You,
with your switching sides
And
your wildfire lied and your humiliation,
You,
had pointed out my flaws again
As
if I don't already see them.
-Ma
non fatemi ridere!
Leo
non sapeva se essere contento o meno della risposta di sua zia.
Lui
detestava sua zia Rosa. Non avrebbe mai voluto andare a vivere con lei.
Ma
era la sua unica parente.
Leo
aveva solamente otto anni quando la tragedia accadde. E la colpa era
tutta sua, sua e della donna vestita di terra.
Il
figlio di Efesto si era finalmente liberato dalla presenza di
Tía Callida, la sua babysitter demoniaca che aveva cercato
più volte di bruciarlo vivo, e, dopo solo tre anni, a causa
dell'apparizione della donna vestita di terra l'unica ad essere stata
bruciata viva era stata sua madre.
E
tutto questo solo perché lui aveva perso il controllo.
-Signora, lei è l'unica parente rimasta di
questo ragazzo...- tentò di convincerla l'assistente
sociale.
-Non ha altri posti in cui andare oltre che da lei.
Zia
Rosa scosse vigorosamente la testa. -Già è tanto
che
vi abbia fatti entrare in casa mia!- esclamò, stizzita. -Non
ho
intenzione di fare la stessa fine di mia sorella!
L'assistente
sociale sospirò.
Leo
si guardò attorno, sconcertato. Doveva ancora realizzare
completamente l'idea che sua madre non ci fosse più: certo,
lo
sapeva, ma non riusciva a convincersene.
Sperava
che la figura di sua madre sbucasse da dietro l'angolo, regalandogli un
sorriso dei suoi. Che lo chiamasse mijo ancora una volta.
Ovviamente,
sapeva anche che quella speranza era del tutto vana.
Era
consapevole di quello che sarebbe successo: lo avrebbero spedito a
vivere con sua zia Rosa, di sicuro. Leo fece una faccia disgustata:
Rosa Valdez non avrebbe potuto essere più diversa da
Esperanza
Valdez, malgrado fossero sorelle.
Sua
madre era una persona buona e gentile, sempre pronta a dire
qualcosa di carino a chiunque ne avesse bisogno. Era l'unica ad essersi
laureata al college di tutta la sua famiglia in ingegneria meccanica,
ma nessuna azienda l'aveva mai presa seriamente. Lavorava il doppio per
riuscire a sfamare anche Leo, malgrado i risultati degli straordinari
all'officina si ripercuotessero fisicamente su di lei: aveva dei
bellissimi riccioli scuri, come quelli di Leo, ed il suo sorriso era
qualcosa di magico, ma le occhiaie erano state solcate permanentemente
sul suo volto, dandole più anni di quanti ne avesse in
realtà. Le dita di Esperanza erano affusolate e con le
unghie
perennemente corte, ma le mani erano piene di calli a furia di
armeggiare con chiavi inglesi e roba del genere. Aveva delle belle
braccia, ma spesso Leo la vedeva tornare a casa con vari cerotti per
coprire le ustioni, le bruciature ed i tagli.
Zia
Rosa era la classica tipa che chiunque sano di mente avrebbe
etichettato come vezzosa ed egocentrica. Casa sua sembrava il cottage
di Barbie, con le pareti di un disgustoso rosa eccessivamente acceso
che facevano a pugni con il tappeto color ocra ed il mobilio smaltato
di rosso vivo. La donna stessa sembrava una Bratz troppo cresciuta:
finta bionda, con tanto di quel trucco sulla faccia da
sembrare un
gufo appena stato investito da un camion di promotori di make-up di
Sephora, seno e labbra chiaramente rifatti. Le unghie erano
perennemente laccate di rosso come il mobilio o di rosa acceso come le
pareti della casa e portava tanti di quegli anelli sulle mani che
pareva avesse appena saccheggiato una gioielleria. Lo stesso valeva per
i bracciali e per le collante, chiaro. Il suo guardaroba straripava di
abiti attillatissimi lunghi sino ai piedi e di minigonne veramente
mini
plissettate, che spesso portava con calze retate: zia Rosa diceva che,
vestendosi così, assomigliava tantissimo a qualche attrice
famosa di cui Leo non si era mai preso la briga d'imparare il nome.
Esperanza
era solare e cordiale, spensierata e sempre allegra; Rosa era cinica e
spietata, cattiva ed egoista.
Era
chiaro che Leo non la sopportasse.
