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Autore: Nico_KiS    07/06/2006    1 recensioni
Che succederebbe se il gruppo
degli Scudi Sacri si fosse diviso? E se i più improbabili ragazzi di tutto il
mondo di bey si trovassero coinvolti con un tenero e piccolo angioletto biondo?
E se il ragazzo più acido e spocchioso del globo si ritrovasse coinvolto con
una persona altrettanto cocciuta e orgogliosa? E se... E se... Se succedesse
qualcosa che non si aspettava nessuno?
Una raccolta di One-shot
scritta da me e da Ria a quattro mani: tutto quello che accadrà ai pers di bey
dopo la 3a stagione ^^... Con sorpresa finale ^o^!
 
[Capitolo 3: You Are My Eyes]
 
[…] Il suo tono si affievolì lievemente:
- Scusa. –
Katia ebbe un sussulto, stupita, Boris che si
scusava?! Con lei?! No, di sicuro stava scherzando… Eppure il suo tono era
dispiaciuto seriamente.

- Aaaah, ma che dico?! – esclamò sbuffando – Mica ho fatto
niente di male! Sei te che sei troppo suscettibile! –

Lei rimase in silenzio, lasciandosi sfuggire un
leggero risolino, ecco, quello era decisamente più da Boris!

 
Genere: Azione, Comico, Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Il bey correva rapido sul campo, girando attorno all’avversario quasi come un predatore che avesse individuato una preda

ECCOMIECCOMIECCOMIIIIIIII XDDDDD!!!

Ria, calmati, per favore -______-“””….

Ehm, scusa ^^”””….

…. (sbuffa). Beh, eccoci al quarto capitolo, stavolta scritto soprattutto da Ria… Una roba che nn finisce +! (per lo meno compensa il cap di Jessie… -____-“”).

Sì, lo so, è un po’ “lunghetto” ^^””””, però a me piace moltissimo, spero anche a voi ^^ (per una volta volevo vedere un certo blader nn in una Yaoi!!).

Stavolta immagini non ne mettiamo (a proposito, se controllate il cap prima vedrete che abbiamo inserito i link per vedere alcune immi, diteci che ne pensate ^-^), arriveranno coi prossimi cap.

 Ringraziamo…

SUPER DI CUORE XD!!

Ria, finiscila -___-“”…. Dicevo, ringraziamo tutti i nostri lettori e commentatori (anke quelli che leggono e basta), però ricordatevi una cosa: i cap sn scritti uno a turno da noi due autori, e io, Jolly, sn un maschio ^^”””.

 

 

 

 

Il bey correva rapido sul campo, girando attorno all’avversario quasi come un predatore che avesse individuato una preda.

Però, nel caso di Boris, sarebbe stato meglio dire “il falco che aveva individuato la vittima”.

 

- Vai… -

 

Con un gesto secco, Falborg attaccò il bey a centrocampo, lanciandolo lontano con tutta la forza possibile.

 

- L’incontro termina qui! – urlò il commentatore – Vince per i Neoborg BORIS! -

 

La folla si perse in un tifo entusiasta, mentre il moscovita tornava lentamente dai suoi compagni.

 

- Sei stato grande, Boris! – disse Ivan, gongolante.

 

Il compagno annuì, con un sorriso poco convinto.

 

- Uhm? Ma che hai? – chiese il ragazzo col berretto da pilota, fissando Boris con lo stesso sguardo indagatore di Serjei.

 

- Niente… -

 

I compagni fecero spallucce, avviandosi con lui e Yuri fuori dello stadio; la luce forte e appena tiepida del sole russo gli investì con la stessa forza delle urla dei fans, tra i quali il gruppo passò trionfante. Ma Boris non aveva proprio l’aria di un vincitore.

 

Ultimamente, è tutto scomparso.

Le urla della folla.

Il gusto della vittoria.

Questo sole accecante.

Non ci sono più motivi, perché devo impegnarmi?

Mi passa tutto sopra come fosse acqua.

Intangibile.

Incolore.

Non ho più uno scopo.

 

 

 

Boris sedeva alla finestra, il viso appoggiato sulla mano fissando fuori, corrucciato. Sembrava tutto diverso, ultimamente, sbiadito, sparito nel bianco. Eppure, quella giornata era come tutte le altre: alcuni mocciosi correvano per il prato, ora privo di recinzioni, attorno all’ex-Monastero della Borg, ancora costellato in alcuni punti di neve; le chiacchiere della gente, in lontananza, gli arrivavano confuse ed indecifrabili, mescolate al suono del suo respiro, su cui tentava invano di concentrarsi da ore, senz’avere altro da fare.

 

- Hai intenzione di rimanere lì ancora per molto? – la voce di Yuri, pacata, gli arrivò all’orecchio come da un altro universo, e Boris impiegò qualche istante a decifrare la frase.

 

- Ci stavamo allenando, perché non esci anche tu? – continuò Serjei, che stava entrando assieme a Yuri, le cui parole sembravano quasi un ordine.

 

- Non sono in vena, Serj. – rispose il ragazzo cogli occhi verdi, senza muoversi.

 

- Da quando in qua “non sei in vena” di allenarti? – chiese di rimando, forse più stupito dalla confidenza del compagno che dalla frase di per sé.

 

- Da adesso, d’accordo? Lasciami perdere. – rispose, acido.

 

Yuri tirò uno sbuffo scocciato.

 

- Insomma, si può sapere che hai? -

 

- Uhm? -

 

- L’ ho notato. – aggiunse il biondo, con tono più calmo – Cos’è, hai qualche problema? -

 

- Non ti seguo. – fece Boris, quasi sconvolto dalle sue parole.

 

- Di solito, ti comporti da sbruffone e da arrogante, com’è che all’improvviso stai sempre sulle tue? Non aggredisci neppure verbalmente i tuoi avversari quando entri in campo. -

 

Boris fece una smorfia irritata al tono inquisitore del compagno, girando la testa con uno scatto:

 

- Sono solo di cattivo umore, ok? Mi gira male. -

 

Serjei tirò un sospiro rassegnato, capendo che non avrebbe cavato una parola dal compagno. Yuri però non aveva alcun’intenzione di lasciarlo lì.

 

- Senti, non me ne frega nulla se sei di cattivo umore – disse le ultime parole con sarcasmo – TU ora ti alzi da quella fottutissima sedia e vieni ad usare quelle braccia e quel cervello atrofizzato che ti ritrovi per allenarti, sono stato chiaro?! -

 

Boris lo fulminò con un’occhiataccia.

 

- E prova a costringermi! – così dicendo, Boris si alzò di scatto e andò verso la porta, senza neanche guardare i compagni.

 

- BORIS! -

 

Ma lui era già sparito sbattendo la porta.

 

 

 

 

 

Fuori l’aria fredda gli s’insinuava nell’apertura della giacca, lasciata slacciata, e i radi fiocchi di neve che portavano gli strascichi dell’inverno gli si fermavano sulle dita, dove il guanto non copriva, infreddolendole un poco.

A Boris, però, non gliene poteva fregare meno di così, era talmente furioso coi compagni e col suo capitano per quell’atteggiamento di comando che, al solito, aveva nei suoi confronti, che avrebbe potuto camminare in mezzo ad una tormenta e non accorgersene.

Maledizione, ma perché non pensavano un po’ tutti ai fatti loro?! Cos’è, adesso era una colpa avere un po’ la luna di traverso?! Come se a lui non seccasse quella sua apatia.

 

È insopportabile!

Che mi sta succedendo?!

Mi è sempre piaciuto giocare a bey, anche se lo facevo per quello schifoso di Vorkof, e ancora di più mi piaceva in questi ultimi due anni, perchè giocavo con gli altri e solo per me stesso, ma ora mi è del tutto indifferente.

Che vinca, perda o altro, per me è la stessa cosa.

Ormai… Sono un guscio vuoto…

 

Senza pensare a dove lo stessero portando le gambe, Boris si ritrovò a vagare per i vicoletti attorno all’ ex-Monastero, in cui la neve, non ancora raggiunta dal sole, brillava gelida e azzurra.

Uno strano movimento lo costrinse, però, a bloccarsi: in un vicolo, tre ragazzi stavano importunando una giovane dai corti capelli biondi che, stranamente, forse per la paura, teneva gli occhi serrati.

 

- Ehi, lo sai che sei proprio carina…? – disse uno dei tre, avvicinandosi a lei con un ghigno.

 

- Già. Sarai magrolina, ma sei “messa bene”… -

 

L’ultimo che aveva parlato, rapido, le si portò alle spalle e, tenendola per la vita, allungò la mano libera dietro la ragazza: lei, che fino a quel momento era rimasta pietrificata, sentendolo toccarla cominciò ad agitarsi e cercò di liberarsi.

 

- No! Lasciatemi stare! – disse, impaurita.

 

- E farci scappare un bel bocconcino come te…? Non credo proprio! -

 

Detto questo il ragazzo la tirò giù e la bloccò a terra con l’aiuto del primo, mentre il terzo le si mise a cavalcioni, ridendo.

 

- Vediamo com’è questo bel corpicino sotto i vestiti… -

 

- NO! – urlò, terrorizzata.

 

Ma uno dei ragazzi, sbuffando, le tappò la bocca; la ragazza sbiancò come un lenzuolo.

 

- Sta zitta! Se fai così ci rovini il divertimento… -

 

Il ragazzo sopra di lei afferrò il suo giaccone e ne ruppe con un colpo secco la cerniera, poi prese anche la maglia della ragazza, sghignazzando.

 

- Ragazzi, stasera c’è da divertirsi: con questa bellezza ce la spasseremo parecchio… Senza contare che non potrà neanche riconoscerci… -

 

Gli altri due annuirono; quello stava per dare il colpo decisivo al pullover della ragazza, quando qualcosa molto simile ad una trottola gli passò ronzando su una guancia, graffiandolo.

 

- AHIA! – sbraitò, mettendosi una mano sulla gota – Cosa diavolo…! -

 

- Non vi hanno mai detto che queste cose non si fanno? – chiese Boris, guardandoli con gli occhi carichi di disgusto.

 

- E questo chi è?!esclamò uno dei tre, lasciando la presa sulla ragazza – Cazzo, ci ha visti! -

 

- E sta calmo! – lo rimbeccò quello che stava tappando la bocca alla ragazza, cercando di non farla scappare.

 

- Senti – fece il terzo, alzandosi – hai tre secondi per sparire; noi ci stavamo solo divertendo e tu non… -

 

Per la seconda volta, Falborg lo raggiunse al viso, colpendolo in pieno: stavolta il taglio fu decisamente più profondo ed il ragazzo si piegò su se stesso, urlando dal dolore.

 

- Bastardo! – gli altri due, a quella vista, scattarono in piedi, gettando di lato la ragazza, che sbattè gemendo contro alcuni bidoni vuoti della spazzatura, con un rumore sordo.

 

- Ah, il bastardo sarei io?! – disse il moscovita, gelido, gettando un occhio al corpo della poverina, che giaceva inerme in un angolo – Mi fate davvero venire la nausea… -

 

Il terzetto sembrò volerlo attaccare, ma Boris non gliene lasciò il tempo: Lo Stroblizt di Falborg li colpì quasi istantaneamente, ferendoli a ripetizione.

Terrorizzati, i tre scapparono via con la coda tra le gambe, ben decisi a mettere quanta più distanza possibile tra loro e quel pazzoide.

 

“Tzs – pensò, schifato – che razza di vermi…”.

 

Senza troppa ansia si avvicinò alla ragazza che rimaneva ancora ferma nel vicolo. Doveva aver perso i sensi mentre veniva spinta via, magari battendo la testa, perché il russo tentò varie volte di svegliarla, ma senza successo. Il ragazzo sospirò, quasi seccato.

 

E adesso?”.

 

 

 

 

 

- Andato?! Come sarebbe a dire “andato”?! -

 

- Andato… hai presente, Ivan, alzare i tacchi e sparire? Ecco, quello. – mormorò Serjei acre.

 

- M-ma che accidenti gli è preso a Boris?! – esclamò, non si capiva se più sorpreso o preoccupato – Non si è mai comportato così! -

 

- Non lo so. – rispose Yuri gelido – ma quando torna, vi assicuro che… -

 

Proprio in quel momento, un bussare irregolare alla porta interruppe il moscovita dai capelli rossi, che apparve decisamente seccato.

 

- Sarà Boris. – constatò Ivan, semplicemente.

 

- Non penso che sia una bella ragazza che è venuta a chiederti l’autografo, Ivan… - ghignò Serjei, sarcastico.

 

- AH, AH, AH, molto spiritoso! (Xò è la verità… ndAutori – INDUBBIAMENTE -___-! ndTutti - >-<* ndIvan) – gli rimbeccò il ragazzo, aprendo la porta – Guarda che non è Yuri l’unico che… -

 

Il ragazzo si bloccò, esattamente come i suoi compagni. Alla porta, un po’ ricoperto dalla neve che aveva ricominciato a cadere, c’era Boris, che reggeva in braccio una ragazza.

 

- Ragazzi, c’è un problemino… -

 

 

 

 

 

L’ospedale non è mai un bel posto dove andare. C’è sempre un fastidioso sottofondo, fatto di rumorini elettrici, passi veloci, mormorii, risate di donne appena divenute mamme o di visitatori, silenzi di camere vuote e fruscii di carta e stoffa, provenienti da stanze e uffici, in una cacofonia sottile, confusa ed irritante; ogni finestra ha una tenda candida che impallidisce i raggi del sole ed assieme ad i muri e alle piastrelle bianche rende tutto niveo e indefinito.

Boris odiava quel posto: se ci andava era sempre per un motivo spiacevole, il novanta per cento delle volte perché lui o uno dei ragazzi si era distrutto nell’allenamento con Vorkof, ma perché accidenti ora doveva rimanere lì per una che manco conosceva?!

D’accordo, lui non aveva avuto un’idea propriamente sensata. Che cavolo stava pensando quando aveva portato quella ragazza del vicolo alla sede? Era ovvio che non poteva lasciarla lì, ma così  adesso lui e gli altri dovevano rimanere in quel postaccio finchè i dottori non avessero accertato la salute di quella tipa.

 

“Porca miseria… Ma perché non mi faccio mai i fatti miei?!”.

 

- Uffaaaa…. – sbuffò Ivan, alzandosi – Ma quanto ci mettono? Mi sto annoiando a morte! –

 

- E sta’ zitto! – sbottò l’altro, irritato.

 

- Ehi! – protestò, guardandolo male – Guarda che se siamo qui è per te. –

 

- Per me?! Che vorresti dire?!

 

- Che ultimamente sei proprio fuori… - sospirò annoiato – Ma non potevi chiamare qualcuno, invece di metterci in ‘sto casino? –

 

- Senti un po’, pidocchio! – urlò, alzandosi dalla sedia – Guarda che…! –

 

- FINITELA! –

 

L’ordine del capitano, dato con voce ferma e dura, bloccò i ragazzi; Ivan annuì, obbediente, mentre Boris si risedette sbuffando, con le braccia incrociate e un’espressione minacciosa.

Poco dopo un medico sulla quarantina uscì dalla stanza dirimpetto a dove stavano seduti i ragazzi, che li guardò un po’ incerto.

 

- Voi siete… Uhm, i Neo… Neoborg, giusto? –

 

- Sì. – rispose pacato il rosso, alzandosi. Il medico sorrise cordiale, facendo loro segno di seguirlo.

 

Li condusse attraverso uno studio abbastanza piccolo, da cui si aprivano due porte, una a vetri, con la sala per le visite, ed un’altra con la porta opaca, verso la quale l’uomo li diresse.

 

- La signorina sta bene, ha solo qualche contusione qua e là. – disse, avvicinandosi alla porta – E’ stato davvero un miracolo che uno di voi sia arrivato in tempo, sarebbe potuta finire davvero male. –

 

In tutta risposta, Boris emise un grugnito scocciato.

 

- La signorina mi ha detto di volervi ringraziare, ma vi prego alcune cose, di parlare solo uno alla volta quando entreremo e di fare molto silenzio. -

 

I ragazzi si guardarono stupiti, senza capire quella strana richiesta, ma fecero comunque un segno d’assenso. Il dottore annuì.

 

- Signorina Saratov…? – bussò veloce, girando la maniglia – Permesso… -

 

Nella stanza c’era un lieve tepore, più accentuato che nel corridoio dove fin’ora i Neoborg erano stati, e il sole al tramonto, che faceva nuovamente capolino dalle nuvole pesanti, gettava ombre lunghe nella stanza; la ragazza era seduta sul letto, la testa verso la finestra, e sembrava si stesse godendo gli ultimi raggi della giornata.

 

- Signorina Katia Saratov? - 

 

- Uh? Oh, è lei, dottore? – disse la ragazza sottovoce, girando un poco la testa.

 

- Sì. Questi… Con me ci sono i ragazzi che l’ hanno portata qui. Voleva ringraziarli, vero? –

 

- Oh, certo! Grazie mille ^^. –

 

Il medico, assieme a Yuri e gli altri, diede un cenno a Boris di avvicinarsi, scatenando le proteste sommesse del russo.

 

- Ma perché proprio io?! – bofonchiò, dirigendosi seccato verso la ragazza – “Accidenti, pure questa scocciatura mi tocca?!”.

 

Con le mani in tasca si avvicinò al letto, guardando Katia con occhio critico: era una tipa abbastanza filiforme, con i capelli biondi tagliati in un semplice caschetto ondulato, da cui sbucavano i lobi delle orecchie con due piccoli e comunissimi orecchini d’oro rotondi; aveva un viso dai tratti regolari abbastanza comuni e dalla carnagione chiara, resa più evidente dal cerotto bianco che le avevano messo sulla guancia per coprirle un livido. Insomma, non era proprio nulla di speciale, secondo lui.

 

E ha pure un’espressione di un’ingenuità allucinante – pensò, stizzito – Minimo questa farà mille moine isteriche perché l’ ho salvata… Mamma, che stress!”. (Eh, sì, povero Bo-chan ^^”… ndRia – BO-CHAN?!? O_o”” ndBoris+ >____o**ndJm).

 

- … Salve… - borbottò, pregando di poter fuggire il prima possibile.

 

- Ciao ^^. – gli sorrise, tenendo gli occhi chiusi – Oh, scusa… Ti do del “tu” perché dalla tua voce mi sembra che tu abbia la mia età… - il ragazzo tacque, fissandola.

 

“Dalla voce?! – alzò un sopracciglio, scettico – Ma che dice questa?!” - … Ho sedici anni… -

 

- Come me, allora non mi sbagliavo ^^. – sorrise cordiale – Tu sei il ragazzo che mi ha salvata nel vicolo, vero? Come ti chiami? –

 

- … Boris. Tu, invece, Katia, giusto? –

 

La ragazza annuì, senza aprire gli occhi. Boris cominciò ad irritarsi, perché lo ignorava a quel modo?

 

- Mi spiace per il disturbo che ho dato a te e ai tuoi amici… -

 

- Beh, tanto per cominciare – disse, con tono secco – per ringraziare potresti aprire gli occhi quando parli con qualcuno: odio la gente che ciarla senza guardarti in faccia! –

 

Katia rimase un attimo in silenzio, mentre il dottore ebbe un lieve sobbalzo; poi lei fece un sorriso grave.

 

- Scusami… Però è assolutamente inutile che li apra, perché continuerei a non guardarti in faccia. –

 

- Come?! –

 

- … … …Io non ci vedo. –

 

 

 

- La signorina Saratov è cieca da quando aveva dieci anni. – disse, seduto alla scrivania – Era a Mosca per cercare un parente, ma si è persa; probabilmente, quando hanno scoperto che lei non poteva identificarli, quei teppisti hanno pensato di approfittarne. –

 

Nello studio, l’uomo stava parlando coi Neoborg a proposito della ragazza. Boris, però, non lo stava ascoltando minimamente; si sentiva un idiota: com’era successo con gli altri, aveva aggredito quella ragazza, quasi usandola come sfogo per tutta l’agitazione che aveva dentro, mentre quella poverina non gli aveva fatto proprio nulla, anzi, lo stava ringraziando.

 

“Devo essere entrato nella fase *demenza adolescenziale*… (gocciolone)”.

