ECCOMIECCOMIECCOMIIIIIIII XDDDDD!!!
Ria, calmati, per favore -______-“””….
Ehm, scusa ^^”””….
…. (sbuffa). Beh, eccoci al quarto capitolo, stavolta scritto
soprattutto da Ria… Una roba che nn finisce +! (per lo meno compensa il cap di Jessie… -____-“”).
Sì, lo so, è un po’
“lunghetto” ^^””””, però a me
piace moltissimo, spero anche a voi ^^ (per una volta volevo vedere un certo
blader nn in una Yaoi!!).
Stavolta immagini non ne mettiamo
(a proposito, se controllate il cap prima vedrete che abbiamo inserito i link
per vedere alcune immi, diteci che ne pensate ^-^), arriveranno coi prossimi
cap.
Ringraziamo…
SUPER DI CUORE XD!!
Ria, finiscila -___-“”….
Dicevo, ringraziamo tutti i nostri lettori e commentatori (anke quelli che
leggono e basta), però ricordatevi una cosa: i cap sn scritti uno a turno da
noi due autori, e io, Jolly, sn un maschio ^^”””.
Il bey correva rapido sul campo, girando attorno
all’avversario quasi come un predatore che avesse individuato
una preda.
Però, nel caso di Boris, sarebbe
stato meglio dire “il falco che aveva individuato la vittima”.
- Vai… -
Con un gesto secco, Falborg attaccò il bey a centrocampo,
lanciandolo lontano con tutta la forza possibile.
- L’incontro termina qui! – urlò il
commentatore – Vince per i Neoborg BORIS! -
La folla si perse in un tifo entusiasta, mentre il moscovita
tornava lentamente dai suoi compagni.
- Sei stato grande, Boris! – disse Ivan, gongolante.
Il compagno annuì, con un sorriso poco convinto.
- Uhm? Ma che hai? – chiese il
ragazzo col berretto da pilota, fissando Boris con lo stesso sguardo indagatore
di Serjei.
- Niente… -
I compagni fecero spallucce, avviandosi con lui e Yuri fuori
dello stadio; la luce forte e appena tiepida del sole russo gli investì con la
stessa forza delle urla dei fans, tra i quali il gruppo passò trionfante. Ma Boris non aveva proprio l’aria di un vincitore.
Ultimamente, è tutto
scomparso.
Le urla della folla.
Il gusto della
vittoria.
Questo sole accecante.
Non ci sono più
motivi, perché devo impegnarmi?
Mi passa tutto sopra
come fosse acqua.
Intangibile.
Incolore.
Non ho più uno scopo.
Boris sedeva alla finestra, il viso appoggiato sulla mano
fissando fuori, corrucciato. Sembrava tutto diverso, ultimamente, sbiadito,
sparito nel bianco. Eppure, quella giornata era come tutte
le altre: alcuni mocciosi correvano per il prato, ora privo di recinzioni,
attorno all’ex-Monastero della Borg, ancora costellato in alcuni punti di neve;
le chiacchiere della gente, in lontananza, gli arrivavano confuse ed
indecifrabili, mescolate al suono del suo respiro, su cui tentava invano di
concentrarsi da ore, senz’avere altro da fare.
- Hai intenzione di rimanere lì ancora per molto? – la voce
di Yuri, pacata, gli arrivò all’orecchio come da un
altro universo, e Boris impiegò qualche istante a decifrare la frase.
- Ci stavamo allenando, perché non esci
anche tu? – continuò Serjei, che stava entrando assieme a Yuri, le cui parole
sembravano quasi un ordine.
- Non sono in vena, Serj. – rispose il
ragazzo cogli occhi verdi, senza muoversi.
- Da quando in qua “non sei in vena” di allenarti? – chiese di rimando, forse più stupito dalla confidenza del
compagno che dalla frase di per sé.
- Da adesso, d’accordo? Lasciami perdere.
– rispose, acido.
Yuri tirò uno sbuffo scocciato.
- Insomma, si può sapere che hai? -
- Uhm? -
- L’ ho notato. – aggiunse il biondo, con tono più calmo –
Cos’è, hai qualche problema? -
- Non ti seguo. – fece Boris, quasi sconvolto dalle sue
parole.
- Di solito, ti comporti da sbruffone e da arrogante, com’è
che all’improvviso stai sempre sulle tue? Non aggredisci neppure verbalmente i
tuoi avversari quando entri in campo. -
Boris fece una smorfia irritata al tono inquisitore del
compagno, girando la testa con uno scatto:
- Sono solo di cattivo umore, ok? Mi gira male. -
Serjei tirò un sospiro rassegnato, capendo che non avrebbe
cavato una parola dal compagno. Yuri però non aveva alcun’intenzione di
lasciarlo lì.
- Senti, non me ne frega nulla se sei di cattivo umore – disse le ultime parole con sarcasmo – TU ora ti
alzi da quella fottutissima sedia e vieni ad usare quelle braccia e quel
cervello atrofizzato che ti ritrovi per allenarti, sono
stato chiaro?! -
Boris lo fulminò con un’occhiataccia.
- E prova a costringermi! – così
dicendo, Boris si alzò di scatto e andò verso la porta, senza neanche guardare
i compagni.
- BORIS! -
Ma lui era già sparito sbattendo la
porta.
Fuori l’aria fredda gli s’insinuava nell’apertura della
giacca, lasciata slacciata, e i radi fiocchi di neve che portavano gli
strascichi dell’inverno gli si fermavano sulle dita, dove il guanto non
copriva, infreddolendole un poco.
A Boris, però, non gliene poteva fregare meno di così, era
talmente furioso coi compagni e col suo capitano per
quell’atteggiamento di comando che, al solito, aveva nei suoi confronti, che
avrebbe potuto camminare in mezzo ad una tormenta e non accorgersene.
Maledizione, ma perché non pensavano un po’ tutti ai fatti
loro?! Cos’è, adesso era una colpa avere un po’ la
luna di traverso?! Come se a lui non seccasse quella
sua apatia.
È insopportabile!
Che mi sta succedendo?!
Mi è sempre piaciuto
giocare a bey, anche se lo facevo per quello schifoso di Vorkof, e ancora di
più mi piaceva in questi ultimi due anni, perchè
giocavo con gli altri e solo per me stesso, ma ora mi è del tutto indifferente.
Che vinca,
perda o altro, per me è la stessa cosa.
Ormai… Sono un guscio
vuoto…
Senza pensare a dove lo stessero
portando le gambe, Boris si ritrovò a vagare per i vicoletti attorno all’
ex-Monastero, in cui la neve, non ancora raggiunta dal sole, brillava gelida e
azzurra.
Uno strano movimento lo costrinse, però, a bloccarsi: in un
vicolo, tre ragazzi stavano importunando una giovane dai corti capelli biondi che,
stranamente, forse per la paura, teneva gli occhi serrati.
- Ehi, lo sai che sei proprio carina…? – disse uno dei tre,
avvicinandosi a lei con un ghigno.
- Già. Sarai magrolina, ma sei
“messa bene”… -
L’ultimo che aveva parlato, rapido, le si
portò alle spalle e, tenendola per la vita, allungò la mano libera
dietro la ragazza: lei, che fino a quel momento era rimasta pietrificata,
sentendolo toccarla cominciò ad agitarsi e cercò di liberarsi.
- No! Lasciatemi stare! – disse, impaurita.
- E farci scappare un bel
bocconcino come te…? Non credo proprio! -
Detto questo il ragazzo la tirò giù e la bloccò a terra con
l’aiuto del primo, mentre il terzo le si mise a
cavalcioni, ridendo.
- Vediamo com’è questo bel corpicino sotto i vestiti… -
- NO! – urlò, terrorizzata.
Ma uno dei ragazzi, sbuffando, le
tappò la bocca; la ragazza sbiancò come un lenzuolo.
- Sta zitta! Se fai così ci rovini
il divertimento… -
Il ragazzo sopra di lei afferrò il suo giaccone e ne ruppe
con un colpo secco la cerniera, poi prese anche la maglia della ragazza,
sghignazzando.
- Ragazzi, stasera c’è da divertirsi: con questa bellezza ce
la spasseremo parecchio… Senza contare che non potrà neanche riconoscerci… -
Gli altri due annuirono; quello stava per dare
il colpo decisivo al pullover della ragazza, quando qualcosa molto
simile ad una trottola gli passò ronzando su una guancia, graffiandolo.
- AHIA! – sbraitò, mettendosi una mano sulla gota – Cosa
diavolo…! -
- Non vi hanno mai detto che queste
cose non si fanno? – chiese Boris, guardandoli con gli occhi carichi di
disgusto.
- E questo chi è?! – esclamò uno dei tre, lasciando la presa sulla ragazza – Cazzo, ci
ha visti! -
- E sta calmo! – lo rimbeccò quello
che stava tappando la bocca alla ragazza, cercando di non farla scappare.
- Senti – fece il terzo, alzandosi
– hai tre secondi per sparire; noi ci stavamo solo divertendo e tu non… -
Per la seconda volta, Falborg lo raggiunse al viso,
colpendolo in pieno: stavolta il taglio fu decisamente
più profondo ed il ragazzo si piegò su se stesso, urlando dal dolore.
- Bastardo! – gli altri due, a quella vista, scattarono in
piedi, gettando di lato la ragazza, che sbattè gemendo contro alcuni bidoni
vuoti della spazzatura, con un rumore sordo.
- Ah, il bastardo sarei io?! –
disse il moscovita, gelido, gettando un occhio al corpo della poverina, che
giaceva inerme in un angolo – Mi fate davvero venire la nausea… -
Il terzetto sembrò volerlo attaccare, ma Boris non gliene
lasciò il tempo: Lo Stroblizt di Falborg li colpì quasi istantaneamente,
ferendoli a ripetizione.
Terrorizzati, i tre scapparono via con la coda tra le gambe,
ben decisi a mettere quanta più distanza possibile tra loro e quel pazzoide.
“Tzs – pensò, schifato – che razza di vermi…”.
Senza troppa ansia si avvicinò alla ragazza che rimaneva
ancora ferma nel vicolo. Doveva aver perso i sensi mentre
veniva spinta via, magari battendo la testa, perché il russo tentò varie volte
di svegliarla, ma senza successo. Il ragazzo sospirò, quasi seccato.
“E adesso?”.
- Andato?! Come sarebbe a dire “andato”?!
-
- Andato… hai presente, Ivan, alzare i tacchi e sparire?
Ecco, quello. – mormorò Serjei acre.
- M-ma che accidenti gli è preso a Boris?!
– esclamò, non si capiva se più sorpreso o preoccupato – Non si è mai
comportato così! -
- Non lo so. – rispose Yuri gelido – ma quando torna, vi
assicuro che… -
Proprio in quel momento, un bussare irregolare alla porta
interruppe il moscovita dai capelli rossi, che apparve decisamente
seccato.
- Sarà Boris. – constatò Ivan, semplicemente.
- Non penso che sia una bella ragazza che è venuta a
chiederti l’autografo, Ivan… - ghignò Serjei, sarcastico.
- AH, AH, AH, molto
spiritoso! (Xò è la verità… ndAutori – INDUBBIAMENTE
-___-! ndTutti - >-<* ndIvan) – gli rimbeccò il
ragazzo, aprendo la porta – Guarda che non è Yuri l’unico che… -
Il ragazzo si bloccò, esattamente come i suoi compagni. Alla
porta, un po’ ricoperto dalla neve che aveva ricominciato a cadere, c’era
Boris, che reggeva in braccio una ragazza.
- Ragazzi, c’è un problemino… -
L’ospedale non è mai un bel posto dove andare. C’è sempre un
fastidioso sottofondo, fatto di rumorini elettrici, passi veloci, mormorii,
risate di donne appena divenute mamme o di visitatori, silenzi di camere vuote
e fruscii di carta e stoffa, provenienti da stanze e uffici, in una cacofonia
sottile, confusa ed irritante; ogni finestra ha una tenda candida che
impallidisce i raggi del sole ed assieme ad i muri e alle piastrelle bianche
rende tutto niveo e indefinito.
Boris odiava quel posto: se ci andava era sempre per un
motivo spiacevole, il novanta per cento delle volte perché lui o uno dei
ragazzi si era distrutto nell’allenamento con Vorkof, ma perché accidenti ora
doveva rimanere lì per una che manco conosceva?!
D’accordo, lui non aveva avuto un’idea propriamente sensata.
Che cavolo stava pensando quando aveva portato quella
ragazza del vicolo alla sede? Era ovvio che non poteva
lasciarla lì, ma così adesso lui e gli
altri dovevano rimanere in quel postaccio finchè i dottori non avessero
accertato la salute di quella tipa.
“Porca miseria… Ma perché non mi faccio mai i fatti miei?!”.
- Uffaaaa…. – sbuffò Ivan, alzandosi – Ma
quanto ci mettono? Mi sto annoiando a morte! –
- E sta’ zitto! – sbottò l’altro,
irritato.
- Ehi! – protestò, guardandolo male – Guarda
che se siamo qui è per te. –
- Per me?! Che vorresti dire?! –
- Che ultimamente sei proprio fuori… - sospirò annoiato – Ma non potevi chiamare qualcuno, invece di
metterci in ‘sto casino? –
- Senti un po’, pidocchio! – urlò,
alzandosi dalla sedia – Guarda che…! –
- FINITELA! –
L’ordine del capitano, dato con voce ferma e dura, bloccò i
ragazzi; Ivan annuì, obbediente, mentre Boris si risedette sbuffando, con le
braccia incrociate e un’espressione minacciosa.
Poco dopo un medico sulla quarantina uscì dalla stanza
dirimpetto a dove stavano seduti i ragazzi, che li guardò
un po’ incerto.
- Voi siete… Uhm, i Neo… Neoborg, giusto? –
- Sì. – rispose pacato il rosso,
alzandosi. Il medico sorrise cordiale, facendo loro segno di seguirlo.
Li condusse attraverso uno studio abbastanza piccolo, da cui
si aprivano due porte, una a vetri, con la sala per le visite, ed un’altra con
la porta opaca, verso la quale l’uomo li diresse.
- La signorina sta bene, ha solo
qualche contusione qua e là. – disse, avvicinandosi alla porta – E’ stato
davvero un miracolo che uno di voi sia arrivato in
tempo, sarebbe potuta finire davvero male. –
In tutta risposta, Boris emise un grugnito scocciato.
- La signorina mi ha detto di volervi ringraziare, ma vi
prego alcune cose, di parlare solo uno alla volta
quando entreremo e di fare molto silenzio. -
I ragazzi si guardarono stupiti, senza capire quella strana
richiesta, ma fecero comunque un segno d’assenso. Il
dottore annuì.
- Signorina Saratov…? – bussò veloce, girando la maniglia –
Permesso… -
Nella stanza c’era un lieve tepore, più accentuato che nel
corridoio dove fin’ora i Neoborg erano stati, e il sole al tramonto, che faceva
nuovamente capolino dalle nuvole pesanti, gettava ombre lunghe nella stanza; la
ragazza era seduta sul letto, la testa verso la finestra, e sembrava si stesse
godendo gli ultimi raggi della giornata.
- Signorina Katia Saratov? -
- Uh? Oh, è lei, dottore? – disse la ragazza sottovoce,
girando un poco la testa.
- Sì. Questi… Con me ci sono i ragazzi che l’ hanno portata
qui. Voleva ringraziarli, vero? –
- Oh, certo! Grazie mille ^^. –
Il medico, assieme a Yuri e gli altri, diede un cenno a
Boris di avvicinarsi, scatenando le proteste sommesse del russo.
- Ma perché proprio io?! –
bofonchiò, dirigendosi seccato verso la ragazza – “Accidenti, pure questa
scocciatura mi tocca?!”.
Con le mani in tasca si avvicinò al letto, guardando Katia
con occhio critico: era una tipa abbastanza filiforme, con i capelli biondi
tagliati in un semplice caschetto ondulato, da cui sbucavano i lobi delle
orecchie con due piccoli e comunissimi orecchini d’oro rotondi; aveva un viso
dai tratti regolari abbastanza comuni e dalla carnagione chiara, resa più
evidente dal cerotto bianco che le avevano messo sulla
guancia per coprirle un livido. Insomma, non era proprio nulla di speciale,
secondo lui.
“E ha pure un’espressione di
un’ingenuità allucinante – pensò, stizzito – Minimo questa farà mille moine
isteriche perché l’ ho salvata… Mamma, che stress!”. (Eh,
sì, povero Bo-chan ^^”… ndRia – BO-CHAN?!? O_o””
ndBoris+ >____o**ndJm).
- … Salve… - borbottò, pregando di poter fuggire il prima
possibile.
- Ciao ^^. – gli sorrise, tenendo
gli occhi chiusi – Oh, scusa… Ti do del “tu” perché dalla tua voce mi sembra
che tu abbia la mia età… - il ragazzo tacque, fissandola.
“Dalla voce?! – alzò un sopracciglio,
scettico – Ma che dice questa?!” - … Ho sedici anni… -
- Come me, allora non mi sbagliavo ^^. – sorrise cordiale –
Tu sei il ragazzo che mi ha salvata nel vicolo, vero?
Come ti chiami? –
- … Boris. Tu, invece, Katia, giusto? –
La ragazza annuì, senza aprire gli occhi. Boris cominciò ad
irritarsi, perché lo ignorava a quel modo?
- Mi spiace per il disturbo che ho dato a te e ai tuoi
amici… -
- Beh, tanto per cominciare – disse, con tono secco – per ringraziare potresti aprire gli occhi quando parli con
qualcuno: odio la gente che ciarla senza guardarti in faccia! –
Katia rimase un attimo in silenzio, mentre il dottore ebbe
un lieve sobbalzo; poi lei fece un sorriso grave.
- Scusami… Però è assolutamente inutile che li apra, perché
continuerei a non guardarti in faccia. –
- Come?! –
- … … …Io non ci vedo. –
- La signorina Saratov è cieca da quando
aveva dieci anni. – disse, seduto alla scrivania – Era a Mosca per cercare un
parente, ma si è persa; probabilmente, quando hanno scoperto che lei non poteva
identificarli, quei teppisti hanno pensato di approfittarne. –
Nello studio, l’uomo stava parlando coi
Neoborg a proposito della ragazza. Boris, però, non lo stava ascoltando
minimamente; si sentiva un idiota: com’era successo con gli altri, aveva
aggredito quella ragazza, quasi usandola come sfogo per tutta l’agitazione che
aveva dentro, mentre quella poverina non gli aveva fatto proprio nulla, anzi,
lo stava ringraziando.
“Devo essere entrato nella fase *demenza adolescenziale*…
(gocciolone)”.
- Purtroppo, quei tre le hanno portato via anche i soldi che
aveva e lei mi ha detto che quelli che le restano non
sono più sufficienti per soggiornare qui in città; inoltre, purtroppo, non può
trattenersi qui in ospedale, non essendo più degente. –
- E noi in questo cosa centriamo? –
chiese schietto il rosso.
- … Vedete, sinceramente speravo
che poteste suggerire alla signorina un posto dove poter restare, almeno per qualche
tempo; mi ha confidato di non voler chiedere denaro da casa, anche perché lì
c’è solo il suo tutore, ed effettivamente contattarlo ora, dopo soli due giorni
dalla partenza, lo metterebbe in allarme. E anch’io
ritengo sarebbe una preoccupazione inutile, dato che la situazione si è risolta
bene. –
- … Sì, ho capito… Purtroppo io non so dove potrebbe stare…
-
Il ragazzo guardò i compagni: Serjei scosse la testa,
sospirando, mentre Boris non si mosse neppure.
- Ehi, Yuri… E se la ospitassimo noi? – esordì Ivan con un
mezzo sorriso.
- Come? – gli domandò il capitano con aria sorpresa; Boris
invece rimase immobile, cercando di decifrare la frase e (sperando) di aver capito male.
- Beh, pensavo… In fondo casa nostra
è enorme, abbiamo anche tante stanze vuote, non ci costa niente ospitare
qualcuno. E poi, se è comunque per un tempo
determinato… -
Yuri parve riflettere. Serjei lo guardò aspettando una
risposta.
- Effettivamente, non è un problema così grave per noi… -
- EHI, EHI, aspettate un secondo! –
urlò il balde del Falco, svegliandosi dalla trance –
Cos’è ‘sta storia?! Non sono d’accordo neanche un po’, Yuri! –
- Dove sarebbe il problema? –
chiese il ragazzino, tranquillo– In fondo sei stato proprio tu a salvarla in
quella stradina, non vedo che fastidio potrebbe darti
farle un altro favore. –
- Per me va bene… - fece spallucce Serjei.
Boris guardò i suoi compagni stralunato,
ma che cavolo stava succedendo?! Da quando si comportavano così?!
- … … Allora d’accordo. – disse Yuri,
atono – Ospiteremo quella ragazza per un po’. -
- Ecco qua! – fece Serjei con uno sbuffo –
Siamo arrivati. –
Con poca grazia il biondo mollò la valigia
semivuota di Katia sul letto della stanza, proprio affianco alla
ragazza.
- Grazie. – disse lei abbozzando un sorriso, cordiale.
- Puoi usare questa come stanza finchè resti qui. – disse
Yuri, poggiato allo stipite della porta.
- D’accordo… Ancora grazie. – sorrise nuovamente,
stringendosi le mani – Scusate, vi devo creare un gran disturbo… -
- Ma và ^^! – fece Ivan allegro –
Questo posto potrebbe diventare un albergo, capirai
che problema sia dare la stanza a qualcuno! –
Yuri lo fissò, sollevando un sopracciglio incredulo.
- Davvero I… Ivan, giusto? – chiese, premurosa – Vi ho fatto anche portare la mia
valigia… -
- Non pesava niente. C’era poca roba per essere di una
ragazza. – rispose, atono. (Nn pesava niente xkè tu
sei il Maciste di Russia, miseriaccia! 6 un armadio -___-“”!!!
ndRia - … … ndSerj)
- Grazie… Serjei? – chiese ancora; il moscovita assentì
grugnendo – Anche Ivan… Scusa, hai dovuto aiutarmi ad arrivare fin qua… -
- E lascia perdere ^\\^! – rispose
ancora; Yuri lo scrutò di nuovo scettico – Mica è colpa tua se quegli schifosi
ti hanno perduto il bastone per camminare… -
Serjei gli diede una pacca dietro la testa, facendolo
barcollare.
-Idiota, è cieca, mica zoppa! – sibilò lugubre.
- E allora come si deve dire?!