-Signora Valdez, la prego...- disse l'assistente sociale.
Zia
Rosa incrociò le braccia.
Leo
alzò lo sguardo per guardare in faccia il biondo assistente
sociale.
"Che vita dura deve avere, quel tipo." constatò, prima che
gli occhi gli riprendessero a pizzicare.
Era
più forte di lui: anche un oggetto qualunque gli ricordava
sua madre, e non poteva far altro che distogliere lo sguardo in
continuazione, sull'orlo delle lacrime.
-Io detesto i bambini!- strillò zia Rosa.
-Sono sporchi, puzzolenti e rientrano sempre a casa lerci e con i
vestiti infangati. Ma se c'è qualcosa che non avevo mai
capito
di quest'essere...
Zia
Rosa lanciò uno sguardo disgustato a Leo ed il suo viso si
contrasse in una smorfia d'orrore. -... è che fosse un
maniaco
omicida.
Leo
capì sì e no la metà delle parole di
zia Rosa,
ma il biondo venticinquenne parve semplicemente allibito da quella
frase.
-Signora Valdez, ma si rende conto di quello che ha
detto?- domandò, basito. -Come può pensare che
Leo abbia
appiccato quell'incendio volontariamente?
Zia
Rosa fece una faccia scettica. Evidentemente, era l'unica ad aver
intuito, sempre nei limiti di un mortale, che Leo avesse qualcosa di
diverso.
Diverso,
non necessariamente negativo: ma sia zia Rosa che Leo erano convinti
che fosse una nota di biasimo e basta.
"Invece è tutta colpa mia!" si maledì
Leo, alzando gli occhi al soffitto cercando di non piangere. "Mamma...
ti prego, mamma, perdonami...".
L'assistente
sociale parve accorgersi che Leo fosse sull'orlo delle
lacrime, così raccolse la propria borsa di cuoio contenente
i
documenti per l'affidamento che fino a poco prima era stata poggiata
sul pavimento ocra.
-Credo che sia meglio che vi lasci scambiare quattro
parole.- concluse il venticinquenne, risoluto. Ma Leo si accorse delle
occhiate di puro sdegno che il giovane lanciava a zia Rosa. -Da soli.
Calcò
bene su queste ultime due parole, dopodiché
girò i tacchi e si chiuse la porta di vetro alle spalle,
lasciando Leo e zia Rosa soli. Leo sapeva che il biondo ragazzo non era
andato via: si era solo accomodato in una delle poltroncine in pelle di
leopardo dell'ingresso, probabilmente appostandosi nei presi della
porta per intervenire in caso la situazione degenerasse.
"Oh, lo farà." si disse Leo. "Con zia Rosa le cose
degenerano sempre.".
Zia
Rosa continuava a guardarlo di sbieco. -Mi fai proprio schifo.
Leo
non se la prese più di tanto: già quant'era
piccolo veniva definito da zia Rosa una nullità,
quindi aveva sviluppato una sorta di abitudine ai suoi commenti
sprezzanti. Anzi: un giorno passato senza cercare di stracciare
l'autostima del nipote, per zia Rosa era un giorno sprecato.
Leo
non si mosse né disse nulla. Si limitò a fissare
quella sottospecie di zia, impassibile.
-Oh, lo dicevo ad Esperanza che sarebbe finita così!-
esclamò la bionda, roteando gli occhi.
La
mascella di Leo rasentò il suolo a quell'affermazione. Come
poteva zia Rosa sapere che avrebbe ucciso sua madre?
No,
non era possibile! Zia Rosa non era une veggente! Ma l'idea che lei
fosse al corrente di tutto lo terrorizzava.
-Eh?- chiese Leo, stordito.
Zia
Rosa rise. Leo trovò la sua risata particolarmente
spaventosa quella notte.
-Oh, sì, mostriciattolo!- esclamò Rosa
Valdez. -Sapevo che le cose si sarebbero messe male per Esperanza! A
cominciare da quando ha incontrato quel viscido codardo di tuo padre...
l'ho odiato sin dal primo momento!
Qualcosa
simile ad un ingranaggio arrugginito prese a muoversi nello
stomaco di Leo al solo sentire l'onore di suo padre insultato in quel
modo. Anche se, a conti fatti, suo padre era veramente un codardo:
aveva abbandonato lui e la mamma, sparendo senza lasciare traccia.
Forse la codardia era una cosa ereditaria.
