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Autore: CatchingLightning    26/09/2011    3 recensioni
La vita non è sempre semplice, né per i mezzosangue, né per gli abitanti dell'Olimpo, né per i mortali.
Piccola raccolta di song-fic per dimostrare come la vita possa accanirsi con chiunque sulle note di Mean di Taylor Swift, tanto per essere ottimisti...
{1. Piper}
{2. Dioniso}
{3. Leo}
Buona lettura (ma attenzione, la storia presenta spoiler)!
Genere: Angst, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Mean
You, with your switching sides
And your wildfire lied and your humiliation,
You, had pointed out my flaws again
As if I don't already see them.


    -Ma non fatemi ridere!
Leo non sapeva se essere contento o meno della risposta di sua zia.
Lui detestava sua zia Rosa. Non avrebbe mai voluto andare a vivere con lei.
Ma era la sua unica parente.
Leo aveva solamente otto anni quando la tragedia accadde. E la colpa era tutta sua, sua e della donna vestita di terra.
Il figlio di Efesto si era finalmente liberato dalla presenza di Tía Callida, la sua babysitter demoniaca che aveva cercato più volte di bruciarlo vivo, e, dopo solo tre anni, a causa dell'apparizione della donna vestita di terra l'unica ad essere stata bruciata viva era stata sua madre.
E tutto questo solo perché lui aveva perso il controllo.
    -Signora, lei è l'unica parente rimasta di questo ragazzo...- tentò di convincerla l'assistente sociale. -Non ha altri posti in cui andare oltre che da lei.
Zia Rosa scosse vigorosamente la testa. -Già è tanto che vi abbia fatti entrare in casa mia!- esclamò, stizzita. -Non ho intenzione di fare la stessa fine di mia sorella!
L'assistente sociale sospirò.
Leo si guardò attorno, sconcertato. Doveva ancora realizzare completamente l'idea che sua madre non ci fosse più: certo, lo sapeva, ma non riusciva a convincersene.
Sperava che la figura di sua madre sbucasse da dietro l'angolo, regalandogli un sorriso dei suoi. Che lo chiamasse mijo ancora una volta.
Ovviamente, sapeva anche che quella speranza era del tutto vana.
Era consapevole di quello che sarebbe successo: lo avrebbero spedito a vivere con sua zia Rosa, di sicuro. Leo fece una faccia disgustata: Rosa Valdez non avrebbe potuto essere più diversa da Esperanza Valdez, malgrado fossero sorelle.
Sua madre era una persona buona e gentile, sempre pronta a dire qualcosa di carino a chiunque ne avesse bisogno. Era l'unica ad essersi laureata al college di tutta la sua famiglia in ingegneria meccanica, ma nessuna azienda l'aveva mai presa seriamente. Lavorava il doppio per riuscire a sfamare anche Leo, malgrado i risultati degli straordinari all'officina si ripercuotessero fisicamente su di lei: aveva dei bellissimi riccioli scuri, come quelli di Leo, ed il suo sorriso era qualcosa di magico, ma le occhiaie erano state solcate permanentemente sul suo volto, dandole più anni di quanti ne avesse in realtà. Le dita di Esperanza erano affusolate e con le unghie perennemente corte, ma le mani erano piene di calli a furia di armeggiare con chiavi inglesi e roba del genere. Aveva delle belle braccia, ma spesso Leo la vedeva tornare a casa con vari cerotti per coprire le ustioni, le bruciature ed i tagli.
Zia Rosa era la classica tipa che chiunque sano di mente avrebbe etichettato come vezzosa ed egocentrica. Casa sua sembrava il cottage di Barbie, con le pareti di un disgustoso rosa eccessivamente acceso che facevano a pugni con il tappeto color ocra ed il mobilio smaltato di rosso vivo. La donna stessa sembrava una Bratz troppo cresciuta: finta bionda, con tanto di quel trucco sulla faccia da sembrare un gufo appena stato investito da un camion di promotori di make-up di Sephora, seno e labbra chiaramente rifatti. Le unghie erano perennemente laccate di rosso come il mobilio o di rosa acceso come le pareti della casa e portava tanti di quegli anelli sulle mani che pareva avesse appena saccheggiato una gioielleria. Lo stesso valeva per i bracciali e per le collante, chiaro. Il suo guardaroba straripava di abiti attillatissimi lunghi sino ai piedi e di minigonne veramente mini plissettate, che spesso portava con calze retate: zia Rosa diceva che, vestendosi così, assomigliava tantissimo a qualche attrice famosa di cui Leo non si era mai preso la briga d'imparare il nome.
