vide i due guardarsi
intensamente per
qualche secondo prima che Castle cedesse e la stringesse a sé con tutte
le sue
forze. Se lei era stata attenta a non farsi sentire da Castle (e ci era
riuscita evidentemente visto che non era stramazzato al suolo alla
parola
“nonno”), lei percepì indistintamente il “ti voglio bene” che padre e
figlia si
scambiarono prima di separarsi.
Alexis salutò nuovamente entrambi con la mano e
uscì di casa
lasciandoli imbambolati a guardare la porta. Kate cercò di scacciare
dalla
testa quanto gridasse “famiglia” tutta quella scena e si concentrò su
Castle,
cercando di decifrare le sue sensazioni.
“Tutto bene?” gli chiese appoggiando la sua mano
sull’avambraccio.
“Non posso più chiamarla la mia bambina, vero?”
disse con
voce tenera.
“Lo sarà sempre, Castle. Mio padre ancora mi
chiama così!”
“Grazie” le disse Rick guardandola.
“E di cosa?”
“Di esserci per lei e soprattutto… di quel
giochetto che hai
fatto con Ashley, con la pistola.”
“Io? Non ho fatto nessun giochetto,” disse mal
celando il
sorriso.
“Certo, Detective, come no! Se non altro spero che
ci pensi
una volta in più prima di farla soffrire.”
“E’ la mia speranza Castle, ma sai, è un uomo, non
si può
sperare in tanta furbizia.”
“Ahhhh, sento una vena polemica nei miei
confronti!”
“Solo perché hai la coda di paglia” sorrise.
Chiuse gli
occhi e ridendo scosse la testa, “Sai Castle, un tempo li trovavo
irritanti, ma
adesso mi sono mancati questi battibecchi.”
“A me sei mancata tu,” disse guardandola dritto
negli occhi.
La sua espressione di panico doveva essere
plateale dato che
Castle fu prontissimo a deviare abilmente e tornare a toni scherzosi e
argomenti neutri.
“Ti va un bicchiere di vino con me? Ho bisogno di
compagnia
per eliminare dalla mia testa immagini che includono mia figlia, Ashley
e un
letto,” disse correndo verso la sua riserva di vini e tirando giù due
bicchieri
dalla credenza.
“Banale Castle, perché mai dovrebbero
obbligatoriamente
usare un letto?” rispose avvicinandosi al bancone della cucina e
afferrando il
bicchiere che Rick le aveva già preparato. La faccia di Rick si
contorse
maggiormente al pensiero.
“Beckett abbi pietà. E’ già abbastanza dura così.”
Beckett sorrise e sorseggiò il vino con aria
divertita.
Torturarlo rimaneva sempre il suo passatempo preferito.
“Ma questo potrebbe darmi interessanti spunti per
il passato
di Nikki Heat… Ti spiacerebbe condividere con la classe?” sorrise Rick
appoggiando le braccia al bancone e avvicinandosi a lei.
“Sì che mi dispiace. L’ultima cosa che voglio è
vedere la
mia vita sessuale stampata su carta e a pubblica utilità di tutti. Mio
padre ha
già letto i primi due libri e ho durato sufficientemente fatica a
convincerlo
che è solo frutto della tua fantasia e niente è tratto dalla realtà.”
“Non credo che avrò mai il coraggio di incontrare
tuo padre.
Va beh, Beckett, visto che sei così riservata dovrò limitarmi a
inventare le
follie della ribelle Nikki e dei suoi incontri hot nei bagni delle
discoteche,”
sorrise con un po’ di timore.
Kate sorrise abbassando lo sguardo. Doveva
ammettere che
Castle aveva del fegato a riportare in ballo l’argomento in quel modo.
Se non
fosse stato per lui, lei lo avrebbe evitato volentieri. Ma adesso era
impossibile evitarlo.
“In realtà, la ribelle Kate dell’adolescenza non
si faceva
abbordare in discoteca così facilmente,” sorrise al ricordo, “E in
tutta la
vita mi è successo solo due volte di trovarmi nei bagni di una
discoteca a
intrattenere corporee conversazioni con uomini.”
Rick fece il giro del bancone e si sedette accanto
a lei.
“E com’è andata?” disse flebilmente.
“Il primo è andato all’ospedale per un colpo ben
assestato
in zone poco piacevoli,” disse sorridendo alla smorfia di simpatizzante
dolore
di Castle. “Al secondo ho quasi slogato una spalla,” aggiunse portando
la mano
sul braccio di Castle. “Come sta?” chiese con preoccupazione.