Tuttavia,
doveva saperne di più: sua madre si rifiutava
categoricamente di parlare del padre di Leo e, ogni qualvolta il figlio
le faceva qualche domanda in merito, il sorriso di Esperanza si
scioglieva come burro al Sole. Ma se zia Rosa l'aveva conosciuto...
-Hai conosciuto mio papà?
Zia
Rosa era in procinto di sputare per terra. -Oh, come vorrei non
averlo fatto! Ma sì, ho conosciuto quella sotto razza di
uomo, se
così si può chiamare!
L'ingranaggio
arrugginito prese a muoversi più velocemente.
-Esperanza venne qui con quell'essere al seguito.-
raccontò zia Rosa, scettica. -Dovevi ancora nascere, piccola
sciagura,
stanne certo! Si erano conosciuti da poco nella bottega di tua madre...
o quello che lo era fino ad oggi.
L'ingranaggio
arrugginito iniziò a fargli male. Leo non ci badò
più di tanto.
-Si vedeva ontano un miglio che stava solo giocando
con il cuore di quella sciocca di mia sorella, povera donna!-
continuò. -Continuava a dire quanto fosse bellissima e
quanto
lui l'ammirasse... quante bugie!
L'ingranaggio
prese a fargli ancora più male. Leo strinse i pugni.
-Quella è stata l'unica volta in cui vidi
quel tipo.- disse zia Rosa, proseguendo imperterrita nel suo discorso.
-Quando tua madre si accorse di aspettare un bambino, lui se la diede a
gambe levate, veloce come uno struzzo, lasciando mia sorella sola con
te. Che essere ignobile!
L'ingranaggio
gli stava facendo ancora più male. Leo digrignò i
denti, con gli occhi che pizzicavano.
-Ma era ovvio che da una sciagura nascesse una sciagura!- concluse zia
Rosa. -Tale padre, tale figlio!
L'ingranaggio
arrugginito gli provocava un dolore insopportabile allo stomaco. In un
lampo capì anche cos'era.
Rabbia.
Non
poteva permettere che zia Rosa insultasse così suo padre e
la memoria di sua madre. Non sarebbe andato a vivere con zia Rosa, mai
e poi mai!
-Non parlare così di mamma e papà!-
l'ammonì Leo.
Zia
Rosa rise spudoratamente. Per un attimo gli ricordò
Tía Callida, e poi la donna vestita di terra.
-Non osare parlarmi così, niño malcriado.-
sibilò zia Rosa, smettendo improvvisamente di ridere e
fissando
Leo con occhi spiritati. -Qui comando io, tu sei solo una piccola
nullità.
Leo
strinse così tanto i pugni da farsi quasi sanguinare i
palmi. Zia Rosa non aveva del tutto torto, Leo lo sapeva bene.
Ma
non poteva essere zia Rosa a fargli la ramanzina in proposito.
-Non decidi tu quello che devo essere.- rispose il figlio di Efesto.
Zia
Rosa rise. -Oh, certo, non posso!- esclamò, scettica. -Io
dico solo quello che sei in realtà: un piccolo demonio de niño,
altroché! Mi sorprende che Esperanza sia sopravvissuta
così tanto con te accanto.
Leo
stava perdendo la pazienza.
Ma
l'aveva promesso a sua madre: "Per
favore, promettimelo: niente più fuoco sino a che non avrai
incontrato tuo padre.". E, anche se sua
madre non c'era più, Leo era intenzionato a mantenere la
parola data.
-Magari mia sorella t'ha pure detto che avresti incontrato quel
traditore di tuo padre, prima o poi.- azzardò zia Rosa,
piuttosto sicura di quanto stava dicendo. -Figurati, non
tornerà mai qui.
-Non lo decidi tu!- ribatté Leo.
-Non ti ho detto di poter parlare.- lo rimproverò zia Rosa.
-Non ti spetta decidere nemmeno questo!- replicò Leo,
arrabbiato.
Il
volto di zia Rosa si contorse in una smorfia d'odio. Estrasse una
sigaretta dal pacchetto che teneva perennemente in tasca ed
agguantò l'accendino marrone poggiato sopra la cassapanca
rossa. La donna sapeva perfettamente che il fumo di sigaretta era una
delle cose che Leo detestava più al mondo.
Tentò
di accendere la fiammella dell'accendino, ma non vi fu nessuna
scintilla.
Leo
storse il naso, disgustato.