Ahio… Che mano pesante. -
- Allora, la vogliamo finire?! Ci schiodiamo
da star qui a chiacchierare o no?! – sbraitò Boris – spingendo via i due da davanti alla porta – Andiamo!
–
Senza aggiungere altro il ragazzo si avviò nel corridoio;
Serjei e Ivan si guardarono un istante, mentre Yuri
fissò il compagno, impassibile.
- Ha ragione. – disse la ragazza, cercando
di far finta di niente – Non preoccupatevi, adesso me la cavo da sola
^^. –
- Sicura? – lei annuì al rosso – Come vuoi… Forza, andiamocene. –
- Mi spieghi che ti prende?! –
chiese Ivan a Boris in malo modo, sistemandosi il berretto da pilota – Cos’è,
sei entrato in andropausa (Uao, conosci parole così difficili O__O?! ndRia – Sn scioccato XP ndJM - -
____-** ndIvan) che ti girano così?! –
Il compagno lo scrutò malissimo, sollevando per un istante
gli occhi dal suo Falborg; poi riabbassò lo sguardo, continuando ad assicurare
la base al bey.
- Ehi, mi sembra che Ivan ti abbia chiesto qualcosa… -
- E mi sembra che io non voglia rispondere, no?! – ribattè al biondo, con un sorriso acido.
- Beh, - continuò Ivan - almeno potresti chiedere scusa a
Katia appena puoi, sei stato davvero… -
- Cosa?! Decidi tu adesso come devo
comportarmi?! -
- No, ma lei non ti ha fatto niente di male. – lo rimbrottò,
incrociando le braccia. – Non è giusto che ti comporti a
questo modo. -
- Cos’è, ti piace che la difendi così? Fa quel che ti pare,
ma non rompermi. –
- Non ho detto questo! – disse con un po’ d’astio; poi
sorrise sotto i baffi – Anche se non è niente male… Anzi! -
- Ma fammi il piacere!!! – esclamò
sarcastico.
- Tu comunque hai esagerato. –
aggiunse l’altro, sottovoce.
- ECCHECAVOLO, SERJEI, PURE TU!! –
urlò alzandosi – Che
avete, siete diventati all’improvviso i difensori delle donne?! Che vi frega,
sono fatti miei come mi comporto!! –
- Qualunque cosa tu abbia – fece
Yuri, tirando fuori Wolborg – vedi di darti una calmata perché mi irrita questo
tuo atteggiamento. Avanti, andiamo. –
Considerando chiuso il discorso il
rosso si avviò al Beyblade Stadium in mezzo alla stanza, caricando il bey,
seguito a ruota da Ivan e Serjei. Boris era furibondo.
Con uno scatto iroso girò sui tacchi e uscì, sbattendosi la
porta alle spalle ed ignorando i richiami del capitano.
“Ci mancava solo Yuri e la sua predica giornaliera!
Maledizione!”.
Il ragazzo girò un paio di volte nei corridoi, non
accorgendosi di dirigersi verso la stanza di Katia.
Davanti alla porta socchiusa ebbe un attimo di esitazione, scorgendola camminare per la stanza
appoggiandosi ai mobili. Ma che stava combinando?!
- Chi è?! – sussultò, percependolo
nel corridoio; lui sbuffò, cavolo, l’aveva sentito…
- Boris… - disse, svogliato. Lei tirò un lieve sospiro,
sorridendo. – Mi spieghi che cavolo stai facendo?! –
- Oh, sto solo dando “un’occhiatina”
alla stanza ^^. – sorrise divertita, sfiorando con l’indice lo schienale di una
sedia – Visto che dovrò restare qualche tempo, mi ci devo
orientare. –
- Tzs. – fece, sprezzante – Potresti
anche evitare di fare quella faccia, in una situazione del genere. –
- In che senso? – chiese, senza capire; Boris si aizzò di
nuovo.
- Che hai da sorridere?! Me lo
spieghi?! Sei bloccata in una città che non conosci
senza aver la libertà di muoverti perché non ci vedi! Anche adesso, mi spieghi
il senso di quel che stai facendo?! Se proprio resti
qui, ti possono aiutare quell’idiota di Ivan o Serjei!
–
Calò un istante di silenzio, durante il quale Boris si morse
la lingua, aveva di nuovo perso le staffe…
Neanche Katia sembrava però più tanto allegra. Da dov’era
drizzò la schiena girando la testa in direzione della porta, come a dire “ti-sto-fissando”. Male, per giunta.
- Un cieco non è né ritardato né minorato. – disse gelida –
Il fatto che abbia bisogno di tempo per poter
girovagare in un posto o di un aiuto per camminare se non ho mezzi, non significa
che io non sia in grado di cavarmela. – corrugò le
sopracciglia sottili, le labbra ridotte ad una fessura - Vedi di
ricordarlo. –
Boris digrignò i denti, andandosene senza dire un’altra
parola. Ma bene, adesso sgridava pure quella?! Doveva
ringraziarlo che si era trattenuto dall’usare Falborg! (L’avresti
fatto o__o”? ndAutori).
“MALEDIZIONE!!”.
Dall’arrivo di Katia trascorsero due settimane e la ragazza
si era ormai completamente ambientata.
La maggior parte del tempo lo trascorreva nella sua stanza,
per non disturbare gli altri; quando usciva e se ne stava in cucina, l’unica altra
stanza che fino a quel momento riusciva a raggiungere da sola, parlava con Ivan
o con Serjei, per quanto il biondo fosse poco loquace; Katia andava d’accordo
con tutti e due e perfino con Yuri, anche se ci aveva parlato solo una o due
volte, non aveva problemi.
L’unico con cui non riusciva proprio a dialogare era Boris.
Sembrava la detestasse: la evitava di continuo e le rare
volte che s’incrociavano o che si trovavano nella stessa stanza lui o la
ignorava o la freddava prima che potesse cominciare a parlargli.
Era inutile, per quanto ci provasse, Boris si sentiva sempre
a disagio se in giro c’era anche lei.
Forse era stato per quello che era successo all’ospedale, o
forse per la scenata che le aveva fatto il giorno che
era arrivata, ma era così.
La verità era che lo infastidiva come si comporta. Secondo
lei nessuno si accorgeva del suo comportamento?!
Sempre sorrisini… Ipocrita! Voleva forse dirgli che
nella situazione in cui si trovava era sempre allegra?! Al moscovita dava
letteralmente al cervello!
Eppure Katia, anche dopo quello che
gli aveva detto, si dimostrava sempre gentile nei suoi confronti; forse un po’
per gratitudine, forse un po’ per educazione, faceva sempre come se nulla fosse
alle sue battute velenose, passava sopra le sue risposte acide e non si curava
dei suoi silenzi, facendolo solo sentire peggio in sua presenza.
Beh, doveva resistere, non sarebbe rimasta lì per sempre!
Un mattino Boris fu disturbato da un ripetuto bussare che lo
costrinse ad andare ad aprire; con sufficienza fissò un ometto piccolo e
ricurvo, con addosso un grosso cappotto: l’uomo fece
un sorriso di circostanza, chinando la testa in segno di saluto.
- S-salve! Alloggia qui la signorina Katia Saratov? -
- Sì… - rispose con sguardo dubbioso: “Ammesso che mi
ricordi esattamente il suo cognome…” (Ma 6 incredibile… -___-“”
ndRia) – Che vuole? –
- Ah, c-certo! Un attimo… -
Quello prese a frugare sotto il cappotto, agitato, tirando
fuori una piccola borsa monospalla.
- Questa me l’ hanno portata cinque giorni fa. L’ hanno
ritrovata in un vicolo e visto che la signorina aveva scritto sopra il nostro
recapito… - così dicendo mostrò al ragazzo una
targhetta su cui era stato scritto, con una calligrafia sottile, il nome di
Katia e l’indirizzo della pensione dove alloggiava. – Vede? Potrebbe
consegnarglielo? –
Il blader del Falco non rispose; afferrò con malagrazia la
borsa, facendo un cenno all’uomo con la testa e, una volta che quello ebbe
risposto con un altro inchino, richiuse la porta, sbuffando.
Con passo svelto Boris si diresse verso la stanza di Katia,
sperando che lei non ci fosse e potesse lasciare la borsa senza incontrarla;
quando però bussò alla porta, com’era prevedibile, la voce calma della ragazza
mormorò d’entrare.
“Ti pareva, fosse mai che qualcosa mi vada bene!”.
- Sei Boris? – chiese, mentre il ragazzo si chiudeva la
porta alle spalle; lui fece una smorfia, odiava che lei riconoscesse tutti loro
dalla voce o dal passo!
- Sì, sono io… -
- Vieni, vieni pure ^^! –
Sorridendo la ragazza si sedette sul letto, lasciando perdere gli abiti che stava sistemando nel mobile
vicino, e aspettò che Boris si avvicinasse.
- Tieni. – disse freddo, lanciandole la borsa in grembo – Me
l’ ha portato un tizio che lavora all’albergo dove stavi. –
Lei corrugò appena la fronte in segno di dubbio, cominciando
a tastare la sacca per capire cosa fosse; dopo qualche
secondo parve illuminarsi.
- La mia borsa! Credevo che quei ragazzi me l’avessero
rubata…! – l’aprì velocemente, cominciando a frugarci con
trepidazione – Ovviamente non ci sono più i soldi, però… Ah, eccolo! Per
fortuna non lo hanno gettato via! –
Con un’espressione raggiante tirò fuori un sottile libricino
tutto consumato, su cui però sembrava non esserci
scritto nulla: c’erano solo una lunga serie di puntini rialzati, disposti in
maniera precisa.
- E’ un libro per ciechi. – fece, quasi avesse
intuito l’espressione confusa che aveva assunto Boris – E’ scritto in
Braille. –
- Braille? – chiese, avvicinandosi appena – Quella scrittura
tutta a rilievi? (Uao, ragazzi, che vi è successo?
Avete fatto una scuola serale che siete all’improvviso
tutti così acculturati? ndJM – Posso dargli fuoco
-___-**? NdBoris – No. ndRia_lapidaria – Prova ad impedirmelo… +___+** ndBo – Solo 3 parole… ndRia – Sole, cuore, amore? ndTak – Sparisci tu! ndTutti –
Yaoi-con-Ivan – Perdono! ndBo_nel_panico – E io che
c’entro?! ndIvan) .
Katia annuì. Poi, appoggiandosi il libro di fianco, sospirò.
- Perdonami… -
- Uh? –
- Ti do sempre un sacco di noie… Ti da fastidio dovermi
stare attorno, vero? –
Il ragazzo tacque, preso alla
sprovvista; incrociò le braccia al petto, voltando la testa con stizza.
- Non dire cretinate. – borbottò, senza sapere perché non
voleva darle ragione.
La ragazza non rispose subito, facendo un sorriso lieve.
- D’accordo. – Boris rimase dov’era, guardandola di sbieco -
… … Senti, Boris… -
- Cosa c’è? – chiese brusco, mentre
lei si alzava; Katia si strinse le mani al petto, sembrava un po’ a disagio.
- Ecco io... Potrei vedere come sei
fatto in viso? –
Calò un silenzio pesante. Katia non poteva vederlo, ma Boris
la stava guardando come se fosse matta.
- Ma che cavolo stai blaterando?! –
Katia chinò la testa, mordicchiandosi il labbro.
- … Senti, so bene di non starti simpatica e so anche che
t’infastidisce che io riconosca le persone e gli oggetti con le orecchie e le
mani, però… -
B: - Ma che vuoi?! – la zittì con rabbia – Senti, evita di parlare con aria
saccente, perché sei davvero irritante! –
Il ragazzo mandò un sospiro seccato, ecco, l’aveva aggredita
di nuovo… Però lei l’aveva fatto innervosire: si vede
che aveva davvero questa dote innata, o, forse, aveva semplicemente capito
tutto.
“Accidenti!”.
- Scusa, ho parlato a sproposito… - scese di nuovo il
silenzio – Comunque io… Io… Insomma, non posso
ripagarti per quello che hai fatto salvandomi, però, ecco, vorrei sapere almeno
com’è il tuo viso. –
- Ah sì? – continuò, sempre acido – E come vorresti fare?! –
Katia rimase ancora in silenzio, sollevando un poco un
braccio, come se stesse cercando di capire la posizione del moscovita; poi,
lentamente, allungò la mano, toccando appena con la punta delle dita il viso di Boris. Lui s’irrigidì.
Certo, visto che lei non poteva usare gli occhi “vedeva” con
gli altri sensi, l’udito l’olfatto… E il tatto.
B: “Sì, però… E’ decisamente
imbarazzante.” – S-senti un po’…! –
Ma Katia sembrava concentrata: sfiorandolo coi polpastrelli passò la fronte, scendendo lungo il
contorno della guancia.
Boris non riuscì a dire altro, quasi immobilizzato,
fissandola.
… Però… Forse ha ragione Ivan,
non è così bruttina…
Sbagliava o adesso sentiva anche le dita della ragazza sulla
guancia?
Tiene sempre gli occhi chiusi… Pensandoci bene, non glieli
ho mai visti, chissà di che colore sono… Ma perché sto pensando a queste
scemenze adesso?!
Sentì completamente la mano di lei
sul viso, allora si era avvicinata davvero! Però allora
perché… aveva l’impressione di essersi chinato verso di lei?
“Che sto… Facendo…? Io…”.
- BOOOOOOOORIIIIIIIIS!!!!!! – (No, xkè adesso?! Ç___ç ndRia – Guastafeste!!! ndJM).
L’urlo di Ivan arrivò alle orecchie
di Boris come un colpo di cannone, facendolo sussultare.
“C-che… Che spavento!”.
Si allontanò velocemente dal raggio
d’azione della ragazza, prendendo fiato: che strano, non gli era mai
successo di essere sorpreso a quel modo dal richiamo di un compagno! Non
l’aveva minimamente sentito arrivare.
- Ti cercano… - sorrise Katia, raccogliendo le mani dietro
la schiena.
- Sì… … -
- Ivan?! – lo chiamò lei, mettendosi una mano vicino alla
bocca – Siamo qui, vieni ^^. –
Subito il ragazzo spalancò la porta, guardando Boris con
aria severa.
- Ti ho trovato finalmente! Stavi cercando di nuovo di
saltare l’allenamento, vero? –
- Chiudi il becco! – lo seccò, irritato – Hanno portato una
cosa per Katia e io gliel’ ho portata, ora arrivo! –
- Ok, ok, calmino… Muoviti che Yuri
si sta arrabbiando! Ciao Katia ^\\^! –
Sorridendo un po’ idiota uscì, mentre la biondina gli faceva
un segno di saluto con la mano.
- ‘Cidenti… Mi ci mancava! –
- Sarà meglio che tu vada. – disse la bionda, dandogli una
spintarella contro la spalla.
- … E tu? – le chiese, quasi
inconsciamente: “Ma che faccio?! Che mi frega di
quello che fa questa?!”.
- Oh, resto qui come al solito, non
voglio darvi fastidio ^^! Non è un problema, ora ho
anche il mio libro ^^! –
Senza aggiungere altro afferrò il tomo e cominciò a
sfogliarne le pagine un po’ più spesse del normale, fermandosi dove aveva
infilato un piccolo segnalibro blu, convinta che ormai il ragazzo fosse uscito.
Boris, però, era rimasto esattamente dov’era.
Non ci aveva mai pensato, ma tutto il tempo che non stava
insieme a loro, Katia rimaneva sola nella sua stanza…
Però…
Davvero…
A stare sola circondata dal buio… Per lei non ci sono mai
problemi?
Davvero sta bene quando è sola…?
Katia interruppe un secondo ciò che stava facendo, sentendo
che lui era ancora nella stanza, anche se in perfetto silenzio.
- Cosa c’è? Come mai non raggiungi
gli altri? –
- … Ti va di venire anche tu? –
La sala dove i Neoborg si allenavano era enorme: si trattava
di una sorta di vecchio scantinato, che loro avevano messo in sesto con cura e
in cui avevano piazzato un gran numero di piccoli Beyblade Stadium; quel posto
gli faceva anche da palestra comune.
Eppure, rispetto ad una palestra normale, dentro questa aleggiava sempre un silenzio innaturale: i ragazzi
non perdevano mai troppo tempo in chiacchiere, l’allenamento era
concentrazione.
Proprio in quel momento Yuri e Serjei stavano per
affrontarsi. In piedi davanti al Beyblade Stadium si squadravano impassibili,
senza fiatare.
- Pronti? – contò Ivan - 3… 2… 1… -
- LANCIO!! –
- Wolborg, eliminalo! –
- Respingilo, Seaborg! –
Le due trottole si scontrarono senza troppe cerimonie,
lanciandosi subito in attacchi senza esclusioni di colpi.
Il rosso, però, sembrava di cattivo umore e deciso a
sfogarsi con l’allenamento: con uno scatto improvviso Il Lupo della Steppa
arrivò alle spalle dell’avversario, scagliandolo il bey in mano al
proprietario.
- Due minuti… - sospirò Serjei un po’ rassegnato –
Complimenti, ormai è praticamente impossibile
batterti. –
- Tzs. –
- Uh? Ma che hai? –
- Quell’idiota… Ivan, ma non eri andato a chiamarlo?! –
- Eh o__o”? – fece, cadendo dalle nuvole –
Ah, parli di Boris? (No, del figlio del vicino,
genio… -___-“ ndTutti) Sì, prima gli ho detto di venire, ora n-non so cosa… -
- Sono qui, Yuri. –
Il moscovita sbucò lentamente nella stanza, mentre il suo
capitano lo fulminava con un’occhiata gelida.
- Voleva anche che le portassimo il tè, signorino Boris?! – sibilò il rosso sarcastico – Quanto cavolo ci hai messo?! –
- Eddai, sono arrivato, no? – rispose seccato, tirandosi
dietro il braccio sinistro.
- Uh? –
Il rosso tacque, scorgendo la loro ospite proprio dietro
Boris, che si teneva con due dita alla manica del giubbotto del ragazzo.
- Ciao! – esclamò Ivan allegro, vedendola – Come mai ci sei anche tu? –
- Beh… - lei lasciò velocemente la presa, mentre Boris
allontanava il braccio – Fin’ora non avevo mai assistito ai vostri allenamenti,
ma avevo un po’ di curiosità, così, anche solo ascoltarli… Però se per voi è un
problema io… -
- Se ti accontenti di sentire girare delle trottole… –
rispose Yuri a bassa voce, asciutto – Basta che fai
silenzio. Ivan, Serj, provate voi? –
I due compagni annuirono. Katia, stiracchiando un sorriso,
si sedette su una panca in un angolino, mentre Boris
si appoggiò sbuffando al muro.
“Poi dicono a me che ho brutti modi!”. (E’
Yuri, come vuoi che parli? NdAutori –
Molto gentili… -___-** ndYuri).
- In posizione! –
- Stavolta ti disintegro, Serj! – disse il ragazzino
spavaldo, tirando fuori il caricatore (Aaaargh, il ritorno del kalašnikov di Ivan @__+!!! NdRia_esaltata – Il bambino col kalašnikov,
il bambino col kalašnikov!! ndJM – Che rompiballe ‘sti
2 -____-**… ndNeoborg).
- Tzs… Provaci! –
- 3… 2… 1… Pronti… LANCIO!! –
I due ragazzi mandarono all’assalto i bey con una potenza
inaudita, generando una marea di scintille.
- WYBORG!! –
- SEABORG! –
I bey continuarono a ruotare per lunghi minuti,
all’apparenza in perfetta parità.
Ad un certo punto Katia, che non aveva più aperto bocca per
tutto il tempo, si corrucciò appena, come stesse pensando.
- Boris… -
- Che c’è? – le chiese, un po’
nervoso per quell’attesa troppo lunga.
- Tra Serjei ed Ivan… Chi ha il bey più grosso? –
Il russo la guardò senza capire.
- Serjei… - mormorò, spiazzato da quella strana domanda - Perché? –
Ma Katia non rispose, sembrava
troppo presa da qualcosa; strizzando un altro po’ gli occhi si zittì nuovamente,
assumendo un’espressione seria.
“Ma che diavolo combina?”.
Nel frattempo sembrava che l’incontro avesse subito una
svolta: Seaborg, infatti, sembrava sparito dal campo.
- Ma dov’è?! – Ivan prese a
scrutare il campo freneticamente, ma non fu abbastanza veloce.
- Lo colpirà alle spalle! –
- Come…? –
Prima che Boris capisse cosa avesse mormorato Katia tra sé e
sé, un secco suono metallico lo fece voltare di scatto, in tempo per vedere
Wyborg venire sbalzato fuori campo, colpito alle
spalle dall’avversario.
“COSA?!”.
- Naaa, maledizione! – borbottò Ivan, raccogliendo il suo
bey – Da quando sei diventato pure veloce, bestione?!
–
- Tzs! – sorrise sbruffone, mettendo via
Seaborg – Da quando sono più bravo di te. –
I due presero a rimbeccarsi l’un l’altro
scherzosamente, ma Boris non li sentiva, rimanendo a fissare Katia con la bocca
spalancata.
- Peccato, l’ ha battuto per poco…
-
- … … C… Come hai fatto?! –
- Fatto che cosa? – chiese ingenuamente lei.
- A capire cosa stava succedendo! Ivan non se l’era data che
Serjei stava girando attorno a Wyborg, però uno da fuori lo vedeva… Tu come
accidenti hai fatto?! –
La ragazza ebbe un piccolo sussulto, come presa alla
sprovvista alla domanda.
- B-beh, ecco, io… Ho… Ho solo sentito un bey più pesante
che si muoveva in un certo modo e… E… Niente, magari è stato solo un caso… Dai,
lascia perdere ^^. –
Sorridendo impacciata lasciò cadere il discorso, cominciando
a parlare con Ivan, che si era avvicinato.
- Avanti, Boris, tocca a te. –
Il ragazzo annuì al capitano, staccando lentamente lo
sguardo di dosso alla bionda; no, non si era trattato di un caso: Katia aveva
capito con esattezza qual’era la posizione dei bey e
chi fosse in vantaggio e chi no e per fare questo si doveva possedere almeno un
minimo rudimento col beyblade anche se ci vedevi.
Ma com’era riuscita a capirlo lei
che era cieca?
- Allora, ci sei?! – chiese Yuri
brusco, puntando contro il compagno il caricatore.
- Eh? Ah, sì... –
- PRONTI…?! –
- LANCIO!! –
Nuovamente sul campo partì un altro incontro,
ma Boris non era concentrato: continuava a lanciare attacchi poco
efficaci e girovagava distratto per il campo.