“Beh, vista la fine che ha subito il mio
predecessore, non
mi lamento affatto,” le sorrise coprendo la mano di Kate con la
propria. Kate
rise ed istintivamente intrecciò le dita con quelle di Castle.
Si guardarono per un lungo istante prima che Kate
rompesse
il silenzio.
“Anche io ti devo delle scuse Castle. Non ero
arrabbiata con
te… o almeno, non solo. Come hai ben intuito ero molto più arrabbiata
con me
stessa che con te. Niente fino ad adesso aveva mai interferito col mio
lavoro e
rischiare di mandare a monte un’operazione per colpa mia sarebbe stata
una cosa
che non mi sarei perdonata.”
“Sei troppo dura con te stessa. E io ti devo delle
scuse
enormi per il mio comportamento da adolescente ferito nell’orgoglio.”
Vide il suo sguardo serio passare in un attimo a
quello
scherzoso a cui era abituata.
“E rimanendo nel mio atteggiamento adolescente,
devo dire
non mi spiace l’idea di farti questo effetto, Detective. Ed io che
credevo di
esserti del tutto indifferente.”
Kate rise e alzò gli occhi al cielo prima di
confessare: “Mi
sei tutto tranne che indifferente, Castle.”
E lo sguardo di terrore le si dipinse in faccia
quando si
rese conto di cosa aveva detto. Sperare che lui non lo avesse sentito
era
inutile. Dal modo in cui la stava guardando era chiaro che aveva
sentito tutto.
“Davvero?” chiese lo scrittore con un soffio di
voce.
Mentire adesso non aveva più senso. Una settimana
di
pensieri e riflessioni avevano portato ad un’unica soluzione: era
innamorata di
Rick Castle.
“Davvero,” confermò guardandolo negli occhi.
La mano di Rick si posò sulla sua guancia e il suo
pollice
le sfiorò le labbra. Kate chiuse istintivamente gli occhi a quel tocco
leggero.
Il cuore iniziò a batterle a ritmo forsennato e la sua mania di
controllo
iniziò a vacillare fino a perdersi completamente quando il dito fu
sostituito
dalle labbra di Rick.
Le mani di Kate si portarono sulla sua camicia,
quasi a
cercare il sostegno che quel bacio le stava togliendo. Delicato e allo
stesso
tempo pregno di sentimento, con quel bacio percepì tutto l’affetto che
quell’uomo, lo sbruffone sciupa femmine, provava per lei.
Nessuno dei due sembrava aver fretta di
approfondire quel
contatto: entrambi sembravano apprezzare appieno quello sfiorarsi,
sfuggirsi e
morsicchiarsi le labbra che tacitamente avevano accettato.
Quel bacio era totalmente diverso da quello
prepotente e
passionale che si erano scambiati nel night club. Anche quando le loro
bocche
si erano schiuse e le loro lingue avevano iniziato a cercarsi e a
danzare
insieme, la dolcezza di quel bacio non
diminuì. Se il primo bacio era da catalogarsi tra quelli passionali,
questo
aveva decisamente un’altra definizione: SENSUALE.
Rick con quel bacio languido, dolce e allo stesso
tempo
carico di erotismo, la stava corteggiando. Ogni volta che usciva con un
ragazzo
nuovo immaginava il bacio perfetto (rimanendone spesso delusa). Con
Rick poteva
finalmente ammettere di averlo provato. E questo, come sempre, la
terrorizzava.
Le mani, poggiate sui suoi pettorali si strinsero,
imprigionando tra le dita la camicia di Castle e improvvisamente Kate
si staccò
da quel bacio e poggiò, col fiato corto, la testa sulla spalla dello
scrittore.
Poteva distintamente sentire sotto la sua mano, il
cuore di
Rick galoppare a duemila battiti al minuto e il suo respiro altrettanto
affannato. Non voleva guardarlo negli occhi per paura di leggervi
risentimento
per questa brusca e inspiegata interruzione.
“Dimmi quali sono le tue paure, Kate,” sentì la
profonda
voce di Rick sussurrarle nell’orecchio, mentre con la mano le
percorreva la
schiena.
Alzò lo sguardo verso di lui, stupita di quanto
riuscisse a
leggerle dentro.
“Ho sentito quello che hai detto ad Alexis prima…
Voglio
tutto di te, Kate, la tua testardaggine, la tua dolcezza, la tua
malinconia, la
tua gioia e anche le tue paure. Sono pronto a rispettarle una per una e
a darti
il tempo di realizzare che sono l’uomo per cui vale la pena
affrontarle.
Chiedimi quello che vuoi: tempo, spazio, qualsiasi cosa per fartele
superare,
ma ti prego, non facciamoci bloccare. E’ Josh a frenarti?”