-Tu mi disgusti.- disse zia Rosa, continuando ad armeggiare con
l'accendino. -Sarebbe stato meglio se tu non fossi mai nato!
-Lo stesso vale per te!- esclamò Leo, furioso.
Zia
Rosa lo squadrò, ma evidentemente stava tentando di
contenersi dal prender Leo a calci sul fondo schiena sino all'uscio.
-Non osare mai più dire una cosa del genere.-
sibilò, scandendo le parole con una lentezza esasperante.
-Tuo padre era un essere ignobile e nemmeno Esperanza era proprio a
posto con la testa!
"Taci, vecchia megera!" pensò Leo. Iniziò a
battere freneticamente un codice morse sulla parte metallica della
cintura dei propri pantaloni.
-Ha voluto laurearsi e questo è tutto quello che ha
ottenuto.- continuò, senza smettere di cercare di far
funzionare l'accendino. -Un figlio senza nemmeno essere sposata.
Bisogna essere del tutto stupidi per una cosa del genere!
I
palmi di Leo iniziarono a sanguinare per quanto forte aveva stretto i
pugni. Non avrebbe più permesso a zia Rosa di parlargli
così, né d'infangare in questo modo la memoria
dei suoi genitori.
-Non parlare così di mamma e papà!-
urlò Leo con tutta la voce che aveva in corpo. -L'unica
codarda e stupida qui sei tu!
Zia
Rosa staccò una mano dall'accendino e tirò uno
schiaffo sulla guancia di Leo. Doveva averlo tirato quanto
più forte potesse, perché fece parecchio male.
Leo
non riuscì più a trattenere le lacrime, ma non
erano dovute tanto al dolore fisico come al dolore che provava per aver
perso anche la mamma.
Non
litigare con zia Rosa, gli diceva sempre
la mamma, non
ne vale la pena.
Fu
in quel momento che realizzò di averla persa per sempre:
quando lei non accorse per evitare che suo figlio fosse picchiato.
Zia
Rosa fece per aprire bocca e per urlargli contro qualcosa, quando
l'accendino si accese senza che lei non lo toccasse neppure. La fiamma
che ne scaturì inondò tutta la stanza di calore e
fu talmente alta che arrivò oltre la fronte di zia Rosa,
mandandole a fuoco i capelli tinti di biondo.
Zia
Rosa strillò, in preda al panico, e la sigaretta ancora
spenta le cadde dalla bocca. Prese a tirarsi botte in testa con le
mani, cercando di spegnere le fiamme che le danzavano sul capo.
Evidentemente
attratto dalle urla della donna, il biondo assistente sociale
spalancò la porta, precipitandosi in direzione di Leo.
Quando
vide zia Rosa saltellare come un'ossessa con i capelli in fiamme e Leo
in lacrime, non riuscì a trattenere un moto di sorpresa.
-Leo, cos'hai fatto?- domandò.
Leo
singhiozzò. Ancora una volta, tutti gli addossavano la colpa
di una qualsiasi disgrazia.
Nessuno
avrebbe mai creduto che l'accendino avesse fatto un ritorno di fiamma
senza che nessuno lo toccasse.
Il
biondo prese la caraffa di acqua e ghiaccio che troneggiava sul tavolo
laccato di rosso della stanza e ne versò l'intero contenuto
sulla testa della donna.
La
zia era, se possibile, ancora più spaventosa del solito:
evidentemente, i trucchi che utilizzava non erano water-proof, perché
le colarono lungo il viso fino al mento; i capelli le si appiccicarono
tutti al capo, gocciolando acqua sul tappeto giallo ocra. Sino alla
linea delle orecchie, era completamente calva. Tuttavia, zia Rosa non
smise di strillare.
Stava
per avventarsi su Leo con furia omicida, ma l'assistente sociale
intervenne prontamente, trattenendola per le braccia.
-Argh!- urlò, furiosa come non mai. Leo pensò che
l'ira di Achille non era nulla al confronto di quella di zia Rosa, ma
non capiva come potesse aver formulato un'affermazione tanto bizzarra. -Tu
eres un diablo! Sparisci dalla
mia vista!
-Signora Valdez, si calmi, la prego!- esclamò il biondo,
tenendo a stento la donna che si dimenava.
Zia
Rosa si liberò con uno strattone e spinse via l'assistente
sociale. Afferrò Leo per la maglietta e lo
sollevò da terra.
-Hai poco da piangere, piccolo diablo!- urlò.
-Tu non verrai mai ad abitare qui!