- Cos’ ha adesso quello scemo? – chiese Ivan a Serjei, sospirando;
l’altro fece un segno di diniego con la testa – Tzs, oggi non è proprio in
forma… -
- Tzs… Dannazione! –
- Che ti prende Boris?! – esclamò
maligno il suo avversario, mentre Wolborg costringeva Falborg ad indietreggiare
– Ti sei rammollito?! –
Il compagno non rispose, digrignando i denti con rabbia; il
rosso ghignò, spingendolo ancora di più. Ad un certo punto si sentì un
soffocato squillo di telefono, a cui Serjei andò a rispondere di malavoglia;
quando tornò chiamò Katia, dandole due leggeri colpetti sulla spalla.
- Cercano te. – le disse asciutto – Un certo Bergen… -
Sentendo quel nome la ragazza scattò in piedi come una
molla; stando attenta a non inciampare si avviò a passo svelto verso il
corridoio, agitata.
- Vuoi una mano? –
- E’ la stanza qui in fondo vero ^^? Tranquillo Ivan, ce la
faccio. - E senza aspettare altro tempo corse via, tenendo una mano sul muro
come appoggio.
Serjei e Ivan si scambiarono
un’occhiata perplessa; anche Boris, voltandosi, si chiese il perché di quella
reazione.
- NON DISTRARTI, CRETINO!! –
Con un colpo secco il bey bianco e grigio di Yuri spedì
fuori campo l’altro, con la velocità di un proiettile.
- NO! –
- Tzs… - sospirò deluso, fissando Boris con sguardo severo - E poi vuoi saltare
gli allenamenti… Non duri neanche più un minuto in campo! –
Boris lo squadrò da capo a piedi, stritolando Falborg nel pungo, ma Yuri non battè ciglio.
- Vedi di rimetterti in riga, poi magari
riparleremo di una sfida… Vieni tu, Ivan. –
Sentendolo parlare così Boris perse la poca pazienza che
possedeva e se ne andò, furibondo, scacciando con un
gesto sbrigativo Serjei che provò a fermarlo. Yuri sospirò rassegnato.
- Razza di testa calda. –
A passo da mitragliere Boris si diresse verso l’uscita, ben
deciso ad andare fuori all’istante e a mettere quanta più distanza possibile
tra lui e i compagni, più che altro per prevenire risse e colluttazioni troppo
accese.
Ad un certo punto però scontrò contro qualcosa
per terra, facendo risuonare nel corridoio un lieve tintinnio metallico,
stranamente famigliare. Il russo si accucciò un momento, raccogliendo un
oggettino rotondo poco più piccolo del suo pugno.
“Un bey giallo?”
Lo fissò e lo rigirò tra le mani con sguardo scettico,
alzandosi: suo non era di certo e neppure dei ragazzi, ma allora? E come c’era finito lì quell’affare?
“Aspetta un attimo… Prima io ho fatto questa strada, quando
ho portato la borsa a Katia…”.
Il moscovita si guardò indietro, sempre più confuso;
soprappensiero guardò il disco d’attacco del bey, leggendoci scritto,
prima d’infilarselo in tasca, uno strano nome in lettere rosse. Era
curioso, ma era scritto solo su un’ala del disco, mentre dalle altre sembrava
essere stata raschiata via la vernice:
сумрак, oscurità.
A tentoni Katia era finalmente
arrivata; sospirò, forse non era stata una grande idea non farsi aiutare… Con
attenzione ispezionò il muro alla sua sinistra, trovando con un po’ di fortuna
il telefono.
“Sì!”.
Tutta allegra si portò il ricevitore all’orecchio, sentendo
dall’altra parte un borbottio sommesso; le scappò un risolino.
- Signor Bergen? –
Dall’altra parte si sentì un tossicchiare
sconnesso, quindi l’anziana voce di un uomo le rispose con vivacità,
facendola sorridere.
- Mia piccola Katia! Come stai?! –
- Molto bene, grazie ^^. –
- Preoccupazione della mia esistenza, ho sentito quello che
ti è successo: ti rendi conto di quello che ho passato?!
Perché non mi hai avvertito?! –
- Perché non volevo farla
impensierire, signore. – rispose, con tono un po’ dispiaciuto – In fondo non è
successo nulla… -
- Ma per questo devi solo ringraziare il giovanotto che ti
ha aiutata! (“Giovanotto”? ma
come parla questo o___-“?! ndBo). A proposito, il tuo albergo mi ha messo in
contatto con l’ospedale dove sei stata portata, adesso ti ospitano i compagni
di quel ragazzo, vero? –
- Sì. – sorrise – Si tratta dei Neoborg, si ricorda che
gliene ho parlato, sono una delle squadre che ha partecipato ai mondiali di
beybla… -
Katia si bloccò, stringendo la cornetta
nella mano; dall’altra parte, Bergen sospirò.
- Piccola Katia… -
- Non si preoccupi, sto bene. Sono
sicura che molto presto tornerò a lanciare il mio ^^! - l’uomo dall’altra parte non rispose. –
Cosa succede, signore? –
- … Ascoltami, Katia, avevo
intenzione di partire tra un paio di giorni e di venirti a prendere, ormai… -
- Non se ne parla! – esclamò, decisa – Lei
risparmia già fin troppi soldi del suo stipendio per pagarmi
l’operazione, quindi io…! – ma lui la interruppe.
- Ascoltami, ho contattato alcune persone lì, a Mosca;
purtroppo, quel parente che credevamo ti fosse rimasto non c’è più: ci ha lasciati il mese scorso. –
La ragazza trattenne un secondo il fiato: perciò, non aveva
più nessuno, se non il signor Bergen…
- Capisco… -
Nessuno dei due parlò per qualche minuto; Katia sospirò, con
fare materno.
- Avanti, finisca. –
- Come? –
- La conosco signor Bergen, quando lei mi ostenta questo
silenzio, significa che vorrebbe dirmi qualcosa, ma che non riesce. – lo sentì
sospirare con tenerezza.
- Ormai mi conosci meglio di quanto mi conosca
io… -
- Eh, eh ^^. – lui restò in silenzio di nuovo - … Avanti, continui. –
- … Detesto essere portatore di notizie
sgradite… Katia, non c’è alcun problema per venirti a riprendere,
purtroppo. –
Lei impallidì visibilmente; prese il telefono anche con
l’altra mano, parlando con voce tremula.
- Co… Cos’è successo?! –
- … Purtroppo, i costi per l’operazione sono ancora
aumentati. –
- Cosa…? – la voce le si mozzò in gola.
- Coi risparmi che abbiamo
accumulato non riusciamo a raggiungere quella cifra, ci vorrà ancora molto
tempo. – lei tacque qualche istante.
- E a quanto… A quanto è aumentata?
–
- … 50.000 dollari. -
Katia si mise una mano sulla bocca, un’espressione inequivocabilmente
sconvolta sul viso: il triplo di quello che avevano
messo da parte in un anno!
“No, non è possibile… Non…”.
- Piccola Katia… -
- Ho capito… - cercò di darsi un tono abbastanza pacato, per non farlo preoccupare – Stia tranquillo, aspetterò
ancora un po’ ^^. Non è un problema!
Piuttosto, se le cose stanno così, appena riesce ad
organizzarsi allora venga a prendermi, non posso più
gravare sulle spalle di questi ragazzi, poverini ^^! –
L’anziano signore non rispose subito, sospirando fiero.
- Sei proprio cresciuta… Da quando i tuoi genitori ti hanno affidata a me, dodici anni fa… -
- Le persone crescono! – esclamò con finto
tono offeso, facendolo ridere – Ormai ho sedici anni, signor Bergen! –
- Non fare la furbetta! – strepitò agitatissimo
– Sei ancora la mia piccola Katia! –
Katia scoppiò a ridere, le faceva sempre tenerezza
l’affetto che il suo tutore aveva per lei. Quando si fu calmato lo
salutò, promettendo di richiamarlo, e riagganciò il ricevitore, un’espressione
molto triste in viso: per fortuna era riuscita a non darlo a
intendere al signor Bergen!
Con un sospiro cercò di fare mente locale su dove si trovasse esattamente, poi si diresse pian piano verso la sua
stanza, sperando di riuscire ad arrivarci senza prendere qualche botta in giro.
Intanto Boris, che si era casualmente ritrovato dietro la
porta e aveva ascoltato tutta la conversazione, tirò nuovamente fuori dalla tasca il bey che aveva trovato, fissando
soprappensiero lo stemma disegnato sopra, nettamente in contrasto con la
scritta: un piccolo sole arancio.
“Perciò questo è suo…”.
Quella sera Katia non cenò coi
ragazzi: dicendo di essere stanca era rimasta tutto il resto della giornata
nella sua stanza, senza parlare con nessuno.
Boris, che non aveva più aperto bocca neanche lui, più che
altro per evitare d’insultare in ogni lingua che conosceva Yuri, stava
girovagando per tutto l’edificio, senza sapere cosa fare, ed evitando
accuratamente di andare nella zona dove dormiva la ragazza.
“Più lontano sono meglio sto!”.
Eppure, a forza di girare, si era
ritrovato proprio nei pressi della stanza della biondina, dalla cui porta
socchiusa usciva una leggera luce giallastra.
“A ridagli…!”.
Silenziosamente, per poterci transitare davanti senza
parlarle, Boris passò di fronte alla camera, ma si fermò a
metà percorso, scorgendo Katia, con la coda dell’occhio, seduta sul
letto dando le spalle alla porta, col capo chino; si sbagliava oppure stava
singhiozzando?
Il moscovita la sentì mandare un lievissimo singulto,
passandosi un dito sull’occhio: stava proprio piangendo…
Per un secondo Boris rimase dov’era, scrutandola, ma si
svegliò subito, bloccandosi la mano che, contro la sua volontà, stava per
bussare alla porta. Che cavolo stava combinando?! Non
erano affari suoi quello che passava per la testa di quella lì!
Con uno scatto nervoso si diresse verso la porta ed uscì
sbattendola.
Si ritrovò subito immerso nella gelida notte russa, una di
quelle notti senza vento, ma con un freddo così
pungente da sembrare una lama su ogni centimetro di pelle scoperto, e dove il
cielo è talmente pieno di stelle da serrarti il respiro in gola.
Boris prese a camminare lentamente, lo scricchiolio degli
stivali sulla brina semigelata a riempire l’aria, senza una destinazione. Stava
camminando da circa mezz’ora, quando un manifesto attirò la sua attenzione.
GRANDE TORNEO DI BEYBLADE!
Eguaglierà
i mondiali!
Una sfida prestigiosa,
finanziata dal signor Novgorad, che accoglierà tutti i blader che desidereranno
parteciparvi.
“Tzs, tipico dei privati! – fece con stizza – Danno i soldi
a mocciosi che non sanno neanche caricare il bey… Mosse di ricchi per farsi
belli davanti ai figli di altri ricchi.”.
Schifato stava per andarsene, ma la riga successiva del
manifesto lo attirò inspiegabilmente.
Al
vincitore della sfida sarà dato come premio un compenso equivalente a ben
50.000 dollari.
“Quanto?! – allungò la mano verso il muro e strappò il
manifesto, rileggendolo di nuovo - … E’ la stessa somma che…”.
Rimase in silenzio, fissando le scritte grigiastre e
leggendo le ultime righe.
La
sfida si svolgerà il giorno 18 aprile presso il palazzo del signor Novgorad a
Mosca.
Accorrete numerosi!
Katia si asciugò un’ultima lacrima, lasciando
libere a ciondolare lungo il bordo del letto le gambe, che aveva stretto al
petto. Quant’era stupida… Era ovvio che un’operazione
tanto delicata come quella per permetterle nuovamente di vedere costasse cara!
“Però… Tutte le volte… Ogni volta che io
e il signor Bergen mettiamo da parte abbastanza soldi
per poterla pagare, il costo aumenta… Mi sembra tanto ingiusto…”.
Tristemente prese il suo libro, se lo
mise in grembo e prese ad accarezzarne la copertina. Doveva
smetterla, piangeva come una bambina. Così faceva solamente male a sé stessa e faceva preoccupare il signor Bergen.
Povero signor Bergen… Da quando i suoi
genitori se n’erano andati, quando Katia aveva solo quattro anni, si era preso
cura di lei proprio come con una figlia, nonostante i suoi cinquantasette anni
suonati; non doveva essere stato per nulla semplice, soprattutto dopo che lei
aveva perso la vista a causa di un incidente e Bergen, non disponendo di grosse
somme di denaro per pagare il necessario a darle una
vita normale lì in Russia, dove allora vivevano, era stato costretto a tornare
nella sua terra natia, la Norvegia. Certo, la vita non
era mai stata molto clemente, né con lui né con Katia, ma l’ormai
sessantanovenne Bergen riteneva che la sua piccola signorina fosse una persona
molto fortunata.
Lei non ne era
per niente convinta.
Da quando era arrivata a Mosca gliene erano capitate di tutti i colori: prima era
stata aggredita, poi aveva scoperto che il parente che cercava, l’unico che
dicevano fosse rimasto in vita, era morto… E adesso era bloccata lì, dando un
sacco di fastidi a dei ragazzi che neanche conosceva!
“Per non parlare di Boris… Credo proprio che
mi odi!”.
Mesta ripensò a quel pomeriggio, quando
lei ed il ragazzo si erano parlati; pian piano, quasi involontariamente, rivide
quello che aveva “sentito” con le sue mani: accennando un movimento delle dita
a mezz’aria, per ricordare meglio, ridisegnò nella mente il contorno del viso
ovale, il naso un poco aquilino… Arrossì appena appena, imbarazzata, non era
per niente un brutto ragazzo… Anzi, era davvero…
No, no, no, che stava facendo?! Si diede due leggeri schiaffetti sulle
guance, andiamo! In fondo, mica l’aveva visto
per davvero! Magari si stava sbagliando di grosso.
“Però… -\\\\\-“.
- Ciao… Sei ancora in piedi? -
La voce alle sue spalle, improvvisa, fece
sussultare visibilmente Katia a cui cadde addirittura il libro dalle mani.
- AH…! B… Boris? – balbettò
riconoscendolo, chinandosi per raccogliere il volume – C-che ci fai qui?
–
- Sono venuto a portarti una cosa. –
disse asciutto, entrando.
- A quanto pare oggi è giornata, eh ^^? –
Gli sorrise. Lui non accennò neanche una risposta,
poggiandole semplicemente sul palmo una trottolina, quella che aveva trovato
nel corridoio.
- E’ tuo, vero? –
La ragazza rimase in silenzio; sfiorò il
bey con mano tremante, trasalendo un poco quando ebbe
conferma di ciò che era.
- D-dove… L’ hai preso? –
- Non l’ ho “preso”! – fece quasi offeso
– L’ ho trovato per terra prima, probabilmente è caduto dalla tua borsa… -
Lei annuì apatica. Poi, con un gesto
nervoso, si strinse il bey al petto, sospirando tristemente.
- Ci giochi ancora? –
- Ma ti sembra possibile?! –
rispose, stranamente brusca – Non ci vedo, come faccio?!
–
Rimasero in silenzio qualche istante, Boris decisamente sorpreso da quel tono avvilito nella voce di
lei.
- … No, non ci gioco più, però ci tengo molto… - aprì il pungo chiuso cominciando a far girare soprappensiero un dito
sullo stemma – Un tempo adoravo giocarci. Forse un giorno… Io… … -
- “Tu” cosa? –
Katia richiuse le mani sul bey, facendo un cenno di diniego:
era meglio lasciar perdere. Il ragazzo la fissò scettico, poi si alzò, afferrandola per un polso e
costringendola a seguirla.
- E-ehi, dove mi porti?! –
- Zitta e vieni. –
Katia ebbe un fremito, sembrava
arrabbiato, ma come mai? Con lei? Che aveva fatto?
Senza chiedergli altro lo seguì, o meglio, fece
attenzione a non cadere trascinata dal ragazzo, che si fermò solo dopo una
buona manciata di minuti; Katia sentì che erano entrati in una stanza, ma
avevano camminato troppo in fretta e non era riuscita a capire quale.
- Dove… Siamo? –
- Nella sala per l’allenamento. – rispose conciso,
allontanandosi da lei; la ragazza rimase dov’era, stringendosi incosciamente il
bey tra le mani. – Avanti, caricalo. –
- Cosa? –
- Ca-ri-ca-lo! – sillabò acido – Sei
diventata anche sorda? –
Katia tacque qualche istante, poi una
rabbia incontenibile le salì per il petto, quasi da farla urlare.
- Mi spieghi cos’è questa sceneggiata?!
Cos’è, ti diverti a prendermi in giro? Ti ho detto che non posso giocare! – chinò la testa, trattenendo a stento lacrime amare – Io non ci vedo… -
- Tzs, finiscila! – sbraitò seccato – Per
me sei capacissima di farlo. Oggi sei riuscita a capire quale fra due
bey avrebbe vinto solamente ascoltando la loro rotazione, non ci vuole uno
studio per lanciare! –
- Ma se non vedo il campo, sai, è
un po’ complicato! – fece sarcastica, stringendo i pugni.
- Oh, insomma! Che nervi che mi fai
venire! – urlò, sbattendo un piede per terra – Sei
impossibile! Un momento prima tenti di prendere di
petto la situazione in cui ti trovi e sei tutta sorrisi, quello dopo invece
sembra che il mondo ti sia crollato addosso! –
Katia non ribattè, scioccata: non aveva mai sentito Boris
parlarle a quel modo.
A dirla tutta, neanche lui sapeva bene perché stava facendo
così; l’unica cosa che sapeva era che vederla così afflitta gli faceva saltare
i nervi come non mai, ma ancora di più lo faceva infuriare il
fatto che non riuscisse a capire il motivo perché si arrabbiasse tanto.
Tra i due calò il silenzio, interrotto solo dal lieve
sfregare del nastro di plastica semirigida nel lanciatore del
moscovita. Katia tese le orecchie, ma stava facendo sul serio?
- Prendi. –
Tenendo il lanciatore in una mano, Boris lanciò con l’altra
qualcosa dritta in braccio alla ragazza, che lei afferrò faticosamente poco
prima che cadesse a terra; lo rigirò nel palmo, titubante, era un caricatore
vecchio stile, di quelli formati solo da una scatoletta senza manico.
- Forza, lancialo. –
Katia rimase dov’era, quasi paralizzata.
- Si può sapere perché stai facendo questa cosa?! – lui tirò un sospiro seccato.
- Senti, mettiamo le cose in chiaro: il tuo atteggiamento
non mi piace per niente, semplicemente per il fatto che non lo capisco, ma sono
fatti miei. Però c’è una cosa che mi irrita ancora di
più, è questo tuo atteggiamento arrendevole. –
- Come? –
- Come sarebbe “come”?! Mi irrita, mi manda in bestia, va bene?! –
- E questo sarebbe un problema mio?!?
– fece, scocciata da un lato e sorpresa dall’altro per le parole del ragazzo.
- No. – fece asciutto – Però, lasciatelo dire, facendo così
non dai proprio una buona impressione di te. –
Disse l’ultima frase tranquillo, ma
con un tono strano, tanto che la bionda non reagì; prese come in trance il
caricatore per il giusto verso, controllando al tatto il nastro, già inserito
al suo posto, e le due lamette su cui andava incastrato il bey, inserendosi il
suo.
Non voleva farlo, non era per niente sicura di quello che
stava succedendo, Boris sicuramente la stava solamente
prendendo in giro! Credeva decisamente fosse una
persona migliore! Però qualcosa le diceva che il
ragazzo non stava mentendo, e questo la portò a posizionarsi per il lancio.
Ma appena sentì Boris cominciare il
conto alla rovescia, Katia prese a tremare convulsamente: era impossibile, non
poteva farcela, non poteva! Le sue braccia si abbassarono
lentamente per qualche secondo, finchè il moscovita non la fermò, con
tono calmo e duro.
- Sta ferma. Mettiti com’eri prima. Esatto,
così – disse, mentre lei si riposizionava – sei precisamente davanti al campo.
–
Boris contò di nuovo; stavolta, la ragazza tirò il laccio al
tre, lanciando il bey circa a tre quarti del campo e facendolo ondeggiare
goffamente, quasi senza controllo.
- L’ ho… Centrato?! – mormorò,
scioccata. A Boris sfuggì un sogghigno divertito,
mentre il suo Falborg ronzava in cerchio attorno a
сумрак.
- Al solito, avevo ragione. –
La bionda alzò il viso di fronte a sé, strizzando un poco
gli occhi: allora l’aveva fatto per avere ragione?! Di
cosa, poi?! Che razza di
sbruffone!
Stava per insultarlo di nuovo, ma sentì il suo bey fare un
rumore sinistro, vacillare pericolosamente e dopo pochi secondi, privo di
controllo, schiantarsi contro il bordo campo e fermarsi. Boris tirò un sospiro,
era durato meno di quanto aveva previsto,
evidentemente il lancio era stato molto debole.
- Ecco! – ruppe il silenzio, stritolando il caricatore nella
mano – Soddisfatto?! Ora puoi anche prendermi in giro
o vantarti per averla avuta vinta, basta che ti spicci! –
Era furibonda, aveva davvero sopravvalutato Boris, era una
persona orribile! Il russo non rispose, guardandola inespressivo; sospirò
nuovamente, raccogliendo sia Falborg, immobile a ruotare dove era atterrato,
sia сумрак e glielo porse gentilmente.
- Credo proprio che tu mi abbia capito
male. – disse con tono pacato – Non volevo
assolutamente prenderti in giro. Né tantomeno vantarmi
o fare qualcosa del genere, volevo solo verificare una cosa. – il suo tono si
affievolì lievemente - Scusa. –
Katia ebbe un sussulto, stupita, Boris
che si scusava?! Con lei?! No, di sicuro stava
scherzando… Eppure il suo tono era dispiaciuto seriamente.
- Aaaah, ma che dico?! – esclamò sbuffando – Mica ho fatto niente di male! Sei te che sei troppo suscettibile! –
Lei rimase in silenzio, lasciandosi sfuggire un leggero risolino, ecco, quello era decisamente più da
Boris! Il russo rimase in piedi dov’era a borbottare per qualche minuto, poi
prese a rimettere a posto il suo bey e il caricatore con
molta calma; attorno ai due scese una quiete innaturale, tanto che il
sollievo che la ragazza aveva provato poco prima passò velocemente all’ansia.
C’era troppo silenzio, troppo, lei non riusciva a stare in
un posto che non conosceva o dove non poteva orientarsi in quello stato:
l’udito era il suo senso principale, non sentire alcun rumore in luoghi come la
sua stanza era già difficile, ma adesso che non sapeva dov’era per lei era
davvero snervante. Sempre più agitata tese le orecchie e, quando capì dov’era
esattamente il ragazzo dal suo respiro tranquillo, allungò inconsciamente la
mano verso la manica di Boris, stringendola con tutta la sua forza.