 

- Purtroppo, quei tre le hanno portato via anche i soldi che aveva e lei mi ha detto che quelli che le restano non sono più sufficienti per soggiornare qui in città; inoltre, purtroppo, non può trattenersi qui in ospedale, non essendo più degente. –

 

- E noi in questo cosa centriamo? – chiese schietto il rosso.

 

- … Vedete, sinceramente speravo che poteste suggerire alla signorina un posto dove poter restare, almeno per qualche tempo; mi ha confidato di non voler chiedere denaro da casa, anche perché lì c’è solo il suo tutore, ed effettivamente contattarlo ora, dopo soli due giorni dalla partenza, lo metterebbe in allarme. E anch’io ritengo sarebbe una preoccupazione inutile, dato che la situazione si è risolta bene.

 

- … Sì, ho capito… Purtroppo io non so dove potrebbe stare… -

 

Il ragazzo guardò i compagni: Serjei scosse la testa, sospirando, mentre Boris non si mosse neppure.

 

- Ehi, Yuri… E se la ospitassimo noi? – esordì Ivan con un mezzo sorriso.

 

- Come? – gli domandò il capitano con aria sorpresa; Boris invece rimase immobile, cercando di decifrare la frase e (sperando) di aver capito male.

 

- Beh, pensavo… In fondo casa nostra è enorme, abbiamo anche tante stanze vuote, non ci costa niente ospitare qualcuno. E poi, se è comunque per un tempo determinato… -

 

Yuri parve riflettere. Serjei lo guardò aspettando una risposta.

 

- Effettivamente, non è un problema così grave per noi… -

 

- EHI, EHI, aspettate un secondo! – urlò il balde del Falco, svegliandosi dalla trance – Cos’è ‘sta storia?! Non sono d’accordo neanche un po’, Yuri! –

 

- Dove sarebbe il problema? – chiese il ragazzino, tranquillo– In fondo sei stato proprio tu a salvarla in quella stradina, non vedo che fastidio potrebbe darti farle un altro favore. –

 

- Per me va bene… - fece spallucce Serjei.

 

Boris guardò i suoi compagni stralunato, ma che cavolo stava succedendo?! Da quando si comportavano così?!

 

- … … Allora d’accordo. – disse Yuri, atono – Ospiteremo quella ragazza per un po’. -

 

 

 

 

 

- Ecco qua! – fece Serjei con uno sbuffo – Siamo arrivati. –

 

Con poca grazia il biondo mollò la valigia semivuota di Katia sul letto della stanza, proprio affianco alla ragazza.

 

- Grazie. – disse lei abbozzando un sorriso, cordiale.

 

- Puoi usare questa come stanza finchè resti qui. – disse Yuri, poggiato allo stipite della porta.

 

- D’accordo… Ancora grazie. – sorrise nuovamente, stringendosi le mani – Scusate, vi devo creare un gran disturbo… -

 

- Ma ^^! – fece Ivan allegro – Questo posto potrebbe diventare un albergo, capirai che problema sia dare la stanza a qualcuno! –

 

Yuri lo fissò, sollevando un sopracciglio incredulo. 

 

- Davvero I… Ivan, giusto? – chiese, premurosa – Vi ho fatto anche portare la mia valigia… -

 

- Non pesava niente. C’era poca roba per essere di una ragazza. – rispose, atono. (Nn pesava niente xkè tu sei il Maciste di Russia, miseriaccia! 6 un armadio -___-“”!!! ndRia - … … ndSerj)

 

- Grazie… Serjei? – chiese ancora; il moscovita assentì grugnendo – Anche Ivan… Scusa, hai dovuto aiutarmi ad arrivare fin qua… -

 

- E lascia perdere ^\\^! – rispose ancora; Yuri lo scrutò di nuovo scettico – Mica è colpa tua se quegli schifosi ti hanno perduto il bastone per camminare… -

 

Serjei gli diede una pacca dietro la testa, facendolo barcollare.

 

-Idiota, è cieca, mica zoppa! – sibilò lugubre.

 

- E allora come si deve dire?! Ahio… Che mano pesante. - 

 

- Allora, la vogliamo finire?! Ci schiodiamo da star qui a chiacchierare o no?!sbraitò Boris – spingendo via i due da davanti alla porta – Andiamo! –

 

Senza aggiungere altro il ragazzo si avviò nel corridoio; Serjei e Ivan si guardarono un istante, mentre Yuri fissò il compagno, impassibile.

 

- Ha ragione. – disse la ragazza, cercando di far finta di niente – Non preoccupatevi, adesso me la cavo da sola ^^. –

 

- Sicura? – lei annuì al rosso – Come vuoi… Forza, andiamocene. –

 

 

 

- Mi spieghi che ti prende?! – chiese Ivan a Boris in malo modo, sistemandosi il berretto da pilota – Cos’è, sei entrato in andropausa (Uao, conosci parole così difficili O__O?! ndRia – Sn scioccato XP ndJM - - ____-** ndIvan) che ti girano così?! –

 

Il compagno lo scrutò malissimo, sollevando per un istante gli occhi dal suo Falborg; poi riabbassò lo sguardo, continuando ad assicurare la base al bey.

 

- Ehi, mi sembra che Ivan ti abbia chiesto qualcosa… -

 

- E mi sembra che io non voglia rispondere, no?! – ribattè al biondo, con un sorriso acido.

 

- Beh, - continuò Ivan - almeno potresti chiedere scusa a Katia appena puoi, sei stato davvero… -

 

- Cosa?! Decidi tu adesso come devo comportarmi?! -

 

- No, ma lei non ti ha fatto niente di male. – lo rimbrottò, incrociando le braccia. – Non è giusto che ti comporti a questo modo. -

 

- Cos’è, ti piace che la difendi così? Fa quel che ti pare, ma non rompermi. –

 

- Non ho detto questo! – disse con un po’ d’astio; poi sorrise sotto i baffi – Anche se non è niente male… Anzi! -

 

- Ma fammi il piacere!!! – esclamò sarcastico.

 

- Tu comunque hai esagerato. – aggiunse l’altro, sottovoce.

 

- ECCHECAVOLO, SERJEI, PURE TU!! – urlò alzandosi –  Che avete, siete diventati all’improvviso i difensori delle donne?! Che vi frega, sono fatti miei come mi comporto!!

 

- Qualunque cosa tu abbia – fece Yuri, tirando fuori Wolborg – vedi di darti una calmata perché mi irrita questo tuo atteggiamento. Avanti, andiamo. –

 

Considerando chiuso il discorso il rosso si avviò al Beyblade Stadium in mezzo alla stanza, caricando il bey, seguito a ruota da Ivan e Serjei. Boris era furibondo.

Con uno scatto iroso girò sui tacchi e uscì, sbattendosi la porta alle spalle ed ignorando i richiami del capitano.

 

“Ci mancava solo Yuri e la sua predica giornaliera! Maledizione!”.

 

Il ragazzo girò un paio di volte nei corridoi, non accorgendosi di dirigersi verso la stanza di Katia.

Davanti alla porta socchiusa ebbe un attimo di esitazione, scorgendola camminare per la stanza appoggiandosi ai mobili. Ma che stava combinando?!

 

- Chi è?! – sussultò, percependolo nel corridoio; lui sbuffò, cavolo, l’aveva sentito…

 

- Boris… - disse, svogliato. Lei tirò un lieve sospiro, sorridendo. – Mi spieghi che cavolo stai facendo?! –

 

- Oh, sto solo dando “un’occhiatina” alla stanza ^^. – sorrise divertita, sfiorando con l’indice lo schienale di una sedia – Visto che dovrò restare qualche tempo, mi ci devo orientare. –

 

- Tzs. – fece, sprezzante – Potresti anche evitare di fare quella faccia, in una situazione del genere. –

 

- In che senso? – chiese, senza capire; Boris si aizzò di nuovo.

 

- Che hai da sorridere?! Me lo spieghi?! Sei bloccata in una città che non conosci senza aver la libertà di muoverti perché non ci vedi! Anche adesso, mi spieghi il senso di quel che stai facendo?! Se proprio resti qui, ti possono aiutare quell’idiota di Ivan o Serjei!

 

Calò un istante di silenzio, durante il quale Boris si morse la lingua, aveva di nuovo perso le staffe…

Neanche Katia sembrava però più tanto allegra. Da dov’era drizzò la schiena girando la testa in direzione della porta, come a dire “ti-sto-fissando”. Male, per giunta.

 

- Un cieco non è né ritardato né minorato. – disse gelida – Il fatto che abbia bisogno di tempo per poter girovagare in un posto o di un aiuto per camminare se non ho mezzi, non significa che io non sia in grado di cavarmela. – corrugò le sopracciglia sottili, le labbra ridotte ad una fessura - Vedi di ricordarlo. –

 

Boris digrignò i denti, andandosene senza dire un’altra parola. Ma bene, adesso sgridava pure quella?! Doveva ringraziarlo che si era trattenuto dall’usare Falborg! (L’avresti fatto o__o”? ndAutori).

 

“MALEDIZIONE!!”.

 

 

 

 

 

Dall’arrivo di Katia trascorsero due settimane e la ragazza si era ormai completamente ambientata.

La maggior parte del tempo lo trascorreva nella sua stanza, per non disturbare gli altri; quando usciva  e se ne stava in cucina, l’unica altra stanza che fino a quel momento riusciva a raggiungere da sola, parlava con Ivan o con Serjei, per quanto il biondo fosse poco loquace; Katia andava d’accordo con tutti e due e perfino con Yuri, anche se ci aveva parlato solo una o due volte, non aveva problemi.

L’unico con cui non riusciva proprio a dialogare era Boris.

Sembrava la detestasse: la evitava di continuo e le rare volte che s’incrociavano o che si trovavano nella stessa stanza lui o la ignorava o la freddava prima che potesse cominciare a parlargli.

Era inutile, per quanto ci provasse, Boris si sentiva sempre a disagio se in giro c’era anche lei.

Forse era stato per quello che era successo all’ospedale, o forse per la scenata che le aveva fatto il giorno che era arrivata, ma era così.

La verità era che lo infastidiva come si comporta. Secondo lei nessuno si accorgeva del suo comportamento?! Sempre sorrisini… Ipocrita! Voleva forse dirgli che nella situazione in cui si trovava era sempre allegra?! Al moscovita dava letteralmente al cervello!

Eppure Katia, anche dopo quello che gli aveva detto, si dimostrava sempre gentile nei suoi confronti; forse un po’ per gratitudine, forse un po’ per educazione, faceva sempre come se nulla fosse alle sue battute velenose, passava sopra le sue risposte acide e non si curava dei suoi silenzi, facendolo solo sentire peggio in sua presenza.

Beh, doveva resistere, non sarebbe rimasta lì per sempre!

 

 

 

 

 

Un mattino Boris fu disturbato da un ripetuto bussare che lo costrinse ad andare ad aprire; con sufficienza fissò un ometto piccolo e ricurvo, con addosso un grosso cappotto: l’uomo fece un sorriso di circostanza, chinando la testa in segno di saluto.

 

- S-salve! Alloggia qui la signorina Katia Saratov? -

 

- Sì… - rispose con sguardo dubbioso: “Ammesso che mi ricordi esattamente il suo cognome…” (Ma 6 incredibile… -___-“” ndRia)  – Che vuole? –

 

- Ah, c-certo! Un attimo… -

 

Quello prese a frugare sotto il cappotto, agitato, tirando fuori una piccola borsa monospalla.

 

- Questa me l’ hanno portata cinque giorni fa. L’ hanno ritrovata in un vicolo e visto che la signorina aveva scritto sopra il nostro recapito… - così dicendo mostrò al ragazzo una targhetta su cui era stato scritto, con una calligrafia sottile, il nome di Katia e l’indirizzo della pensione dove alloggiava. – Vede? Potrebbe consegnarglielo? –

 

Il blader del Falco non rispose; afferrò con malagrazia la borsa, facendo un cenno all’uomo con la testa e, una volta che quello ebbe risposto con un altro inchino, richiuse la porta, sbuffando.

Con passo svelto Boris si diresse verso la stanza di Katia, sperando che lei non ci fosse e potesse lasciare la borsa senza incontrarla; quando però bussò alla porta, com’era prevedibile, la voce calma della ragazza mormorò d’entrare.

 

“Ti pareva, fosse mai che qualcosa mi vada bene!”.

 

- Sei Boris? – chiese, mentre il ragazzo si chiudeva la porta alle spalle; lui fece una smorfia, odiava che lei riconoscesse tutti loro dalla voce o dal passo!

 

- Sì, sono io… -

 

- Vieni, vieni pure ^^! –

 

Sorridendo la ragazza si sedette sul letto, lasciando perdere gli abiti che stava sistemando nel mobile vicino, e aspettò che Boris si avvicinasse.

 

- Tieni. – disse freddo, lanciandole la borsa in grembo – Me l’ ha portato un tizio che lavora all’albergo dove stavi. –

 

Lei corrugò appena la fronte in segno di dubbio, cominciando a tastare la sacca per capire cosa fosse; dopo qualche secondo parve illuminarsi.

 

- La mia borsa! Credevo che quei ragazzi me l’avessero rubata…! – l’aprì velocemente, cominciando a frugarci con trepidazione – Ovviamente non ci sono più i soldi, però… Ah, eccolo! Per fortuna non lo hanno gettato via! –

 

Con un’espressione raggiante tirò fuori un sottile libricino tutto consumato, su cui però sembrava non esserci scritto nulla: c’erano solo una lunga serie di puntini rialzati, disposti in maniera precisa.

 

- E’ un libro per ciechi. – fece, quasi avesse intuito l’espressione confusa che aveva assunto Boris – E’ scritto in Braille. –

 

- Braille? – chiese, avvicinandosi appena – Quella scrittura tutta a rilievi? (Uao, ragazzi, che vi è successo? Avete fatto una scuola serale che siete all’improvviso tutti così acculturati? ndJM – Posso dargli fuoco -___-**? NdBoris – No. ndRia_lapidaria – Prova ad impedirmelo… +___+** ndBo – Solo 3 parole… ndRia – Sole, cuore, amore? ndTak – Sparisci tu! ndTutti – Yaoi-con-Ivan – Perdono! ndBo_nel_panico – E io che c’entro?! ndIvan) .

 

Katia annuì. Poi, appoggiandosi il libro di fianco, sospirò.

 

- Perdonami… -

 

- Uh? –

 

- Ti do sempre un sacco di noie… Ti da fastidio dovermi stare attorno, vero? –

 

Il ragazzo tacque, preso alla sprovvista; incrociò le braccia al petto, voltando la testa con stizza.

 

- Non dire cretinate. – borbottò, senza sapere perché non voleva darle ragione.

 

La ragazza non rispose subito, facendo un sorriso lieve.

 

- D’accordo. – Boris rimase dov’era, guardandola di sbieco - … … Senti, Boris… -

 

- Cosa c’è? – chiese brusco, mentre lei si alzava; Katia si strinse le mani al petto, sembrava un po’ a disagio.

 

- Ecco io... Potrei vedere come sei fatto in viso? –

 

Calò un silenzio pesante. Katia non poteva vederlo, ma Boris la stava guardando come se fosse matta.

 

- Ma che cavolo stai blaterando?! –

 

Katia chinò la testa, mordicchiandosi il labbro.

 

- … Senti, so bene di non starti simpatica e so anche che t’infastidisce che io riconosca le persone e gli oggetti con le orecchie e le mani, però… -

 

B: - Ma che vuoi?! – la zittì con rabbia – Senti, evita di parlare con aria saccente, perché sei davvero irritante! –

 

Il ragazzo mandò un sospiro seccato, ecco, l’aveva aggredita di nuovo… Però lei l’aveva fatto innervosire: si vede che aveva davvero questa dote innata, o, forse, aveva semplicemente capito tutto.

 

 “Accidenti!”.

 

- Scusa, ho parlato a sproposito… - scese di nuovo il silenzio – Comunque io… Io… Insomma, non posso ripagarti per quello che hai fatto salvandomi, però, ecco, vorrei sapere almeno com’è il tuo viso. –

 

- Ah sì? – continuò, sempre acido – E come vorresti fare?! –

 

Katia rimase ancora in silenzio, sollevando un poco un braccio, come se stesse cercando di capire la posizione del moscovita; poi, lentamente, allungò la mano, toccando appena con la punta delle dita il viso di Boris. Lui s’irrigidì.

Certo, visto che lei non poteva usare gli occhi “vedeva” con gli altri sensi, l’udito l’olfatto… E il tatto.

 

B: “Sì, però… E’ decisamente imbarazzante.” – S-senti un po’…! –

 

Ma Katia sembrava concentrata: sfiorandolo coi polpastrelli passò la fronte, scendendo lungo il contorno della guancia.

Boris non riuscì a dire altro, quasi immobilizzato, fissandola.

 

Però… Forse ha ragione Ivan, non è così bruttina…

 

Sbagliava o adesso sentiva anche le dita della ragazza sulla guancia?

 

Tiene sempre gli occhi chiusi… Pensandoci bene, non glieli ho mai visti, chissà di che colore sono… Ma perché sto pensando a queste scemenze adesso?!

 

Sentì completamente la mano di lei sul viso, allora si era avvicinata davvero! Però allora perché… aveva l’impressione di essersi chinato verso di lei?

 

Che sto… Facendo…? Io…”.

 

- BOOOOOOOORIIIIIIIIS!!!!!! – (No, xkè adesso?! Ç___ç ndRia – Guastafeste!!! ndJM).

 

L’urlo di Ivan arrivò alle orecchie di Boris come un colpo di cannone, facendolo sussultare.

 

“C-che… Che spavento!”.

 

Si allontanò velocemente dal raggio d’azione della ragazza, prendendo fiato: che strano, non gli era mai successo di essere sorpreso a quel modo dal richiamo di un compagno! Non l’aveva minimamente sentito arrivare.

 

- Ti cercano… - sorrise Katia, raccogliendo le mani dietro la schiena.

 

- Sì… … -

 

- Ivan?! – lo chiamò lei, mettendosi una mano vicino alla bocca – Siamo qui, vieni ^^. –

 

Subito il ragazzo spalancò la porta, guardando Boris con aria severa.

 

- Ti ho trovato finalmente! Stavi cercando di nuovo di saltare l’allenamento, vero? –

 

- Chiudi il becco! – lo seccò, irritato – Hanno portato una cosa per Katia e io gliel’ ho portata, ora arrivo! –

 

- Ok, ok, calmino… Muoviti che Yuri si sta arrabbiando! Ciao Katia ^\\^! –

 

Sorridendo un po’ idiota uscì, mentre la biondina gli faceva un segno di saluto con la mano.

 

-Cidenti… Mi ci mancava! –

 

- Sarà meglio che tu vada. – disse la bionda, dandogli una spintarella contro la spalla.

 

- … E tu? – le chiese, quasi inconsciamente: “Ma che faccio?! Che mi frega di quello che fa questa?!”. 

 

- Oh, resto qui come al solito, non voglio darvi fastidio ^^! Non è un problema, ora ho anche il mio libro ^^! –

 

Senza aggiungere altro afferrò il tomo e cominciò a sfogliarne le pagine un po’ più spesse del normale, fermandosi dove aveva infilato un piccolo segnalibro blu, convinta che ormai il ragazzo fosse uscito.

Boris, però, era rimasto esattamente dov’era.

Non ci aveva mai pensato, ma tutto il tempo che non stava insieme a loro, Katia rimaneva sola nella sua stanza… Però…

 

Davvero…

A stare sola circondata dal buio… Per lei non ci sono mai problemi?

Davvero sta bene quando è sola…?

 

Katia interruppe un secondo ciò che stava facendo, sentendo che lui era ancora nella stanza, anche se in perfetto silenzio.

 

- Cosa c’è? Come mai non raggiungi gli altri? –

 

- … Ti va di venire anche tu? –

 

 

 

La sala dove i Neoborg si allenavano era enorme: si trattava di una sorta di vecchio scantinato, che loro avevano messo in sesto con cura e in cui avevano piazzato un gran numero di piccoli Beyblade Stadium; quel posto gli faceva anche da palestra comune.