Esperanza era solare e cordiale, spensierata e sempre allegra; Rosa era cinica e spietata, cattiva ed egoista.
Era chiaro che Leo non la sopportasse.
    -Signora Valdez, la prego...- disse l'assistente sociale.
Zia Rosa incrociò le braccia.
Leo alzò lo sguardo per guardare in faccia il biondo assistente sociale.
    "Che vita dura deve avere, quel tipo." constatò, prima che gli occhi gli riprendessero a pizzicare.
Era più forte di lui: anche un oggetto qualunque gli ricordava sua madre, e non poteva far altro che distogliere lo sguardo in continuazione, sull'orlo delle lacrime.
    -Io detesto i bambini!- strillò zia Rosa. -Sono sporchi, puzzolenti e rientrano sempre a casa lerci e con i vestiti infangati. Ma se c'è qualcosa che non avevo mai capito di quest'essere...
Zia Rosa lanciò uno sguardo disgustato a Leo ed il suo viso si contrasse in una smorfia d'orrore. -... è che fosse un maniaco omicida.
Leo capì sì e no la metà delle parole di zia Rosa, ma il biondo venticinquenne parve semplicemente allibito da quella frase.
    -Signora Valdez, ma si rende conto di quello che ha detto?- domandò, basito. -Come può pensare che Leo abbia appiccato quell'incendio volontariamente?
Zia Rosa fece una faccia scettica. Evidentemente, era l'unica ad aver intuito, sempre nei limiti di un mortale, che Leo avesse qualcosa di diverso.
Diverso, non necessariamente negativo: ma sia zia Rosa che Leo erano convinti che fosse una nota di biasimo e basta.
    "Invece è tutta colpa mia!" si maledì Leo, alzando gli occhi al soffitto cercando di non piangere. "Mamma... ti prego, mamma, perdonami...".
L'assistente sociale parve accorgersi che Leo fosse sull'orlo delle lacrime, così raccolse la propria borsa di cuoio contenente i documenti per l'affidamento che fino a poco prima era stata poggiata sul pavimento ocra.
    -Credo che sia meglio che vi lasci scambiare quattro parole.- concluse il venticinquenne, risoluto. Ma Leo si accorse delle occhiate di puro sdegno che il giovane lanciava a zia Rosa. -Da soli.
Calcò bene su queste ultime due parole, dopodiché girò i tacchi e si chiuse la porta di vetro alle spalle, lasciando Leo e zia Rosa soli. Leo sapeva che il biondo ragazzo non era andato via: si era solo accomodato in una delle poltroncine in pelle di leopardo dell'ingresso, probabilmente appostandosi nei presi della porta per intervenire in caso la situazione degenerasse.
    "Oh, lo farà." si disse Leo. "Con zia Rosa le cose degenerano sempre.".
Zia Rosa continuava a guardarlo di sbieco. -Mi fai proprio schifo.
Leo non se la prese più di tanto: già quant'era piccolo veniva definito da zia Rosa una nullità, quindi aveva sviluppato una sorta di abitudine ai suoi commenti sprezzanti. Anzi: un giorno passato senza cercare di stracciare l'autostima del nipote, per zia Rosa era un giorno sprecato.
Leo non si mosse né disse nulla. Si limitò a fissare quella sottospecie di zia, impassibile.
    -Oh, lo dicevo ad Esperanza che sarebbe finita così!- esclamò la bionda, roteando gli occhi.
La mascella di Leo rasentò il suolo a quell'affermazione. Come poteva zia Rosa sapere che avrebbe ucciso sua madre?
No, non era possibile! Zia Rosa non era une veggente! Ma l'idea che lei fosse al corrente di tutto lo terrorizzava.
    -Eh?- chiese Leo, stordito.
Zia Rosa rise. Leo trovò la sua risata particolarmente spaventosa quella notte.
    -Oh, sì, mostriciattolo!- esclamò Rosa Valdez. -Sapevo che le cose si sarebbero messe male per Esperanza! A cominciare da quando ha incontrato quel viscido codardo di tuo padre... l'ho odiato sin dal primo momento!