Il moscovita si voltò a guadarla sbigottito, mentre lei, che
tremava visibilmente, dovette aspettare qualche secondo prima
di rendersi conto di quel che stava facendo.
- Ah… - ritrasse velocemente la mano, a disagio,
nascondendola dietro la schiena come un bambino colto a rubare caramelle –
Scusami, io… N-non volevo… -
Lui non rispose, fissandola, perché adesso sembrava
spaventata? La sedicenne si morse il labbro, ma era impossibile, perché
capitavano tutte a lei?! Per giunta quella figuraccia
proprio con Boris, già faceva fatica a capirlo, le ci mancava anche una bella
sceneggiata di panico!
Siccome Katia sembrava ben
intenzionata a non dire altro, Boris si avviò nel corridoio, dicendole di
seguirlo e camminando lentamente perché lei gli tenesse dietro, e la condusse
fino alla sua stanza.
Senza che nessuno dei due parlasse
la biondina entrò, chiudendosi lentamente la porta alle spalle; rimase lì
appoggiata per qualche istante, la testa colma di pensieri che ronzavano
vorticosi quasi uno sciame di vespe: perché Boris si era comportato a quel
modo, e così all’improvviso? Non
riusciva a dare una spiegazione logica. E poi quella
frase…
Volevo solo verificare una cosa.
Sì, ma cosa? Katia aveva capito che Boris l’aveva quasi
“messa alla prova”, ma per quale motivo non riusciva assolutamente
a capirlo.
La ragazza si lasciò scivolare fin sul pavimento, sospirando
sonoramente, ultimamente stavano succedendo decisamente
troppe cose, non vedeva l’ora di tornare a casa! Si alzò lentamente, ma proprio
quando stava per andare a dormire un lieve fruscio la fermò lì dov’era; si
voltò di scatto, cercando di capire cosa lo producesse, ma il suono durò pochi
secondi e poi smise. Istintivamente Katia fece per ignorare il tutto, ma quel
rumore era stato troppo vicino per esserlo immaginato:
si accucciò davanti alla porta, era quasi sicura, anzi certa, che “qualcosa”
fosse scivolato per terra. E infatti, muovendo
lentamente le mani sul pavimento, trovò quello che sembrava essere…
“Un foglio?”
Quella mattina, dopo colazione, Katia se n’era rimasta
seduta al tavolo, continuando a sospirare imperterrita e a mandare piccolo sbadigli: ci aveva messo ore ad addormentarsi, un
po’ perché si sentiva nervosa, un po’ perché aveva continuato a chiedersi cosa
potesse essere quel foglio che aveva trovato. Certamente era stampato o
scritto, perché sentiva l’odore dell’inchiostro e, ancor più sicuramente, non
era finito sotto la sua porta portato dal vento.
- Ciao! Che ci fai ancora qui? -
Assorta nei suoi pensieri Katia non si accorse subito di Ivan, che entrò baldanzoso nella stanza.
- Ciao. Nulla di particolare… - biascicò, mezza addormentata
– E’ che stanotte non ho dormito molto bene… Ma tu
come mai sei tornato di qui? Non vi stavate allenando? –
- Beh, sì, solo che… Boris è sparito di nuovo, così Yuri mi
ha mandato a cercarlo. (gocciolone) -
la ragazza annuì – Però qui non
c’è, è meglio che mi muova a trovarlo se no… -
- Aspetta un attimo…! – s’illuminò, fermandolo poco prima
che uscisse – Mi faresti un favore? –
Il ragazzo annuì. Katia gli porse il foglio che aveva
trovato e si riappoggiò al tavolo, non appena Ivan l’ebbe preso.
- L’ ho trovato ieri. – fece, facendo finta di niente – C’è
scritto sopra qualcosa? -
Ivan assentì nuovamente e prese meccanicamente a leggere il
foglio ad alta voce; Katia l’ascoltò distratta, sobbalzando solo
quando il russo arrivò alle ultime righe.
- “Al vincitore della sfida sarà dato come premio un
compenso equivalente a ben 50.000 dollari…” –
- Quanto?! – sobbalzò, trattenendo il fiato con un singulto.
- Sì, è proprio una bella cifretta… - borbottò, senza
accorgersi dell’espressione sconvolta della bionda – Ma
è un classico, nei tornei organizzati dai privati. L’unico che vedrà questa
cifra è ‘sto signor Novgorad. E’ tipico: organizzano queste competizioni,
atteggiandosi a grandi uomini generosi, e poi fanno in modo di non perdere i
soldi. Probabilmente vi parteciperà il figlio, o qualcuno che è d’accordo con
lui; non corrono neanche il rischio di fallire perchè chi partecipa a questa
roba solitamente sono solo mocciosetti incapaci. –
- S-sì… - mormorò, le mani che tremavano lievemente sulla
base del tavolo.
- La gente che organizza questi tornei il novanta per cento
delle volte non tiene in alcuna considerazione il bey;
per loro è uno strumento per arricchirsi o per mettersi in luce, lo valorizzano
quanto una scarpa vecchia! Disgustoso, non trovi? – Katia si lasciò sfuggire un sospiro affettuoso sentendo il tono amaro di Ivan, si
vedeva che amava molto il bey – Però vorrei sapere come c’è finito questo coso
qui dentro, non so proprio… -
- Quello è mio. –
Sia la ragazza che Ivan si voltarono
di scatto, mentre Boris entrava con calma nella stanza; il compagno lo fissò
accigliandosi.
- Tuo?! E che ci facevi con un manifesto di un torneo
privato di bey?! –
- Ah, parli di quello? – disse, con noncuranza – Non lo so,
l’avevo notato l’altra sera, quando sono uscito a fare
un giro; l’ ho preso senza pensarci, ero un po’ soprappensiero e me lo sono
infilato in tasca.
L’ hai trovato tu? –
- Ma ti pare?! – fece
irato – L’avessi trovato io a quest’ora l’avevo già buttato! –
- L’ ho trovato io. – intervenne Katia atona, la testa
girata verso il punto in cui sentiva Boris parlare – Ieri sera, sotto la mia
porta. –
- Capisco… Probabilmente mi è
scivolato. –
- Potevi sbarazzartene subito…! – sbuffò Ivan, convinto
delle parole dell’amico.
Katia, invece, non si era per nulla bevuta quella frottola;
Boris non aveva casualmente tenuto quel manifesto, né tantomeno quello era
finito casualmente nella stanza della ragazza: era stato lui a mettercelo, ne era convintissima, ma non capiva perché.
Beh, era quello che avrebbe scoperto.
- Ti spiace se ti rubo Boris ancora un minutino, Ivan? –
sorrise la ragazza alzandosi – Dovrei dirgli una cosa.
–
Ivan, che stava cominciando a litigare con Boris perché era
sparito nuovamente ed era toccato a lui andarlo a cercare, annuì, un po’
sorpreso; mai certamente quanto l’altro russo, che però andò dalla bionda senza
fiatare.
- Rispediscicelo subito però! – disse uscendo – O Yuri mi scuoia vivo. –
- E cosa sono, un pacco postale?! (gocciolone) – bofonchiò a denti stretti.
- Tranquillo ^^. – disse al ragazzino, sorridendo.
Quando Ivan se ne fu andato, Katia
si mise in piedi, sbattendo forte il palmo della mano sul tavolo. Sembrava
abbastanza arrabbiata.
- Si può sapere a che gioco stai giocando?!
– disse fredda, stringendo i pugni. Sì, decisamente
era arrabbiata.
- Nessun gioco. – rispose tranquillo.
- Allora cosa vuoi?! – sbottò
esasperata, spingendo più lontana la sedia dalle sua gambe
– Prima mi eviti! Poi di punto in bianco ti metti a ronzarmi attorno non so
perché e mi chiedi addirittura di lanciare un bey! A me! E
infine quest’affare! Allora?! –
- Uno: evita l’espressione “ronzarmi attorno”, mi sento un
maniaco; Due: mi sembrava di averti già detto che non
mi piace il tuo atteggiamento. –
- Tanto piacere! – sibilò; poi tentò di calmarsi un istante
- Se proprio vuoi saperlo, questo è l’unico modo che conosco per affrontare la
situazione. –
- Appunto, “affrontare”. – disse deciso –
Ma ho come la sensazione che questa cosa non serva a molto, almeno, non
in certi momenti. –
Lei rimase dov’era, le labbra socchiuse in un’espressione un
po’ stranita.
- Inoltre… Ho l’impressione che il premio possa
servirti, vero? –
Sentendo quella frase Katia capì e strinse i pungi, indignata.
- Hai origliato la mia telefonata! Razza di…! –
- Uou, uou, uou! Non
ho origliato! – esclamò subito – Ero in zona e mi ha
incuriosito il discorso, tutto qui. –
- “Tutto qui”?! Ma che razza di…
Bah, lascia perdere! – sbuffò, scostandosi
nervosamente la frangetta – Mi dici insomma cosa vuoi fare?!
–
Boris fece un sorrisetto furbo.
- Ho una proposta da farti. –
Katia sedeva sul suo letto, stropicciandosi nervosamente il
bordo della maglia ed ascoltando il vento, fuori, soffiare violento e sferzare
l’ex-Monastero. Ma perché si era messa in quella situazione?!
Quando il ragazzo si era offerto di allenarla in modo che
potesse di nuovo giocare col bey, l’urlo che la bionda aveva lanciato
avrebbe dovuto risvegliare anche i morti tanto era stato forte, ma Boris non
aveva battuto ciglio.
- Ho idea che tu possa diventare una blader davvero in gamba. – aveva
risposto piatto – Ovviamente da sola non ce la puoi
fare, e io sono proprio curioso di vedere cosa potrebbe venirne fuori. Allora
che mi dici? -
Katia non aveva ancora capito perché gli aveva detto di sì,
forse perché anche lei, come Boris, era curiosa di scoprire se anche un blader
cieco era in grado di giocare, con un allenamento adeguato? Oppure
era stata la notizia di quel torneo privato a spingerla ad accettare? Non ne era sicura, ma non era questo l’importante. C’era
qualcos’altro adesso che agitava la biondina: e se l’idea di Boris si fosse
rivelata un fallimento a causa sua? Katia aveva da tempo capito che il
moscovita non era propriamente dotato di quella dote chiamata pazienza, ma
temeva comunque una sua reazione.
Il perché poi, non lo sapeva.
Un bussare leggero la fece alzare di
scatto dal materasso, era già lì? Deglutì a vuoto, andando ad aprire
lentamente la porta.
- Vieni? –
Lei annuì con più decisione. Boris si mosse di un paio di
passi, controllando che Katia riuscisse a seguirlo, poi s’incamminò per un
corridoio che la ragazza era sicura non aver mai attraversato, e per non
perdersi fu così costretta ad avvicinarsi di più. I due camminarono a lungo,
tanto che Katia perse la cognizione del tempo, il silenzio interrotto solo dal
loro incedere ritmato; seguendo le indicazioni sporadiche del moscovita la
ragazza continuò ad avanzare finchè non avvertì la parete a cui teneva
appoggiata la mano farsi all’improvviso liscia come il vetro.
- Ci siamo. –
Katia sentì Boris aprire una serratura che, a giudicare dal
rumore, doveva essere decisamente arrugginita. Il ragazzo
spalancò una porta molto pesante ed entrò in una stanza semicircolare con le
pareti lisce, come quelle del corridoio attiguo.
- Dove siamo? –
- In una vecchia sala per l’allenamento; la usava il vecchio
proprietario… – si bloccò un secondo, ricordando con rabbia chi fosse
l’ex-proprietario, poi riprese con fare sbrigativo – Credo. In ogni caso, l’ ho
scelta perché è completamente insonorizzata. –
- Insonorizzata…? – il russo annuì; solo allora Katia si
accorse che il rumore della bufera che stava nascendo era scomparso nel nulla.
- Beh, se la tua tattica di gioco si basa sull’udito, direi che è meglio non avere interferenze esterne, che mi
dici? –
Lei sorrise lievemente; rapidamente preparò il suo bey nel
caricatore che Boris le aveva dato il giorno prima,
tenendolo forte nella mano, e si preparò a lanciarlo seguendo le indicazioni
del moscovita. Appena le diede il via Katia
lanciò e, sebbene un po’ instabile,
questo si piazzò preciso in mezzo la campo.
- Bene. Non ci siamo ancora molto nella posizione,
però… -
- Ehi, non pretendere troppo! – ironizzò lei, sorridendo;
Boris si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito.
- Che vuoi, sono un insegnante
esigente. Ora prova a farlo muovere per il campo. –
- Eh?! – ebbe un piccolo sobbalzo, non era un po’ presto?! Aveva centrato a malapena il Bey Stadium… - O-ok… -
Сумрак ondeggiò per
alcuni istanti sul posto, quindi descrisse un piccolissimo cerchio traballante,
partendo poi a ruotare a spirale sempre più insicuro, finchè non si fermò.
- Uhm, niente male, anche se il colpo non era molto forte,
davvero niente male! – disse sorpreso, raccogliendo per la ragazza.
- Grazie… - rispose appena, prendendo la trottola che Boris
le porgeva; la strinse nel pugno, senza poter fare a meno di sorridere: dopo
tanto tempo, era riuscita di nuovo a lanciare
сумрак!
- Mi sembri contenta. –
- Lo sono ^^! –
- Ecco, - fece un po’ pungente, indicandola – quella faccia
è decisamente meglio di quella depressa che avevi
ieri; non un gran miglioramento, ma sempre meglio! -
Katia però parve ignorare il tono mordace del ragazzo e lo
ringraziò, sorridendo gentilmente; sembrava essersi abituata alla sua
linguaccia lunga.
- Senti Boris… Secondo te, se miglioro abbastanza, un giorno
potrei riuscire a gareggiare quasi normalmente? –
- E che ne so? – rispose
con sufficienza – Dipenderà dal tuo allenamento. –
Lei sorrise decisa.
- Ho capito. – si portò il pugno in cui stringeva il bey al
petto – Ascolta, tu mi alleneresti per qualche tempo?
–
- Forse… Perché? –
Ma conosceva già la risposta, anche se era decisamente stupito che lei lo proponesse così presto.
- Vorrei vincere il premio di quel torneo. –
Una volta presa la sua decisione Katia telefonò al signor
Bergen, dicendogli di non venire a prenderla prima del 18 aprile, a poco più di
un mese a partire da quel giorno; per il motivo restò
sul più vago possibile, sapeva che il suo tutore non avrebbe approvato una
scelta del genere. Lei, però, con quel lancio aveva sentito tornare tutta la
sua energia di blader, e se aveva anche una minima
possibilità di ottenere quel premio, bene, l’avrebbe giocata!
La cosa, però, si rivelò da subito molto difficile.
Gli allenamenti si svolgevano tutti di sera, in parte perché
così c’era più silenzio, in parte perché Boris non aveva alcuna
intenzione di farsi scoprire dai compagni, dopo tutte le proteste che
aveva fatto riguardo al portarsi Katia sotto il loro stesso tetto, e anzi si
sorbiva anche gli allenamenti giornalieri coi Neoborg pur di non farli
insospettire, specialmente Yuri.
Per prima cosa Boris insegnò alla ragazza a capire a quanti
passi di distanza doveva mettersi dal campo perché il lancio avesse effetto:
Katia doveva andare verso il BeyBlade Stadium, darci un colpetto col piede e
mettersi alla distanza giusta, ma per impararlo inciampò e sbagliò posizione
dozzine di volte, tante che credette che il russo l’avrebbe rispedita nella sua
stanza all’istante; invece non fu così, anzi, Boris dimostrò tanta indulgenza
quanta neppure lui credeva di averne. Questo aiutò molto la bionda, che
nonostante l’alternarsi di cantonate e successi non perse più il suo umore
sempre cordiale.
Senza che Boris se ne accorgesse
loro due cominciarono ad avvicinarsi. Ormai Katia riconosceva all’istante quando il ragazzo arrivava, capiva ogni sua variazione
d’umore dal tono della voce; era strano, ma nonostante ciò a Boris questo non
dava fastidio, come non dava fastidio, a volte, doverle spostare la posizione
delle braccia per un lancio, o lasciare che gli si avvicinasse troppo quando le
faceva sentire un componente fuori posto sul suo bey: era una cosa
assolutamente inspiegabile, eppure il russo aveva mal sopportato quella
biondina fino a neanche una settimana prima! Figuriamoci l’idea di averla in un raggio d’azione inferiore ai due metri!
Adesso, invece, sembrava tutto cambiato.
Era una tipa strana, non lo metteva
in dubbio. Durante gli allenamenti dei ragazzi se ne stava
sempre seduta, immobile, composta come una bambolina: rimaneva lì buona e
tranquilla, ascoltando attenta (in fondo, anche quello era un allenamento per
lei), sorridendo sempre gentilmente, ogni tanto scambiando due parole con Ivan,
ogni tanto con lui quando le si avvicinava; a discapito di quanto si aspettasse
quella ragazza sapeva moltissime cose e varie volte, non senza un certo impaccio
da parte del russo, si ritrovò a spiegargli qualcosa.
L’unica cosa che nessuno poteva spiegare a Boris era però il
motivo di certi suoi nuovi comportamenti.
Più di una volta, inspiegabilmente, si ritrovò a fissarla, da
distante, mentre lui si allenava con gli altri, e ormai aveva impressa nella mente la sua immagine come fosse incisa e la
cosa gli dava decisamente un po’ fastidio. Eppure anche questo, come averla
sempre attorno, forse per i suoi modi un po’ adulti, forse per qualcos’altro, stava diventando una cosa naturale, quasi inevitabile.
E, chissà perché, non gli sembrava
una cosa così malvagia.
Una mattina Boris si alzò prima del solito, solo la luce
bianco-azzurra della notte che scompariva illuminava fiaccamente il cielo e
rifletteva le sue ombre lunghe nel corridoio. Il russo tentò più volte di
riaddormentarsi, ma vedendo gli scarsi risultati si alzò svogliatamente e
attraversò sbadigliando il corridoio, dirigendosi verso la stanza di Katia: gli
aveva chiesto di fare qualche allenamento al mattino,
giusto perché così entrambi potessero guadagnare un’ora o due in più di sonno
la sera.
Finendo di sistemarsi i lacci del giubbotto arrivò davanti
alla porta e ci bussò sopra tre volte con decisione, ma non rispose nessuno.
“Magari è troppo presto… Forse è meglio che mi faccia un
giro…”.
Alla fine, però, decise che, se era sveglio lui, doveva
esserlo anche la sua “allieva” (Nn c’è proprio voce in capitolo, eh? -___-“” ndRia – Taci, autrice incapace! ndIvan
– Parli così sl xkè a te le ff nn le fa mai nessuno, cattivo ç___ç***! ndRia – Vogliamo continuare x favore -____-“””””? ndBo). Con
noncuranza girò lentamente la maniglia della porta ed entrò, ma vide solamente
una stanza vuota.
“Dove diavolo è finita?!”.
Non erano molti i posti in cui la ragazza riuscisse
ad andare senza un aiuto, se non la cucina, la sua stanza e le sale degli
allenamenti. Boris prese a cercarla un po’ seccato, ma stranamente non la trovò
da nessuna parte: se ne stava fermo nel corridoio, sbuffando platealmente e
cercando di capire dove diavolo potesse essere finita,
quando sentì la porta d’ingresso sbattere per il vento, segno che era rimasta
aperta; stizzito fece per chiuderla, quando si accorse che, proprio di fronte
alla soglia, c’erano delle impronte fresche nel sottile strato di neve, caduto
durante la notte.
Tombola, ecco un posto dove non aveva
cercato!
Sospirò un po’ stufo, dirigendosi verso un vecchio e basso
pino rosso, che cresceva a pochi metri di distanza da lì: sotto di esso, comodamente seduta con le gambe raccolte, c’era
proprio Katia.
- Boris…? – chiese sorpresa, sentendolo – Buongiorno ^^! –
- ‘Giorno… (Sempre loquace pure tu…
-____-“” ndRia) – disse sedendosi vicino a lei – Che ci fai qui già a
quest’ora? –
- Mi sono svegliata prima ^^. – sorrise allegra – Poi, visto
che ormai riesco ad arrivare qui da sola e dato che mi
piace l’arietta che si sente al mattino presto… -
- Vuoi dire questo gelo da piena Siberia?
– chiese sarcastico, soffiando una grossa nuvola di condensa
– Sei per caso un pinguino (gocciolone)? –
- Eh, eh non mi pare! – rise
calorosamente – Mi piace solo la sensazione della neve sotto di me e
quest’albero qui, anche se non lo vedo: ce n’era uno uguale di fronte a casa mia quando abitavo qui a Mosca… -
- Vivevi a Mosca? – le chiese, sorpreso dalla notizia – Non
me l’avevi mai detto. –
- Beh… Non credevo t’interessasse e… Non volevo
annoiarti, tutto qui. – sorrise un po’ impacciata.
Il moscovita fece un grugnito d’assenso,
ma quella frase gli lasciò addosso una strana sensazione, come un
inspiegabile desiderio di conoscere meglio la ragazza. A pensarci bene, c’erano
molte cose di lei che ignorava: lui non era certamente il miglior interlocutore
del pianeta, ma neanche Katia parlava molto di se.
I due rimasero in silenzio, mentre Katia prese a frizionarsi
le braccia raccolte al petto per il freddo.
- Sarà meglio rientrare… - disse, vedendola di sottecchi.
- Oh no, aspetta ancora un attimo – lo pregò,
allungando una mano di lato come per fermarlo – Tra poco dovrebbe albeggiare,
vero? –
Boris la guardò, sospirando, e si risedette comodo, fissando
i tetti di Mosca in lontananza.
- Lo sta facendo proprio adesso… -
Katia voltò il viso di fronte a se e raccolse le mani al
petto, con fare impacciato.
- Non è che… Mi descriveresti
com’è? -
Il russo, benché sapesse che lei non poteva vederlo, si
voltò a guardarla come se di colpo fosse diventata scema: ma che razza di
richieste gli faceva?!
- E che dovrei dirti?! – disse un po’ stizzito – E’ un’alba, accidenti… C’è del rosa,
del giallo (è dorato, scemo! >___-“ ndRia – Lo dici
tu qsto -____-“” ndTutti)… Che c’è da dire?! –
Poi si zittì, aveva usato i suoi solito modi finissimi… Eppure Katia non smise un
istante di sorridere, come se la cosa fosse normale, o ci fosse abituata. Sì
come se… Lo conoscesse da sempre.