Eppure, rispetto ad una palestra normale, dentro questa aleggiava sempre un silenzio innaturale: i ragazzi non perdevano mai troppo tempo in chiacchiere, l’allenamento era concentrazione.

Proprio in quel momento Yuri e Serjei stavano per affrontarsi. In piedi davanti al Beyblade Stadium si squadravano impassibili, senza fiatare.

 

- Pronti? – contò Ivan - 3… 2… 1… -

 

- LANCIO!! –

 

- Wolborg, eliminalo! –

 

- Respingilo, Seaborg! –

 

Le due trottole si scontrarono senza troppe cerimonie, lanciandosi subito in attacchi senza esclusioni di colpi.

Il rosso, però, sembrava di cattivo umore e deciso a sfogarsi con l’allenamento: con uno scatto improvviso Il Lupo della Steppa arrivò alle spalle dell’avversario, scagliandolo il bey in mano al proprietario.

 

- Due minuti… - sospirò Serjei un po’ rassegnato – Complimenti, ormai è praticamente impossibile batterti. –

 

- Tzs. –

 

- Uh? Ma che hai?

 

- Quell’idiota… Ivan, ma non eri andato a chiamarlo?!

 

- Eh o__o”? – fece, cadendo dalle nuvole – Ah, parli di Boris? (No, del figlio del vicino, genio… -___-“ ndTutti) Sì, prima gli ho detto di venire, ora n-non so cosa… -

 

- Sono qui, Yuri. –

 

Il moscovita sbucò lentamente nella stanza, mentre il suo capitano lo fulminava con un’occhiata gelida.

 

- Voleva anche che le portassimo il tè, signorino Boris?! – sibilò il rosso sarcastico – Quanto cavolo ci hai messo?! –

 

- Eddai, sono arrivato, no? – rispose seccato, tirandosi dietro il braccio sinistro.

 

- Uh? –

 

Il rosso tacque, scorgendo la loro ospite proprio dietro Boris, che si teneva con due dita alla manica del giubbotto del ragazzo.

 

- Ciao! – esclamò Ivan allegro, vedendola – Come mai ci sei anche tu? –

 

- Beh… - lei lasciò velocemente la presa, mentre Boris allontanava il braccio – Fin’ora non avevo mai assistito ai vostri allenamenti, ma avevo un po’ di curiosità, così, anche solo ascoltarli… Però se per voi è un problema io… -

 

- Se ti accontenti di sentire girare delle trottole… – rispose Yuri a bassa voce, asciutto – Basta che fai silenzio. Ivan, Serj, provate voi? –

 

I due compagni annuirono. Katia, stiracchiando un sorriso, si sedette su una panca in un angolino, mentre Boris si appoggiò sbuffando al muro.

 

“Poi dicono a me che ho brutti modi!”. (E’ Yuri, come vuoi  che parli? NdAutori – Molto gentili… -___-** ndYuri).

 

- In posizione! –

 

- Stavolta ti disintegro, Serj! – disse il ragazzino spavaldo, tirando fuori il caricatore (Aaaargh, il ritorno del kalašnikov di Ivan @__+!!! NdRia_esaltata – Il bambino col kalašnikov, il bambino col kalašnikov!! ndJM – Che rompiballe ‘sti 2 -____-**… ndNeoborg).

 

- Tzs… Provaci! –

 

- 3… 2… 1… Pronti… LANCIO!!

 

I due ragazzi mandarono all’assalto i bey con una potenza inaudita, generando una marea di scintille.

 

- WYBORG!! –

 

- SEABORG! –

 

I bey continuarono a ruotare per lunghi minuti, all’apparenza in perfetta parità.

Ad un certo punto Katia, che non aveva più aperto bocca per tutto il tempo, si corrucciò appena, come stesse pensando.

 

- Boris… -

 

- Che c’è? – le chiese, un po’ nervoso per quell’attesa troppo lunga.

 

- Tra Serjei ed Ivan… Chi ha il bey più grosso? –

 

Il russo la guardò senza capire.

 

- Serjei… - mormorò, spiazzato da quella strana domanda -  Perché? –

 

Ma Katia non rispose, sembrava troppo presa da qualcosa; strizzando un altro po’ gli occhi si zittì nuovamente, assumendo un’espressione seria.

 

Ma che diavolo combina?”.

 

Nel frattempo sembrava che l’incontro avesse subito una svolta: Seaborg, infatti, sembrava sparito dal campo.

 

- Ma dov’è?! – Ivan prese a scrutare il campo freneticamente, ma non fu abbastanza veloce.

 

- Lo colpirà alle spalle! –

 

- Come…? –

 

Prima che Boris capisse cosa avesse mormorato Katia tra sé e sé, un secco suono metallico lo fece voltare di scatto, in tempo per vedere Wyborg venire sbalzato fuori campo, colpito alle spalle dall’avversario.

 

COSA?!”.

 

- Naaa, maledizione! – borbottò Ivan, raccogliendo il suo bey – Da quando sei diventato pure veloce, bestione?! –

 

- Tzs! – sorrise sbruffone, mettendo via Seaborg – Da quando sono più bravo di te. –

 

I due presero a rimbeccarsi l’un l’altro scherzosamente, ma Boris non li sentiva, rimanendo a fissare Katia con la bocca spalancata.

 

- Peccato, l’ ha battuto per poco… -

 

- … … C… Come hai fatto?!

 

- Fatto che cosa? – chiese ingenuamente lei.

 

- A capire cosa stava succedendo! Ivan non se l’era data che Serjei stava girando attorno a Wyborg, però uno da fuori lo vedeva… Tu come accidenti hai fatto?!

 

La ragazza ebbe un piccolo sussulto, come presa alla sprovvista alla domanda.

 

- B-beh, ecco, io… Ho… Ho solo sentito un bey più pesante che si muoveva in un certo modo e… E… Niente, magari è stato solo un caso… Dai, lascia perdere ^^. –

 

Sorridendo impacciata lasciò cadere il discorso, cominciando a parlare con Ivan, che si era avvicinato.

 

- Avanti, Boris, tocca a te. –

 

Il ragazzo annuì al capitano, staccando lentamente lo sguardo di dosso alla bionda; no, non si era trattato di un caso: Katia aveva capito con esattezza qual’era la posizione dei bey e chi fosse in vantaggio e chi no e per fare questo si doveva possedere almeno un minimo rudimento col beyblade anche se ci vedevi.

Ma com’era riuscita a capirlo lei che era cieca?

 

- Allora, ci sei?! – chiese Yuri brusco, puntando contro il compagno il caricatore.

 

- Eh? Ah, sì... –

 

- PRONTI…?! –

 

- LANCIO!! –

 

Nuovamente sul campo partì un altro incontro, ma Boris non era concentrato: continuava a lanciare attacchi poco efficaci e girovagava distratto per il campo.

 

- Cos’ ha adesso quello scemo? – chiese Ivan a Serjei, sospirando; l’altro fece un segno di diniego con la testa – Tzs, oggi non è proprio in forma… -

 

- Tzs… Dannazione! –

 

- Che ti prende Boris?! – esclamò maligno il suo avversario, mentre Wolborg costringeva Falborg ad indietreggiare – Ti sei rammollito?!

 

Il compagno non rispose, digrignando i denti con rabbia; il rosso ghignò, spingendolo ancora di più. Ad un certo punto si sentì un soffocato squillo di telefono, a cui Serjei andò a rispondere di malavoglia; quando tornò chiamò Katia, dandole due leggeri colpetti sulla spalla.

 

- Cercano te. – le disse asciutto – Un certo Bergen… -

 

Sentendo quel nome la ragazza scattò in piedi come una molla; stando attenta a non inciampare si avviò a passo svelto verso il corridoio, agitata.

 

- Vuoi una mano? –

 

- E’ la stanza qui in fondo vero ^^? Tranquillo Ivan, ce la faccio. - E senza aspettare altro tempo corse via, tenendo una mano sul muro come appoggio.

 

Serjei e Ivan si scambiarono un’occhiata perplessa; anche Boris, voltandosi, si chiese il perché di quella reazione.

 

- NON DISTRARTI, CRETINO!!

 

Con un colpo secco il bey bianco e grigio di Yuri spedì fuori campo l’altro, con la velocità di un proiettile.

 

- NO! –

 

- Tzs… - sospirò deluso, fissando Boris con sguardo severo -  E poi vuoi saltare gli allenamenti… Non duri neanche più un minuto in campo! –

 

Boris lo squadrò da capo a piedi, stritolando Falborg nel pungo, ma Yuri non battè ciglio.

 

- Vedi di rimetterti in riga, poi magari riparleremo di una sfida… Vieni tu, Ivan. –

 

Sentendolo parlare così Boris perse la poca pazienza che possedeva e se ne andò, furibondo, scacciando con un gesto sbrigativo Serjei che provò a fermarlo. Yuri sospirò rassegnato.

 

- Razza di testa calda. –

 

A passo da mitragliere Boris si diresse verso l’uscita, ben deciso ad andare fuori all’istante e a mettere quanta più distanza possibile tra lui e i compagni, più che altro per prevenire risse e colluttazioni troppo accese.

Ad un certo punto però scontrò contro qualcosa per terra, facendo risuonare nel corridoio un lieve tintinnio metallico, stranamente famigliare. Il russo si accucciò un momento, raccogliendo un oggettino rotondo poco più piccolo del suo pugno.

 

“Un bey giallo?”

 

Lo fissò e lo rigirò tra le mani con sguardo scettico, alzandosi: suo non era di certo e neppure dei ragazzi, ma allora? E come c’era finito lì quell’affare?

 

“Aspetta un attimo… Prima io ho fatto questa strada, quando ho portato la borsa a Katia…”.

 

Il moscovita si guardò indietro, sempre più confuso; soprappensiero guardò il disco d’attacco del bey, leggendoci scritto, prima d’infilarselo in tasca, uno strano nome in lettere rosse. Era curioso, ma era scritto solo su un’ala del disco, mentre dalle altre sembrava essere stata raschiata via la vernice: сумрак, oscurità.

 

 

 

 

 

A tentoni Katia era finalmente arrivata; sospirò, forse non era stata una grande idea non farsi aiutare… Con attenzione ispezionò il muro alla sua sinistra, trovando con un po’ di fortuna il telefono.

 

“Sì!”.

 

Tutta allegra si portò il ricevitore all’orecchio, sentendo dall’altra parte un borbottio sommesso; le scappò un risolino.

 

- Signor Bergen? –

 

Dall’altra parte si sentì un tossicchiare sconnesso, quindi l’anziana voce di un uomo le rispose con vivacità, facendola sorridere.

 

- Mia piccola Katia! Come stai?!

 

- Molto bene, grazie ^^. –

 

- Preoccupazione della mia esistenza, ho sentito quello che ti è successo: ti rendi conto di quello che ho passato?! Perché non mi hai avvertito?!

 

- Perché non volevo farla impensierire, signore. – rispose, con tono un po’ dispiaciuto – In fondo non è successo nulla… -

 

- Ma per questo devi solo ringraziare il giovanotto che ti ha aiutata! (“Giovanotto”? ma come parla questo o___-“?! ndBo). A proposito, il tuo albergo mi ha messo in contatto con l’ospedale dove sei stata portata, adesso ti ospitano i compagni di quel ragazzo, vero? –

 

- Sì. – sorrise – Si tratta dei Neoborg, si ricorda che gliene ho parlato, sono una delle squadre che ha partecipato ai mondiali di beybla… -

 

Katia si bloccò, stringendo la cornetta nella mano; dall’altra parte, Bergen sospirò.

 

- Piccola Katia… -

 

- Non si preoccupi, sto bene. Sono sicura che molto presto tornerò a lanciare il mio  ^^! -  l’uomo dall’altra parte non rispose. – Cosa succede, signore? –

 

- … Ascoltami, Katia, avevo intenzione di partire tra un paio di giorni e di venirti a prendere, ormai… -

 

- Non se ne parla! – esclamò, decisa – Lei risparmia già fin troppi soldi del suo stipendio per pagarmi l’operazione, quindi io…! – ma lui la interruppe.

 

- Ascoltami, ho contattato alcune persone lì, a Mosca; purtroppo, quel parente che credevamo ti fosse rimasto non c’è più: ci ha lasciati il mese scorso. –

 

La ragazza trattenne un secondo il fiato: perciò, non aveva più nessuno, se non il signor Bergen…

 

- Capisco… -

 

Nessuno dei due parlò per qualche minuto; Katia sospirò, con fare materno.

 

- Avanti, finisca. –

 

- Come? –

 

- La conosco signor Bergen, quando lei mi ostenta questo silenzio, significa che vorrebbe dirmi qualcosa, ma che non riesce. – lo sentì sospirare con tenerezza.

 

- Ormai mi conosci meglio di quanto mi conosca io… -

 

- Eh, eh ^^. – lui restò in silenzio di nuovo - … Avanti, continui. –

 

- … Detesto essere portatore di notizie sgradite… Katia, non c’è alcun problema per venirti a riprendere, purtroppo. –

 

Lei impallidì visibilmente; prese il telefono anche con l’altra mano, parlando con voce tremula.

 

- Co… Cos’è successo?! –

 

- … Purtroppo, i costi per l’operazione sono ancora aumentati. –

 

- Cosa…? – la voce le si mozzò in gola.

 

- Coi risparmi che abbiamo accumulato non riusciamo a raggiungere quella cifra, ci vorrà ancora molto tempo. – lei tacque qualche istante.

 

- E a quanto… A quanto è aumentata? –

 

- … 50.000 dollari. -

 

Katia si mise una mano sulla bocca, un’espressione inequivocabilmente sconvolta sul viso: il triplo di quello che avevano messo da parte in un anno!

 

“No, non è possibile… Non…”.

 

- Piccola Katia… -

 

- Ho capito… - cercò di darsi un tono abbastanza pacato, per non farlo preoccupare – Stia tranquillo, aspetterò ancora un po’ ^^. Non è un problema!

Piuttosto, se le cose stanno così, appena riesce ad organizzarsi allora venga a prendermi, non posso più gravare sulle spalle di questi ragazzi, poverini ^^! –

 

L’anziano signore non rispose subito, sospirando fiero.

 

- Sei proprio cresciuta… Da quando i tuoi genitori ti hanno affidata a me, dodici anni fa… -

 

- Le persone crescono! – esclamò con finto tono offeso, facendolo ridere – Ormai ho sedici anni, signor Bergen! –

 

- Non fare la furbetta! – strepitò agitatissimo – Sei ancora la mia piccola Katia! –

 

Katia scoppiò a ridere, le faceva sempre tenerezza l’affetto che il suo tutore aveva per lei. Quando si fu calmato lo salutò, promettendo di richiamarlo, e riagganciò il ricevitore, un’espressione molto triste in viso: per fortuna era riuscita a non darlo a intendere al signor Bergen!

Con un sospiro cercò di fare mente locale su dove si trovasse esattamente, poi si diresse pian piano verso la sua stanza, sperando di riuscire ad arrivarci senza prendere qualche botta in giro.

Intanto Boris, che si era casualmente ritrovato dietro la porta e aveva ascoltato tutta la conversazione, tirò nuovamente fuori dalla tasca il bey che aveva trovato, fissando soprappensiero lo stemma disegnato sopra, nettamente in contrasto con la scritta: un piccolo sole arancio.

 

Perciò questo è suo…”.

 

 

 

 

 

Quella sera Katia non cenò coi ragazzi: dicendo di essere stanca era rimasta tutto il resto della giornata nella sua stanza, senza parlare con nessuno.

Boris, che non aveva più aperto bocca neanche lui, più che altro per evitare d’insultare in ogni lingua che conosceva Yuri, stava girovagando per tutto l’edificio, senza sapere cosa fare, ed evitando accuratamente di andare nella zona dove dormiva la ragazza.

 

“Più lontano sono meglio sto!”.

 

Eppure, a forza di girare, si era ritrovato proprio nei pressi della stanza della biondina, dalla cui porta socchiusa usciva una leggera luce giallastra.

 

“A ridagli…!”.

 

Silenziosamente, per poterci transitare davanti senza parlarle, Boris passò di fronte alla camera, ma si fermò a metà percorso, scorgendo Katia, con la coda dell’occhio, seduta sul letto dando le spalle alla porta, col capo chino; si sbagliava oppure stava singhiozzando?

Il moscovita la sentì mandare un lievissimo singulto, passandosi un dito sull’occhio: stava proprio piangendo…

Per un secondo Boris rimase dov’era, scrutandola, ma si svegliò subito, bloccandosi la mano che, contro la sua volontà, stava per bussare alla porta. Che cavolo stava combinando?! Non erano affari suoi quello che passava per la testa di quella lì!

Con uno scatto nervoso si diresse verso la porta ed uscì sbattendola.

Si ritrovò subito immerso nella gelida notte russa, una di quelle notti senza vento, ma con un freddo così pungente da sembrare una lama su ogni centimetro di pelle scoperto, e dove il cielo è talmente pieno di stelle da serrarti il respiro in gola.

Boris prese a camminare lentamente, lo scricchiolio degli stivali sulla brina semigelata a riempire l’aria, senza una destinazione. Stava camminando da circa mezz’ora, quando un manifesto attirò la sua attenzione.

 

GRANDE TORNEO DI BEYBLADE!

Eguaglierà i mondiali!

 

Una sfida prestigiosa, finanziata dal signor Novgorad, che accoglierà tutti i blader che desidereranno parteciparvi.

 

“Tzs, tipico dei privati! – fece con stizza – Danno i soldi a mocciosi che non sanno neanche caricare il bey… Mosse di ricchi per farsi belli davanti ai figli di altri ricchi.”.

 

Schifato stava per andarsene, ma la riga successiva del manifesto lo attirò inspiegabilmente.

 

Al vincitore della sfida sarà dato come premio un compenso equivalente a ben 50.000 dollari.

 

“Quanto?! – allungò la mano verso il muro e strappò il manifesto, rileggendolo di nuovo -   … E’ la stessa somma che…”.

 

Rimase in silenzio, fissando le scritte grigiastre e leggendo le ultime righe.

 

La sfida si svolgerà il giorno 18 aprile presso il palazzo del signor Novgorad a Mosca.

 

Accorrete numerosi!

 

 

 

 

 

Katia si asciugò un’ultima lacrima, lasciando libere a ciondolare lungo il bordo del letto le gambe, che aveva stretto al petto. Quant’era stupida… Era ovvio che un’operazione tanto delicata come quella per permetterle nuovamente di vedere costasse cara!

 

“Però… Tutte le volte… Ogni volta che io e il signor Bergen mettiamo da parte abbastanza soldi per poterla pagare, il costo aumenta… Mi sembra tanto ingiusto…”.

 

Tristemente prese il suo libro, se lo mise in grembo e prese ad accarezzarne la copertina. Doveva smetterla, piangeva come una bambina. Così faceva solamente male a stessa e faceva preoccupare il signor Bergen.

Povero signor Bergen… Da quando i suoi genitori se n’erano andati, quando Katia aveva solo quattro anni, si era preso cura di lei proprio come con una figlia, nonostante i suoi cinquantasette anni suonati; non doveva essere stato per nulla semplice, soprattutto dopo che lei aveva perso la vista a causa di un incidente e Bergen, non disponendo di grosse somme di denaro per pagare il necessario a darle una vita normale lì in Russia, dove allora vivevano, era stato costretto a tornare nella sua terra natia, la Norvegia. Certo, la vita non era mai stata molto clemente, né con lui né con Katia, ma l’ormai sessantanovenne Bergen riteneva che la sua piccola signorina fosse una persona molto fortunata.

Lei non ne era per niente convinta.

Da quando era arrivata a Mosca gliene erano capitate di tutti i colori: prima era stata aggredita, poi aveva scoperto che il parente che cercava, l’unico che dicevano fosse rimasto in vita, era morto… E adesso era bloccata lì, dando un sacco di fastidi a dei ragazzi che neanche conosceva!

 

 “Per non parlare di Boris… Credo proprio che mi odi!”.