Qualcosa simile ad un ingranaggio arrugginito prese a muoversi nello stomaco di Leo al solo sentire l'onore di suo padre insultato in quel modo. Anche se, a conti fatti, suo padre era veramente un codardo: aveva abbandonato lui e la mamma, sparendo senza lasciare traccia. Forse la codardia era una cosa ereditaria.
Tuttavia, doveva saperne di più: sua madre si rifiutava categoricamente di parlare del padre di Leo e, ogni qualvolta il figlio le faceva qualche domanda in merito, il sorriso di Esperanza si scioglieva come burro al Sole. Ma se zia Rosa l'aveva conosciuto...
    -Hai conosciuto mio papà?
Zia Rosa era in procinto di sputare per terra. -Oh, come vorrei non averlo fatto! Ma sì, ho conosciuto quella sotto razza di uomo, se così si può chiamare!
L'ingranaggio arrugginito prese a muoversi più velocemente.
    -Esperanza venne qui con quell'essere al seguito.- raccontò zia Rosa, scettica. -Dovevi ancora nascere, piccola sciagura, stanne certo! Si erano conosciuti da poco nella bottega di tua madre... o quello che lo era fino ad oggi.
L'ingranaggio arrugginito iniziò a fargli male. Leo non ci badò più di tanto.
    -Si vedeva ontano un miglio che stava solo giocando con il cuore di quella sciocca di mia sorella, povera donna!- continuò. -Continuava a dire quanto fosse bellissima e quanto lui l'ammirasse... quante bugie!
L'ingranaggio prese a fargli ancora più male. Leo strinse i pugni.
    -Quella è stata l'unica volta in cui vidi quel tipo.- disse zia Rosa, proseguendo imperterrita nel suo discorso. -Quando tua madre si accorse di aspettare un bambino, lui se la diede a gambe levate, veloce come uno struzzo, lasciando mia sorella sola con te. Che essere ignobile!
L'ingranaggio gli stava facendo ancora più male. Leo digrignò i denti, con gli occhi che pizzicavano.
    -Ma era ovvio che da una sciagura nascesse una sciagura!- concluse zia Rosa. -Tale padre, tale figlio!
L'ingranaggio arrugginito gli provocava un dolore insopportabile allo stomaco. In un lampo capì anche cos'era.
Rabbia.
Non poteva permettere che zia Rosa insultasse così suo padre e la memoria di sua madre. Non sarebbe andato a vivere con zia Rosa, mai e poi mai!
    -Non parlare così di mamma e papà!- l'ammonì Leo.
Zia Rosa rise spudoratamente. Per un attimo gli ricordò Tía Callida, e poi la donna vestita di terra.
    -Non osare parlarmi così, niño malcriado.- sibilò zia Rosa, smettendo improvvisamente di ridere e fissando Leo con occhi spiritati. -Qui comando io, tu sei solo una piccola nullità.
Leo strinse così tanto i pugni da farsi quasi sanguinare i palmi. Zia Rosa non aveva del tutto torto, Leo lo sapeva bene.
Ma non poteva essere zia Rosa a fargli la ramanzina in proposito.
    -Non decidi tu quello che devo essere.- rispose il figlio di Efesto.
Zia Rosa rise. -Oh, certo, non posso!- esclamò, scettica. -Io dico solo quello che sei in realtà: un piccolo demonio de niño, altroché! Mi sorprende che Esperanza sia sopravvissuta così tanto con te accanto.
Leo stava perdendo la pazienza.
Ma l'aveva promesso a sua madre: "Per favore, promettimelo: niente più fuoco sino a che non avrai incontrato tuo padre.". E, anche se sua madre non c'era più, Leo era intenzionato a mantenere la parola data.
    -Magari mia sorella t'ha pure detto che avresti incontrato quel traditore di tuo padre, prima o poi.- azzardò zia Rosa, piuttosto sicura di quanto stava dicendo. -Figurati, non tornerà mai qui.
    -Non lo decidi tu!- ribatté Leo.
    -Non ti ho detto di poter parlare.- lo rimproverò zia Rosa.
    -Non ti spetta decidere nemmeno questo!- replicò Leo, arrabbiato.
Il volto di zia Rosa si contorse in una smorfia d'odio. Estrasse una sigaretta dal pacchetto che teneva perennemente in tasca ed agguantò l'accendino marrone poggiato sopra la cassapanca rossa. La donna sapeva perfettamente che il fumo di sigaretta era una delle cose che Leo detestava più al mondo.