- E’ bellissima, vero? – lui guardò prima lei poi il
paesaggio che aveva davanti, quindi fece un mezzo sorriso.
- Sì… -
- Lo immaginavo ^^. – Boris rimase un istante
in silenzio – Non preoccuparti, per prima, non è successo niente! Lo so
che tu sei fatto così. –
Un'altra, piccolissima frase, sufficiente per metterlo in
difficoltà.
Perché?
Come riusciva ad essere sempre così? Lui non ci riusciva…
Lei guardava nel cuore della gente, senza paura di quel che avrebbe potuto
trovare. Non le interessa? O forse accettava tutto?
Perfino lui, con quel suo modo di fare…
Boris fissò la ragazza, doveva essere lì già da un po’,
perché le guance erano di un bel rosa carico per via del freddo, come la zona
attorno al naso; quasi meccanicamente allungò la mano verso la parte gelata e
la sfiorò con un dito.
- Sei davvero scema… Senti qui, sembri un cubetto di
ghiaccio… -
Katia si lasciò sfuggire un
risolino, facendo per allontanarsi e ordinargli di non prenderla in giro, ma
invece sentì solo entrambe le mani del ragazzo avverarle il viso e voltarla.
- Eh…? –
Non so perché lo sto facendo ora.
Francamente, non m’interessa.
Non m’importa neppure come reagirai.
Non adesso.
Voglio solo avvicinarti a me… Solo un attimo…
Vorrei sentirti più vicina, solo un secondo.
Perché vorrei capire.
Tu sei riuscita a vedermi dentro, ma io no. Perché?
Perché non riesco a
raggiungerti?
Forse non posso, perché sono diventato così col tempo.
Però…
Anche se fosse…
Per un secondo, anche meno… Voglio avvicinarti a me.
Perché non sopporterei
più di vederti come quella volta… Quand’eri da sola nella tua stanza…
Piangevi, vero?
Da sola… Non voglio vederti più.
Non m’importa come reagirai, solo per un attimo.
Anche se sto sperando…
Con tutto il cuore…
Non allontanarmi da te.
Boris riaprì lentamente gli occhi verdi, allontanando la sua
bocca da quella di lei e pronto ad ogni reazione: Katia però non si mosse di un
centimetro, le dita intirizzite affondate nella neve, scossa da brividi
leggeri. E non era certa fossero dovuti al freddo.
Il ragazzo allora le scostò delicatamente la frangetta e le
sfiorò la fronte con un altro bacio, tenendola per le spalle; lei continuò a
tacere, ma sorrise, le guance ormai amaranto, poggiandosi sul petto del
ragazzo. Per la prima volta non la spaventava né il silenzio attorno a lei, né
il fatto che le sue dita gelate non sentissero niente sotto di se: si sentiva così tranquilla e felice lì stretta a Boris, che
credeva di poterci restare per sempre.
- … … Perché?… -
Boris impiegò qualche secondo a capire la domanda, preso alla sprovvista; però era normale, dopo il modo in cui
l’aveva trattata per tutto quel tempo… Guarda cos’era successo!
- I-io… - “Fantastico! D’accordo, i casi sono due: o
qualcuno mi ha riprogrammato il cervello mentre
dormivo (nn che ci sia molto da riprogrammare XP ndRia), o sono diventato scemo
del tutto! Eddai, che ci vuole a dirlo?!”.
Un’epica battaglia contro il suo orgoglio, ecco cosa ci
voleva! Non era sicuro di vincerla…
- … .. Bene… -
- Come? –
- Ti voglio bene. – mormorò, soffocando la voce contro il
giubbotto del ragazzo – All’inizio… Credevo fosse solo
un senso di gratitudine per avermi salvata, ma poi… Ho cominciato davvero a
volerti bene. – si lasciò sfuggire una risata
imbarazzata – E’ assurdo, vero? –
Dal ragazzo non venne nessuna risposta; per un secondo,
Katia si pentì delle sue parole, finchè non si sentì cingere dalle sue braccia.
Sorrise.
Rimasero lì finchè il sole non sorse del tutto, quando
finalmente Boris si alzò e, presa la mano alla ragazza, tornò dentro con lei,
giusto poco prima che gli altri si alzassero.
Nei giorni che seguirono i due continuarono gli allenamenti senza
proferirne parola con nessuno di quel che era successo, dopotutto gli altri non
avevano notato niente di diverso: Boris spariva dopo gli allenamenti di squadra
e Katia restava nella sua camera (o almeno lo
pensavano), l’unico avvenimento fuori dal comune era che il moscovita non
guardava più in modo bieco la ragazza e non tendeva più a trattarla
sgarbatamente, anche in maniera plateale, ma dopo poco pensarono che lui si
fosse abituato a quella presenza e si fosse calmato.
Maestro e allieva, però, avevano
ora un altro problema. Era vero che erano riusciti a far prolungare la permanenza di lei in Russia parlando con Bergen e che gli
altri non avevano detto nulla per poco più di tre settimane, ma il torneo era
ancora lontano e certo lei non poteva restare lì a vita senza dire nulla, come
l’avrebbero spiegato ai compagni?
Il blader del falco decise di parlare prima con Yuri, così
andò agli allenamenti un po’ prima sperando di trovarlo da solo: fortunatamente
le cose andarono così.
- Come mai il nostro ribelle è così puntuale? –
- Non rompere. – rispose seccato Boris –
sono qui per chiederti una cosa. –
- Dimmi, sono qui. –
- Ecco… - cominciò titubante – Katia può rimanere qui ancora
per un po’? –
- Per me non ci sono problemi. – tagliò corto - …e penso che non ce ne siano nemmeno per Serjei e Ivan. Ma… -
continuò sospettoso – come mai sei stato proprio tu a
chiedermelo? Credevo che non sopportassi la ragazza. –
Il compagno non rispose, limitandosi ad abbassare lo
sguardo.
- Non è che per caso stai allenando
Katia in vista di quel torneo privato? – proseguì come se fosse ovvio saperlo,
con fare sarcastico – E non è che la alleni proprio
nella stanza insonorizzata? -
Boris rimase un istante ammutolito, sbiancando.
- Ma tu come…?! –
- Ho i miei metodi. – fece tranquillo.
- Beh io… Sì la sto allenando. – ammise recuperando il
solito carattere deciso.
- Mi chiedo solo cosa ti abbia spinto a
occuparti di lei… - disse quasi tra se e se, dubbioso; Boris sentì un brivido
di panico attraversargli la schiena –
Forse…Ho capito: ti piace. – continuò, sempre come se stesse riflettendo
- … E magari state anche insieme. -
- N-no, aspetta… Guarda che… - lo fissò ancora, non lo stava
prendendo in giro; quel ghignetto furbo era inequivocabile – E comunque tu… Come diavolo…?! –
- Andiamo, mi hai preso per
stupido? – fece stizzito – Boris, ti conosco da
quand’eravamo dei mocciosi, pensi proprio d’ingannare me? E comunque
solo un idiota non se ne sarebbe accorto.–
Il moscovita mosse la bocca senza riuscire a parlare, ma
come cavolo faceva?! Era impossibile tenere un segreto
col suo capitano! Ma che era, un sensitivo?!
“E adesso?”.
- … … Per me puoi fare come vuoi, basta che non trascuri gli
allenamenti. –
- Grrrrazie, davvero gentile capitano. – borbottò cupo, ma sorrise di nascosto, ringraziando l’amico per
quell’inaspettato gesto “comprensivo”. Yuri sorrise di nuovo, sospirando.
Nello stesso istante entrarono nella stanza Serjei e Ivan,
pronti per allenarsi assieme agli altri.
- Ci alleniamo o no? – chiese il
biondo laconico, incrociando le braccia al petto; il capitano annuì.
- Ma guarda chi c’è da subito oggi!
– sogghignò il quarto membro dei Neoborg, guardando Boris –
Ti sei degnato finalmente! –
- Evita Ivan, non ho voglia di replicare. – rispose tranquillo.
- Uuuh, che atteggiamento arrendevole! – lo schernì,
avvicinandosi poi con fare indagatore – Non è che con
questo c’entra Katia, vero? –
Boris non cambiò espressione, anche se s’irrigidì come un
baccalà. Che scemo, era ovvio che il problema non era
che lo scoprisse Yuri, che al massimo avrebbe sorriso divertito (ridere sarebbe
stato davvero troppo!), ma quegli altri due deficienti.
“Aiuto…! (gocciolone)”.
- Guarda che l’ ho notato che è un
po’ che le ronzi attorno, sai? – ridacchiò con aria furba - Non
è che stai prendendo la mia stessa opinione sul suo conto? –
Calò il silenzio. Serjei trattenne uno sbuffo che doveva
simulare una risata, mentre Yuri sospirò rassegnato; Boris fissò Ivan qualche
istante per poi guardare il rosso (con una goccia di sudore grossa come lui che
gli spuntava sulla testa ^^””).
- … L’ ho detto che l’unico che non
poteva accorgersene era un idiota… -
Subito dopo l’allenamento di squadra Boris si recò nella stanza
della ragazza: una volta raggiunta entrò senza bussare come era
ormai solito fare (Della serie: le buone maniere sono all’ordine del giorno…
ndRia) e, come sempre, trovò la ragazza pronta per andare ad allenarsi.
- Allora, andiamo? – disse lei tranquillamente.
- Aspetta, prima devo dirti una
cosa. – la fermò serio.
- C’è qualche problema? – chiese preoccupata.
- No, tranquilla. – le assicurò avvicinandosi – Volevo solo dirti che ho parlato con Yuri e mi ha detto che puoi
rimanere finchè vuoi, anche perché… -
- “Anche perché” ? –
- Ha scoperto che ti alleno e che… - continuò leggermente
impacciato – Beh, che… che stiamo insieme… -
- C-cosa?! o///o –
- Sì, non so come ma lo sa… -
- E’ u-un problema per te che si sappia?
– domandò a bassa voce
Il ragazzo non rispose, si limitò
ad abbracciarla e a baciarle dolcemente la fronte.
Katia capì tutto quello che il ragazzo intendeva con quel
gesto: ormai lo conosceva, non parlava molto di certe cose e, a dire il vero,
non era nemmeno molto capace a esprimerle a parole, ma
a lei tutto andava bene così, lo amava perché era così, non avrebbe mai voluto
cambiarlo.
Improvvisamente alla ragazza venne un dubbio.
- A Serjei e Ivan andrà bene che io rimanga
ancora qui? – chiese allontanandosi appena da lui.
- Credo proprio di sì, ormai sei come di famiglia per quei
due. – sospirò tra il divertito e il rassegnato.
- Non scherzare… - disse cercando di mascherare l’evidente
imbarazzo, Boris trattenne un risolino – Ehi, non mi prendere in giro! – sbottò
lei.
I due rimasero in silenzio per alcuni istanti: poi la
ragazza si morse il labbro.
- Anche Serjei e Ivan… Sanno di noi
due? – domandò timidamente
- Purtroppo Serjei lo sa… Spero proprio che non lo capisca anche Ivan! – affermò – Non
smetterebbe di sfottermi… -
Katia non rispose a quella dichiarazione del russo, ma
rimase in silenzio con un’espressione tra il serio e il triste: Boris, nel
vederla, sorrise facendole una carezza alla guancia, non era ancora abituato
all’idea del peso che potevano avere le sue parole per
la ragazza.
- Anche se lo sapessero e mi
deridessero non me ne importerebbe un bel niente – dichiarò serio – Ti amo e
non mi vergogno di questo. –
Quelle parole spiazzarono la biondina: il ragazzo non le
aveva mai detto niente di simile, tanto meno le aveva
detto a parole quello che provava.
- Anch’io… anch’io ti amo… -
I due si scambiarono un lungo bacio, al termine del quale
rimasero abbracciati in silenzio alcuni minuti; poi Katia si allontanò
leggermente dal petto del ragazzo.
- Allora, maestro, andiamo ad allenarci o no? –
chiese lei sorridendo
- Ok, andiamo. – disse prendendola
per mano e conducendola fuori dalla stanza.
Percorrendo i corridoi Boris non lasciò mai la mano della
ragazza: giunti alla stanza degli allenamenti il ragazzo chiuse la porta pronto a iniziare le lezioni.
- D’ora in poi intensificheremo gli
allenamenti – sentenziò lui – Vogliamo vincerlo quel torneo? –
- Certo! ^^ -
Passarono altre due settimane. Gli allenamenti per Katia si erano
fatti più intensi e lei passava gran parte dei momenti liberi a riposarsi per
recuperare le energie, ma non si lamentava mai. Certo, anche se era un insegnate severo, Boris tentava in tutti i modi di non
esagerare con lei, ma non era così semplice; infatti, dopo i primi allenamenti
nella sala insonorizzata, i due si erano spostati in altre stanze, dove fosse
possibile aumentare il rumore circostante: l’incontro non si sarebbe certo
svolto in un silenzio di tomba, Katia doveva abituarsi a seguire il suo bey
anche in mezzo al chiasso, proprio come faceva per tutte le altre azioni della
vita quotidiana.
Tutto questo però era molto stancante e costava alla ragazza
un grande sforzo di concentrazione, purtroppo necessario.
Nell’ultimo periodo Katia smise sempre più spesso di
partecipare agli allenamenti dei ragazzi. Quando non si presentava, Yuri
bloccava Boris con un semplice “com’è?”, a cui il compagno rispondeva facendo
spallucce, segno che Katia era solo stanca; allo
stesso modo rispondeva alle occhiate oblique di Serjei, mentre Ivan, a cui
ormai era stato costretto a dire la verità ( - No! Non tu, non con te,
ma perché ç___ç?! -), lo punzecchiava, rischiando ogni
qualvolta di venire linciato.
Quando Boris era libero e né lui né Katia si allenavano,
trascorrevano il tempo insieme, come sempre; ma l’atmosfera che si respirava
tra i due era decisamente diversa: Yuri avrebbe potuto
giurare di non aver mai visto Boris così felice, quando parlava con la ragazza
aveva un sorriso talmente sincero da sembrare un bambino. (Bleah,
come sono sdolcinati XP! ndIvan – Ammettilo che
vorresti essere al suo posto ^-^+ ndRia_furbetta - … … -\\-“ ndIvan – Ehm…
^^””” ndKatia - Azzardati… +___+** ndBo – Niente omicidi, prego. ndJM). Era
come se tra loro si fosse creato da zero un rapporto nuovo. Boris si trovava
anche a parlare del suo passato, anche se sempre in maniera vaga (e Katia,
sentendo la sua voce quando si apriva un discorso, non chiedeva più del
necessario), invece della ragazza sapeva tutto: di Bergen, dei suoi, morti anni
prima in un incidente, della sua vita a Mosca, di quella in Norvegia…
L’unica, singola cosa che Katia non aveva mai detto, era
come fosse diventata cieca.
Era vero che Boris non le aveva mai chiesto nulla, ma lei
non ne aveva mai fatto neanche un accenno. Eppure, non sapeva perché, il ragazzo aspettava l’occasione
giusta per chiederglielo.
Successe un pomeriggio esattamente una settimana prima del
torneo. Lui e Katia erano seduti fuori dal Monastero,
sotto il pino che tanto piaceva alla ragazza; lei stava parlottando animata sul
periodo in cui stava a Mosca, stretta dal ragazzo con un braccio.
Ad un certo punto, soprappensiero, Boris le sfiorò palpebre
con la mano che le cingeva le spalle, facendola trasalire un istante.
- … … Senti Katia… -
- Uhm? Cosa c’è? –
- … Volevo chiederti una cosa. –
- Dimmi ^^. – gli sorrise
dolcemente, sollevando un poco la testa.
Boris tacque un momento, fermando un dito vicino all’occhio
sinistro della ragazza.
- Questi… Sì, insomma, com’è successo? –
Katia non rispose subito. Rimase un attimo
ferma, mordicchiandosi il labbro, quindi si appoggiò sospirando al
moscovita.
- … Quando avevo dieci anni andavo
spesso a giocare vicino ad un vecchio palazzo poco distante da casa mia; il signor
Bergen mi diceva sempre di non andarci perché era isolato, ma io avevo un amico
che se ne stava sempre lì da solo e volevo fargli compagnia. –
- Un amico? –
- Diciamo così ^^. A quell’epoca mi allenavo tutti i giorni
a beyblade e, visto che anche lui ne aveva uno, lo
invitavo a giocare con me: aveva sempre un’espressione triste e corrucciata, ma
mi sembrava si sentisse un po’ meglio dopo una sfida.
Un giorno, però, non lo trovai; in compenso, al solito posto
dove lo incontravo c’erano degli uomini, che appena mi videro mi presero e mi
portarono via. Mi trascinarono nel vecchio palazzo giù per delle scale, finchè
non arrivò un uomo che doveva essere il loro capo, o qualcosa di simile. –
s’interruppe, scossa da un tremito lieve; doveva essere difficile ricordare
quell’episodio – Lui mi disse che non avevano
intenzione di farmi del male, volevano solamente analizzare il mio bey e il mio
gioco e poi mi avrebbero lasciata andare.
Ovviamente era una frottola e lo sapevo, ero davvero
spaventata, ma non avevo altra scelta e accettai. –
La ragazza si fermò un istante. Boris la fissò,
stringendola col braccio, finchè lei non riprese.
- Mi fecero disputare un incontro.
All’inizio mi sembrava davvero una sfida innocente, anzi non mi stavo neppure
chiedendo se fosse normale o meno, volevo solo
andarmene; all’improvviso però l’uomo che mi aveva proposto la gara sussurrò
qualcosa all’orecchio del mio sfidante e… E… -
Katia tacque; si strinse nelle spalle, tremando appena, e
Boris le accarezzò delicatamente una guancia: lei parve calmarsi un pochino.
- Se non vuoi continuare fa lo stesso, io…
- ma la bionda scosse la testa.
- E’ tutto a posto. –
- … Poi che è successo? –
- Non sono sicura, non ricordo
molto bene. Sicuramente, dopo che aveva ricevuto l’ordine, quel ragazzo contro cui lottavo lanciò il suo bey e… Mi colpì. –
- Cosa?! – Katia annuì e la voce le
s’incrinò lievemente.
- Fu… Un colpo forte… E preciso. Mi centrò intenzionalmente
al viso. Guardandomi con… Quegli occhi…! Freddi e taglienti… Mi vengono i
brividi se ci ripenso! –
- Però… Tu non hai visto chi è
stato? –
- No… - disse mesta – Per tutto il tempo
il capo ha tenuto il volto coperto e anche il mio avversario ha duellato
restando in una zona d’ombra. Oltretutto, dopo il colpo sono
caduta battendo la testa e ho perso i sensi; quando ripresi conoscenza ero già
all’ospedale.
Era stato quell’uomo a portarmi lì, mi disse
che ormai non servivo più nello stato in cui mi trovavo. All’inizio non capii le
sue parole, finchè non sentii le bende attorno al mio viso… E mi accorsi che
non riuscivo a vedere né lui né altro, se non il buio. –
Katia si lasciò sfuggire un
singhiozzo soffocato, nascondendosi contro la spalla di Boris, che sentì due
lacrime bagnargli le dita.
- La cosa… Che mi fa più rabbia… - mormorò a stento – E’
quell’uomo… Così crudele, rise quando scoppiai a
piangere terrorizzata perché non ci vedevo, dandomi della “ragazzina”…! Mi
chiedo con che scusa assurda sia riuscito a rimanere lì finchè non è arrivato
il signor Bergen! E poi… Quel ragazzino, il mio
sfidante… C’era, sai? Me lo disse quell’uomo mentre
usciva, che era venuto anche lui apposta per deridermi…
Ero… Così furiosa, spaventata… Che mi allungai nella
direzione da cui sentivo le voci di quei due e cominciai ad urlare contro quel
ragazzino… Urlavo e piangevo, quasi mi gettai giù dal letto… -
La ragazza smise di raccontare, lasciandosi solo
abbracciare. Ma mentre la stringeva, Boris ripensò un
istante all’ultima frase che aveva detto.
- … Odio! Sei orribile… -
Proprio in quell’istante avvertì un’improvvisa fitta alla
testa, che lo costrinse a tenersela con la mano un istante.
- Cosa c’è? Stai bene? – chiese
preoccupata.
- Sì… - mormorò, riaprendo gli occhi – Tutto ok, non era niente.
– la guardò, asciugandole le ultime lacrime – Tu piuttosto? Era meglio se non
ti chiedevo niente… -
- Ma no ^^! – rispose, fregandosi
leggermente gli occhi – Era giusto che te lo dicessi. –
Allegra lo baciò e si alzò in piedi porgendogli le mani; Boris
si lasciò sfuggire un sospiro e la seguì, ma non
smetteva di pensare a quel che era successo poco prima, tenendosi una mano alla
fronte.
“Mi era sembrato… Ma no, mi sarò
sbagliato…”.
Il pensiero però lasciò ben presto la mente del moscovita,
fino a che non divenne sera: uno strano senso d’agitazione cominciò allora a
prendere Boris, e quella notte si rigirò nel letto per ore prima di
addormentarsi. Quando finalmente riuscì a prendere
sonno avvertì la sgradevole sensazione che quella non sarebbe stata la
tranquilla nottata di riposo che si meritava.
La prima cosa che vide appena cominciò a sognare fu il
bianco: un’immensa, infinita e terrorizzante distesa bianca. A poco a poco,
però, davanti a lui si delineò una vista tristemente
famigliare, il Monastero della Borg, ma non l’edificio dove viveva ora con gli
altri, bensì il monastero di tanti anni prima, la galera della sua infanzia.
Il primo istinto del moscovita fu di allontanarsi
all’istante e scappare, ma ovviamente non potè. Era quella la cosa che Boris
odiava dei sogni, non potevi gestirli!
Il paesaggio che vedeva cominciò a farsi più nitido e
vicino, l’edificio ormai si distingueva perfettamente: i muri austeri
s’innalzavano sinistri dalla neve bianco accecante, gelida
come il vento che sferzava irregolare il terreno. Esattamente come un tempo lo spiazzo di fronte all’ingresso era spazzato alla
perfezione, lasciando intravedere l’acciottolato ben lavorato; il portone
arcuato, imponente nella sua grandezza, era abbastanza pulito, ma saldamente
chiuso dall’interno, l’emblema della prigione che custodiva.
Il sogno cambiò lentamente scenario, scostandosi lungo il
muro ovest: le lesene e i vari artifizi della facciata svanivano, lasciando
spazio alla pietra maltenuta e spoglia della parete nord-ovest, da dove, al
livello del terreno, facevano timidamente capolino le
grate delle prigioni sotterranee. Fu lì che l’immagine del sogno si fermò.