Riappoggiò la testa sulla sua spalla e strinse a
sé lo
scrittore.
“Ho lasciato Josh una settimana fa,” disse dando
il tempo a
Castle di assorbire la novità.
“Rick… la mia paura è una sola… soffrire. Ho una
fottuta
paura di soffrire. Sono rimasta in piedi dopo l’omicidio di mia madre
ma mio
padre è quasi sprofondato. E non so se per un’altra grande sofferenza
avrei la
stessa forza e non voglio toccare il fondo come ho visto fare a lui.
Non sono
mai arrivata a legarmi veramente a nessuno dei ragazzi che ho
frequentato,
proprio per evitare di soffrire nel momento in cui se ne fossero
andati, ma con
te,” disse alzando la testa e guardandolo, “Con te le mie più forti
barriere
protettive sono crollate. E più lottavo per non legarmi a te e più ti
intrufolavi in parti di me sconosciute persino a me stessa. E
nonostante sia
certa che finirei per farmi molto male con te, non riesco a ignorare
ancora
quello che provo.”
Il sorriso di Rick si aprì nuovamente e le prese
il volto,
incorniciandolo nelle sue grandi mani.
“Kate, non posso prometterti che non ti farò mai
soffrire,
arrabbiare o rimpiangere questa decisione. Sono un istintivo, un
passionale, un
uomo con una voglia ancora matta di giocare, quindi sì, ci saranno
giorni in
cui ti esaspererò. Ma posso prometterti una cosa, Kate Beckett, non
passerà
giorno in cui non ti dimostrerò quanto ti amo e quanto ti sia grato e
riconoscente per aver avuto fiducia in me. Questa fiducia da parte tua
è il
regalo più grande che nella vita potrò mai ricevere e non intendo in
nessun
modo rovinarlo.”
“Ti chiedo solo una cosa: frena la tua istintività
e dammi
tempo di abituarmi a noi e a questa nuova cosa. Per un po’ sarò
naturalmente
tentata di tagliarti fuori, mi conosco. Dammi il tempo di lottare con
me stessa
prima di grandi dichiarazioni, grandi cambiamenti e grandi proposte,
ok?”
“Ehi, come sapevi che ti avrei chiesto di
trasferirti qui
immediatamente?” disse rompendo la tensione Rick.
Kate sorrise prima di tirare a sé il corpo di
Castle e
ricominciare a baciarlo. Adesso la dolcezza aveva lasciato posto alla
passione
e all’ansia di procurare e ricevere quelle sensazioni che solo loro
sembravano
essere in grado di provocarsi a vicenda.
Le mani di Rick scivolarono sui suoi fianchi e la
tirarono
maggiormente a contatto col proprio corpo. Quella sensuale danza di
bacini
interrotta bruscamente due settimane prima prese nuovamente vita e i
gemiti di
entrambi risuonavano nel loft. Questa volta era Kate a dettare il ritmo
e Rick
sembrava quasi intimidito da lei. Ma poi sentì le grandi mani dello
scrittore
intrufolarsi sotto la sua maglia e trovare il primo contatto con la sua
morbida
pelle. Con una lentezza esasperante le risalirono il torace prima di
fermarsi
proprio sotto il suo seno.
Kate rilasciò il respiro che non si era accorta di
trattenere in attesa di quel contatto che invece Castle le stava
negando.
Staccò le labbra dalle sue e le portò sul suo
orecchio,
alternando sul suo lobo piccoli morsi e percorsi imprecisati con la
lingua.
“Kate…” il suo nome uscì strozzato dalla bocca di
Rick. Se
la loro eccitazione non fosse già chiara dalla mancanza di parole, i
loro corpi
uniti non lasciavano dubbi.
La mano di Rick si intrufolò sotto il bordo del
suo
reggiseno ma sembrava frenata nell’andare oltre. Non più capace di
resistere
all’attesa, Kate afferrò il polso dello scrittore e portò la sua mano a
pieno
contatto col suo seno. Chiuse gli occhi e lasciò cadere indietro la
testa,
lasciando sfuggire un pesante sospiro alla sensazione delle sue dita su
di lei.
Riportò lo sguardo in quello di Castle. I suoi occhi erano diventati
blu
profondo anche se rimaneva sempre, sul suo volto, un’espressione di
timore e
incertezza.
Intrecciò le sue dita
alla mano di Castle rimasta sul suo fianco. Sussurrare “permesso
accordato” bastò a trasformare il fino ad allora timido Castle,
nell’amante
focoso che aveva sempre sospettato fosse.