Tentò di accendere la fiammella dell'accendino, ma non vi fu nessuna scintilla.
Leo storse il naso, disgustato.
    -Tu mi disgusti.- disse zia Rosa, continuando ad armeggiare con l'accendino. -Sarebbe stato meglio se tu non fossi mai nato!
    -Lo stesso vale per te!- esclamò Leo, furioso.
Zia Rosa lo squadrò, ma evidentemente stava tentando di contenersi dal prender Leo a calci sul fondo schiena sino all'uscio. -Non osare mai più dire una cosa del genere.- sibilò, scandendo le parole con una lentezza esasperante. -Tuo padre era un essere ignobile e nemmeno Esperanza era proprio a posto con la testa!
    "Taci, vecchia megera!" pensò Leo. Iniziò a battere freneticamente un codice morse sulla parte metallica della cintura dei propri pantaloni.
    -Ha voluto laurearsi e questo è tutto quello che ha ottenuto.- continuò, senza smettere di cercare di far funzionare l'accendino. -Un figlio senza nemmeno essere sposata. Bisogna essere del tutto stupidi per una cosa del genere!
I palmi di Leo iniziarono a sanguinare per quanto forte aveva stretto i pugni. Non avrebbe più permesso a zia Rosa di parlargli così, né d'infangare in questo modo la memoria dei suoi genitori.
    -Non parlare così di mamma e papà!- urlò Leo con tutta la voce che aveva in corpo. -L'unica codarda e stupida qui sei tu!
Zia Rosa staccò una mano dall'accendino e tirò uno schiaffo sulla guancia di Leo. Doveva averlo tirato quanto più forte potesse, perché fece parecchio male.
Leo non riuscì più a trattenere le lacrime, ma non erano dovute tanto al dolore fisico come al dolore che provava per aver perso anche la mamma.
Non litigare con zia Rosa, gli diceva sempre la mamma, non ne vale la pena.
Fu in quel momento che realizzò di averla persa per sempre: quando lei non accorse per evitare che suo figlio fosse picchiato.
Zia Rosa fece per aprire bocca e per urlargli contro qualcosa, quando l'accendino si accese senza che lei non lo toccasse neppure. La fiamma che ne scaturì inondò tutta la stanza di calore e fu talmente alta che arrivò oltre la fronte di zia Rosa, mandandole a fuoco i capelli tinti di biondo.
Zia Rosa strillò, in preda al panico, e la sigaretta ancora spenta le cadde dalla bocca. Prese a tirarsi botte in testa con le mani, cercando di spegnere le fiamme che le danzavano sul capo.
Evidentemente attratto dalle urla della donna, il biondo assistente sociale spalancò la porta, precipitandosi in direzione di Leo.
Quando vide zia Rosa saltellare come un'ossessa con i capelli in fiamme e Leo in lacrime, non riuscì a trattenere un moto di sorpresa.
    -Leo, cos'hai fatto?- domandò.
Leo singhiozzò. Ancora una volta, tutti gli addossavano la colpa di una qualsiasi disgrazia.
Nessuno avrebbe mai creduto che l'accendino avesse fatto un ritorno di fiamma senza che nessuno lo toccasse.
Il biondo prese la caraffa di acqua e ghiaccio che troneggiava sul tavolo laccato di rosso della stanza e ne versò l'intero contenuto sulla testa della donna.
La zia era, se possibile, ancora più spaventosa del solito: evidentemente, i trucchi che utilizzava non erano water-proof, perché le colarono lungo il viso fino al mento; i capelli le si appiccicarono tutti al capo, gocciolando acqua sul tappeto giallo ocra. Sino alla linea delle orecchie, era completamente calva. Tuttavia, zia Rosa non smise di strillare.
Stava per avventarsi su Leo con furia omicida, ma l'assistente sociale intervenne prontamente, trattenendola per le braccia.
    -Argh!- urlò, furiosa come non mai. Leo pensò che l'ira di Achille non era nulla al confronto di quella di zia Rosa, ma non capiva come potesse aver formulato un'affermazione tanto bizzarra. -Tu eres un diablo! Sparisci dalla mia vista!
    -Signora Valdez, si calmi, la prego!- esclamò il biondo, tenendo a stento la donna che si dimenava.
Zia Rosa si liberò con uno strattone e spinse via l'assistente sociale. Afferrò Leo per la maglietta e lo sollevò da terra.