- Avanti, non sei ancora riuscito ad aprirlo?! – sbottò la voce roca di un ragazzino – Guarda che sei
pesante!! -
Sullo spiazzo non c’era nessuno. L’immagine del sogno si
spostò ancora un po’, quasi scrutando dietro una finestrella che spuntava dal
pianterreno; da dentro si sentivano delle voci soffocate, e le sbarre che
chiudevano la finestra… Si muovevano.
- E sta zitto! – rimbrottò al primo
un secondo mocciosetto che, in piedi sulle sue spalle, tentava di sconficcare
le inferriate di metallo dalla pietra – Guarda che non
è facile! -
- Finitela entrambi! – ringhiò un terzo ragazzino, in piedi
dietro ai due, come a fare il palo – Volete che ci
becchino?! -
La visuale si fece ancor più vicina. Boris sentì di
sobbalzare un istante, quello non era un sogno, era un ricordo. E quel
ragazzino con l’aria strafottente, che sembrava così concentrato a sradicare le
sbarre, era lui a dieci anni, nel suo ultimo tentativo di fuga coi ragazzi, mentre quello su cui stava in piedi, i capelli
biondo scuro tutti scompigliati, era Serjei.
- Insomma, la smetti di agitarti a
questo modo?! – sibilò l’undicenne stritolando le caviglie di Boris in una
morsa– Vuoi strangolarmi?! -
- Sì, se così potessi riuscire a chiuderti il becco! – il
biondo lo fulminò con un’occhiataccia, stringendo ancora la presa, stizzito –
Ahio, e finiscila!! –
- Ma porca miseria, la piantate con questo baccano?!? – gli strigliò velenoso l’altro ragazzino, che altri non
era che Yuri – E’ la nostra unica occasione, lo capite o no?!
Non la possiamo sprecare! -
I due guardarono apprensivi il loro futuro capitano, il viso ancora infantile già segnato dalla fatica
e dalla rabbia, incorniciato in un corto taglio rosso sangue. Annuirono.
- … Scusa. – borbottò Boris, voltando la testa ai severi
occhi ametista dell’amico, troppo duri per un ragazzino di dieci anni.
Calò un silenzio ovattato, interrotto solo dal ritmico
scrollare di Boris e dallo sfregare contro il muro della tuta di Yuri, che si
sporgeva per controllare se il piccolo Ivan, in fondo al corridoio, avesse dei problemi.
Qualche minuto dopo finalmente la grata cedette con un colpo
secco; Boris trattenne a stento un urlo di trionfo, poggiando con delicatezza
le sbarre su un lato dell’apertura. Sia lui che gli altri fremettero un
istante, vedendosi aperta davanti la strada della libertà, ma un rumore
sinistro gelò il loro entusiasmo.
Preoccupato Yuri si affacciò dall’angolo, sentendo dei
borbottii cupi e dei passi; dopo qualche secondo Ivan, piccolo e gracile nei
suoi nove anni, corse nella loro direzione pallido in
volto, senza fiato: li avevano scoperti!
- Maledizione…! –
Trattenendo a
stento un tremito nella voce il rosso fece un rapido cenno agli altri due,
dando uno strano segno a Serjei, che annuì, e poi
schizzò dietro ad Ivan; Boris digrignò i denti, furibondo, ma non riuscì a
scendere, perché l’amico lo spinse di peso nel pertugio del muro.
- SERJEI! CHE CAVOLO…?!? –
- Squagliatela almeno te. –
E senza aggiungere altro, obbedito
all’ordine di Yuri, seguì gli altri. Boris imprecò qualcosa scocciato, pronto a
raggiungerli, ma un gruppo di uomini di Vorkof passò
proprio in quell’istante davanti all’apertura, costringendolo a rintanarcisi
dentro.
Quando quelli se ne furono andati
Boris si affacciò titubante verso l’interno dell’edificio, ma tutto taceva;
lentamente si voltò e uscì gattonando, trovandosi finalmente all’esterno.
Il ragazzino respirò l’aria gelida, rabbrividendo da capo a
piedi e chinò la testa, triste: “Squagliatela almeno te…”,
ma che cavolo stava dicendo Serj?! E Yuri, era disposto a restare lì, bastava
che un compagno scappasse?! Davvero secondo loro lui
poteva andarsene abbandonandoli?!
Furibondo prese Falborg dalla custodia appesa alla cintura:
fissò rabbioso lo stemma del Bit-power stritolando la trottola nel palmo, poi
la caricò e la lanciò contro la parete; il bey, per il colpo scoordinato,
rimbalzò all’impatto finendo violentemente nella neve. Il ragazzino lo
raccolse, furibondo, e lo rilanciò ancora. Ancora, ancora, ancora e ancora,
finchè ormai esausto e col fiatone, reggendosi a malapena sulle ginocchia
tremanti, perse la presa dal lanciatore e lo lasciò cadere a terra, le mani
rosse per il freddo e lo sforzo.
Si sedette pesantemente nella neve, fissando il suo bey che
giaceva poco distante inerme, il disco d’attacco praticamente
fracassato.
- Ehi,
ma si può sapere cos’ hai combinato?!?! -
Inizialmente, sentendo quell’urlo nei suoi confronti, Boris
ebbe un visibile sussulto, ma riprendendosi subito quando si rese conto che la
voce non era né di Vorkof né dei suoi, bensì di una bambina all’incirca della
sua età.
- Guarda che hai fatto…! – mormorò scioccata,
superando il russo e raccogliendo amorevolmente Falborg – Ma che ti è saltato in mente di trattare così il tuo bey?!? -
Lo guardò male, ma Boris sembrò non badarci, anzi, se
possibile la guardò ancora più arcigno.
Chi è…?
Che strano, non riesco a
vedere bene il suo viso…
Ah, ma certo… Se questo è un ricordo, è possibile che qualcosa mi sia più
chiaro e qualcos’altro meno…
- Ma cosa te ne frega?! È il mio
bey e ci faccio quello che mi pare!! –
Con malagrazia strappò la trottola dalle mani della
ragazzina e se la infilò nuovamente nella custodia, sedendosi poi con aria
stizzita contro la parete del Monastero.
Questo ricordo… Sì, quella volta che abbiamo provato a
fuggire…M a chi è quella bambina? Non me la ricordo…! Chi accidenti è?!
La visuale del sogno si portò accanto a Boris bambino. Un
istante dopo, il Boris del passato e quello sognate
del futuro erano diventati un unico corpo.
Ci mancava solo questa rompiscatole… Vabbè, ora non è lei
il mio problema, ma dover stare qui finchè non sarò sicuro che è tutto tranquillo.
Sicuramente gli altri sono già stati presi e puniti…
Accidenti…
- … E ora che cavolo vuoi? –
questa ragazzina è ancora qui, ma perché adesso mi fissa con quell’aria seria?
- … Perché te ne stai qui tutto
solo? –
- Perché mi va, sparisci! –
accidenti che seccatura! Ma perché non ti levi dalle scatole, mocciosa?!
- Non ti ho mai visto da queste parti,
sei nuovo?-
- Io ho sempre vissuto qui, rompiscatole, e ora vattene!
– ma che vuole questa?! E ora che ha da sorridere?!
- Qui? Ma non ci sono case! –
Ovvio che non ci sono case, stupida! Dove le mettevano col Monastero tra le
scatole?! – Non dirmi che
vivi in questo palazzone, è abbandonato! –
- Ma porca miseria, te ne vai?!
–
- No, finchè non mi dici perché sei tanto arrabbiato! –
Ma che sta dicendo questa?E’ scema?!
Saranno fatti miei, no?
Mi si avvicina ancora, si accuccia davanti a me. Io provo
ad ignorarla, magari se ne và.
- E’ perché non riesci a giocare bene col tuo beyblade? –
La guardo e scoppio a ridere amaramente, magari non sapessi usarlo il bey!
- Giocare? Io non ci gioco, ci combatto.
E comunque sono bravissimo, non è per questo che sono
arrabbiato. Ora sparisci, zecca! –
- Sei bravissimo? – fa un sorriso divertito; sta tenendo
qualcosa di famigliare in mano – Non ci credo neppure se me lo giuri! –
- Ah no?! – questo è troppo! –
Cos’è, vuoi che te lo dimostri?! –
Sembra di sì. Mi mostra il bey che, come mi sembrava, ha
in mano.
- Non chiedo di meglio ^^! –
Così ci sfidiamo. La prima volta sono
nervoso e lo faccio di malavoglia, così non mi concentro. Pareggio, per
fortuna, lo ammetto.
Voglio riprovarci; lei accetta, sembra contenta. Una, due, tre, dieci volte la sfido. Pareggiamo sempre.
Le prime volte mi stavo infuriando, invece lei rideva, dicendo che era divertente battersi con me; alla fine ho
cominciato a ridere anch’io.
Dopo un po’ abbiamo cominciato a parlare. O meglio, parlava lei. A raffica, mamma mia, ma come si
spegne questa?
Però non è
male, mi sembra di essere un bambino come tutti.
Non mi accorgo che passano le ore, ma al tramonto lei se
ne va via. Parentesi di vita finita, è ora di rientrare per la punizione.
- Domani sei di nuovo qui, vero ^^? –
- Come? –
- Qui ^^! Ti aspetto, d’accordo? Così potremo giocare
ancora insieme ^^! –
La fisso senza
risponderle, facendo spallucce: sì, sì, brava, speraci…
Ho già la testa quasi nel buco nel muro, quando qualcosa
mi colpisce dietro la nuca e finisco con la faccia nella neve.
- Ehi…! – mi volto, quella scema ancora con della neve
nel palmo della mano – Ma che cavolo fai?!? –
- Domani devi tornare! – mi indica
ammiccando – Non smetterò di venire finchè non mi dirai che ti diverti a
giocare a bey ^-^! –
la guardo come
fosse matta, ma lei mi ignora e, salutandomi, se ne va.
“… Ma chi è quella? (gocciolone)”.
Torno dentro. Appena Vorkof e compagnia
mi vedono mi sbattono in una cella, dopo avermi punito
per bene. Scontano. Ho solo dieci anni, ma di botte ne ho prese mai tante che
ormai non ci faccio più caso.
È di quello di cui parla Yuri che mi agita. Quando
vengono a liberarmi e posso tornare nella stanza di noi quattro, gli altri sono
già in riunione; non hanno un bell’aspetto, soprattutto Ivan, essendo più
piccolo una sberla lo fa ancora piangere, e sinceramente
non è molto bravo a fingere di resistere. Come previsto lui è sorpreso di
rivedermi, credeva me la fossi filata via; Serjei
invece è rassegnato, se lo aspettava. Yuri invece mi strapazza, dice che non dovevo pensare a loro, ma vedendo la mia faccia
rinuncia a sgridarmi.
- Lasciamo perdere l’uscita
dalla finestra. – dice dopo, serio – Siamo già sotto sorveglianza, se facessimo
qualcosa di strano sarebbe la fine. –
- E… E allora? – la voce di Ivan trema un po’; Yuri scuote la testa: “Si resta qui.”.
Restare lì. Rinunciare. Definitivamente. Ma che bella notizia! Sbuffo, saltando sulla mia branda e
cerco di dormire; sento gli occhi punti da lacrime di rabbia che eviterò
ASSOLUTAMENTE di far uscire, che figura ci farei?
Dobbiamo essere forti. Noi… Siamo i ragazzi della Borg.
Siamo forti per dovere.
Passa la notte. Giorno. Dove
sono?
Di nuovo davanti a quella finestra… Ho fatto in modo di
non farmi vedere… Perché sono qui? Non lo so, mi ci hanno portato le gambe.
Mi arrampico nell’apertura della finestra ed esco fuori;
c’è bel tempo. Mi guardo attorno, ma non c’è nessuno.
Che nervi, sono venuto qui senza
saperne bene il motivo, rischiando anche guai megagalattici, ora che perlomeno
quella stupida di ieri dovrebbe esserci e rendere utile questa cretinata non c’è?!
Al diavolo! Decido di rientrare, sono furibondo!
- Ciao ^^! Allora sei tornato! –
Mi volto, all’inizio sono sorpreso di vederla, ma poi le
mostro la mia migliore faccia cattiva.
- Ma allora sei venuta sul
serio… -
- Certo ^^! – la fisso, ha un bel
sorriso… E’ la prima volta che penso che qualcuno abbia un bel sorriso, anzi, è
la prima volta che ne vedo uno così sincero – Allora, ti va una sfida? –
Annuisco. Per la prima volta sorrido anch’io.
Così il giorno dopo. E quello
dopo, e quello dopo ancora. Lei non mi chiede mai il mio
nome, io faccio altrettanto. Non è indispensabile saperlo.
Ormai non m’interessa più se Vorkof mi scopre a saltare
gli allenamenti e mi punisce, l’importante è che non scopra dove vado.
Sono ancora un bambino, è normale che succeda così: per
la prima volta… Ho un’amica… Vera, libera dal mio inferno…
Voglio vederla.
Oggi. Domani e dopodomani.
Ogni giorno l’aspetto, lei arriva sorridendo. Ci sfidiamo, giochiamo, parliamo, lei ride, io sorrido. Sto
bene.
Non voglio perdere tutto questo.
Oggi mi ha anche scoperto Yuri. Ovviamente mi ha
minacciato, dicendo che è una follia continuare questa
farsa. Neanche a dirlo, non gli do retta.
Che dica quello che vuole, non
m’interessa!
Io voglio rivedere quella bambina…
Voglio che mi sorrida di nuovo. Voglio sentirmi ancora un
bambino, solo per un po’. È quello che sono,
dannazione!
“Però ho paura… Se lo scoprissero,
se la scoprissero… Cosa… Cosa…?”.
Quando oggi sono uscito fuori dal Monastero, non c’era. Mi sono
seduto contro il muro, probabilmente è in ritardo. D’altra parte lo ero
anch’io, quelle schifose delle guardie avevano pattugliato la zona vicino al
mio passaggio per ore!
L’ ho aspettata per tutto il giorno, ma non s’è vista. Che strano…
Arriva il tramonto, niente, ormai non
arriva più. Rientro, cercando di non fare caso a quella giornata. Magari ha avuto un problema a
casa… Sì…
- Boris Kuznetov. -
Il ragazzino, che si stava allontanando dalla sua “uscita personale”,
si voltò a guardare l’uomo alle sue spalle con freddezza, anche se pallido in
volto; pregò che il timore per essere stato scoperto non trasparisse fuori.
- Ti sta cercando il signor Vorkof. – continuò
la guardia, guardando accigliata l’espressione arrogante del ragazzino – Vuole
vederti immediatamente. -
- Sì. –
Obbediente si diresse dalla parte opposta del corridoio,
l’uomo alle costole per sorvegliarlo.
Chissà perché Vorkof lo voleva? Vabbè, tanto qualunque cosa
fosse stata, non sarebbe stata una scampagnata.
I due arrivarono ben presto di fronte all’ufficio del falso
monaco. La porta era lucida e brillava del bagliore tremulo delle luci del corridoio; sentendo la paura cominciare a stringergli lo
stomaco Boris prese nella mano tremante la maniglia, ed entrò.
Vorkof sedeva con aria soddisfatta alla sua scrivania, il
viso appoggiato alle mani una perfetta e falsa maschera di cordialità; appena
vide Boris gli sorrise in maniera per nulla
rincuorante, andandogli incontro.
- Lieto di vederti, Boris. – disse mellifluo.
- Salve, signore. – rispose
meccanicamente, più educatamente che poteva. L’uomo sospirò, senza
smettere di sorridere.
- Mio caro Boris, anche oggi sei sparito nel nulla, non è
vero? – il ragazzino chinò appena la testa e il tono di Vorkof s’indurì –
Boris? –
- Sissignore. – mormorò stringendo i pungi.
Il sorriso dell’uomo si allargò.
- Sai che adesso ti aspetta una punizione, vero? – il
ragazzino annuì, tentando di non tremare – e anche i tuoi compagni, che non ti sorvegliano come si deve… -
Boris alzò la testa di scatto, impallidendo.
- S-s-signore…! –
- La Borg non può avere tra le sue fila elementi deboli. –
continuò indifferente – E i forti si possono forgiare
solo con duro allenamento e disciplina ferrea! –
Sorrise gelido. Boris sentì la bocca seccarsi, voleva
rispondere qualcosa, ma non riusciva ad emettere alcun suono.
– Certamente tu, che hai saltato tanti allenamenti, dovresti
ormai essere tornato debole… - lo guardò dritto negli
occhi – O forse mi sbaglio? –
Boris provò a sostenere il suo sguardo, fissandolo duramente
coi suoi occhi verdi; Vorkof trattenne un risolino,
voltandosi.
- Parrebbe di sì, dalla tua faccia! O
è solo orgoglio? – lo guardò nuovamente – Sapresti
dimostrarmi se ho ragione o no? –
Una proposta strana, una proposta
sospetta. Ecco cos’era ciò che gli aveva detto Vorkof.
“Se vincerai un incontro contro un
avversario a mio piacere, non punirò nessuno…”. Sicuramente! E contro chi l’avrebbe fatto combattere?! Contro Yuri?! O contro Serjei?!
Certo Boris non aveva molta scelta. Obbediente seguì il suo
capo fino ad una stanza, avvolta nella semioscurità; l’unica fonte di luce era
un grosso faro, puntato direttamente su un Beyblade Stadium di medie
dimensioni, al centro della stanza.
- Tieniti pronto. –
Il ragazzino annuì. Dalla parte opposta del campo apparve
un’altra figura, che inaspettatamente, benché non la vedesse in viso, non era
né Yuri, né Serjei o Ivan.
- IN POSIZIONE! –
Boris obbedì all’istante; il suo avversario, invece, c’impiegò
qualche secondo. Nonostante il buio, Boris capì che
tremava lievemente.
- Non ci sono limiti di tempo, né altre regole a questa
sfida. Perde il blader che non mantiene più in gioco il bey. – disse tranquillo
– Oh, solo una cosa… Esigo che ci sia il silenzio
assoluto. –
Boris si voltò, fissandolo stranito.
- Ma s… -
- Non-un-fiato, ragazzini. – sibilò
severo – O passerete dei guai. –
Il piccolo moscovita annuì, deglutendo a vuoto.
Al via l’incontro iniziò. Senza troppe
cerimonie Falborg cominciò a colpire il beyblade avversario, che risultava difficile da vedere per la luce, che creava
riflessi fastidiosi coi lucidi dischi d’attacco.
Fin da subito Boris si ritrovò in vantaggio: con
aggressività continuava a colpire l’altro bey, danneggiandolo con foga e
colpendolo anche con tattiche sleali. Il ragazzino sentì l’avversario che si
stava trattenendo dal protestare, ma a lui non interessava, doveva vincere e
basta.
Ad un certo punto sentì Vorkof avvicinarsi al suo orecchio.
- Colpisci il tuo avversario. - bisbigliò perentorio –
Adesso. –
Boris s’irrigidì. Scosse però
istantaneamente la testa, che gli succedeva? Che lo volesse
o meno, era un blader della Borg, cose del genere erano ordinaria
amministrazione.
Si concentrò. Lo sguardo da serio divenne freddo e spietato,
mentre accompagnava con un gesto della mano i movimenti di Falborg.
“ADESSO!”
Con uno scatto improvviso la trottola azzurro ghiaccio
scartò quella avversaria, gettandosi verso l’unico
punto di ombra totale dell’avversario, e perciò l’unico che gli occhi di Boris,
confusi da quei giochi di luci e buio della stanza, riuscivano ad individuare
chiaramente: la testa.
La sala fu attraversata per un paio di secondi da un urlo
soffocato, che fece sobbalzare Boris; un tonfo, poi più nulla. Richiamando
Falborg il russo rimase a fissare la zona d’ombra lasciata dal suo avversario,
che non si muoveva più.
“Quello… Non è che… Era…?”.
- Perfetto, Boris! -
Il signor Vorkof mi afferra un braccio, gettandomi praticamente in braccio ad un suo uomo. Questo gli fa un
cenno e mi trascina via.
Due minuti dopo sono di nuovo nella mia
stanza, anzi, ci sono molto finemente lanciato dentro.
Ammaccato mi rialzo, guardandomi
attorno, i ragazzi non ci sono ancora, probabilmente si stanno ancora
allenando…
Dolorante mi vado a sedere sulla
mia branda e resto immobile per ore. Gli altri rientrano
quando ormai la stanza è buia per la notte.
- Dorme? – sento Serj, laconico. Non gli risponde
nessuno.
- Boris…? -
- Che vuoi Yuri? -
- Guardavo se eri sveglio. -
- Ora sì. – rispondo seccato.
- Tutto ok?-
- Sì… -
Il mio capitano non dice altro, avviandosi alla sua
branda e
gettandocisi sopra a peso morto per dormire. Io faccio altrettanto.
Passano due giorni. Non posso più
uscire dalla finestrella, Vorkof l’ ha fatta sbarrare di nuovo.
Io però ci sono andato lo stesso ogni momento che potevo,
volevo almeno dirle che non potevo più venire…
Ma lei non s’è
vista.
Il terzo giorno.
Il signor Vorkof mi ha fatto venire via dagli allenamenti;
mi ha fatto salire velocemente in macchina e mi ha portato in un ospedale lì
vicino.
Sono spaventato. Io sto bene, perché dovrebbe portarmi
qui? Ho una brutta sensazione…
- Avanti, muoviti! –
Con voce imperiosa l’uomo fece
strada al ragazzino per corridoi vuoti e silenziosi, un lontano cicaleggio
faceva solamente da sottofondo ai loro passi. Boris trattenne quasi il fiato,
quell’odore di medicina e alcool gli dava allo
stomaco!
All’improvviso Vorkof si fermò. Fece cenno al ragazzino di
fermarsi e prese a parlare con un medico, entrando poi in una stanza lì
accanto. Boris rimase in attesa, obbediente.
Qualche minuto dopo Vorkof, che se n’era rimasto in piedi
vicino alla soglia, gli fece cenno di avvicinarsi.
- Avanti, perché piangi? – lo sentì dire maligno, mentre si
avvicinava; qualcuno, nella stanza, singhiozzava – Sono cose che accadono,
nella vita capita di fare cose che non si dovrebbero fare…
La tua è stata essere disattenta. -
- L’ ha fatto… Apposta… - singhiozzò ancora la voce, molto,
molto giovane; Boris tremò – GLIELO HAI ORDINATO TU!!!
-
- Oh, io ho solo detto al mio allievo di sconfiggerti!