 

Mesta ripensò a quel pomeriggio, quando lei ed il ragazzo si erano parlati; pian piano, quasi involontariamente, rivide quello che aveva “sentito” con le sue mani: accennando un movimento delle dita a mezz’aria, per ricordare meglio, ridisegnò nella mente il contorno del viso ovale, il naso un poco aquilino… Arrossì appena appena, imbarazzata, non era per niente un brutto ragazzo… Anzi, era davvero…

No, no, no, che stava facendo?! Si diede due leggeri schiaffetti sulle guance, andiamo! In fondo, mica l’aveva visto per davvero! Magari si stava sbagliando di grosso.

 

 Però… -\\\\\-“.

 

- Ciao… Sei ancora in piedi? -

 

La voce alle sue spalle, improvvisa, fece sussultare visibilmente Katia a cui cadde addirittura il libro dalle mani.

 

- AH…! B… Boris? – balbettò riconoscendolo, chinandosi per raccogliere il volume – C-che ci fai qui? –

 

- Sono venuto a portarti una cosa. – disse asciutto, entrando.

 

- A quanto pare oggi è giornata, eh ^^? –

 

Gli sorrise. Lui non accennò neanche una risposta, poggiandole semplicemente sul palmo una trottolina, quella che aveva trovato nel corridoio.

 

- E’ tuo, vero? –

 

La ragazza rimase in silenzio; sfiorò il bey con mano tremante, trasalendo un poco quando ebbe conferma di ciò che era.

 

- D-dove… L’ hai preso? –

 

- Non l’ ho “preso”! – fece quasi offeso – L’ ho trovato per terra prima, probabilmente è caduto dalla tua borsa… -

 

Lei annuì apatica. Poi, con un gesto nervoso, si strinse il bey al petto, sospirando tristemente.

 

- Ci giochi ancora? –

 

- Ma ti sembra possibile?! – rispose, stranamente brusca – Non ci vedo, come faccio?! –

 

Rimasero in silenzio qualche istante, Boris decisamente sorpreso da quel tono avvilito nella voce di lei.

 

- … No, non ci gioco più, però ci tengo molto… - aprì il pungo chiuso cominciando a far girare soprappensiero un dito sullo stemma – Un tempo adoravo giocarci. Forse un giorno… Io… … -

 

- “Tu” cosa? –

 

Katia richiuse le mani sul bey, facendo un cenno di diniego: era meglio lasciar perdere. Il ragazzo la fissò scettico, poi si alzò, afferrandola per un polso e costringendola a seguirla.

 

- E-ehi, dove mi porti?!

 

- Zitta e vieni. –

 

Katia ebbe un fremito, sembrava arrabbiato, ma come mai? Con lei? Che aveva fatto? Senza chiedergli altro lo seguì, o meglio, fece attenzione a non cadere trascinata dal ragazzo, che si fermò solo dopo una buona manciata di minuti; Katia sentì che erano entrati in una stanza, ma avevano camminato troppo in fretta e non era riuscita a capire quale.

 

- Dove… Siamo? –

 

- Nella sala per l’allenamento. – rispose conciso, allontanandosi da lei; la ragazza rimase dov’era, stringendosi incosciamente il bey tra le mani. – Avanti, caricalo. –

 

- Cosa? –

 

- Ca-ri-ca-lo! – sillabò acido – Sei diventata anche sorda? –

 

Katia tacque qualche istante, poi una rabbia incontenibile le salì per il petto, quasi da farla urlare.

 

- Mi spieghi cos’è questa sceneggiata?! Cos’è, ti diverti a prendermi in giro? Ti ho detto che non posso giocare! – chinò la testa, trattenendo a stento lacrime amare – Io non ci vedo… -

 

- Tzs, finiscila! – sbraitò seccato – Per me sei capacissima di farlo. Oggi sei riuscita a capire quale fra due bey avrebbe vinto solamente ascoltando la loro rotazione, non ci vuole uno studio per lanciare! –

 

- Ma se non vedo il campo, sai, è un po’ complicato! – fece sarcastica, stringendo i pugni.

 

- Oh, insomma! Che nervi che mi fai venire! – urlò, sbattendo un piede per terra – Sei impossibile! Un momento prima tenti di prendere di petto la situazione in cui ti trovi e sei tutta sorrisi, quello dopo invece sembra che il mondo ti sia crollato addosso! –

 

Katia non ribattè, scioccata: non aveva mai sentito Boris parlarle a quel modo.

A dirla tutta, neanche lui sapeva bene perché stava facendo così; l’unica cosa che sapeva era che vederla così afflitta gli faceva saltare i nervi come non mai, ma ancora di più lo faceva infuriare il fatto che non riuscisse a capire il motivo perché si arrabbiasse tanto.

Tra i due calò il silenzio, interrotto solo dal lieve sfregare del nastro di plastica semirigida nel lanciatore del moscovita. Katia tese le orecchie, ma stava facendo sul serio?

 

- Prendi. –

 

Tenendo il lanciatore in una mano, Boris lanciò con l’altra qualcosa dritta in braccio alla ragazza, che lei afferrò faticosamente poco prima che cadesse a terra; lo rigirò nel palmo, titubante, era un caricatore vecchio stile, di quelli formati solo da una scatoletta senza manico.

 

- Forza, lancialo. –

 

Katia rimase dov’era, quasi paralizzata.

 

- Si può sapere perché stai facendo questa cosa?! – lui tirò un sospiro seccato.

 

- Senti, mettiamo le cose in chiaro: il tuo atteggiamento non mi piace per niente, semplicemente per il fatto che non lo capisco, ma sono fatti miei. Però c’è una cosa che mi irrita ancora di più, è questo tuo atteggiamento arrendevole.

 

- Come? –

 

- Come sarebbe “come”?! Mi irrita, mi manda in bestia, va bene?! –

 

- E questo sarebbe un problema mio?!? – fece, scocciata da un lato e sorpresa dall’altro per le parole del ragazzo.

 

- No. – fece asciutto – Però, lasciatelo dire, facendo così non dai proprio una buona impressione di te. –

 

Disse l’ultima frase tranquillo, ma con un tono strano, tanto che la bionda non reagì; prese come in trance il caricatore per il giusto verso, controllando al tatto il nastro, già inserito al suo posto, e le due lamette su cui andava incastrato il bey, inserendosi il suo.

Non voleva farlo, non era per niente sicura di quello che stava succedendo, Boris sicuramente la stava solamente prendendo in giro! Credeva decisamente fosse una persona migliore! Però qualcosa le diceva che il ragazzo non stava mentendo, e questo la portò a posizionarsi per il lancio.

Ma appena sentì Boris cominciare il conto alla rovescia, Katia prese a tremare convulsamente: era impossibile, non poteva farcela, non poteva! Le sue braccia si abbassarono lentamente per qualche secondo, finchè il moscovita non la fermò, con tono calmo e duro.

 

- Sta ferma. Mettiti com’eri prima. Esatto, così – disse, mentre lei si riposizionava – sei precisamente davanti al campo. –

 

Boris contò di nuovo; stavolta, la ragazza tirò il laccio al tre, lanciando il bey circa a tre quarti del campo e facendolo ondeggiare goffamente, quasi senza controllo.

 

- L’ ho… Centrato?! – mormorò, scioccata. A Boris sfuggì un sogghigno divertito, mentre il suo Falborg ronzava in cerchio attorno a сумрак.

 

- Al solito, avevo ragione. –

 

La bionda alzò il viso di fronte a sé, strizzando un poco gli occhi: allora l’aveva fatto per avere ragione?! Di cosa, poi?! Che razza di sbruffone! 

Stava per insultarlo di nuovo, ma sentì il suo bey fare un rumore sinistro, vacillare pericolosamente e dopo pochi secondi, privo di controllo, schiantarsi contro il bordo campo e fermarsi. Boris tirò un sospiro, era durato meno di quanto aveva previsto, evidentemente il lancio era stato molto debole.

 

- Ecco! – ruppe il silenzio, stritolando il caricatore nella mano – Soddisfatto?! Ora puoi anche prendermi in giro o vantarti per averla avuta vinta, basta che ti spicci! –

 

Era furibonda, aveva davvero sopravvalutato Boris, era una persona orribile! Il russo non rispose, guardandola inespressivo; sospirò nuovamente, raccogliendo sia Falborg, immobile a ruotare dove era atterrato, sia сумрак e glielo porse gentilmente.

 

- Credo proprio che tu mi abbia capito male. – disse con tono pacato – Non volevo assolutamente prenderti in giro. tantomeno vantarmi o fare qualcosa del genere, volevo solo verificare una cosa. – il suo tono si affievolì lievemente - Scusa. –

 

Katia ebbe un sussulto, stupita, Boris che si scusava?! Con lei?! No, di sicuro stava scherzando… Eppure il suo tono era dispiaciuto seriamente.

 

- Aaaah, ma che dico?!esclamò sbuffando – Mica ho fatto niente di male! Sei te che sei troppo suscettibile! –

 

Lei rimase in silenzio, lasciandosi sfuggire un leggero risolino, ecco, quello era decisamente più da Boris! Il russo rimase in piedi dov’era a borbottare per qualche minuto, poi prese a rimettere a posto il suo bey e il caricatore con molta calma; attorno ai due scese una quiete innaturale, tanto che il sollievo che la ragazza aveva provato poco prima passò velocemente all’ansia.

C’era troppo silenzio, troppo, lei non riusciva a stare in un posto che non conosceva o dove non poteva orientarsi in quello stato: l’udito era il suo senso principale, non sentire alcun rumore in luoghi come la sua stanza era già difficile, ma adesso che non sapeva dov’era per lei era davvero snervante. Sempre più agitata tese le orecchie e, quando capì dov’era esattamente il ragazzo dal suo respiro tranquillo, allungò inconsciamente la mano verso la manica di Boris, stringendola con tutta la sua forza.

Il moscovita si voltò a guadarla sbigottito, mentre lei, che tremava visibilmente, dovette aspettare qualche secondo prima di rendersi conto di quel che stava facendo.

 

- Ah… - ritrasse velocemente la mano, a disagio, nascondendola dietro la schiena come un bambino colto a rubare caramelle – Scusami, io… N-non volevo… -

 

Lui non rispose, fissandola, perché adesso sembrava spaventata? La sedicenne si morse il labbro, ma era impossibile, perché capitavano tutte a lei?! Per giunta quella figuraccia proprio con Boris, già faceva fatica a capirlo, le ci mancava anche una bella sceneggiata di panico!

Siccome Katia sembrava ben intenzionata a non dire altro, Boris si avviò nel corridoio, dicendole di seguirlo e camminando lentamente perché lei gli tenesse dietro, e la condusse fino alla sua stanza.

Senza che nessuno dei due parlasse la biondina entrò, chiudendosi lentamente la porta alle spalle; rimase lì appoggiata per qualche istante, la testa colma di pensieri che ronzavano vorticosi quasi uno sciame di vespe: perché Boris si era comportato a quel modo, e  così all’improvviso? Non riusciva a dare una spiegazione logica. E poi quella frase…

 

Volevo solo verificare una cosa.

 

Sì, ma cosa? Katia aveva capito che Boris l’aveva quasi “messa alla prova”, ma per quale motivo non riusciva assolutamente a capirlo.

La ragazza si lasciò scivolare fin sul pavimento, sospirando sonoramente, ultimamente stavano succedendo decisamente troppe cose, non vedeva l’ora di tornare a casa! Si alzò lentamente, ma proprio quando stava per andare a dormire un lieve fruscio la fermò lì dov’era; si voltò di scatto, cercando di capire cosa lo producesse, ma il suono durò pochi secondi e poi smise. Istintivamente Katia fece per ignorare il tutto, ma quel rumore era stato troppo vicino per esserlo immaginato: si accucciò davanti alla porta, era quasi sicura, anzi certa, che “qualcosa” fosse scivolato per terra. E infatti, muovendo lentamente le mani sul pavimento, trovò quello che sembrava essere…

 

“Un foglio?”

 

 

 

 

 

Quella mattina, dopo colazione, Katia se n’era rimasta seduta al tavolo, continuando a sospirare imperterrita e a mandare piccolo sbadigli: ci aveva messo ore ad addormentarsi, un po’ perché si sentiva nervosa, un po’ perché aveva continuato a chiedersi cosa potesse essere quel foglio che aveva trovato. Certamente era stampato o scritto, perché sentiva l’odore dell’inchiostro e, ancor più sicuramente, non era finito sotto la sua porta portato dal vento.

 

- Ciao! Che ci fai ancora qui? -

 

Assorta nei suoi pensieri Katia non si accorse subito di Ivan, che entrò baldanzoso nella stanza.

 

- Ciao. Nulla di particolare… - biascicò, mezza addormentata – E’ che stanotte non ho dormito molto bene… Ma tu come mai sei tornato di qui? Non vi stavate allenando? –

 

- Beh, sì, solo che… Boris è sparito di nuovo, così Yuri mi ha mandato a cercarlo. (gocciolone) -

la ragazza annuì – Però qui non c’è, è meglio che mi muova a trovarlo se no… -

 

- Aspetta un attimo…! – s’illuminò, fermandolo poco prima che uscisse – Mi faresti un favore? –

 

Il ragazzo annuì. Katia gli porse il foglio che aveva trovato e si riappoggiò al tavolo, non appena Ivan l’ebbe preso.

 

- L’ ho trovato ieri. – fece, facendo finta di niente – C’è scritto sopra qualcosa? - 

 

Ivan assentì nuovamente e prese meccanicamente a leggere il foglio ad alta voce; Katia l’ascoltò distratta, sobbalzando solo quando il russo arrivò alle ultime righe.

 

- “Al vincitore della sfida sarà dato come premio un compenso equivalente a ben 50.000 dollari…” –

 

- Quanto?! – sobbalzò, trattenendo il fiato con un singulto.

 

- Sì, è proprio una bella cifretta… - borbottò, senza accorgersi dell’espressione sconvolta della bionda – Ma è un classico, nei tornei organizzati dai privati. L’unico che vedrà questa cifra è ‘sto signor Novgorad. E’ tipico: organizzano queste competizioni, atteggiandosi a grandi uomini generosi, e poi fanno in modo di non perdere i soldi. Probabilmente vi parteciperà il figlio, o qualcuno che è d’accordo con lui; non corrono neanche il rischio di fallire perchè chi partecipa a questa roba solitamente sono solo mocciosetti incapaci. –

 

- S-sì… - mormorò, le mani che tremavano lievemente sulla base del tavolo.

 

- La gente che organizza questi tornei il novanta per cento delle volte non tiene in alcuna considerazione il bey; per loro è uno strumento per arricchirsi o per mettersi in luce, lo valorizzano quanto una scarpa vecchia! Disgustoso, non trovi? – Katia si lasciò sfuggire un sospiro affettuoso sentendo il tono amaro di Ivan, si vedeva che amava molto il bey – Però vorrei sapere come c’è finito questo coso qui dentro, non so proprio… -

 

- Quello è mio. –

 

Sia la ragazza che Ivan si voltarono di scatto, mentre Boris entrava con calma nella stanza; il compagno lo fissò accigliandosi.

 

- Tuo?! E che ci facevi con un manifesto di un torneo privato di bey?!

 

- Ah, parli di quello? – disse, con noncuranza – Non lo so, l’avevo notato l’altra sera, quando sono uscito a fare un giro; l’ ho preso senza pensarci, ero un po’ soprappensiero e me lo sono infilato in tasca.

L’ hai trovato tu? –

 

- Ma ti pare?!fece irato – L’avessi trovato io a quest’ora l’avevo già buttato! –

 

- L’ ho trovato io. – intervenne Katia atona, la testa girata verso il punto in cui sentiva Boris parlare – Ieri sera, sotto la mia porta. –

 

- Capisco… Probabilmente mi è scivolato. –

 

- Potevi sbarazzartene subito…! – sbuffò Ivan, convinto delle parole dell’amico.

 

Katia, invece, non si era per nulla bevuta quella frottola; Boris non aveva casualmente tenuto quel manifesto, né tantomeno quello era finito casualmente nella stanza della ragazza: era stato lui a mettercelo, ne era convintissima, ma non capiva perché.

Beh, era quello che avrebbe scoperto.

 

- Ti spiace se ti rubo Boris ancora un minutino, Ivan? – sorrise la ragazza alzandosi – Dovrei dirgli una cosa. –

 

Ivan, che stava cominciando a litigare con Boris perché era sparito nuovamente ed era toccato a lui andarlo a cercare, annuì, un po’ sorpreso; mai certamente quanto l’altro russo, che però andò dalla bionda senza fiatare.

 

- Rispediscicelo subito però! – disse uscendo – O Yuri mi scuoia vivo. –

 

- E cosa sono, un pacco postale?! (gocciolone) – bofonchiò a denti stretti.

 

- Tranquillo ^^. – disse al ragazzino, sorridendo.

 

Quando Ivan se ne fu andato, Katia si mise in piedi, sbattendo forte il palmo della mano sul tavolo. Sembrava abbastanza arrabbiata.

 

- Si può sapere a che gioco stai giocando?! – disse fredda, stringendo i pugni. Sì, decisamente era arrabbiata.

 

- Nessun gioco. – rispose tranquillo.

 

- Allora cosa vuoi?! – sbottò esasperata, spingendo più lontana la sedia dalle sua gambe – Prima mi eviti! Poi di punto in bianco ti metti a ronzarmi attorno non so perché e mi chiedi addirittura di lanciare un bey! A me! E infine quest’affare! Allora?! –

 

- Uno: evita l’espressione “ronzarmi attorno”, mi sento un maniaco; Due: mi sembrava di averti già detto che non mi piace il tuo atteggiamento. –

 

- Tanto piacere! – sibilò; poi tentò di calmarsi un istante - Se proprio vuoi saperlo, questo è l’unico modo che conosco per affrontare la situazione. –

 

- Appunto, “affrontare”. – disse deciso – Ma ho come la sensazione che questa cosa non serva a molto, almeno, non in certi momenti. –

 

Lei rimase dov’era, le labbra socchiuse in un’espressione un po’ stranita.

 

- Inoltre… Ho l’impressione che il premio possa servirti, vero? –

 

Sentendo quella frase Katia capì e strinse i pungi, indignata.

 

- Hai origliato la mia telefonata! Razza di…! –

 

- Uou, uou, uou! Non ho origliato! – esclamò subito – Ero in zona e mi ha incuriosito il discorso, tutto qui. –

 

- “Tutto qui”?! Ma che razza di… Bah, lascia perdere! – sbuffò, scostandosi nervosamente la frangetta – Mi dici insomma cosa vuoi fare?!

 

Boris fece un sorrisetto furbo.

 

- Ho una proposta da farti. –

 

 

 

Katia sedeva sul suo letto, stropicciandosi nervosamente il bordo della maglia ed ascoltando il vento, fuori, soffiare violento e sferzare l’ex-Monastero. Ma perché si era messa in quella situazione?!

Quando il ragazzo si era offerto di allenarla in modo che potesse di nuovo giocare col bey,  l’urlo che la bionda aveva lanciato avrebbe dovuto risvegliare anche i morti tanto era stato forte, ma Boris non aveva battuto ciglio.

 

- Ho idea che tu possa diventare una blader davvero in gamba. – aveva risposto piatto – Ovviamente da sola non ce la puoi fare, e io sono proprio curioso di vedere cosa potrebbe venirne fuori. Allora che mi dici? -

 

Katia non aveva ancora capito perché gli aveva detto di sì, forse perché anche lei, come Boris, era curiosa di scoprire se anche un blader cieco era in grado di giocare, con un allenamento adeguato? Oppure era stata la notizia di quel torneo privato a spingerla ad accettare? Non ne era sicura, ma non era questo l’importante. C’era qualcos’altro adesso che agitava la biondina: e se l’idea di Boris si fosse rivelata un fallimento a causa sua? Katia aveva da tempo capito che il moscovita non era propriamente dotato di quella dote chiamata pazienza, ma temeva comunque una sua reazione.

Il perché poi, non lo sapeva.

Un bussare leggero la fece alzare di scatto dal materasso, era già lì? Deglutì a vuoto, andando ad aprire lentamente la porta.