La mano sul suo seno iniziò a torturarle
lentamente un
capezzolo mentre l’altra era scesa sul fondoschiena ad aumentare
l’attrito tra
i loro corpi. E nel loro bacio si perdevano i gemiti che ormai nessuno
dei due
riusciva a contenere.
Interruppero quel contatto per impellente mancanza
di
ossigeno. I capelli di Rick andavano un po’ in tutte le direzioni e il
suo
sguardo passionale aveva lasciato spazio anche a quella scintilla di
giocosità
che lo contraddistingueva. Si guardarono e scoppiarono a ridere insieme.
“E se spostassimo il divertimento sul grande letto
che c’è a
pochi passi da qui? Troppo banale per l’impavida Kate Beckett?” le
sussurrò col
sorriso sulle labbra abbracciandola.
“Io ho detto solo che il letto è banale, non che
non adori
la banalità,” rispose iniziando a slacciare i bottoni della camicia di
Rick e
baciando languidamente ogni nuovo pezzo di pelle scoperta.
“Ma se continui così non garantisco di arrivarci,”
rispose
sfilandole la maglia e gettandola dietro di sé. Kate sorrise sul suo
petto,
felice di avere la conferma del suo potere su di lui.
Il reggiseno di Kate sparì dietro il bancone della
cucina un
secondo dopo e quel vuoto fu immediatamente colmato dalle mani e dalla
bocca
dello scrittore.
Camminarono impacciati fino alla camera, nessuno
dei due
pronto a staccarsi dall’altro. Se il prezzo da pagare era qualche
soprammobile
rotto da un incauto urto, Rick era assolutamente disposto a pagarlo se
la
ricompensa era una Kate semi nuda tra le sue mani.
Arrivati al bordo del letto l’atmosfera tornò
nuovamente
seria, consci che il passo che stavano per compiere avrebbe cambiato
per sempre
le loro vite.
Le mani di Castle accarezzavano distrattamente i
suoi
fianchi e le loro fronti poggiate insieme creavano un circolo solo
loro, dove
il mondo esterno era bandito.
“Sei sicura? Hai detto che vuoi tempo e sono
disposto a
darti tutto quello che ti serve.”
Sorrise alla premura dello scrittore e come quella
prima
volta, ma con un altro Alexander, fu lei a prendere le mani di Castle e
a
portarle sul bottone dei suoi pantaloni prima di slacciare i jeans
dello
scrittore senza mai staccare lo sguardo dal suo.
Si ritrovarono nudi su quel letto king size tra
risa e
momenti di cocente passione. Rick faceva l’amore esattamente come
viveva ogni
singolo giorno: in modo appassionato, dedicato e generoso, pronto a
portare
risa e scherzi in ogni momento e a diventare dannatamente serio quando
si
trattava di dimostrare tutto ciò che provava per lei.
E con sua somma gioia, l’ormai non più adolescente
Rick
Castle, manteneva egregiamente i ritmi di quella giovane età.
“Time out,” disse Kate col fiato corto e
accasciandosi sopra
di lui dopo la terza volta che le aveva fatto raggiungere vette che
pensava
esistessero solo nei film e nei romanzi.
“Non dirmi che sono riuscito a distruggere
l’instancabile
Kate Beckett,” disse posandole un dolce bacio sulla tempia, anche lui
in piena
fase di recupero fiato.
“Anche se odio alimentare il tuo già
sufficientemente sviluppato
ego… you got me, writer,” disse girandosi a guardare il sorriso
gongolante
sulla faccia del suo nuovo amante.
“Yes!” esclamò alzando un pugno al cielo.
“Brillante tattica,
Castle,” disse a sé stesso camuffando la voce e fingendo di essere un
qualche
allenatore di chissà quale squadra, “Distruggere l’avversario prima che
lui
distrugga te.”
Il pugno sulla spalla che ricevette da Kate lo
riportò alla
vita reale.
“Ouch! Lo sai? Che rimanga tra me e te…” disse
Rick
avvicinandosi al suo orecchio e sussurrandole dolcemente, “Ero
terrorizzato
all’idea di non averti definitivamente distrutta… Non ce l’avrei
proprio fatta
se mi avessi chiesto un’altra replica,” disse con faccia preoccupata.
La risata
serena di Kate riecheggiò nella stanza e contagiò anche Rick.
****
Quando si risvegliarono, qualche ora dopo, la
stanza era
immersa nel crepuscolo. La testa di Kate appoggiata sulla sua spalla,
la sua
mano che disegnava forme prive di senso sul suo petto e le loro gambe
intrecciate insieme: se pensava a quante volte lo aveva immaginato
quando lui
era soltanto il suo scrittore preferito le sembrava quasi irreale
adesso
viverlo.