    -Hai poco da piangere, piccolo diablo!- urlò. -Tu non verrai mai ad abitare qui!
    -Non ne ho mai avuto intenzione!- rispose Leo, urlando la frase tra i singhiozzi.
Zia Rosa mollò la maglietta e Leo cadde a terra sulle proprie ginocchia.
    -Fuori da casa mia!- urlò zia Rosa, fuori di sé.
L'assistente sociale prese in Leo per mano e lo aiutò a rialzarsi da terra, facendosi strada verso l'uscio.
Zia Rosa, intanto, fisso il proprio riflesso in lacrime. -I miei capelli!- pianse. -Non si ripareranno mai!
Leo le lanciò un'occhiata scettica tra le lacrime.
Nulla è irriparabile, era solita dire sua madre.
    "Eccetto il fatto che te ne sei andata per sempre." pensò Leo, singhiozzando.
Giunti dinanzi alla porta principale, il biondi si voltò in direzione della donna.
    -Sicura di non volerci ripensare, signora Valdez?- le chiese.
Zia Rosa gli rivolse un'occhiata carica d'odio. -Fuori di qui!- urlò.
L'assistente sociale non se lo fece ripetere due volte e si richiuse la porta alle spalle.
Leo continuava a piangere. Non era un comportamento da lui, per niente. Leo era forte, era il piccolo eroe di sua madre.
    "Ma la mamma non c'è più." si disse, disperato.
    -Coraggio, Leo.- gli disse il biondino, indicandogli l'utilitaria arancione parcheggiata davanti al cancello.
Leo annuì, senza dire una singola parola.
Il biondo aveva ragione: doveva farsi coraggio. Era solo, ma non avrebbe più permesso a nessuno di ridurlo in quello stato, a piangere come uno stolto. Decise che avrebbe indossato una maschera di coraggio e che avrebbe dovuto recitare con chiunque, a prescindere di chi si trattasse.
Leo montò in macchina e si allacciò la cintura di sicurezza. Il biondo mise in moto il motore e partì.
    -Leo,- gli disse, senza distogliere gli occhi dalla strada. -lo sai che dovrai stare in un riformatorio ora, vero?
Leo si concentrò: doveva sembrare sicuro di sé. Non doveva sembrare debole, o sarebbe stato trattato male. E lui non lo meritava.
    -Riformatorio?- ripeté, fingendo un sorriso. -Forte! Adoro i riformatori!
Stava funzionando.


Someday I’ll be living in a big old city
And all you’re ever going to be is mean
Someday I’ll be big enough so you can’t hit me
And all you’re ever going to be is mean
Why you gotta be so mean?

Mean


My little corner:
Salve a tutti!
Non pensavo che avrei scritto questa su Leo, sinceramente... credo mi toccherà utilizzare più volte una strofa, considerando che sto cercando d'inserire almeno una shot per ogni personaggio. ^^
Ad ogni modo... mi devo scusare per il ritardo. Obiettivamente ci ho messo parecchio per scriverla, considerando anche quanto è corta (eh già, piccina-picciò), ma spero che tutto il tempo che ho speso per questa baby-shot sia stato utilizzato bene. Ergo: è leggibile? Chi lo sa...
Zia Rosa non è mai apparsa fisicamente in The Lost Hero, ma Leo ne ha parlato più volte nei suoi flashback. Ecco, questo è uno dei pochi personaggi che detesto della saga.
... cos'è che dovevo dire? Oh, sì: per la cronaca, io sono una fan sfegatata di Leo. u.u
Grazie per aver letto!
Hasta la vista!
Aly.

Ringraziamenti:
Grazie mille infinite alle mie care Ella_Sella_Lella ed Effie Malcontenta Weasley, che hanno commentato il capitolo precedente: non sapete quanto felice mi facciano le vostre recensioni! Un grazie speciale anche a tutti i fantastici che hanno inserito questa storia tra le seguite (nearer, Francy97 e NymphCalypso), tra le ricordate (Francy97) e tra le preferite (nearer e Francy97). Grazie, grazie, grazie di cuore.

Credits:
Characters © Rick Riordan
Song © Taylor Swift, "Mean"
Title Font = Made With B
Text Font = Traditional Arabic

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Rick Riordan, che ne detiene tutti i diritti. La canzone utilizzata è Mean ed è cantata da Taylor Swift. Non ho scritto questa storia per scopo di lucro alcuno.
   
 
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