 

- Vieni? –

 

Lei annuì con più decisione. Boris si mosse di un paio di passi, controllando che Katia riuscisse a seguirlo, poi s’incamminò per un corridoio che la ragazza era sicura non aver mai attraversato, e per non perdersi fu così costretta ad avvicinarsi di più. I due camminarono a lungo, tanto che Katia perse la cognizione del tempo, il silenzio interrotto solo dal loro incedere ritmato; seguendo le indicazioni sporadiche del moscovita la ragazza continuò ad avanzare finchè non avvertì la parete a cui teneva appoggiata la mano farsi all’improvviso liscia come il vetro.

 

- Ci siamo. –

 

Katia sentì Boris aprire una serratura che, a giudicare dal rumore, doveva essere decisamente arrugginita. Il ragazzo spalancò una porta molto pesante ed entrò in una stanza semicircolare con le pareti lisce, come quelle del corridoio attiguo.

 

- Dove siamo? –

 

- In una vecchia sala per l’allenamento; la usava il vecchio proprietario… – si bloccò un secondo, ricordando con rabbia chi fosse l’ex-proprietario, poi riprese con fare sbrigativo – Credo. In ogni caso, l’ ho scelta perché è completamente insonorizzata. –

 

- Insonorizzata…? – il russo annuì; solo allora Katia si accorse che il rumore della bufera che stava nascendo era scomparso nel nulla.

 

- Beh, se la tua tattica di gioco si basa sull’udito, direi che è meglio non avere interferenze esterne, che mi dici? –

 

Lei sorrise lievemente; rapidamente preparò il suo bey nel caricatore che Boris le aveva dato il giorno prima, tenendolo forte nella mano, e si preparò a lanciarlo seguendo le indicazioni del moscovita. Appena le diede il via Katia lanciò  e, sebbene un po’ instabile, questo si piazzò preciso in mezzo la campo.

 

- Bene. Non ci siamo ancora molto nella posizione, però… -

 

- Ehi, non pretendere troppo! – ironizzò lei, sorridendo; Boris si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito.

 

- Che vuoi, sono un insegnante esigente. Ora prova a farlo muovere per il campo. –

 

- Eh?! – ebbe un piccolo sobbalzo, non era un po’ presto?! Aveva centrato a malapena il Bey Stadium… - O-ok… -

 

Сумрак ondeggiò per alcuni istanti sul posto, quindi descrisse un  piccolissimo cerchio traballante, partendo poi a ruotare a spirale sempre più insicuro, finchè non si fermò.

 

- Uhm, niente male, anche se il colpo non era molto forte, davvero niente male! – disse sorpreso, raccogliendo  per la ragazza.

 

- Grazie… - rispose appena, prendendo la trottola che Boris le porgeva; la strinse nel pugno, senza poter fare a meno di sorridere: dopo tanto tempo, era riuscita di nuovo a lanciare сумрак!

 

- Mi sembri contenta. –

 

- Lo sono ^^! –

 

- Ecco, - fece un po’ pungente, indicandola – quella faccia è decisamente meglio di quella depressa che avevi ieri; non un gran miglioramento, ma sempre meglio! -  

 

Katia però parve ignorare il tono mordace del ragazzo e lo ringraziò, sorridendo gentilmente; sembrava essersi abituata alla sua linguaccia lunga.

 

- Senti Boris… Secondo te, se miglioro abbastanza, un giorno potrei riuscire a gareggiare quasi normalmente? –

 

- E che ne so? – rispose con sufficienza – Dipenderà dal tuo allenamento. –

 

Lei sorrise decisa.

 

- Ho capito. – si portò il pugno in cui stringeva il bey al petto – Ascolta, tu mi alleneresti per qualche tempo? –

 

- Forse… Perché? –

 

Ma conosceva già la risposta, anche se era decisamente stupito che lei lo proponesse così presto.

 

- Vorrei vincere il premio di quel torneo. –

 

 

 

Una volta presa la sua decisione Katia telefonò al signor Bergen, dicendogli di non venire a prenderla prima del 18 aprile, a poco più di un mese a partire da quel giorno; per il motivo restò sul più vago possibile, sapeva che il suo tutore non avrebbe approvato una scelta del genere. Lei, però, con quel lancio aveva sentito tornare tutta la sua energia di blader, e se aveva anche una minima possibilità di ottenere quel premio, bene, l’avrebbe giocata!

La cosa, però, si rivelò da subito molto difficile.

Gli allenamenti si svolgevano tutti di sera, in parte perché così c’era più silenzio, in parte perché Boris non aveva alcuna intenzione di farsi scoprire dai compagni, dopo tutte le proteste che aveva fatto riguardo al portarsi Katia sotto il loro stesso tetto, e anzi si sorbiva anche gli allenamenti giornalieri coi Neoborg pur di non farli insospettire, specialmente Yuri.

Per prima cosa Boris insegnò alla ragazza a capire a quanti passi di distanza doveva mettersi dal campo perché il lancio avesse effetto: Katia doveva andare verso il BeyBlade Stadium, darci un colpetto col piede e mettersi alla distanza giusta, ma per impararlo inciampò e sbagliò posizione dozzine di volte, tante che credette che il russo l’avrebbe rispedita nella sua stanza all’istante; invece non fu così, anzi, Boris dimostrò tanta indulgenza quanta neppure lui credeva di averne. Questo aiutò molto la bionda, che nonostante l’alternarsi di cantonate e successi non perse più il suo umore sempre cordiale.

Senza che Boris se ne accorgesse loro due cominciarono ad avvicinarsi. Ormai Katia riconosceva all’istante quando il ragazzo arrivava, capiva ogni sua variazione d’umore dal tono della voce; era strano, ma nonostante ciò a Boris questo non dava fastidio, come non dava fastidio, a volte, doverle spostare la posizione delle braccia per un lancio, o lasciare che gli si avvicinasse troppo quando le faceva sentire un componente fuori posto sul suo bey: era una cosa assolutamente inspiegabile, eppure il russo aveva mal sopportato quella biondina fino a neanche una settimana prima! Figuriamoci l’idea di averla in un raggio d’azione inferiore ai due metri!

Adesso, invece, sembrava tutto cambiato.

Era una tipa strana, non lo metteva in dubbio. Durante gli allenamenti dei ragazzi se ne stava sempre seduta, immobile, composta come una bambolina: rimaneva lì buona e tranquilla, ascoltando attenta (in fondo, anche quello era un allenamento per lei), sorridendo sempre gentilmente, ogni tanto scambiando due parole con Ivan, ogni tanto con lui quando le si avvicinava; a discapito di quanto si aspettasse quella ragazza sapeva moltissime cose e varie volte, non senza un certo impaccio da parte del russo, si ritrovò a spiegargli qualcosa.

L’unica cosa che nessuno poteva spiegare a Boris era però il motivo di certi suoi nuovi comportamenti.

Più di una volta, inspiegabilmente, si ritrovò a fissarla, da distante, mentre lui si allenava con gli altri, e ormai aveva impressa nella mente la sua immagine come fosse incisa e la cosa gli dava decisamente un po’ fastidio. Eppure anche questo, come averla sempre attorno, forse per i suoi modi un po’ adulti, forse per qualcos’altro, stava diventando una cosa naturale, quasi inevitabile.

E, chissà perché, non gli sembrava una cosa così malvagia.

 

 

 

 

 

Una mattina Boris si alzò prima del solito, solo la luce bianco-azzurra della notte che scompariva illuminava fiaccamente il cielo e rifletteva le sue ombre lunghe nel corridoio. Il russo tentò più volte di riaddormentarsi, ma vedendo gli scarsi risultati si alzò svogliatamente e attraversò sbadigliando il corridoio, dirigendosi verso la stanza di Katia: gli aveva chiesto di fare qualche allenamento al mattino, giusto perché così entrambi potessero guadagnare un’ora o due in più di sonno la sera.

Finendo di sistemarsi i lacci del giubbotto arrivò davanti alla porta e ci bussò sopra tre volte con decisione, ma non rispose nessuno.

 

“Magari è troppo presto… Forse è meglio che mi faccia un giro…”.

 

Alla fine, però, decise che, se era sveglio lui, doveva esserlo anche la sua “allieva” (Nn c’è proprio voce in capitolo, eh? -___-“” ndRia – Taci, autrice incapace! ndIvan – Parli così sl xkè a te le ff nn le fa mai nessuno, cattivo ç___ç***! ndRia – Vogliamo continuare x favore -____-“””””? ndBo). Con noncuranza girò lentamente la maniglia della porta ed entrò, ma vide solamente una stanza vuota.   

 

“Dove diavolo è finita?!”.

 

Non erano molti i posti in cui la ragazza riuscisse ad andare senza un aiuto, se non la cucina, la sua stanza e le sale degli allenamenti. Boris prese a cercarla un po’ seccato, ma stranamente non la trovò da nessuna parte: se ne stava fermo nel corridoio, sbuffando platealmente e cercando di capire dove diavolo potesse essere finita, quando sentì la porta d’ingresso sbattere per il vento, segno che era rimasta aperta; stizzito fece per chiuderla, quando si accorse che, proprio di fronte alla soglia, c’erano delle impronte fresche nel sottile strato di neve, caduto durante la notte.

Tombola, ecco un posto dove non aveva cercato!

Sospirò un po’ stufo, dirigendosi verso un vecchio e basso pino rosso, che cresceva a pochi metri di distanza da lì: sotto di esso, comodamente seduta con le gambe raccolte, c’era proprio Katia.

 

- Boris…? – chiese sorpresa, sentendolo – Buongiorno ^^! –

 

-Giorno… (Sempre loquace pure tu… -____-“” ndRia) – disse sedendosi vicino a lei – Che ci fai qui già a quest’ora? –

 

- Mi sono svegliata prima ^^. – sorrise allegra – Poi, visto che ormai riesco ad arrivare qui da sola e dato che mi piace l’arietta che si sente al mattino presto… -

 

- Vuoi dire questo gelo da piena Siberia? – chiese sarcastico, soffiando una grossa nuvola di condensa – Sei per caso un pinguino (gocciolone)? –

 

- Eh, eh non mi pare! – rise calorosamente – Mi piace solo la sensazione della neve sotto di me e quest’albero qui, anche se non lo vedo: ce n’era uno uguale di fronte a casa mia quando abitavo qui a Mosca… -

 

- Vivevi a Mosca? – le chiese, sorpreso dalla notizia – Non me l’avevi mai detto. –

 

- Beh… Non credevo t’interessasse e… Non volevo annoiarti, tutto qui. – sorrise un po’ impacciata.

 

Il moscovita fece un grugnito d’assenso, ma quella frase gli lasciò addosso una strana sensazione, come un inspiegabile desiderio di conoscere meglio la ragazza. A pensarci bene, c’erano molte cose di lei che ignorava: lui non era certamente il miglior interlocutore del pianeta, ma neanche Katia parlava molto di se.

I due rimasero in silenzio, mentre Katia prese a frizionarsi le braccia raccolte al petto per il freddo.

 

- Sarà meglio rientrare… - disse, vedendola di sottecchi.

 

- Oh no, aspetta ancora un attimo – lo pregò, allungando una mano di lato come per fermarlo – Tra poco dovrebbe albeggiare, vero? –

 

Boris la guardò, sospirando, e si risedette comodo, fissando i tetti di Mosca in lontananza.

 

- Lo sta facendo proprio adesso… -

 

Katia voltò il viso di fronte a se e raccolse le mani al petto, con fare impacciato.

 

- Non è che… Mi descriveresti com’è? -

 

Il russo, benché sapesse che lei non poteva vederlo, si voltò a guardarla come se di colpo fosse diventata scema: ma che razza di richieste gli faceva?!

 

- E che dovrei dirti?!disse un po’ stizzito – E’ un’alba, accidenti… C’è del rosa, del giallo (è dorato, scemo! >___-“ ndRia – Lo dici tu qsto -____-“” ndTutti)… Che c’è da dire?! –

 

Poi si zittì, aveva usato i suoi solito modi finissimi… Eppure Katia non smise un istante di sorridere, come se la cosa fosse normale, o ci fosse abituata. Sì come se… Lo conoscesse da sempre.

 

- E’ bellissima, vero? – lui guardò prima lei poi il paesaggio che aveva davanti, quindi fece un mezzo sorriso.

 

- Sì… -

 

- Lo immaginavo ^^. – Boris rimase un istante in silenzio – Non preoccuparti, per prima, non è successo niente! Lo so che tu sei fatto così. –

 

Un'altra, piccolissima frase, sufficiente per metterlo in difficoltà.

Perché?

Come riusciva ad essere sempre così? Lui non ci riusciva… Lei guardava nel cuore della gente, senza paura di quel che avrebbe potuto trovare. Non le interessa? O forse accettava tutto? Perfino lui, con quel suo modo di fare…

Boris fissò la ragazza, doveva essere lì già da un po’, perché le guance erano di un bel rosa carico per via del freddo, come la zona attorno al naso; quasi meccanicamente allungò la mano verso la parte gelata e la sfiorò con un dito.

 

- Sei davvero scema… Senti qui, sembri un cubetto di ghiaccio… -

 

Katia si lasciò sfuggire un risolino, facendo per allontanarsi e ordinargli di non prenderla in giro, ma invece sentì solo entrambe le mani del ragazzo avverarle il viso e voltarla.

 

- Eh…? –

 

Non so perché lo sto facendo ora.

Francamente, non m’interessa.

Non m’importa neppure come reagirai.

Non adesso.

Voglio solo avvicinarti a me… Solo un attimo…

Vorrei sentirti più vicina, solo un secondo.

Perché vorrei capire.

Tu sei riuscita a vedermi dentro, ma io no. Perché?

Perché non riesco a raggiungerti?

Forse non posso, perché sono diventato così col tempo.

Però…

Anche se fosse…

Per un secondo, anche meno… Voglio avvicinarti a me.

Perché non sopporterei più di vederti come quella volta… Quand’eri da sola nella tua stanza…

Piangevi, vero?

Da sola… Non voglio vederti più.

 

Non m’importa come reagirai, solo per un attimo.

Anche se sto sperando… Con tutto il cuore…

Non allontanarmi da te.

 

Boris riaprì lentamente gli occhi verdi, allontanando la sua bocca da quella di lei e pronto ad ogni reazione: Katia però non si mosse di un centimetro, le dita intirizzite affondate nella neve, scossa da brividi leggeri. E non era certa fossero dovuti al freddo.

Il ragazzo allora le scostò delicatamente la frangetta e le sfiorò la fronte con un altro bacio, tenendola per le spalle; lei continuò a tacere, ma sorrise, le guance ormai amaranto, poggiandosi sul petto del ragazzo. Per la prima volta non la spaventava né il silenzio attorno a lei, né il fatto che le sue dita gelate non sentissero niente sotto di se: si sentiva così tranquilla e felice lì stretta a Boris, che credeva di poterci restare per sempre.

 

- … … Perché?… -

 

Boris impiegò qualche secondo a capire la domanda, preso alla sprovvista; però era normale, dopo il modo in cui l’aveva trattata per tutto quel tempo… Guarda cos’era successo!

 

- I-io… - “Fantastico! D’accordo, i casi sono due: o qualcuno mi ha riprogrammato il cervello mentre dormivo (nn che ci sia molto da riprogrammare XP ndRia), o sono diventato scemo del tutto! Eddai, che ci vuole a dirlo?!”.

 

Un’epica battaglia contro il suo orgoglio, ecco cosa ci voleva! Non era sicuro di vincerla…

 

- … .. Bene… -

 

- Come? –

 

- Ti voglio bene. – mormorò, soffocando la voce contro il giubbotto del ragazzo – All’inizio… Credevo fosse solo un senso di gratitudine per avermi salvata, ma poi… Ho cominciato davvero a volerti bene. – si lasciò sfuggire una risata imbarazzata – E’ assurdo, vero? –

 

Dal ragazzo non venne nessuna risposta; per un secondo, Katia si pentì delle sue parole, finchè non si sentì cingere dalle sue braccia. Sorrise.

Rimasero lì finchè il sole non sorse del tutto, quando finalmente Boris si alzò e, presa la mano alla ragazza, tornò dentro con lei, giusto poco prima che gli altri si alzassero.

 

 

 

 

 

Nei giorni che seguirono i due continuarono gli allenamenti senza proferirne parola con nessuno di quel che era successo, dopotutto gli altri non avevano notato niente di diverso: Boris spariva dopo gli allenamenti di squadra e Katia restava nella sua camera (o almeno lo pensavano), l’unico avvenimento fuori dal comune era che il moscovita non guardava più in modo bieco la ragazza e non tendeva più a trattarla sgarbatamente, anche in maniera plateale, ma dopo poco pensarono che lui si fosse abituato a quella presenza e si fosse calmato.

Maestro e allieva, però, avevano ora un altro problema. Era vero che erano riusciti a far prolungare la permanenza di lei in Russia parlando con Bergen e che gli altri non avevano detto nulla per poco più di tre settimane, ma il torneo era ancora lontano e certo lei non poteva restare lì a vita senza dire nulla, come l’avrebbero spiegato ai compagni?

Il blader del falco decise di parlare prima con Yuri, così andò agli allenamenti un po’ prima sperando di trovarlo da solo: fortunatamente le cose andarono così.

 

- Come mai il nostro ribelle è così puntuale? –

 

- Non rompere. – rispose seccato Boris – sono qui per chiederti una cosa. –

 

- Dimmi, sono qui. –

 

- Ecco… - cominciò titubante – Katia può rimanere qui ancora per un po’? –

 

- Per me non ci sono problemi. – tagliò corto - …e penso che non ce ne siano nemmeno per Serjei e Ivan. Ma… - continuò sospettoso – come mai sei stato proprio tu a chiedermelo? Credevo che non sopportassi la ragazza. –

 

Il compagno non rispose, limitandosi ad abbassare lo sguardo.

 

- Non è che per caso stai allenando Katia in vista di quel torneo privato? – proseguì come se fosse ovvio saperlo, con fare sarcastico – E non è che la alleni proprio nella stanza insonorizzata? -

 

Boris rimase un istante ammutolito, sbiancando.

 

- Ma tu come…?!

 

- Ho i miei metodi. – fece tranquillo.

 

- Beh io… Sì la sto allenando. – ammise recuperando il solito carattere deciso.

 

- Mi chiedo solo cosa ti abbia spinto a occuparti di lei… - disse quasi tra se e se, dubbioso; Boris sentì un brivido di panico attraversargli la schiena –  Forse…Ho capito: ti piace. – continuò, sempre come se stesse riflettendo - … E magari state anche insieme. -

 

- N-no, aspetta… Guarda che… - lo fissò ancora, non lo stava prendendo in giro; quel ghignetto furbo era inequivocabile – E comunque tu… Come diavolo…?! –

 

- Andiamo, mi hai preso per stupido? – fece stizzito – Boris, ti conosco da quand’eravamo dei mocciosi, pensi proprio d’ingannare me? E comunque solo un idiota non se ne sarebbe accorto.–

 

Il moscovita mosse la bocca senza riuscire a parlare, ma come cavolo faceva?! Era impossibile tenere un segreto col suo capitano! Ma che era, un sensitivo?!

 

E adesso?”.

 

- … … Per me puoi fare come vuoi, basta che non trascuri gli allenamenti. –

 

- Grrrrazie, davvero gentile capitano. – borbottò cupo, ma sorrise di nascosto, ringraziando l’amico per quell’inaspettato gesto “comprensivo”. Yuri sorrise di nuovo, sospirando.

 

Nello stesso istante entrarono nella stanza Serjei e Ivan, pronti per allenarsi assieme agli altri.

 

- Ci alleniamo o no? – chiese il biondo laconico, incrociando le braccia al petto; il capitano annuì.

 

- Ma guarda chi c’è da subito oggi! – sogghignò il quarto membro dei Neoborg, guardando Boris – Ti sei degnato finalmente! –

 

- Evita Ivan, non ho voglia di replicare. – rispose tranquillo.

 

- Uuuh, che atteggiamento arrendevole! – lo schernì, avvicinandosi poi con fare indagatore – Non è che con questo c’entra Katia, vero? –

 

Boris non cambiò espressione, anche se s’irrigidì come un baccalà. Che scemo, era ovvio che il problema non era che lo scoprisse Yuri, che al massimo avrebbe sorriso divertito (ridere sarebbe stato davvero troppo!), ma quegli altri due deficienti.