“Kate,” sentì il suo nome rimbombare nel suo
torace.
“Mmmh,” rispose lei poggiando il mento sul suo
petto e
perdendosi nei suoi occhi azzurri.
“Io ti…”
“Shhhhhhhhhh,” gli disse portando la mano sulla
bocca dello
scrittore ad impedirgli di parlare, “Dillo e il record mondiale di
velocità sui
100m di Bolt sarà spazzato via in un attimo dalla sottoscritta.”
Il sorriso dello scrittore si allargò sotto la sua
mano. Le
prese un polso, le baciò il palmo della mano e lo appoggiò sul suo
petto.
“Il fatto di non dirtelo non vuol dire che non lo
provi
comunque, lo sai vero?”
“Sì, e tu sai che per me è lo stesso solo… ho
bisogno di
tempo, Rick, e quello che ho detto prima vale lo stesso, nonostante lo
straordinario sesso appena condiviso,” aggiunse alzandosi sulle braccia
e
sfiorandogli le labbra con un bacio.
La afferrò per la vita e la trascinò sopra di sé.
Kate
decise di porre resistenza e quel discorso dannatamente serio si
trasformò in
una giocosa lotta tra risate e lenzuola.
Rick non solo era un bambino intrappolato in un
corpo da
adulto, ma riusciva a tirare fuori la bambina Kate che si era
addormentata il
giorno della morte di sua madre.
Il gioco venne interrotto dal suono di un
cellulare.
“Rick, è un messaggio, devo vedere chi è, potrebbe
essere la
centrale,” disse tra le risa mentre cercava di liberarsi dalla sua
presa.
Arrivò al margine del materasso e afferrò i suoi
pantaloni
rimasti in terra da prima. Prese il cellulare e lesse il messaggio.
Il volto di Rick si affacciò da sopra la sua
spalla. Le
lasciò un bacio sul braccio e poi vi si appoggiò col mento.
“E’ la centrale?” chiese preoccupato di dover
interrompere
quel pomeriggio.
“No, è Alexis,” sorrise Kate nascondendo lo
schermo agli
occhi di Rick.
“Alexis?? Che dice?” disse allungandosi e cercando
di
afferrare il cellulare dalla mano di Kate.
“Rick, fermo, non vuoi saperlo!” rise lei cercando
di
tenerlo lontano.
“Ma se si tratta della
mia bambina, voglio sapere tutto,” disse con un ultimo colpo di reni
afferrandolo.
Si rigirò sul lato e si appoggiò alla testata del
letto con
sorriso soddisfatto in volto.
“E’ stato fantastico e dalla seconda volta in poi…
WOW!
Grazie Kate??? Kate! Dovevi impedirmi di leggere questo messaggio!”
disse
piagnucolando e buttandosi giù con il cuscino sulla testa.
“Cosa stavo tentando di fare prima?” disse
afferrando il
cellulare dall’inerme mano di Rick e togliendogli il cuscino dalla
testa.
“Adesso la mia fervida immaginazione da scrittore
non riesce
a fermarsi… lo sapevo…” disse portandosi entrambe le mani sul volto.
Kate sorrise all’immagine del padre sconvolto di
fronte a
lei: non lo avrebbe mai confessato, ma sperava di rivivere le stesse
scene con
una piccola Castle che avesse i suoi riccioli ribelli e gli occhioni
blu del
padre. Decise per adesso di andargli solo in soccorso. Montò sopra di
lui,
portando una gamba dall’altra parte del suo bacino, gli afferrò le mani
che gli
coprivano il viso e le poggiò sulle sue gambe.
“E se distraessi la tua brillante mente di
scrittore con
qualche diversivo?” disse maliziosamente iniziando a muovere sopra di
lui il
bacino e non lasciando adito ad interrogativi su che tipo di
distrazione avesse
in mente.
“Davvero?” chiese Castle come un bambino a cui è
appena
stato concesso di comprare il suo giocattolo preferito.
Kate sorrise e si
abbassò sulle sue labbra.
“Per una volta che ho il piacere di essere io la
fonte di
distrazione…” sussurrò prima di perdersi nuovamente in Rick Castle.
The End
Angolo
autrice: ed eccoci alla fine
di questa fatica! Spero vi sia piaciuta almeno la metà di quanto sia
piaciuto a me scriverla.
Ho altre ideucce in testa ma adesso devo concentrarmi a scrivere
qualcosa di più importante, la mia tesi, e quindi Castle deve
aspettare. Ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito e,
soprattutto, auguro a tutti un grandioso 19 settembre! CI SIAMO!!
Bacio
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