Nient’altro… -
- BUGIARDO!!!!!! -
Quella voce… La conosceva…
“No, non è possibile…”.
- Oh, ma guarda ci c’è! – riprese Vorkof, vedendo Boris, sempre
ostentando quel suo sorriso falso – Perché non fate conoscenza, miei cari? –
Quando il ragazzino entrò nella
stanza si sentì quasi male.
Dentro non c’era quasi niente. Solo un lettino logoro.
E sopra una persona.
Anzi, una bambina.
Quella bambina.
- Ah… ah… - Boris boccheggiò
prendendo a tremare convulsamente, non era possibile, non voleva crederci!
- Ci sei anche tu lì, vero?! –
riprese a sbraitare la piccola, in lacrime, delle bende candide a coprirle il
viso da sopra il naso in su.
- Oh, sì, ci siamo tutti e due. – continuò calmissimo, mentre Boris, immobile come una statua,
guardava quella figurina strepitare, disperata.
- Maledetti… Vi odio! – urlò a pieni polmoni – e anche tu…
Perché?! Dovevi solo battermi! Sei cattivo, cattivo!! -
Boris avrebbe voluto discolparsi, avvicinarsi, chiedere
scusa, fare qualunque cosa. Invece rimase piantato lì,
mentre Vorkof sghignazzava sommessamente, per poi afferrarlo per la colotta e
tirarselo via.
In un moto di rabbia il ragazzino, gli occhi lucidi, fece per
voltarsi afferrando il polso dell’uomo come per stritolarglielo, ma quello fu
più veloce e gli bloccò la mano.
- E questo era solo un
avvertimento. – sibilò, lanciando un ultima occhiata
verso la porta. La bambina continuava a piangere.
- Ti odio, ti odio, TI ODIO! Sei
orribile! -
Fu in quell’istante che Boris si svegliò.
Soffocando un urlo si rizzò a sedere, madido di sudori
freddi e pallido come un cadavere; con affanno esasperato fissava un punto
indefinito del lenzuolo, stritolando quest’ultimo nei pugni chiusi. Si alzò con
uno scatto, tremante, e barcollando si diresse rapido in bagno; aperto il
rubinetto del lavello Boris riempì il palmo della mano d’acqua e se la schizzò
in viso per un ampio di volte senza smettere di ansimare.
Dopo qualche istante chiuse il rubinetto. Il respiro tornò a
poco a poco regolare, mentre lui si puntellava con le mani sul bordo del
lavandino.
Si guardò allo specchio poggiandoci contro un braccio.
- … Non è vero… -
Boris non dormi più. Vestitosi, era uscito e aveva vagato
per mezza Mosca, senza una mèta, finchè non era tornato a casa. Qui, appena
entrato, scese meccanicamente per una porta nascosta, una delle tante che
portava ai sotterranei ormai abbandonati: in trance
raggiunse una delle vecchie celle, appoggiandosi poi svogliatamente alle sbarre
di questa, e prese a fissare un punto di fronte a sé.
Non ci poteva credere… Voleva non doverci credere…
Ma era stato lui… Tutta la paura che Katia aveva provato, gli sforzi, le
delusioni, gli anni di buio… Erano tutti colpa sua…
A far soffrire di più la persona che amava… Era stato lui…
Boris strinse convulsamente la sbarra gelata nel freddo
della notte, per poi lasciarsi scivolare a terra e colpire con un pugno così
forte il pavimento che cominciò a uscirgli il sangue
dalle nocche.
- … Maledizione…
-
Continuò
a stringere il pugno, quanto avrebbe voluto in quell’istante svegliarsi nel
letto e scoprire che era stato tutto un incubo.
Il sangue
gli pulsava dai tagli sulle nocche e l’aria fredda e stantia gli invadeva i
polmoni, quello era molto peggio di un incubo… Colpì ancora più forte il
pavimento.
-
MALEDIZIONE! –
Quando
Katia si svegliò il sole era già sorto da un pezzo;
mentre si vestiva si domandò stupita il perché Boris non fosse venuto a
chiamarla per allenarsi, ma pensò che avesse deciso di lasciar perdere per una
mattina, visto che ultimamente erano entrambi molto stanchi.
Una volta
pronta aprì la porta della sua stanza e si diresse pian piano verso la sala dove si trovavano i ragazzi, seguendo il ronzio
dei bey in movimento.
- Katia!
– esclamò Ivan sorpreso, quando la vide arrivare – Che ci fai qui? –
- Ciao… -
-
Buongiorno! Ivan, Serj ^^. – disse sorridendo allegra – Per
la verità stavo cercando Boris, stamattina ve lo siete rubato voi per
caso ^^? –
La battuta cadde nel silenzio; i ragazzi fissarono Katia con
aria perplessa.
- Non era assieme a te? –
- … Cosa? – lei scosse un po’ la
testa, guardando il biondo confusa – No… -
- Quando siamo passati di fronte alla sua stanza non c’era… - continuò Ivan, mentre Yuri la fissava serio – Ed è
tutta la mattina che non lo vediamo… -
- Niente da fare… - disse Serj, entrando in cucina – Non c’è
da nessuna parte. –
Con un sospiro il ragazzo si chiuse la porta alle spalle,
andando a sedersi su una sedia tra Ivan e Katia, che se ne stava immobile con
aria preoccupata.
Per tutta la giornata avevano cercato Boris, ma sembrava
svanito nel nulla; ed era strano, anche se tra i ragazzi erano soliti farsi praticamente ognuno i fatti propri, era raro che uno di loro
sparisse così, oltretutto senza motivo apparente. Soprattutto era strano per
Boris.
- Non possiamo metterci a cercarlo per
tutta Mosca – fece Yuri laconico, in piedi a braccia conserte – è quasi
il tramonto e… -
Nello stesso momento si sentì il portone d’ingresso aprirsi.
Katia, sorridendo, schizzò in piedi e si avviò con cautela nel corridoio.
- Alleluia, il figliol prodigo! – rise Ivan, aiutando Katia
ad uscire. Sorrise di nuovo quando vide l’amico – Ma
si può sapere dove t’eri cacciato?! –
Yuri invece si fece serio. Non capiva perché, ma la figura
di Boris, immobile di fronte alla porta, gli sembrava strana.
- Ciao Bo! – esclamò contenta, andando verso il punto da cui
sentiva provenire lo spiffero della porta – Ma dove
sei stato?! Ero preoccupata!… -
Allungò una mano in direzione del moscovita, ma appena lo
sfiorò lui la spinse via di colpo, tanto che Katia si lasciò sfuggire un piccolissimo urletto.
- Stai lontana. – sibilò, freddo.
- Boris…? –
- Ehi, ma che fai?! – esclamò Ivan,
fissandolo scioccato quanto Serjei. Yuri taceva.
- Ho deciso che non ti allenerò più. – continuò secco –
D’ora in poi arrangiati. –
- MA CHE STAI DICENDO?! –
Katia era ammutolita. Teneva la testa rivolta verso
l’ingresso, immobile, come paralizzata. Boris sembrò non vederla neppure e , senza aggiungere altro, si voltò e uscì con uno schianto
della porta.
- Brutto… BORIS!! –
- Katia..?! –
Prima che Ivan uscisse e si desse
all’inseguimento del compagno, la bionda si era lasciata cadere per terra come
un sacco vuoto, continuando a tenersi stretta al petto la mano che il suo
ragazzo aveva scacciato.
- E-ehi…! – mormorò il ragazzino, inginocchiandosi accanto a
lei. Anche Serjei si avvicinò e la guardò, con aria un
po’ preoccupata, tremare come una foglia.
“Era… Boris quello? – pensò confusa – Quella voce… Tanto
fredda era Boris?” – Che gli… E’ successo..? –
Yuri fissò accigliato la porta chiusa, scambiandosi
un’occhiata coi compagni, per un istante Boris lo
aveva sconvolto, aveva uno sguardo gelido e crudele che non gli vedeva da
almeno due anni…
Quando era ancora un burattino
della Borg.
“Boris…”.
Passò una settimana.
Dopo “l’annuncio” che aveva fatto quel
pomeriggio Boris era scomparso: non tornava neppure per dormire o per mangiare,
e nonostante i suoi compagni avessero setacciato la città non erano riusciti a
trovarlo.
Questo non fece altro che aggiungere preoccupazioni al già
provato umore di Katia, che non riusciva assolutamente a dare una spiegazione
logica al comportamento del ragazzo. Nonostante questo
non volle desistere dall’allenarsi.
- Comunque vadano le cose, quel
premio è un’occasione troppo vicina e troppo importante per me, non posso
vanificare i miei sforzi… Né quelli di Boris. -
Lei, infatti, malgrado tutto
continuava a credere che ogni cosa si sarebbe risolta e continuava ad avere
fiducia nelle parole di affetto che Boris le aveva detto da quando stavano
insieme.
Così riprese da sola gli allenamenti, ma senza aiuto per lei
risultava molto difficile. Per questo, visto che non
aveva la minima intenzione di mollare, Yuri, Serjei e Ivan avevano
deciso di allenarla per quegli ultimi giorni.
Arrivò finalmente il giorno del torneo. Aiutata da Serjei,
Katia entrò ci ragazzi in un grosso stadio privato, accendendo i mormorii della
gente che vedeva i famosi Neoborg assieme a lei.
- Mi dispiace di avervi trascinati qui… - mormorò, mentre
passava all’uomo che prendeva le iscrizioni i suoi ultimi soldi. (Nei tornei privati di bey di solito ti tocca pagare
l’iscrizione… ndRia – l’ hai deciso tu -___o ndTutti – E allora? Qcno stressa
+___+? ndRia_armata_di_mitra – Chi? Noi?! Figurati ^^””””).
Serjei scosse la testa, grugnendo qualcosa che assomigliava
vagamente ad un “lascia perdere”.
- No, davvero… - continuò – Vi ho fatto anche perdere quasi
una settimana di allenamenti… -
- Vuoi farci un favore? – disse atono Yuri
senza voltarsi – Allora vinci questa buffonata. –
Katia rimase un istante ferma, poi
sorrise.
- Ecco a lei, signorina. – disse l’uomo del banco
iscrizioni, porgendole un tesserino plastificato. Poi la osservò da capo a
piedi, lasciandosi sfuggire un risolino di scherno –
Ma gareggia lei per davvero? -
Katia corrugò le sopracciglia, stritolando il cartellino nel
pugno.
- Ovviamente… -
- Se lo dice lei… - continuò, trattenendo un sorrisetto.
- Chiudi il becco! – gli sibilò contro Ivan, alzando il
pugno – Pezzo d’idiota, lei…! –
- Basta Ivan. – lo fermò il suo capitano, laconico – Andiamo
ora… -
Con un grugnito il ragazzo annuì e, fulminato l’uomo, seguì
i compagni in silenzio.
I quattro attraversarono i corridoi che portavano alla sala
dove si sarebbe svolto il girone di Katia, segnato sul cartellino: i
contendenti infatti non erano tantissimi, ma erano
stati separati in due blocchi.
Arrivarono di fronte all’ingresso per i partecipanti Katia
prese un bel respiro, doveva farsi coraggio: avrebbe
dovuto vincere per lei e per gli sforzi di Boris.
“Anche se si è comportato in quella
maniera…” pensò triste.
Si riprese subito dandosi dei leggeri schiaffetti sulle guance mentre veniva annunciato il suo nome: uscì
accompagnata da Ivan e salì i pochi gradini del campo da gioco tra la sorpresa
e i mormorii di tutti, controllò la distanza congedando con un sorriso l’amico,
che trotterellò via, e si preparò in posizione di lancio.
“Forza!”
Il primo scontro andò a gonfie vele per Katia, il suo
avversario non era forte: gli scontri successivi, anche se leggermente più
complicati, furono passati senza eccessive difficoltà per la bionda.
“Sarà dovuto ai suoi allenamenti…-
continuò a rimuginare triste, tra un incontro e l’altro. Scosse energicamente
la testa, pensare positivo! - Però
ora non posso dormire sugli allori, devo assolutamente farcela: manca un
incontro e poi sarò in finale.”.
Con la sua decisione e la voglia di vincere e guarire si
scrollò di dosso quei pensieri e fissò l'attenzione sugli scontri, non era il
caso di deconcentrarsi in quel momento, ormai mancava poco.
Così come la ragazza sperava passò
la semifinale. Seduta sola negli spogliatoi, si preparava mentalmente per
l’ultimo sforzo, senza che nessuno dei ragazzi, che erano scesi dalla
balconata, fiatasse neanche, lasciandola tranquilla.
Effettivamente Katia era un po’ nervosa, non conosceva il suo avversario, né
sapeva chi era, ma aveva solo un obbiettivo: vincere.
Passata la mezz’ora di pausa concessa prima delle finali,
Katia andò all’entrata del campo, congedò i Neoborg, che decisero di salire
nuovamente sul loggione per assistere all’incontro, e aspettò di essere
chiamata dall’annunciatore.
- Ci siamo…- affermò con un sussurro la ragazza
mentre la voce dello speaker iniziava a emergere tra le grida del
pubblico.
- Alla vostra destra la prima sfidante, la giovane che ha
sorpreso tutti per la sua bravura di blader, nonostante il… - l’annunciatore si
fermò un istante, senza sapere bene cosa dire; Katia sospirò seccata, in
qualunque modo l’avesse detto le avrebbe lo stesso fatto saltare i nervi –
“Problema” che l’affligge… KATIA SARATOV! -
Appena l’uomo pronunciò il suoi nome
la bionda cominciò ad avviarsi verso la pedana di gioco, tra applausi accennati
e qualche mormorio.
Sentendo quel fracasso, dal loggione, Ivan mandò un
grugnito.
- Tzs, pezzi di imbecilli… Gli
brucia di aver perso! – borbottò il possessore del Serpente, adocchiando a
bordo campo gli sconfitti, che fissavano Katia con occhi di fuoco:
evidentemente non riuscivano a digerire di aver perso contro una ragazza, per
di più cieca.
- E tu lasciali fare gli imbecilli
– disse Serjei monosillabico – che t’importa? Ciò che conta è
che ci sia Katia in finale, poi possono protestare quanto vogliono. –
- Seee… - si voltò verso Yuri, che aveva una faccia scura
davvero preoccupante – Che ti prende? –
- Mi sembra strano. –
- Cosa? –
Lui non rispose e i compagni si guardarono, facendo spallucce.
“Davvero strano…”
Il russo prese a riflettere,
qualcosa gli puzzava: fin dall’inizio, tra gli iscritti, aveva visto il nome di
un ragazzo con lo stesso cognome del promotore del torneo, ma quando questo era
stato battuto, all’incirca al terzo incontro, tutto era proceduto regolarmente.
Ed era davvero bizzarro, di solito in tornei simili gli
iniziatori facevano in modo di intascarsi nuovamente i soldi, perciò i loro
“pupilli” arrivavano sempre in finale… Possibile che l’altro finalista fosse qualcuno per cui valeva la pena spendere tanti soldi?!
- A sinistra – continuò l’arbitro
– il vincitore del girone B, che si è svolto
nell’altra ala dell’edificio. Non ci sorprende che questo blader sia arrivato in finale data la sua bravura ben nota!
Signori… BORIS KUZNETOV DEI NEOBORG! -
Lo stadio rimbombò di un applauso
scrosciante, ma Katia non lo sentì: per un paio di secondi la sua testa si sconnesse dal mondo, cosa voleva dire? Che stava
succedendo?!
- Che… Cavolo… Ci va Boris qui?! – mormorò
il blader della Balena, affacciato alla ringhiera della balconata con
un’espressione scioccata.
- Si è rincoglionito del tutto… BORIS! – sbraitò Ivan a pieno polmoni, invano – CHE CAVOLO TI PASSA PER LA
TESTA?!? –
Yuri intanto non diceva niente e, dopo il
primo stupore iniziale, fissò il campo sottostante tra il serio e il
preoccupato.
“Boris… Che diavolo hai in mente?”.
- Gli sfidanti si facciano avanti! -
Katia si scosse, purtroppo non era un sogno… Tremante salì
la pedana dello stadio, mentre gli applausi del pubblico si spegnevano in un
sottile ed innaturale mormorio. Anche Boris,
dall’altra parte, si avvicinò al Beyblade Stadium, senza proferir parola; Katia
tese le orecchie, riconoscendo il passo ritmato del ragazzo, e il suo cuore si
strinse un poco.
“Boris…”.
- Mettetevi in posizione! – urlò il commentatore nel
microfono.
La ragazza si scosse e, deglutendo a vuoto, caricò il
beyblade, cosa non semplice visto che le tremavano le mani.
- 3… 2… 1… Pronti… -
- LANCIO! –
Сумрак atterrò un po’ malamente sul campo, ma subito Katia strinse i denti e si
concentrò, facendolo girare regolarmente, non poteva distrarsi ora! Il premio
restava chiunque fosse il suo avversario, perciò non
poteva tentennare.
- Avanti! – urlò la bionda decisa.
- Non sperarci! –
Neppure Boris, però, sembrava
intenzionato a non impegnarsi. Infatti, all’ordine
Falborg cominciò a colpire сумрак a
ripetizione, spingendolo contro il bordo. Katia strinse i denti, sentendo lo stridere
degli anelli d’attacco contro il campo, e lo spinse faticosamente via.
- Fantastico! – fece entusiasta l’arbitro – Boris non da
tregua all’avversaria, ma Katia non sembra voler
demordere in alcun modo! -
Il pubblico acclamava ed inneggiava, solo la voce distante di Ivan rompeva gli applausi con insulti contro il blader
del Falco.
- Maledetto bastardo, sta anche giocando seriamente… MA CHE
TI PASSA PER LA TESTA CRETINO?! –
- Se si fosse trattato di un torneo
per cui Katia aveva poche possibilità di vittoria – disse a bassa voce il
compagno biondo, quasi tra sé e sé – avrei capito l’iscrizione di Boris, ma
questo è un torneo privato ed il livello è molto basso… E poi non ha senso
sfidare proprio lei in finale! –
Yuri non rispose e continuò a guardare lo scontro con le
braccia conserte.
- FALBORG! – urlò Boris dal campo,
lanciando la trottola all’attacco – Colpiscila! –
Katia strinse i denti, mentre tanto lei
quanto сумрак, sotto l’onda d’urto,
indietreggiarono riuscendo poi a tenersi sul posto faticosamente. Il
pubblico trattenne il fiato mentre il bey della bionda
sembrava perdere stabilità, anche perchè lei ormai seguiva a fatica le azioni
di Boris, sentendosi sempre più confusa e triste.
“Boris, cos’è successo? Perché fai
così?! Che ti è preso?! Non capisco, non capisco…!” – IO NON TI CAPISCO! –
Con uno sforzo immane il bey della ragazza respinse
l’avversario, rispedendolo indenne al centro del campo.
- Boris, perché?! – mormorò, col
groppo in gola – Cosa ti è successo?! Perché ti
comporti in questo modo?! – ma il russo rimase zitto e
immobile come una statua – E PERCHE ’ NON MI RISPONDI?!?
–
Il ragazzo non battè ciglio, ostentando ancora un duro
silenzio, mentre Katia sentiva i due bey cozzare all’unisono: sembrava che
Boris avesse desistito dall’impegnarsi.
Grandissimo errore di valutazione.
- Scusami piccola… -
- Eh? –
- FALBORG!! –
Anche l’avversaria impiegò un paio di secondi a rendersi
conto dell’azione: con uno scatto il bey color ghiaccio
si era lanciato contro l’avversario, mitragliandolo di colpi, e con un
terribile fendete finale aveva colpito
сумрак alla base, scagliandolo come un
proiettile fuori dal campo.
- E’ FINITA! – urlò lo speaker – Facciamo
un applauso al vincitore! -
Il pubblico esplose in ovazioni, ma
Boris sembrava completamente assente: glaciale guardava il suo bey, nella mano,
e pareva ascoltare distante le parole del commentatore, circa la sua
premiazione.
Dalla balconata, la reazione era stata molto meno calorosa.
- Quel brutto pezzo di…! – Ivan sembrava pronto per
rompergli il naso a suon di cazzotti se solo lo avesse avuto
a meno di due metri di distanza.
Intanto, mentre gli spettatori le concedevano un tiepido
applauso di simpatia, Katia riprese il suo
сумрак e si diresse come uno zombie verso l’uscita della sala: cosa era successo? Non ci stava capendo più
nulla, non aveva senso! Perché Boris le aveva fatto questo?! Cosa gli passava per la testa?
Con mille dubbi e domande nella mente la bionda raggiunse lo
spogliatoio insieme ai Neoborg, che l’avevano raggiunta subito dopo lo scontro:
appena si sedette sulla panca scoppiò in lacrime, tutta
quella tensione l’aveva distrutta, i ragazzi, inermi, non potevano far altro
che assistere alla sua disperazione.
Una volta finita la noiosa e inutile cerimonia di
premiazione Boris si diresse verso quello che sapeva essere lo spogliatoio
riservato a Katia: bussò leggermente e aprì subito dopo la porta senza
aspettare una risposta dall’interno.
- Ciao. – iniziò freddo –Tutti fuori,
voglio parlare da solo con lei. – concluse indicando l’uscita ai
compagni che non riuscirono a proferire parola.
- Senti un po’ tu – rispose Ivan urlando – Partecipi al
torneo e togli a Katia la possibilità di vincere, la riduci sull’orlo di una
crisi e vieni anche qui a dettar legge?! Sei tu quello
che deve togliesi dai piedi! – continuò sbraitando.
Boris non si turbò minimamente, continuò
a guardare gelido i compagni. Solo Yuri incrociò un istante il suo sguardo,
sbuffando.
- Fuori. –
- Che?! Ma
stai scherz…! –
Con un gesto il rosso lo zittì, fissando arcigno Boris;
questo non si scompose. Senza un fiato Yuri uscì, seguito a ruota dagli altri
due.
- Noi usciamo, ma se hai bisogno chiama Katia. – concluse Serjei
chiudendosi la porta alle spalle e tenendo fermo Ivan.
Quando i tre furono usciti Boris si
portò di fronte alla ragazza ancora tremante: quanto avrebbe voluto
abbracciarla e farla calmare, ma non poteva…
- Penso tu abbia diversi dubbi, ma io non sono qui per
chiarirteli. – iniziò gelido facendo sussultare un attimo Katia che non osava
neanche alzare la testa –Prendi, non chiedermi perché
lo faccio: sappi solo che te lo devo. – concluse lanciandole addosso
l’assegno del premio.