 

“Aiuto…! (gocciolone)”.

 

- Guarda che l’ ho notato che è un po’ che le ronzi attorno, sai? – ridacchiò con aria furba - Non è che stai prendendo la mia stessa opinione sul suo conto? –

 

Calò il silenzio. Serjei trattenne uno sbuffo che doveva simulare una risata, mentre Yuri sospirò rassegnato; Boris fissò Ivan qualche istante per poi guardare il rosso (con una goccia di sudore grossa come lui che gli spuntava sulla testa ^^””).

 

- … L’ ho detto che l’unico che non poteva accorgersene era un idiota… -

 

Subito dopo l’allenamento di squadra Boris si recò nella stanza della ragazza: una volta raggiunta entrò senza bussare come era ormai solito fare (Della serie: le buone maniere sono all’ordine del giorno… ndRia) e, come sempre, trovò la ragazza pronta per andare ad allenarsi.

 

- Allora, andiamo? – disse lei tranquillamente.

 

- Aspetta, prima devo dirti una cosa. – la fermò serio.

 

- C’è qualche problema? – chiese preoccupata.

 

- No, tranquilla. – le assicurò avvicinandosi – Volevo solo dirti che ho parlato con Yuri e mi ha detto che puoi rimanere finchè vuoi, anche perché… -

 

- “Anche perché” ? –

 

- Ha scoperto che ti alleno e che… - continuò leggermente impacciato – Beh, che… che stiamo insieme… -

 

- C-cosa?! o///o –

 

- Sì, non so come ma lo sa… -

 

- E’ u-un problema per te che si sappia? – domandò a bassa voce

 

Il ragazzo non rispose, si limitò ad abbracciarla e a baciarle dolcemente la fronte.

Katia capì tutto quello che il ragazzo intendeva con quel gesto: ormai lo conosceva, non parlava molto di certe cose e, a dire il vero, non era nemmeno molto capace a esprimerle a parole, ma a lei tutto andava bene così, lo amava perché era così, non avrebbe mai voluto cambiarlo.

Improvvisamente alla ragazza venne un dubbio.

 

- A Serjei e Ivan andrà bene che io rimanga ancora qui? – chiese allontanandosi appena da lui.

 

- Credo proprio di sì, ormai sei come di famiglia per quei due. – sospirò tra il divertito e il rassegnato.

 

- Non scherzare… - disse cercando di mascherare l’evidente imbarazzo, Boris trattenne un risolino – Ehi, non mi prendere in giro! – sbottò lei.

 

I due rimasero in silenzio per alcuni istanti: poi la ragazza si morse il labbro.

 

- Anche Serjei e Ivan… Sanno di noi due? – domandò timidamente

 

- Purtroppo Serjei lo sa… Spero proprio che non lo capisca anche Ivan! – affermò – Non smetterebbe di sfottermi… -

 

Katia non rispose a quella dichiarazione del russo, ma rimase in silenzio con un’espressione tra il serio e il triste: Boris, nel vederla, sorrise facendole una carezza alla guancia, non era ancora abituato all’idea del peso che potevano avere le sue parole per la ragazza.

 

- Anche se lo sapessero e mi deridessero non me ne importerebbe un bel niente – dichiarò serio – Ti amo e non mi vergogno di questo. –

 

Quelle parole spiazzarono la biondina: il ragazzo non le aveva mai detto niente di simile, tanto meno le aveva detto a parole quello che provava.

 

- Anch’io… anch’io ti amo… -

 

I due si scambiarono un lungo bacio, al termine del quale rimasero abbracciati in silenzio alcuni minuti; poi Katia si allontanò leggermente dal petto del ragazzo.

 

- Allora, maestro, andiamo ad allenarci o no? – chiese lei sorridendo

 

- Ok, andiamo. – disse prendendola per mano e conducendola fuori dalla stanza.

 

Percorrendo i corridoi Boris non lasciò mai la mano della ragazza: giunti alla stanza degli allenamenti il ragazzo chiuse la porta pronto a iniziare le lezioni.

 

- D’ora in poi intensificheremo gli allenamenti – sentenziò lui – Vogliamo vincerlo quel torneo? –

 

- Certo! ^^ -

 

 

 

 

 

Passarono altre due settimane. Gli allenamenti per Katia si erano fatti più intensi e lei passava gran parte dei momenti liberi a riposarsi per recuperare le energie, ma non si lamentava mai. Certo, anche se era un insegnate severo, Boris tentava in tutti i modi di non esagerare con lei, ma non era così semplice; infatti, dopo i primi allenamenti nella sala insonorizzata, i due si erano spostati in altre stanze, dove fosse possibile aumentare il rumore circostante: l’incontro non si sarebbe certo svolto in un silenzio di tomba, Katia doveva abituarsi a seguire il suo bey anche in mezzo al chiasso, proprio come faceva per tutte le altre azioni della vita quotidiana.

Tutto questo però era molto stancante e costava alla ragazza un grande sforzo di concentrazione, purtroppo necessario.

Nell’ultimo periodo Katia smise sempre più spesso di partecipare agli allenamenti dei ragazzi. Quando non si presentava, Yuri bloccava Boris con un semplice “com’è?”, a cui il compagno rispondeva facendo spallucce, segno che Katia era solo stanca; allo stesso modo rispondeva alle occhiate oblique di Serjei, mentre Ivan, a cui ormai era stato costretto a dire la verità ( - No! Non tu, non con te, ma perché ç___ç?! -), lo punzecchiava, rischiando ogni qualvolta di venire linciato.

Quando Boris era libero e né lui né Katia si allenavano, trascorrevano il tempo insieme, come sempre; ma l’atmosfera che si respirava tra i due era decisamente diversa: Yuri avrebbe potuto giurare di non aver mai visto Boris così felice, quando parlava con la ragazza aveva un sorriso talmente sincero da sembrare un bambino. (Bleah, come sono sdolcinati XP! ndIvan – Ammettilo che vorresti essere al suo posto ^-^+ ndRia_furbetta - … … -\\-“ ndIvan – Ehm… ^^””” ndKatia - Azzardati… +___+** ndBo – Niente omicidi, prego. ndJM). Era come se tra loro si fosse creato da zero un rapporto nuovo. Boris si trovava anche a parlare del suo passato, anche se sempre in maniera vaga (e Katia, sentendo la sua voce quando si apriva un discorso, non chiedeva più del necessario), invece della ragazza sapeva tutto: di Bergen, dei suoi, morti anni prima in un incidente, della sua vita a Mosca, di quella in Norvegia…

L’unica, singola cosa che Katia non aveva mai detto, era come fosse diventata cieca.

Era vero che Boris non le aveva mai chiesto nulla, ma lei non ne aveva mai fatto neanche un accenno. Eppure, non sapeva perché, il ragazzo aspettava l’occasione giusta per chiederglielo.

 

Successe un pomeriggio esattamente una settimana prima del torneo. Lui e Katia erano seduti fuori dal Monastero, sotto il pino che tanto piaceva alla ragazza; lei stava parlottando animata sul periodo in cui stava a Mosca, stretta dal ragazzo con un braccio.

Ad un certo punto, soprappensiero, Boris le sfiorò palpebre con la mano che le cingeva le spalle, facendola trasalire un istante.

 

- … … Senti Katia… -

 

- Uhm? Cosa c’è?

 

- … Volevo chiederti una cosa. –

 

- Dimmi ^^. – gli sorrise dolcemente, sollevando un poco la testa.

 

Boris tacque un momento, fermando un dito vicino all’occhio sinistro della ragazza.

 

- Questi… Sì, insomma, com’è successo? –

 

Katia non rispose subito. Rimase un attimo ferma, mordicchiandosi il labbro, quindi si appoggiò sospirando al moscovita.

 

- … Quando avevo dieci anni andavo spesso a giocare vicino ad un vecchio palazzo poco distante da casa mia; il signor Bergen mi diceva sempre di non andarci perché era isolato, ma io avevo un amico che se ne stava sempre lì da solo e volevo fargli compagnia. –

 

- Un amico? –

 

- Diciamo così ^^. A quell’epoca mi allenavo tutti i giorni a beyblade e, visto che anche lui ne aveva uno, lo invitavo a giocare con me: aveva sempre un’espressione triste e corrucciata, ma mi sembrava si sentisse un po’ meglio dopo una sfida.

Un giorno, però, non lo trovai; in compenso, al solito posto dove lo incontravo c’erano degli uomini, che appena mi videro mi presero e mi portarono via. Mi trascinarono nel vecchio palazzo giù per delle scale, finchè non arrivò un uomo che doveva essere il loro capo, o qualcosa di simile. – s’interruppe, scossa da un tremito lieve; doveva essere difficile ricordare quell’episodio – Lui mi disse che non avevano intenzione di farmi del male, volevano solamente analizzare il mio bey e il mio gioco e poi mi avrebbero lasciata andare.

Ovviamente era una frottola e lo sapevo, ero davvero spaventata, ma non avevo altra scelta e accettai. –

 

La ragazza si fermò un istante. Boris la fissò, stringendola col braccio, finchè lei non riprese.

 

- Mi fecero disputare un incontro. All’inizio mi sembrava davvero una sfida innocente, anzi non mi stavo neppure chiedendo se fosse normale o meno, volevo solo andarmene; all’improvviso però l’uomo che mi aveva proposto la gara sussurrò qualcosa all’orecchio del mio sfidante e… E… -

 

Katia tacque; si strinse nelle spalle, tremando appena, e Boris le accarezzò delicatamente una guancia: lei parve calmarsi un pochino.

 

- Se non vuoi continuare fa lo stesso, io… - ma la bionda scosse la testa.

 

- E’ tutto a posto. –

 

- … Poi che è successo? –

 

- Non sono sicura, non ricordo molto bene. Sicuramente, dopo che aveva ricevuto l’ordine, quel ragazzo contro cui lottavo lanciò il suo bey e… Mi colpì. –

 

- Cosa?! – Katia annuì e la voce le s’incrinò lievemente.

 

- Fu… Un colpo forte… E preciso. Mi centrò intenzionalmente al viso. Guardandomi con… Quegli occhi…! Freddi e taglienti… Mi vengono i brividi se ci ripenso! –

 

- Però… Tu non hai visto chi è stato? –

 

- No… - disse mesta – Per tutto il tempo il capo ha tenuto il volto coperto e anche il mio avversario ha duellato restando in una zona d’ombra. Oltretutto, dopo il colpo sono caduta battendo la testa e ho perso i sensi; quando ripresi conoscenza ero già all’ospedale.

Era stato quell’uomo a portarmi lì, mi disse che ormai non servivo più nello stato in cui mi trovavo. All’inizio non capii le sue parole, finchè non sentii le bende attorno al mio viso… E mi accorsi che non riuscivo a vedere né lui né altro, se non il buio. –

 

Katia si lasciò sfuggire un singhiozzo soffocato, nascondendosi contro la spalla di Boris, che sentì due lacrime bagnargli le dita.

 

- La cosa… Che mi fa più rabbia… - mormorò a stento – E’ quell’uomo… Così crudele, rise quando scoppiai a piangere terrorizzata perché non ci vedevo, dandomi della “ragazzina”…! Mi chiedo con che scusa assurda sia riuscito a rimanere lì finchè non è arrivato il signor Bergen! E poi… Quel ragazzino, il mio sfidante… C’era, sai? Me lo disse quell’uomo mentre usciva, che era venuto anche lui apposta per deridermi…

Ero… Così furiosa, spaventata… Che mi allungai nella direzione da cui sentivo le voci di quei due e cominciai ad urlare contro quel ragazzino… Urlavo e piangevo, quasi mi gettai giù dal letto… -

 

La ragazza smise di raccontare, lasciandosi solo abbracciare. Ma mentre la stringeva, Boris ripensò un istante all’ultima frase che aveva detto.

 

- … Odio! Sei orribile… -

 

Proprio in quell’istante avvertì un’improvvisa fitta alla testa, che lo costrinse a tenersela con la mano un istante.

 

- Cosa c’è? Stai bene? – chiese preoccupata.

 

- Sì… - mormorò, riaprendo gli occhi – Tutto ok, non era niente. – la guardò, asciugandole le ultime lacrime – Tu piuttosto? Era meglio se non ti chiedevo niente… -

 

- Ma no ^^! – rispose, fregandosi leggermente gli occhi – Era giusto che te lo dicessi. –

 

Allegra lo baciò e si alzò in piedi porgendogli le mani; Boris si lasciò sfuggire un sospiro e la seguì, ma non smetteva di pensare a quel che era successo poco prima, tenendosi una mano alla fronte.

 

“Mi era sembrato… Ma no, mi sarò sbagliato…”.

 

 

 

Il pensiero però lasciò ben presto la mente del moscovita, fino a che non divenne sera: uno strano senso d’agitazione cominciò allora a prendere Boris, e quella notte si rigirò nel letto per ore prima di addormentarsi. Quando finalmente riuscì a prendere sonno avvertì la sgradevole sensazione che quella non sarebbe stata la tranquilla nottata di riposo che si meritava.

 

La prima cosa che vide appena cominciò a sognare fu il bianco: un’immensa, infinita e terrorizzante distesa bianca. A poco a poco, però, davanti a lui si delineò una vista tristemente famigliare, il Monastero della Borg, ma non l’edificio dove viveva ora con gli altri, bensì il monastero di tanti anni prima, la galera della sua infanzia.

Il primo istinto del moscovita fu di allontanarsi all’istante e scappare, ma ovviamente non potè. Era quella la cosa che Boris odiava dei sogni, non potevi gestirli!

Il paesaggio che vedeva cominciò a farsi più nitido e vicino, l’edificio ormai si distingueva perfettamente: i muri austeri s’innalzavano sinistri dalla neve bianco accecante, gelida come il vento che sferzava irregolare il terreno. Esattamente come un tempo lo spiazzo di fronte all’ingresso era spazzato alla perfezione, lasciando intravedere l’acciottolato ben lavorato; il portone arcuato, imponente nella sua grandezza, era abbastanza pulito, ma saldamente chiuso dall’interno, l’emblema della prigione che custodiva.

Il sogno cambiò lentamente scenario, scostandosi lungo il muro ovest: le lesene e i vari artifizi della facciata svanivano, lasciando spazio alla pietra maltenuta e spoglia della parete nord-ovest, da dove, al livello del terreno, facevano timidamente capolino le grate delle prigioni sotterranee. Fu lì che l’immagine del sogno si fermò.

 

- Avanti, non sei ancora riuscito ad aprirlo?! – sbottò la voce roca di un ragazzino – Guarda che sei pesante!! -

 

Sullo spiazzo non c’era nessuno. L’immagine del sogno si spostò ancora un po’, quasi scrutando dietro una finestrella che spuntava dal pianterreno; da dentro si sentivano delle voci soffocate, e le sbarre che chiudevano la finestra… Si muovevano.

 

- E sta zitto! – rimbrottò al primo un secondo mocciosetto che, in piedi sulle sue spalle, tentava di sconficcare le inferriate di metallo dalla pietra – Guarda che non è facile! -

 

- Finitela entrambi! – ringhiò un terzo ragazzino, in piedi dietro ai due, come a fare il palo – Volete che ci becchino?! -

 

La visuale si fece ancor più vicina. Boris sentì di sobbalzare un istante, quello non era un sogno, era un ricordo. E quel ragazzino con l’aria strafottente, che sembrava così concentrato a sradicare le sbarre, era lui a dieci anni, nel suo ultimo tentativo di fuga coi ragazzi, mentre quello su cui stava in piedi, i capelli biondo scuro tutti scompigliati, era Serjei.

 

- Insomma, la smetti di agitarti a questo modo?! – sibilò l’undicenne stritolando le caviglie di Boris in una morsa– Vuoi strangolarmi?! -

 

- Sì, se così potessi riuscire a chiuderti il becco! – il biondo lo fulminò con un’occhiataccia, stringendo ancora la presa, stizzito – Ahio, e finiscila!!

 

- Ma porca miseria, la piantate con questo baccano?!? – gli strigliò velenoso l’altro ragazzino, che altri non era che Yuri – E’ la nostra unica occasione, lo capite o no?! Non la possiamo sprecare! -

 

I due guardarono apprensivi il loro futuro capitano, il viso ancora infantile già segnato dalla fatica e dalla rabbia, incorniciato in un corto taglio rosso sangue. Annuirono.

 

- … Scusa. – borbottò Boris, voltando la testa ai severi occhi ametista dell’amico, troppo duri per un ragazzino di dieci anni.

 

Calò un silenzio ovattato, interrotto solo dal ritmico scrollare di Boris e dallo sfregare contro il muro della tuta di Yuri, che si sporgeva per controllare se il piccolo Ivan, in fondo al corridoio, avesse dei problemi.

Qualche minuto dopo finalmente la grata cedette con un colpo secco; Boris trattenne a stento un urlo di trionfo, poggiando con delicatezza le sbarre su un lato dell’apertura. Sia lui che gli altri fremettero un istante, vedendosi aperta davanti la strada della libertà, ma un rumore sinistro gelò il loro entusiasmo.

Preoccupato Yuri si affacciò dall’angolo, sentendo dei borbottii cupi e dei passi; dopo qualche secondo Ivan, piccolo e gracile nei suoi nove anni, corse nella loro direzione pallido in volto, senza fiato: li avevano scoperti!

 

- Maledizione…! –

 

Trattenendo a stento un tremito nella voce il rosso fece un rapido cenno agli altri due, dando uno strano segno a Serjei, che annuì, e poi schizzò dietro ad Ivan; Boris digrignò i denti, furibondo, ma non riuscì a scendere, perché l’amico lo spinse di peso nel pertugio del muro.

 

- SERJEI! CHE CAVOLO…?!?

 

- Squagliatela almeno te. –

 

E senza aggiungere altro, obbedito all’ordine di Yuri, seguì gli altri. Boris imprecò qualcosa scocciato, pronto a raggiungerli, ma un gruppo di uomini di Vorkof passò proprio in quell’istante davanti all’apertura, costringendolo a rintanarcisi dentro.

Quando quelli se ne furono andati Boris si affacciò titubante verso l’interno dell’edificio, ma tutto taceva; lentamente si voltò e uscì gattonando, trovandosi finalmente all’esterno.

Il ragazzino respirò l’aria gelida, rabbrividendo da capo a piedi e chinò la testa, triste: “Squagliatela almeno te…”, ma che cavolo stava dicendo Serj?! E Yuri, era disposto a restare lì, bastava che un compagno scappasse?! Davvero secondo loro lui poteva andarsene abbandonandoli?!

Furibondo prese Falborg dalla custodia appesa alla cintura: fissò rabbioso lo stemma del Bit-power stritolando la trottola nel palmo, poi la caricò e la lanciò contro la parete; il bey, per il colpo scoordinato, rimbalzò all’impatto finendo violentemente nella neve. Il ragazzino lo raccolse, furibondo, e lo rilanciò ancora. Ancora, ancora, ancora e ancora, finchè ormai esausto e col fiatone, reggendosi a malapena sulle ginocchia tremanti, perse la presa dal lanciatore e lo lasciò cadere a terra, le mani rosse per il freddo e lo sforzo.

Si sedette pesantemente nella neve, fissando il suo bey che giaceva poco distante inerme, il disco d’attacco praticamente fracassato.

 

- Ehi, ma si può sapere cos’ hai combinato?!?! -

 

Inizialmente, sentendo quell’urlo nei suoi confronti, Boris ebbe un visibile sussulto, ma riprendendosi subito quando si rese conto che la voce non era né di Vorkof né dei suoi, bensì di una bambina all’incirca della sua età.

 

- Guarda che hai fatto…! – mormorò scioccata, superando il russo e raccogliendo amorevolmente Falborg – Ma che ti è saltato in mente di trattare così il tuo bey?!? -

 

Lo guardò male, ma Boris sembrò non badarci, anzi, se possibile la guardò ancora più arcigno.

 

Chi è…?

Che strano, non riesco a vedere bene il suo viso…

Ah, ma certo… Se questo è un ricordo, è possibile che qualcosa mi sia più chiaro e qualcos’altro meno…

 

- Ma cosa te ne frega?! È il mio bey e ci faccio quello che mi pare!!