-Non ne ho mai avuto intenzione!- rispose Leo, urlando la frase tra i
singhiozzi.
Zia
Rosa mollò la maglietta e Leo cadde a terra sulle proprie
ginocchia.
-Fuori da casa mia!- urlò zia Rosa, fuori di sé.
L'assistente
sociale prese in Leo per mano e lo aiutò a rialzarsi da
terra, facendosi strada verso l'uscio.
Zia
Rosa, intanto, fisso il proprio riflesso in lacrime. -I miei capelli!-
pianse. -Non si ripareranno mai!
Leo
le lanciò un'occhiata scettica tra le lacrime.
Nulla
è irriparabile, era solita dire
sua madre.
"Eccetto il fatto che te ne sei andata per sempre." pensò
Leo, singhiozzando.
Giunti
dinanzi alla porta principale, il biondi si voltò in
direzione della donna.
-Sicura di non volerci ripensare, signora Valdez?- le chiese.
Zia
Rosa gli rivolse un'occhiata carica d'odio. -Fuori di qui!-
urlò.
L'assistente
sociale non se lo fece ripetere due volte e si richiuse la porta alle
spalle.
Leo
continuava a piangere. Non era un comportamento da lui, per niente. Leo
era forte, era il piccolo eroe di sua madre.
"Ma la mamma non c'è più." si disse, disperato.
-Coraggio, Leo.- gli disse il biondino, indicandogli l'utilitaria
arancione parcheggiata davanti al cancello.
Leo
annuì, senza dire una singola parola.
Il
biondo aveva ragione: doveva farsi coraggio. Era solo, ma non avrebbe
più permesso a nessuno di ridurlo in quello stato, a
piangere come uno stolto. Decise che avrebbe indossato una maschera di
coraggio e che avrebbe dovuto recitare con chiunque, a prescindere di
chi si trattasse.
Leo
montò in macchina e si allacciò la cintura di
sicurezza. Il biondo mise in moto il motore e partì.
-Leo,- gli disse, senza distogliere gli occhi dalla strada. -lo sai che
dovrai stare in un riformatorio ora, vero?
Leo
si concentrò: doveva sembrare sicuro di sé. Non
doveva sembrare debole, o sarebbe stato trattato male. E lui non lo
meritava.
-Riformatorio?- ripeté, fingendo un sorriso. -Forte! Adoro i
riformatori!
Stava
funzionando.
Someday
I’ll be living in a big old
city
And
all you’re ever going to be is
mean
Someday
I’ll be big enough so you
can’t hit me
And
all you’re ever going to be is
mean
Why
you gotta be so mean?
My
little corner:
Salve a tutti!
Non pensavo che avrei scritto questa su Leo, sinceramente... credo mi
toccherà utilizzare più volte una strofa,
considerando che sto cercando d'inserire almeno una shot per ogni
personaggio. ^^
Ad ogni modo... mi devo scusare per il ritardo. Obiettivamente ci ho
messo parecchio per scriverla, considerando anche quanto è
corta (eh già, piccina-picciò),
ma spero che tutto il tempo che ho speso per questa baby-shot sia stato
utilizzato bene. Ergo: è leggibile? Chi lo sa...
Zia Rosa non è mai apparsa fisicamente in The Lost Hero, ma
Leo ne ha parlato più volte nei suoi flashback. Ecco, questo
è uno dei pochi personaggi che detesto della saga.
... cos'è che dovevo dire? Oh, sì: per la
cronaca, io sono una fan sfegatata di Leo. u.u
Grazie per aver letto!
Hasta la vista!
Aly.
Ringraziamenti:
Grazie mille infinite alle mie care Ella_Sella_Lella
ed Effie
Malcontenta Weasley, che hanno commentato il capitolo
precedente: non sapete quanto felice mi facciano le vostre recensioni!
Un grazie speciale anche a tutti i fantastici che hanno inserito questa
storia tra le seguite (nearer,
Francy97
e NymphCalypso),
tra le ricordate (Francy97)
e tra le preferite (nearer
e Francy97).
Grazie, grazie, grazie di cuore.
Credits:
Characters © Rick Riordan
Song © Taylor Swift, "Mean"
Title Font = Made With B
Text Font = Traditional Arabic
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà
di
Rick Riordan, che ne detiene tutti i diritti. La canzone utilizzata
è Mean ed è cantata da Taylor Swift. Non ho
scritto
questa storia per scopo di lucro alcuno.
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