La ragazza sussultò capendo cosa aveva tra le mani, avrebbe
voluto fermarlo e sapere ma non ne trovava la forza: sentendo
però Boris allontanarsi verso l’uscita iniziò titubante a parlare.
- Perché ti sei comportato in quel
modo? E perché ora dai a me i soldi? – chiese con tono
triste.
Il ragazzo non rispose, si limitò a
ingoiare quel rospo che sentiva sempre più in gola e ad arrivare nei pressi
della porta: esitò un secondo, giusto il tempo di far raccogliere le forze
residue alla ragazza che riuscì a parlare con tono più alto.
- Me lo devi. – esclamò sull’orlo di una crisi di pianto –
Non puoi fare come se non fosse successo niente tra
noi! – concluse scoppiando a piangere.
Boris fu preso alla sprovvista da
quella reazione: gli vennero in mente tutti i momenti passati con lei, doveva
spiegarle, avrebbe fatto male a entrambi ma decise comunque di parlare.
- Mi sono allontanato da te perché non posso stare con te,
ho vinto il premio e ti ho dato i soldi per sentirmi meglio con me stesso e
perché te lo dovevo. – disse senza voltarsi lasciando la ragazza senza parole.
- Non ti capisco…- affermò riprendendosi dalle lacrime.
- Non capisci? Non riconosci nessuno stile di combattimento
in me? Sono io che ti ho reso cieca, Katia! – urlò sbattendo un pugno contro il
muro.
Calò un silenzio quasi innaturale. La ragazza non ebbe alcuna reazione, pareva essersi congelata.
- Che vuoi dire? – mormorò,
sembrava non aver neppure dato retta alle ultime su parole – Che stai dicendo Boris?! –
- Io… Mi ricordo di quell’uomo… - cominciò, in un sussurro
soffocato – Quello che ti ha costretto a sfidare uno dei suoi ragazzi. Mi
ricordo di lui, del grosso palazzo di fronte a cui andavi a giocare, anche di
quel ragazzino… Me lo ricordo benissimo… -
- Boris… - le tremava la voce, doveva dire
che il ragazzo la stava quasi spaventando.
- Ti giuro, – disse in un fiato, triste – non sapevo assolutamente nulla, altrimenti io…! –
Si fermò, la frase “non mi sarei mai avvicinato a te” gli
morì in gola, avrebbe tanto voluto che in quel preciso
istante lo folgorassero dal cielo!
- Non ci credo… -
- Dovresti invece… Perché è la verità. –
- NON CI CREDO! – singhiozzò – Non è
possibile che sia stato tu! perché poi?! –
- Era un ordine! Me li davano e io ubbidivo! Nient’altro! –
fece duro, cercando di non lasciarsi coinvolgere dalle lacrime della bionda –
Ed è per questo che non posso stare con te. –
La ragazza non rispose. Boris, considerando il discorso
chiuso, si avviò alla porta.
- Spero che vada tutto bene. – fece sincero
– Buona fortuna… -
- ASPETTA! –
Ma in un attimo il moscovita fu fuori
dagli spogliatoi, sbattendosi la porta alle spalle.
Senza permettere alla ragazza di seguirlo Boris schizzò nel
corridoio, incrociando i suoi compagni: nessuno di loro gli disse nulla, provò
solo Serjei a fermarlo, ma fu scacciato in malo modo e, imprecandogli contro,
il blader del Falco si eclissò dietro l’angolo, tenendo la testa china.
- Oh, stavolta non scappi! – urlò di nuovo Ivan – Ora io…! –
- Fermo. –
- Ma Yuri! –
- Lascia perdere. – fece, con tono
che non ammetteva repliche; poi guardò con espressione fredda verso il punto
dov’era sparito l’altro moscovita – Sarebbe inutile… Andiamo da Katia. –
Il rumore sordo dei suoi passi accompagnava la corsa di
Boris per i corridoi e poi, fuori, per i vicoli più nascosti di Mosca.
Perché? Perché, maledizione?!
Stupido, idiota!
Possibile che non fosse stato in grado di trovare un’altra
soluzione?! Ovvio che no, era l’unica…
Perché allora adesso il pensiero
della ragazza gli martellava in testa così?
- Ehi, donna-pinguino! – la sua
voce aveva un tono di tenero scherno, mentre si avvicinava alla ragazza.
- Come? – Katia lo guardò
sorpreso – Questa non l’avevo ancora sentita…! –
- Come dovrei chiamarti? Mi
spieghi che ci trovi di così piacevole a stare seduta su un prato di Mosca alle
sette del mattino?! –
- Dovresti farlo anche tu! – replicò divertita – C’è un’arietta tonificante! –
- Ci credo, ti
iberna! – La bionda rise; Boris, sospirando, le porse la mano.
- Dai, torniamocene dentro, o di
te raccoglierò i frammenti di ghiaccio… -
Basta, basta, perché doveva
pensarci?! Maledizione!
La ragazza annuì, sollevando la
mano. Il ragazzo gliel’afferrò e la fece alzare, ma poggiando male un piede Katia scivolò sull'erba umida e
ricadde all'indietro; Boris, che non era stato abbastanza pronto e la teneva
ancora per mano, cadde verso di lei: aperti gli occhi il
russo vide di essere a cavalcioni sopra la biondina.
Lei,
percependo la situazione, si imbarazzò leggermente.
- Ti
dispiacerebbe spostarti?- chiese timida ma decisa.
-
E perché ^^? Sto così bene qui. -
sorrise stendendosi sopra di lei e appoggiando il viso nell’incavo della spalla
della ragazza, posandole un leggero bacio sul collo. Katia restò ferma un istante, poi senza rispondere lo fece rotolare
giù da lei con un po' di rossore in viso.
Non
pensarci, non pensarci, scordala, scordala, scordala,
dannazione!
-
Non fare lo scemo! - esclamò divertita.
-
Perchè? Io ci stavo così bene! - sorrise il russo
-
Non fare il maniaco! - concluse divertita voltandosi dalla parte opposta.
-
Coma mai questa frase mi è così familiare? A sì, è la 15esima volta che me lo dici oggi! -
Scoppiò
a ridere abbracciandola dalle spalle, e Katia non potè trattenere un sospiro.
-
De er virkelig stum!(*) -
- …
Oook, piccola, so che hai grande stima di me, ma per adesso non sono ancora un
vocabolario interattivo di norvegese-russo… (gocciolone). Che cavolo hai detto? –
-
Come, non l’ hai capito? – ridacchiò.
- Di
sicuro non un complimento… -
- Ma
dai?! – la bionda scoppiò a ridere –
Ma io ti ho dato qualche lezione di norvegese, su! Dai,
dimmi “albero”! –
-
Che premio mi dai se lo dico giusto? – chiese
malizioso; lei assunse un’espressione indecifrabile – Scherzavo, permalosa…
Aspetta, tre? –
-
Giusto ^^! –
- Parole
utilissime, potresti insegnarmi qualche parolaccia! – ridacchiò.
-
Boris! –
- Scherzavo, scherzavo! – la bionda sollevò un sopracciglio,
poco convinta, ma poi riprese a camminare pian piano.
-
Allora… “neve”? –
- snø! –
rispose pronto – E così lo studente superò la maestra. –
Katia
scoppiò a ridere, tenendosi quasi la pancia; Boris scosse la testa e le prese
la mano, finchè lei non si fermò un istante, mettendosi lentamente di fronte a
lui.
- Che c’è? – lei sorrise dolce.
- jeg elsker De. – il moscovita la guardò sospirando.
- Ok, m’arrendo, questa proprio non la so… L’ ha fatta difficile prof! –
Katia sorrise ancora, e si allungò per baciarlo.
- Prova ad indovinare… -
jeg elsker De.
Era una bella giornata, il sole scaldava allegramente la
città di Mosca attraversata da un fresco e frizzante venticello, che riempiva
l’aria del fruscio delle chiome degli alberi. Dalle
strade poco affollate si avvertivano le risate e i parlottii della gente, che
vista da lontano assomigliava ad una colonia di formiche laboriose.
Boris non aveva mai odiato tanto quella vista.
Sospirando si allontanò stizzito da quel paesaggio e si andò
a sedere sull’erba, poggiando la testa contro il tronco del pino rosso di
fronte all’ingresso del Monastero.
Strinse un secondo il pugno e, aperto poi il palmo, guardò mesto il disco d’attacco di un bey, gravemente danneggiato.
Il suo bey.
Chiuse di nuovo la mano, ormai erano passate tre settimane
da quando Katia se n’era andata, ma a lui sembravano un’eternità.
Subito dopo la fine del torneo il
tutore della ragazza si era precipitato a Mosca e, due giorni dopo, la bionda
era con lui su un aereo per Oslo: per quel breve tempo Katia aveva provato
ancora a parlare con Boris, ma lui aveva pensato bene di sparire nuovamente
dalla circolazione e dal raggio d’azione suo e degli altri. Il moscovita ridacchiò sarcastico a quel ricordo, stava diventando come
quell’insopportabile di Kei! Certo la sua “tattica” aveva funzionato, alla fine
la ragazza aveva desistito, limitandosi a chiedere a Yuri di consegnargli ciò
che restava di сумрак, non propriamente
uscito illeso sotto i colpi di Falborg; Boris si era così ritrovato quel
vecchio e consunto disco d’attacco nella sua stanza, senza una parola da parte
di nessuno.
“Non dimenticarmi.”, era questo che Katia gli stava dicendo?
“Tzs, come se fosse possibile…”.
Il moscovita poggiò i gomiti sulle ginocchia e la fronte sui
pugni chiusi, non era mai stato così male, si sentiva da schifo.
Se si trovava vicino a Katia si
sentiva lacerato dai sensi di colpa, non riusciva neppure a guardarla in viso
per più di due secondi, ma lontano da lei stava anche peggio: voleva vederla,
stringerla, parlarle, baciarla, voleva che stesse con lui. E questo non era
possibile, lui non poteva né ne aveva il diritto, non
sarebbe stato giusto!
Sospirò, era proprio vero che l’amore era una fregatura!
“Ma guardami… Mi sono proprio
rammollito, mi faccio pena!”.
Ma mentiva, e spudoratamente. La
verità era che non poteva fare altro che arrendersi a quel che provava, nulla
di più, lasciare esistere quel fortissimo sentimento che non poteva ignorare ma
nemmeno vivere.
E la colpa era solo sua.
Si alzò sbuffando, forse era meglio rientrare, se avesse
saltato ancora qualche allenamento Yuri lo avrebbe scuoiato
vivo.
Anche se doveva ammettere che ultimamente
il rosso era stranamente accondiscendente e si limitava a borbottare a Boris
che avrebbe dovuto allenarsi invece di andarsene a zonzo; aveva persino
impedito ad Ivan di saltargli al collo non appena si era ripresentato al
Monastero. Chissà, conoscendolo il suo capitano aveva capito che c’era
qualcosa di strano, vedendo la sua espressione assente, ma non gli aveva comunque chiesto niente, limitandosi a dirgli che forse
avrebbe dovuto spiegare loro qualcosa.
Ma Boris non voleva, partita Katia,
era finito tutto, stop. Dimenticare. Il suo unico problema, in quel momento,
era di essere tornato in quell’odiosa apatia di un
mese prima, se non peggiore.
E lo so perché.
Dopo la faccenda della
B.E.G.A., tutto era tornato a posto… Ma io per cosa mi
dovevo allenare allora?
Serviva a qualcosa
allenarsi ben sapendo di fare sempre al riserva?
Era un pensiero
abbastanza idiota però pensavo questo.
Poi è arrivata Katia.
E ha sconvolto,
ricostruito e stravolto quello che fino a quel momento avevo.
Non potevo essere più
felice di nessun altro!
Ora però tutto è
scomparso... Ora quel che avevo…
Scuotè la testa e sospirando percorse rapido il tratto fino
all’ingresso, entrando con un tonfo sordo del portone, ma non fece neppure mezzo
metro che si ritrovò di fronte nientemeno che Yuri, che lo fissava
severo a braccia conserte.
“Già finita la fase di ‘Yuri-buono’ (gocciolone)?”.
Si scrutarono alcuni istanti, finchè il
rosso non fece per voltarsi, senza smettere di tenergli gli occhi
ametista piantati addosso, glaciali.
- Vieni. –
Boris sbuffò, ma lo seguì obbediente. Contrariamente a
quanto si aspettava, però, il moscovita non lo condusse nel salone degli
allenamenti, ma in una stanza subito lì di fianco, dove, quando aprì la porta,
Boris potè scorgere Serjei ed Ivan, di schiena: volevano fargli una lavata di
capo collettiva?
- Ehi, Yu, mi vuoi dire che succ…?!
–
Si bloccò di botto come se gli avessero mozzato la lingua.
Dietro ai due, che si voltarono a guardarlo severi, c’era
Katia. Gli sorrise tranquilla, gli occhi chiusi, e
nella testa confusa del ragazzo balenò un istante un solo dubbio, che
l’operazione fosse andata male.
Con stizza scosse la testa e si voltò all’istante, non erano
più affari suoi, lui con quella ragazza non c’entrava più nulla!
- Fermo lì tu. – sibilò il rosso bloccandolo per una spalla
– Non azzardarti a scappare. –
- Ma che vuoi?! – sbottò,
scostandogli la mano – Quel che faccio non sono fatti tuoi, e comunque queste sono solo…! –
Le sue parole furono interrotte da Serjei che, con tutta la
grazia di cui era disposto, afferrò Boris per la colotta e lo strascinò nella
stanza, uscendo poi rapido con gli altri due.
- Stattene buono e parla un po’, una volta che devi… -
- SER….! –
Ma i tre erano già spariti
sbattendosi la porta alle spalle.
Boris rimase a fissare scioccato la porta, immobile; nella
stanza calò il silenzio, finchè Katia, con un sospiro, non mosse qualche passo
verso di lui. Il ragazzo, sentendola, non si mosse, dandole la schiena.
- Ciao… - disse la ragazza dolcemente.
Il moscovita strinse i pugni, quanto aveva desiderato
sentire quella voce! Dovette raccogliere in sé ogni briciolo del suo
autocontrollo per non voltarsi ed abbracciarla.
- Perché sei qui? – chiese acido –
Mi sembrava di averti fatto intendere che non avevo
più niente da dirti. –
- Io sì, però. – concluse tranquilla.
Boris mandò un “tzs” seccato, stava facendo sempre più
fatica, ma perché era tornata?!
- Mi vuoi lasciare perdere?! Non l’
hai capito, io non posso stare con te! Ficcatelo in
quella testaccia dura! – sbraitò, sforzandosi di mantenere un tono duro e
impassibile. Katia però non si scompose.
- Lo so. – mormorò pacata – Me l’
hai già detto. Ma non lo capisco. In fondo quel che è
successo, non è stato colpa tua… -
- Smettila, certo che è stato colpa mia! – sbraitò, battendo
un pugno contro lo stipite della porta – Se proprio dovevo colpirti avrei dovuto trovare un altro sistema, anzi, non avrei mai
dovuto farlo e basta! –
Si stava odiando, ripensare a sé
stesso durante gli anni con la
Borg lo disgustava, ormai. Katia tacque un istante.
- Forse… Però… - di nuovo silenzio; probabilmente, pensò
Boris, ora stava pensando a come continuare,
sistemandosi un ciuffo dietro l’orecchio, aveva questo tic… Scosse
energicamente la testa, non doveva assolutamente voltarsi o non avrebbe
resistito. – Sai, quando sono tornata a casa, avevo deciso
di provare ad “assecondarti”, quindi… Dimenticare tutto, sostanzialmente.
Ovviamente non ci sono riuscita. - sospirò – Ero
triste ed irrequieta. Quando poi è arrivato il momento
dell’operazione, letteralmente terrorizzata.
Ma anche in quel momento, all’ospedale, quando pensavo di
rinunciare, e dopo l’operazione, continuavo ad avere un pensiero fisso… -
Boris si fece più attento, ma continuò a darle la schiena.
- Io dovevo tornare a vedere… E tornare
qui. – mosse due passi verso di lui, le tremava la voce – Io volevo vederti,
Bo… Non m’interessava e non m’importa niente di quel
che è successo, voglio poter restare con te…! –
“Smettila…” la pregò, non poteva quanto gli facessero male quelle parole, perché non capiva che non
poteva assolutamente amarla?! Non dopo tutto quel che le aveva fatto passare, neppure con l’operazione aveva risolto nulla!
- Ti prego, Boris, voltati e guardami… -
- COSA?! –
Il moscovita sobbalzò, come diavolo faceva a sapere che era
voltato, se non aveva toccato la sua schiena?! Si girò
di scatto e rischiò il secondo infarto della giornata.
Due grandi, splendidi occhi di un limpido azzurro ghiaccio,
lo stavano guardando.
- Ciao… - disse di nuovo, timidamente.
Boris non rispose. Sembrava momentaneamente aver perso l’uso
della parola, nonché qualsiasi capacità motoria, data
la mascella che quasi gli penzolava inerme a mezz’aria.
- Beh… Alla fine sembra sia andato tutto bene, eh? –
continuò dolcemente.
- E’… Fantastico…! –
Il sorriso che gli era spuntato sul
viso, però, svanì subito. Il ragazzo si scosse e, voltata la testa, prese a
fissare un punto indefinito, a pungi serrati.
- Sono contento per te… - fece gelido.
Katia però non si arrese: afferrò delicatamente la mano del
moscovita, che stavolta non reagì.
- Permettimi di restarti vicino. – disse, quasi a tono di
supplica – Ti prego, Bo… jeg elsker De. –
Chinò la testa,
non riusciva più a trattenere le
lacrime.
- … Ti amo… -
Boris non resistè più, scansò la
mano della bionda e l’abbraccio con tutta la sua forza, una mano a cingerle al schiena e l’altra affondata tra i suoi capelli.
- Katia… Dovresti odiarmi… -
- E
invece no… - sorrise, ricambiando la stretta.
- Scema, sei
troppo buona! Io non mi perdonerei mai… -
- Ma te
l’ ho già detto, a me non interessa quel che è successo… Non me ne sarebbe
importato neppure se fossi rimasta cieca, a me interessa restare con te! –
sentì la mano del ragazzo accarezzarle titubante la nuca.
- … Ne sei… Davvero sicura? –
- Certo. – rispose sorridendo.
Boris non disse altro. Con
dolcezza le accarezzò una guancia e l’attirò a se baciandola come desiderava
ormai da tempo poter fare ancora, finalmente libero da quel senso di colpa
opprimente, spazzato via solo con una parola ed un sorriso.
- Se tu mi avessi
ascoltato da subito – fece con finta aria di rimprovero – si sarebbe risolto
tutto molto prima… -
- Sono rinomato per il mio “non-ascolto” –
rispose un po’ acido – dovresti saperlo! –
La bionda sospirò contenta, appoggiandosi meglio al suo
petto. Boris sorrise.
- Sei incredibile, te l’ ho già
detto? –
- Non ne sono sicura – ridacchiò – ma
potrei farci l’abitudine ^^. – lui rise e l’abbracciò più stretta.
- Ti amo, piccola… - le sussurrò all’orecchio; la sentì
sorridere.
- Sembra sia andato tutto bene, vero? – chiese Serjei in un
bisbiglio, mezzo sorridendo in piedi nel corridoio. Yuri, appoggiato al muro,
sorrise.
- Ora però dovrei sorbirmi quei due piccioncini tutti i
santi giorni? – borbottò Ivan con fare disgustato.
- Povero! – ghignò Boris, uscendo dalla stanza con Katia –
Ti stai rodendo il fegato, ammettilo! –
- No, mi domando solo come un idiota come te
abbia conquistato Katia. – sbottò velenoso.
-
Certo avevo più possibilità di te. - concluse con un
sorrisetto divertito.
-
Cosaaa?!- strepitò iniziando a brontolare e
gesticolare. (Per una volta ha ragione ndAutori – Una
-___o? ndBo – Grazie mille ç___-** ndIvan)
-
Boris non esagerare. – sorrise la bionda un po' severa al russo.
-Va bene, va bene… - sbuffò.
-
Almeno ora qualcuno ti farà rigare dritto, Boris. – affermò Yuri con un sorriso
sarcastico; poi si voltò verso la ragazza – Sempre che voglia restare qui a
sopportarti. –
-
Certo ^^! – sorrise allegra.
-
Come vuoi, a tuo rischio e pericolo… - continuò, avviandosi nel corridoio.
-
Da quand’è che fai delle battute (gocciolone)? – chiese seccato.
-
Mi ispiri tu si vede… -
Katia
scoppiò a ridere, seguita a ruota da Serjei ed Ivan, e anche Boris alla fine si
unì, prendendo per mano la ragazza.
-
E Bergen? – le chiese a mezza voce – Che ha detto? –
La bionda sorrise.
-
Lui vuole che io stia dove sono felice, avevo solo il
bisogno dell’ “OK” del capitano ^^… E se ho tradotto bene con quella
frase di prima me l’ ha accordato, giusto? –
Il
moscovita annuì. Poi si fece un istante serio, sospirando con un pensiero
nefasto in mente.
"Ma
così ora dovrò ubbidire e fare il bravo per forza… ‘Cidenti!”.
-
Che c’è? –
-
Niente… -
La
bionda lo fissò un istante, poi lo fissò furba.
-
Non stavi mica pensando a qualcosa di strano, vero? –
-
Che intendi per strano? – sorrise malizioso,
pronto a portarsi il coltello dalla parte del manico.
-
Finiscila con questi discorsi, ma sei fissato! – lo rimproverò Ivan sbuffando.
-
Ma che ho detto, sto giocando! – protestò.
-
Mah… Di Katia ci si può fidare, di te un po’ meno… -
-
Mi stai dando del maniaco Serj (gocciolone)? –
-
Nooo, figurati! – fece sarcastico; Ivan trattenne malamente
una risata fragorosa.
-
HA, HA, HA, spiritoso! –
Stavolta
le risate furono generali; Katia strinse il braccio al ragazzo, che aveva messo
su una sorta di broncio offeso, e inaspettatamente si sentì parte di quello
strano gruppo di ragazzi un po’ taciturni, quel gruppo
che da quel momento in poi sarebbe stato casa sua.
(*) “Sei proprio scemo!”
Fattooooooo!!! Allora? Cosa
ve ne pare ^^? Please, commy commy commy commy,
che ci tengo tantissimissimo! E poi anche Jolly sarebbe contento di vedere che
il suo lavoro di supporto viene
apprezzato XD.. (traduco: la correzione a tutte le incongruenze che – spesso –
belinona, ficco nel testo XP) UN BESO!!!
Ciao ciao a presto ^^! E state pronti, che al prox cap tocca al sottoscritto!