 

Con malagrazia strappò la trottola dalle mani della ragazzina e se la infilò nuovamente nella custodia, sedendosi poi con aria stizzita contro la parete del Monastero.

 

Questo ricordo… Sì, quella volta che abbiamo provato a fuggire…M a chi è quella bambina? Non me la ricordo…! Chi accidenti è?!

 

La visuale del sogno si portò accanto a Boris bambino. Un istante dopo, il Boris del passato e quello sognate del futuro erano diventati un unico corpo.

 

Ci mancava solo questa rompiscatole… Vabbè, ora non è lei il mio problema, ma dover stare qui finchè non sarò sicuro che è tutto tranquillo.

Sicuramente gli altri sono già stati presi e puniti… Accidenti…

- … E ora che cavolo vuoi? – questa ragazzina è ancora qui, ma perché adesso mi fissa con quell’aria seria?

- … Perché te ne stai qui tutto solo? –

- Perché mi va, sparisci! – accidenti che seccatura! Ma perché non ti levi dalle scatole, mocciosa?!

- Non ti ho mai visto da queste parti, sei nuovo?-

- Io ho sempre vissuto qui, rompiscatole, e ora vattene! – ma che vuole questa?! E ora che ha da sorridere?!

- Qui? Ma non ci sono case! – Ovvio che non ci sono case, stupida! Dove le mettevano col Monastero tra le scatole?! – Non dirmi che vivi in questo palazzone, è abbandonato! –

- Ma porca miseria, te ne vai?!

- No, finchè non mi dici perché sei tanto arrabbiato! –

Ma che sta dicendo questa?E’ scema?! Saranno fatti miei, no?

Mi si avvicina ancora, si accuccia davanti a me. Io provo ad ignorarla, magari se ne .

- E’ perché non riesci a giocare bene col tuo beyblade? –

La guardo e scoppio a ridere amaramente, magari non sapessi usarlo il bey!

- Giocare? Io non ci gioco, ci combatto. E comunque sono bravissimo, non è per questo che sono arrabbiato. Ora sparisci, zecca! –

- Sei bravissimo? – fa un sorriso divertito; sta tenendo qualcosa di famigliare in mano – Non ci credo neppure se me lo giuri! –

- Ah no?! – questo è troppo! – Cos’è, vuoi che te lo dimostri?!

Sembra di sì. Mi mostra il bey che, come mi sembrava, ha in mano.

- Non chiedo di meglio ^^! –

Così ci sfidiamo. La prima volta sono nervoso e lo faccio di malavoglia, così non mi concentro. Pareggio, per fortuna, lo ammetto.

Voglio riprovarci; lei accetta, sembra contenta. Una, due, tre, dieci volte la sfido. Pareggiamo sempre.

Le prime volte mi stavo infuriando, invece lei rideva, dicendo che era divertente battersi con me; alla fine ho cominciato a ridere anch’io.

Dopo un po’ abbiamo cominciato a parlare. O meglio, parlava lei. A raffica, mamma mia, ma come si spegne questa?

Però non è male, mi sembra di essere un bambino come tutti.

Non mi accorgo che passano le ore, ma al tramonto lei se ne va via. Parentesi di vita finita, è ora di rientrare per la punizione.

- Domani sei di nuovo qui, vero ^^? –

- Come? –

- Qui ^^! Ti aspetto, d’accordo? Così potremo giocare ancora insieme ^^! –

La fisso senza risponderle, facendo spallucce: sì, sì, brava, speraci…

Ho già la testa quasi nel buco nel muro, quando qualcosa mi colpisce dietro la nuca e finisco con la faccia nella neve.

- Ehi…! – mi volto, quella scema ancora con della neve nel palmo della mano – Ma che cavolo fai?!? –

- Domani devi tornare! – mi indica ammiccando – Non smetterò di venire finchè non mi dirai che ti diverti a giocare a bey ^-^! –

la guardo come fosse matta, ma lei mi ignora e, salutandomi, se ne va.

“… Ma chi è quella? (gocciolone)”.

 

Torno dentro. Appena Vorkof e compagnia mi vedono mi sbattono in una cella, dopo avermi punito per bene. Scontano. Ho solo dieci anni, ma di botte ne ho prese mai tante che ormai non ci faccio più caso.

È di quello di cui parla Yuri che mi agita. Quando vengono a liberarmi e posso tornare nella stanza di noi quattro, gli altri sono già in riunione; non hanno un bell’aspetto, soprattutto Ivan, essendo più piccolo una sberla lo fa ancora piangere, e sinceramente non è molto bravo a fingere di resistere. Come previsto lui è sorpreso di rivedermi, credeva me la fossi filata via; Serjei invece è rassegnato, se lo aspettava. Yuri invece mi strapazza, dice che non dovevo pensare a loro, ma vedendo la mia faccia rinuncia a sgridarmi.

- Lasciamo perdere l’uscita dalla finestra. – dice dopo, serio – Siamo già sotto sorveglianza, se facessimo qualcosa di strano sarebbe la fine. –

- E… E allora? – la voce di Ivan trema un po’; Yuri scuote la testa: “Si resta qui.”.

Restare lì. Rinunciare. Definitivamente. Ma che bella notizia! Sbuffo, saltando sulla mia branda e cerco di dormire; sento gli occhi punti da lacrime di rabbia che eviterò ASSOLUTAMENTE di far uscire, che figura ci farei?

Dobbiamo essere forti. Noi… Siamo i ragazzi della Borg.

Siamo forti per dovere.

 

Passa la notte. Giorno. Dove sono?

Di nuovo davanti a quella finestra… Ho fatto in modo di non farmi vedere… Perché sono qui? Non lo so, mi ci hanno portato le gambe.

Mi arrampico nell’apertura della finestra ed esco fuori; c’è bel tempo. Mi guardo attorno, ma non c’è nessuno.

Che nervi, sono venuto qui senza saperne bene il motivo, rischiando anche guai megagalattici, ora che perlomeno quella stupida di ieri dovrebbe esserci e rendere utile questa cretinata non c’è?! Al diavolo! Decido di rientrare, sono furibondo!

- Ciao ^^! Allora sei tornato! –

Mi volto, all’inizio sono sorpreso di vederla, ma poi le mostro la mia migliore faccia cattiva.

- Ma allora sei venuta sul serio… -

- Certo ^^! – la fisso, ha un bel sorriso… E’ la prima volta che penso che qualcuno abbia un bel sorriso, anzi, è la prima volta che ne vedo uno così sincero – Allora, ti va una sfida? –

Annuisco. Per la prima volta sorrido anch’io.

 

Così il giorno dopo. E quello dopo, e quello dopo ancora. Lei non mi chiede mai il mio nome, io faccio altrettanto. Non è indispensabile saperlo.

Ormai non m’interessa più se Vorkof mi scopre a saltare gli allenamenti e mi punisce, l’importante è che non scopra dove vado.

Sono ancora un bambino, è normale che succeda così: per la prima volta… Ho un’amica… Vera, libera dal mio inferno…

Voglio vederla.

Oggi. Domani e dopodomani.

Ogni giorno l’aspetto, lei arriva sorridendo. Ci sfidiamo, giochiamo, parliamo, lei ride, io sorrido. Sto bene.

Non voglio perdere tutto questo.

 

Oggi mi ha anche scoperto Yuri. Ovviamente mi ha minacciato, dicendo che è una follia continuare questa farsa. Neanche a dirlo, non gli do retta.

Che dica quello che vuole, non m’interessa!

Io voglio rivedere quella bambina…

Voglio che mi sorrida di nuovo. Voglio sentirmi ancora un bambino, solo per un po’. È quello che sono, dannazione!

“Però ho paura… Se lo scoprissero, se la scoprissero… Cosa… Cosa…?”.

 

Quando oggi sono uscito fuori dal Monastero, non c’era. Mi sono seduto contro il muro, probabilmente è in ritardo. D’altra parte lo ero anch’io, quelle schifose delle guardie avevano pattugliato la zona vicino al mio passaggio per ore!

L’ ho aspettata per tutto il giorno, ma non s’è vista. Che strano…

Arriva il tramonto, niente, ormai non arriva più. Rientro, cercando di non fare caso a quella giornata. Magari ha avuto un problema a casa… Sì…

 

- Boris Kuznetov. -

 

Il ragazzino, che si stava allontanando dalla sua “uscita personale”, si voltò a guardare l’uomo alle sue spalle con freddezza, anche se pallido in volto; pregò che il timore per essere stato scoperto non trasparisse fuori.

 

- Ti sta cercando il signor Vorkof. – continuò la guardia, guardando accigliata l’espressione arrogante del ragazzino – Vuole vederti immediatamente. -

 

- Sì. –

 

Obbediente si diresse dalla parte opposta del corridoio, l’uomo alle costole per sorvegliarlo.

Chissà perché Vorkof lo voleva? Vabbè, tanto qualunque cosa fosse stata, non sarebbe stata una scampagnata.

I due arrivarono ben presto di fronte all’ufficio del falso monaco. La porta era lucida e brillava del bagliore tremulo delle luci del corridoio; sentendo la paura cominciare a stringergli lo stomaco Boris prese nella mano tremante la maniglia, ed entrò.

Vorkof sedeva con aria soddisfatta alla sua scrivania, il viso appoggiato alle mani una perfetta e falsa maschera di cordialità; appena vide Boris gli sorrise in maniera per nulla rincuorante, andandogli incontro.

 

- Lieto di vederti, Boris. – disse mellifluo.

 

- Salve, signore. – rispose meccanicamente, più educatamente che poteva. L’uomo sospirò, senza smettere di sorridere.

 

- Mio caro Boris, anche oggi sei sparito nel nulla, non è vero? – il ragazzino chinò appena la testa e il tono di Vorkof s’indurì – Boris? –

 

- Sissignore. – mormorò stringendo i pungi. Il sorriso dell’uomo si allargò.

 

- Sai che adesso ti aspetta una punizione, vero? – il ragazzino annuì, tentando di non tremare – e anche i tuoi compagni, che non ti sorvegliano come si deve… -

 

Boris alzò la testa di scatto, impallidendo.

 

- S-s-signore…! –

 

- La Borg non può avere tra le sue fila elementi deboli. – continuò indifferente – E i forti si possono forgiare solo con duro allenamento e disciplina ferrea! –

 

Sorrise gelido. Boris sentì la bocca seccarsi, voleva rispondere qualcosa, ma non riusciva ad emettere alcun suono.

 

– Certamente tu, che hai saltato tanti allenamenti, dovresti ormai essere tornato debole… - lo guardò dritto negli occhi – O forse mi sbaglio? –

 

Boris provò a sostenere il suo sguardo, fissandolo duramente coi suoi occhi verdi; Vorkof trattenne un risolino, voltandosi.

 

- Parrebbe di sì, dalla tua faccia! O è solo orgoglio? – lo guardò nuovamente – Sapresti dimostrarmi se ho ragione o no? –

 

 

 

 

Una proposta strana, una proposta sospetta. Ecco cos’era ciò che gli aveva detto Vorkof.

Se vincerai un incontro contro un avversario a mio piacere, non punirò nessuno…”. Sicuramente! E contro chi l’avrebbe fatto combattere?! Contro Yuri?! O contro Serjei?!

Certo Boris non aveva molta scelta. Obbediente seguì il suo capo fino ad una stanza, avvolta nella semioscurità; l’unica fonte di luce era un grosso faro, puntato direttamente su un Beyblade Stadium di medie dimensioni, al centro della stanza.

 

- Tieniti pronto. –

 

Il ragazzino annuì. Dalla parte opposta del campo apparve un’altra figura, che inaspettatamente, benché non la vedesse in viso, non era né Yuri, né Serjei o Ivan.

 

- IN POSIZIONE! –

 

Boris obbedì all’istante; il suo avversario, invece, c’impiegò qualche secondo. Nonostante il buio, Boris capì che tremava lievemente.

 

- Non ci sono limiti di tempo, né altre regole a questa sfida. Perde il blader che non mantiene più in gioco il bey. – disse tranquillo – Oh, solo una cosa… Esigo che ci sia il silenzio assoluto. –

 

Boris si voltò, fissandolo stranito.

 

- Ma s… -

 

- Non-un-fiato, ragazzini. – sibilò severo – O passerete dei guai. –

 

Il piccolo moscovita annuì, deglutendo a vuoto.

Al via l’incontro iniziò. Senza troppe cerimonie Falborg cominciò a colpire il beyblade avversario, che risultava difficile da vedere per la luce, che creava riflessi fastidiosi coi lucidi dischi d’attacco.

Fin da subito Boris si ritrovò in vantaggio: con aggressività continuava a colpire l’altro bey, danneggiandolo con foga e colpendolo anche con tattiche sleali. Il ragazzino sentì l’avversario che si stava trattenendo dal protestare, ma a lui non interessava, doveva vincere e basta.

Ad un certo punto sentì Vorkof avvicinarsi al suo orecchio.

 

- Colpisci il tuo avversario. - bisbigliò perentorio – Adesso. –

 

Boris s’irrigidì. Scosse però istantaneamente la testa, che gli succedeva? Che lo volesse o meno, era un blader della Borg, cose del genere erano ordinaria amministrazione.

Si concentrò. Lo sguardo da serio divenne freddo e spietato, mentre accompagnava con un gesto della mano i movimenti di Falborg.

 

“ADESSO!”

 

Con uno scatto improvviso la trottola azzurro ghiaccio scartò quella avversaria, gettandosi verso l’unico punto di ombra totale dell’avversario, e perciò l’unico che gli occhi di Boris, confusi da quei giochi di luci e buio della stanza, riuscivano ad individuare chiaramente: la testa.

La sala fu attraversata per un paio di secondi da un urlo soffocato, che fece sobbalzare Boris; un tonfo, poi più nulla. Richiamando Falborg il russo rimase a fissare la zona d’ombra lasciata dal suo avversario, che non si muoveva più.

 

“Quello… Non è che… Era…?”.

 

 

- Perfetto, Boris! -

Il signor Vorkof mi afferra un braccio, gettandomi praticamente in braccio ad un suo uomo. Questo gli fa un cenno e mi trascina via.

Due minuti dopo sono di nuovo nella mia stanza, anzi, ci sono molto finemente lanciato dentro.

Ammaccato mi rialzo, guardandomi attorno, i ragazzi non ci sono ancora, probabilmente si stanno ancora allenando…

Dolorante mi vado a sedere sulla mia branda e resto immobile per ore. Gli altri rientrano quando ormai la stanza è buia per la notte.

- Dorme? – sento Serj, laconico. Non gli risponde nessuno.

- Boris…? -

- Che vuoi Yuri? -

- Guardavo se eri sveglio. -

- Ora sì. – rispondo seccato.

- Tutto ok?-

- Sì… -

Il mio capitano non dice altro, avviandosi alla sua branda  e gettandocisi sopra a peso morto per dormire. Io faccio altrettanto.

 

Passano due giorni. Non posso più uscire dalla finestrella, Vorkof l’ ha fatta sbarrare di nuovo.

Io però ci sono andato lo stesso ogni momento che potevo, volevo almeno dirle che non potevo più venire…

Ma lei non s’è vista.

 

Il terzo giorno.

 

Il signor Vorkof mi ha fatto venire via dagli allenamenti; mi ha fatto salire velocemente in macchina e mi ha portato in un ospedale lì vicino.

Sono spaventato. Io sto bene, perché dovrebbe portarmi qui? Ho una brutta sensazione…

 

- Avanti, muoviti! –

 

Con voce imperiosa l’uomo fece strada al ragazzino per corridoi vuoti e silenziosi, un lontano cicaleggio faceva solamente da sottofondo ai loro passi. Boris trattenne quasi il fiato, quell’odore di medicina e alcool gli dava allo stomaco!

All’improvviso Vorkof si fermò. Fece cenno al ragazzino di fermarsi e prese a parlare con un medico, entrando poi in una stanza lì accanto. Boris rimase in attesa, obbediente.

Qualche minuto dopo Vorkof, che se n’era rimasto in piedi vicino alla soglia, gli fece cenno di avvicinarsi.

 

- Avanti, perché piangi? – lo sentì dire maligno, mentre si avvicinava; qualcuno, nella stanza, singhiozzava – Sono cose che accadono, nella vita capita di fare cose che non si dovrebbero fare… La tua è stata essere disattenta. -

 

- L’ ha fatto… Apposta… - singhiozzò ancora la voce, molto, molto giovane; Boris tremò – GLIELO HAI ORDINATO TU!!! -

 

- Oh, io ho solo detto al mio allievo di sconfiggerti! Nient’altro… -

 

- BUGIARDO!!!!!! -

 

Quella voce… La conosceva…

 

“No, non è possibile…”.

 

- Oh, ma guarda ci c’è! – riprese Vorkof, vedendo Boris, sempre ostentando quel suo sorriso falso – Perché non fate conoscenza, miei cari? –

 

Quando il ragazzino entrò nella stanza si sentì quasi male.

Dentro non c’era quasi niente. Solo un lettino logoro.

E sopra una persona.

Anzi, una bambina.

Quella bambina.

 

- Ah… ah… - Boris boccheggiò prendendo a tremare convulsamente, non era possibile, non voleva crederci!

 

- Ci sei anche tu lì, vero?! – riprese a sbraitare la piccola, in lacrime, delle bende candide a coprirle il viso da sopra il naso in su.

 

- Oh, sì, ci siamo tutti e due. – continuò calmissimo, mentre Boris, immobile come una statua, guardava quella figurina strepitare, disperata.

 

- Maledetti… Vi odio! – urlò a pieni polmoni – e anche tu… Perché?! Dovevi solo battermi! Sei cattivo, cattivo!! -

 

Boris avrebbe voluto discolparsi, avvicinarsi, chiedere scusa, fare qualunque cosa. Invece rimase piantato lì, mentre Vorkof sghignazzava sommessamente, per poi afferrarlo per la colotta e tirarselo via.

In un moto di rabbia il ragazzino, gli occhi lucidi, fece per voltarsi afferrando il polso dell’uomo come per stritolarglielo, ma quello fu più veloce e gli bloccò la mano.

 

- E questo era solo un avvertimento. – sibilò, lanciando un ultima occhiata verso la porta. La bambina continuava a piangere.

 

- Ti odio, ti odio, TI ODIO! Sei orribile! -

 

 

 

Fu in quell’istante che Boris si svegliò.

Soffocando un urlo si rizzò a sedere, madido di sudori freddi e pallido come un cadavere; con affanno esasperato fissava un punto indefinito del lenzuolo, stritolando quest’ultimo nei pugni chiusi. Si alzò con uno scatto, tremante, e barcollando si diresse rapido in bagno; aperto il rubinetto del lavello Boris riempì il palmo della mano d’acqua e se la schizzò in viso per un ampio di volte senza smettere di ansimare.

Dopo qualche istante chiuse il rubinetto. Il respiro tornò a poco a poco regolare, mentre lui si puntellava con le mani sul bordo del lavandino.

Si guardò allo specchio poggiandoci contro un braccio.

 

- … Non è vero… -

 

 

Boris non dormi più. Vestitosi, era uscito e aveva vagato per mezza Mosca, senza una mèta, finchè non era tornato a casa. Qui, appena entrato, scese meccanicamente per una porta nascosta, una delle tante che portava ai sotterranei ormai abbandonati: in trance raggiunse una delle vecchie celle, appoggiandosi poi svogliatamente alle sbarre di questa, e prese a fissare un punto di fronte a sé.

Non ci poteva credere… Voleva non doverci credere… Ma era stato lui… Tutta la paura che Katia aveva provato, gli sforzi, le delusioni, gli anni di buio… Erano tutti colpa sua…

A far soffrire di più la persona che amava… Era stato lui…

Boris strinse convulsamente la sbarra gelata nel freddo della notte, per poi lasciarsi scivolare a terra e colpire con un pugno così forte il pavimento che cominciò a uscirgli il sangue dalle nocche.

 

- … Maledizione… -

 

Continuò a stringere il pugno, quanto avrebbe voluto in quell’istante svegliarsi nel letto e scoprire che era stato tutto un incubo.

Il sangue gli pulsava dai tagli sulle nocche e l’aria fredda e stantia gli invadeva i polmoni, quello era molto peggio di un incubo… Colpì ancora più forte il pavimento.

 

- MALEDIZIONE! –

 

 

 

 

 

Quando Katia si svegliò il sole era già sorto da un pezzo; mentre si vestiva si domandò stupita il perché Boris non fosse venuto a chiamarla per allenarsi, ma pensò che avesse deciso di lasciar perdere per una mattina, visto che ultimamente erano entrambi molto stanchi.

Una volta pronta aprì la porta della sua stanza e si diresse pian piano verso la sala dove si trovavano i ragazzi, seguendo il ronzio dei bey in movimento.

 

- Katia! – esclamò Ivan sorpreso, quando la vide arrivare – Che ci fai qui? –

 

- Ciao… -

 

- Buongiorno! Ivan, Serj ^^. – disse sorridendo allegra – Per la verità stavo cercando Boris, stamattina ve lo siete rubato voi per caso ^^? –

 

La battuta cadde nel silenzio; i ragazzi fissarono Katia con aria perplessa.

 

- Non era assieme a te? –

 

- … Cosa? – lei scosse un po’ la testa, guardando il biondo confusa – No… -

 

- Quando siamo passati di fronte alla sua stanza non c’era… - continuò Ivan, mentre Yuri la fissava serio – Ed è tutta la mattina che non lo vediamo… -

 

 

 

- Niente da fare… - disse Serj, entrando in cucina – Non c’è da nessuna parte. –

 

Con un sospiro il ragazzo si chiuse la porta alle spalle, andando a sedersi su una sedia tra Ivan e Katia, che se ne stava immobile con aria preoccupata.

Per tutta la giornata avevano cercato Boris, ma sembrava svanito nel nulla; ed era strano, anche se tra i ragazzi erano soliti farsi praticamente ognuno i fatti propri, era raro che uno di loro sparisse così, oltretutto senza motivo apparente. Soprattutto era strano per Boris.

 

- Non possiamo metterci a cercarlo per tutta Mosca – fece Yuri laconico, in piedi a braccia conserte – è quasi il tramonto e… -

 

Nello stesso momento si sentì il portone d’ingresso aprirsi. Katia, sorridendo, schizzò in piedi e si avviò con cautela nel corridoio.

 

- Alleluia, il figliol prodigo! – rise Ivan, aiutando Katia ad uscire. Sorrise di nuovo quando vide l’amico – Ma si può sapere dove t’eri cacciato?! –

 

Yuri invece si fece serio. Non capiva perché, ma la figura di Boris, immobile di fronte alla porta, gli sembrava strana.

 

- Ciao Bo! – esclamò contenta, andando verso il punto da cui sentiva provenire lo spiffero della porta – Ma dove sei stato?! Ero preoccupata!… -

 

Allungò una mano in direzione del moscovita, ma appena lo sfiorò lui la spinse via di colpo, tanto che Katia si lasciò sfuggire un piccolissimo urletto.

 

- Stai lontana. – sibilò, freddo.

 

- Boris…? –

 

- Ehi, ma che fai?! – esclamò Ivan, fissandolo scioccato quanto Serjei. Yuri taceva.

 

- Ho deciso che non ti allenerò più. – continuò secco – D’ora in poi arrangiati. –

 

- MA CHE STAI DICENDO?!

 

Katia era ammutolita. Teneva la testa rivolta verso l’ingresso, immobile, come paralizzata. Boris sembrò non vederla neppure e , senza aggiungere altro, si voltò e uscì con uno schianto della porta.

 

- Brutto… BORIS!!

 

- Katia..?! –

 

Prima che Ivan uscisse e si desse all’inseguimento del compagno, la bionda si era lasciata cadere per terra come un sacco vuoto, continuando a tenersi stretta al petto la mano che il suo ragazzo aveva scacciato.

 

- E-ehi…! – mormorò il ragazzino, inginocchiandosi accanto a lei. Anche Serjei si avvicinò e la guardò, con aria un po’ preoccupata, tremare come una foglia.

 

“Era… Boris quello? – pensò confusa – Quella voce… Tanto fredda era Boris?” – Che gli… E’ successo..? –

 

Yuri fissò accigliato la porta chiusa, scambiandosi un’occhiata coi compagni, per un istante Boris lo aveva sconvolto, aveva uno sguardo gelido e crudele che non gli vedeva da almeno due anni…

Quando era ancora un burattino della Borg.

 

“Boris…”.

 

 

 

 

 

Passò una settimana.

Dopo “l’annuncio” che aveva fatto quel pomeriggio Boris era scomparso: non tornava neppure per dormire o per mangiare, e nonostante i suoi compagni avessero setacciato la città non erano riusciti a trovarlo.

Questo non fece altro che aggiungere preoccupazioni al già provato umore di Katia, che non riusciva assolutamente a dare una spiegazione logica al comportamento del ragazzo. Nonostante questo non volle desistere dall’allenarsi.

 

- Comunque vadano le cose, quel premio è un’occasione troppo vicina e troppo importante per me, non posso vanificare i miei sforzi… Né quelli di Boris. -

 

Lei, infatti, malgrado tutto continuava a credere che ogni cosa si sarebbe risolta e continuava ad avere fiducia nelle parole di affetto che Boris le aveva detto da quando stavano insieme.

Così riprese da sola gli allenamenti, ma senza aiuto per lei risultava molto difficile. Per questo, visto che non aveva la minima intenzione di mollare, Yuri, Serjei e Ivan avevano deciso di allenarla per quegli ultimi giorni.

Arrivò finalmente il giorno del torneo. Aiutata da Serjei, Katia entrò ci ragazzi in un grosso stadio privato, accendendo i mormorii della gente che vedeva i famosi Neoborg assieme a lei.

 

- Mi dispiace di avervi trascinati qui… - mormorò, mentre passava all’uomo che prendeva le iscrizioni i suoi ultimi soldi. (Nei tornei privati di bey di solito ti tocca pagare l’iscrizione… ndRia – l’ hai deciso tu -___o ndTutti – E allora? Qcno stressa +___+? ndRia_armata_di_mitra – Chi? Noi?! Figurati ^^””””).

 

Serjei scosse la testa, grugnendo qualcosa che assomigliava vagamente ad un “lascia perdere”.

 

- No, davvero… - continuò – Vi ho fatto anche perdere quasi una settimana di allenamenti… -

 

- Vuoi farci un favore? – disse atono Yuri senza voltarsi – Allora vinci questa buffonata. –

 

Katia rimase un istante ferma, poi sorrise.

 

- Ecco a lei, signorina. – disse l’uomo del banco iscrizioni, porgendole un tesserino plastificato. Poi la osservò da capo a piedi, lasciandosi sfuggire un risolino di scherno – Ma gareggia lei per davvero? -

 

Katia corrugò le sopracciglia, stritolando il cartellino nel pugno.

 

- Ovviamente… -

 

- Se lo dice lei…  - continuò, trattenendo un sorrisetto.

 

- Chiudi il becco! – gli sibilò contro Ivan, alzando il pugno – Pezzo d’idiota, lei…! –

 

- Basta Ivan. – lo fermò il suo capitano, laconico – Andiamo ora… -

 

Con un grugnito il ragazzo annuì e, fulminato l’uomo, seguì i compagni in silenzio.

I quattro attraversarono i corridoi che portavano alla sala dove si sarebbe svolto il girone di Katia, segnato sul cartellino: i contendenti infatti non erano tantissimi, ma erano stati separati in due blocchi.

Arrivarono di fronte all’ingresso per i partecipanti Katia prese un bel respiro, doveva farsi coraggio: avrebbe dovuto vincere per lei e per gli sforzi di Boris.

 

Anche se si è comportato in quella maniera…” pensò triste.

 

Si riprese subito dandosi dei leggeri schiaffetti sulle guance mentre veniva annunciato il suo nome: uscì accompagnata da Ivan e salì i pochi gradini del campo da gioco tra la sorpresa e i mormorii di tutti, controllò la distanza congedando con un sorriso l’amico, che trotterellò via, e si preparò in posizione di lancio.

 

“Forza!”

 

 

 

Il primo scontro andò a gonfie vele per Katia, il suo avversario non era forte: gli scontri successivi, anche se leggermente più complicati, furono passati senza eccessive difficoltà per la bionda.

 

Sarà dovuto ai suoi allenamenti…- continuò a rimuginare triste, tra un incontro e l’altro. Scosse energicamente la testa, pensare positivo! - Però ora non posso dormire sugli allori, devo assolutamente farcela: manca un incontro e poi sarò in finale.”.

Con la sua decisione e la voglia di vincere e guarire si scrollò di dosso quei pensieri e fissò l'attenzione sugli scontri, non era il caso di deconcentrarsi in quel momento, ormai mancava poco.

 

Così come la ragazza sperava passò la semifinale. Seduta sola negli spogliatoi, si preparava mentalmente per l’ultimo sforzo, senza che nessuno dei ragazzi, che erano scesi dalla balconata, fiatasse neanche, lasciandola tranquilla. Effettivamente Katia era un po’ nervosa, non conosceva il suo avversario, né sapeva chi era, ma aveva solo un obbiettivo: vincere.

Passata la mezz’ora di pausa concessa prima delle finali, Katia andò all’entrata del campo, congedò i Neoborg, che decisero di salire nuovamente sul loggione per assistere all’incontro, e aspettò di essere chiamata dall’annunciatore.

 

- Ci siamo…- affermò con un sussurro la ragazza mentre la voce dello speaker iniziava a emergere tra le grida del pubblico.

 

- Alla vostra destra la prima sfidante, la giovane che ha sorpreso tutti per la sua bravura di blader, nonostante il… - l’annunciatore si fermò un istante, senza sapere bene cosa dire; Katia sospirò seccata, in qualunque modo l’avesse detto le avrebbe lo stesso fatto saltare i nervi – “Problema” che l’affligge… KATIA SARATOV! -

 

Appena l’uomo pronunciò il suoi nome la bionda cominciò ad avviarsi verso la pedana di gioco, tra applausi accennati e qualche mormorio.

Sentendo quel fracasso, dal loggione, Ivan mandò un grugnito.

 

- Tzs, pezzi di imbecilli… Gli brucia di aver perso! – borbottò il possessore del Serpente, adocchiando a bordo campo gli sconfitti, che fissavano Katia con occhi di fuoco: evidentemente non riuscivano a digerire di aver perso contro una ragazza, per di più cieca.

 

- E tu lasciali fare gli imbecilli – disse Serjei monosillabico – che t’importa? Ciò che conta è che ci sia Katia in finale, poi possono protestare quanto vogliono. –

 

- Seee… - si voltò verso Yuri, che aveva una faccia scura davvero preoccupante – Che ti prende? –

 

- Mi sembra strano. –

 

- Cosa? –

 

Lui non rispose e i compagni si guardarono, facendo spallucce.

 

“Davvero strano…”

 

Il russo prese a riflettere, qualcosa gli puzzava: fin dall’inizio, tra gli iscritti, aveva visto il nome di un ragazzo con lo stesso cognome del promotore del torneo, ma quando questo era stato battuto, all’incirca al terzo incontro, tutto era proceduto regolarmente.

Ed era davvero bizzarro, di solito in tornei simili gli iniziatori facevano in modo di intascarsi nuovamente i soldi, perciò i loro “pupilli” arrivavano sempre in finale… Possibile che l’altro finalista fosse qualcuno per cui valeva la pena spendere tanti soldi?!

 

- A sinistra – continuò l’arbitro – il vincitore del girone B, che si è svolto nell’altra ala dell’edificio. Non ci sorprende che questo blader sia arrivato in finale data la sua bravura ben nota! Signori… BORIS KUZNETOV DEI NEOBORG! -

 

Lo stadio rimbombò di un applauso scrosciante, ma Katia non lo sentì: per un paio di secondi la sua testa si sconnesse dal mondo, cosa voleva dire? Che stava succedendo?!

 

- Che… Cavolo… Ci va Boris qui?! – mormorò il blader della Balena, affacciato alla ringhiera della balconata con un’espressione scioccata.

 

- Si è rincoglionito del tutto… BORIS! – sbraitò Ivan a pieno polmoni, invano – CHE CAVOLO TI PASSA PER LA TESTA?!? –

 

Yuri intanto non diceva niente e, dopo il primo stupore iniziale, fissò il campo sottostante tra il serio e il preoccupato.

 

“Boris… Che diavolo hai in mente?”.

 

- Gli sfidanti si facciano avanti! -

 

Katia si scosse, purtroppo non era un sogno… Tremante salì la pedana dello stadio, mentre gli applausi del pubblico si spegnevano in un sottile ed innaturale mormorio. Anche Boris, dall’altra parte, si avvicinò al Beyblade Stadium, senza proferir parola; Katia tese le orecchie, riconoscendo il passo ritmato del ragazzo, e il suo cuore si strinse un poco.

 

“Boris…”.

 

- Mettetevi in posizione! – urlò il commentatore nel microfono.

 

La ragazza si scosse e, deglutendo a vuoto, caricò il beyblade, cosa non semplice visto che le tremavano le mani.

 

- 3… 2… 1… Pronti… -

 

- LANCIO! –

 

Сумрак atterrò un po’ malamente sul campo, ma subito Katia strinse i denti e si concentrò, facendolo girare regolarmente, non poteva distrarsi ora! Il premio restava chiunque fosse il suo avversario, perciò non poteva tentennare.

 

- Avanti! – urlò la bionda decisa.

 

- Non sperarci! –

 

Neppure Boris, però, sembrava intenzionato a non impegnarsi. Infatti, all’ordine Falborg cominciò a colpire сумрак a ripetizione, spingendolo contro il bordo. Katia strinse i denti, sentendo lo stridere degli anelli d’attacco contro il campo, e lo spinse faticosamente via.

 

- Fantastico! – fece entusiasta l’arbitro – Boris non da tregua all’avversaria, ma Katia non sembra voler demordere in alcun modo! -

 

Il pubblico acclamava ed inneggiava, solo la voce distante di Ivan rompeva gli applausi con insulti contro il blader del Falco.

 

- Maledetto bastardo, sta anche giocando seriamente… MA CHE TI PASSA PER LA TESTA CRETINO?! –

 

- Se si fosse trattato di un torneo per cui Katia aveva poche possibilità di vittoria – disse a bassa voce il compagno biondo, quasi tra sé e sé – avrei capito l’iscrizione di Boris, ma questo è un torneo privato ed il livello è molto basso… E poi non ha senso sfidare proprio lei in finale! –

 

Yuri non rispose e continuò a guardare lo scontro con le braccia conserte.

 

- FALBORG! – urlò Boris dal campo, lanciando la trottola all’attacco – Colpiscila! –

 

Katia strinse i denti, mentre tanto lei quanto сумрак, sotto l’onda d’urto, indietreggiarono riuscendo poi a tenersi sul posto faticosamente. Il pubblico trattenne il fiato mentre il bey della bionda sembrava perdere stabilità, anche perchè lei ormai seguiva a fatica le azioni di Boris, sentendosi sempre più confusa e triste.

 

“Boris, cos’è successo? Perché fai così?! Che ti è preso?! Non capisco, non capisco…!” – IO NON TI CAPISCO! –

 

Con uno sforzo immane il bey della ragazza respinse l’avversario, rispedendolo indenne al centro del campo.

 

- Boris, perché?! – mormorò, col groppo in gola – Cosa ti è successo?! Perché ti comporti in questo modo?! – ma il russo rimase zitto e immobile come una statua – E PERCHE ’ NON MI RISPONDI?!?

 

Il ragazzo non battè ciglio, ostentando ancora un duro silenzio, mentre Katia sentiva i due bey cozzare all’unisono: sembrava che Boris avesse desistito dall’impegnarsi.

Grandissimo errore di valutazione.

 

- Scusami piccola… -

 

- Eh? –

 

- FALBORG!! –

 

Anche l’avversaria impiegò un paio di secondi a rendersi conto dell’azione: con uno scatto il bey color ghiaccio si era lanciato contro l’avversario, mitragliandolo di colpi, e con un terribile fendete finale aveva colpito сумрак alla base, scagliandolo come un proiettile fuori dal campo.

 

- E’ FINITA! – urlò lo speaker – Facciamo un applauso al vincitore! -

 

Il pubblico esplose in ovazioni, ma Boris sembrava completamente assente: glaciale guardava il suo bey, nella mano, e pareva ascoltare distante le parole del commentatore, circa la sua premiazione.

Dalla balconata, la reazione era stata molto meno calorosa.

 

- Quel brutto pezzo di…! – Ivan sembrava pronto per rompergli il naso a suon di cazzotti se solo lo avesse avuto a meno di due metri di distanza.

 

Intanto, mentre gli spettatori le concedevano un tiepido applauso di simpatia, Katia riprese il suo сумрак e si diresse come uno zombie verso l’uscita della sala: cosa era successo?  Non ci stava capendo più nulla, non aveva senso! Perché Boris le aveva fatto questo?! Cosa gli passava per la testa?

Con mille dubbi e domande nella mente la bionda raggiunse lo spogliatoio insieme ai Neoborg, che l’avevano raggiunta subito dopo lo scontro: appena si sedette sulla panca scoppiò in lacrime, tutta quella tensione l’aveva distrutta, i ragazzi, inermi, non potevano far altro che assistere alla sua disperazione.

 

 

 

Una volta finita la noiosa e inutile cerimonia di premiazione Boris si diresse verso quello che sapeva essere lo spogliatoio riservato a Katia: bussò leggermente e aprì subito dopo la porta senza aspettare una risposta dall’interno.

 

- Ciao. – iniziò freddo –Tutti fuori, voglio parlare da solo con lei. – concluse indicando l’uscita ai compagni che non riuscirono a proferire parola.

 

- Senti un po’ tu – rispose Ivan urlando – Partecipi al torneo e togli a Katia la possibilità di vincere, la riduci sull’orlo di una crisi e vieni anche qui a dettar legge?! Sei tu quello che deve togliesi dai piedi! – continuò sbraitando.

 

Boris non si turbò minimamente, continuò a guardare gelido i compagni. Solo Yuri incrociò un istante il suo sguardo, sbuffando.

 

- Fuori. –

 

- Che?! Ma stai scherz…!

 

Con un gesto il rosso lo zittì, fissando arcigno Boris; questo non si scompose. Senza un fiato Yuri uscì, seguito a ruota dagli altri due.

 

- Noi usciamo, ma se hai bisogno chiama Katia. – concluse Serjei chiudendosi la porta alle spalle e tenendo fermo Ivan.

 

Quando i tre furono usciti Boris si portò di fronte alla ragazza ancora tremante: quanto avrebbe voluto abbracciarla e farla calmare, ma non poteva…

 

- Penso tu abbia diversi dubbi, ma io non sono qui per chiarirteli. – iniziò gelido facendo sussultare un attimo Katia che non osava neanche alzare la testa –Prendi, non chiedermi perché lo faccio: sappi solo che te lo devo. – concluse lanciandole addosso l’assegno del premio.

 

La ragazza sussultò capendo cosa aveva tra le mani, avrebbe voluto fermarlo e sapere ma non ne trovava la forza: sentendo però Boris allontanarsi verso l’uscita iniziò titubante a parlare.

 

- Perché ti sei comportato in quel modo? E perché ora dai a me i soldi? – chiese con tono triste.

 

Il ragazzo non rispose, si limitò a ingoiare quel rospo che sentiva sempre più in gola e ad arrivare nei pressi della porta: esitò un secondo, giusto il tempo di far raccogliere le forze residue alla ragazza che riuscì a parlare con tono più alto.

 

- Me lo devi. – esclamò sull’orlo di una crisi di pianto – Non puoi fare come se non fosse successo niente tra noi! – concluse scoppiando a piangere.

 

Boris fu preso alla sprovvista da quella reazione: gli vennero in mente tutti i momenti passati con lei, doveva spiegarle, avrebbe fatto male a entrambi ma decise comunque di parlare.

 

- Mi sono allontanato da te perché non posso stare con te, ho vinto il premio e ti ho dato i soldi per sentirmi meglio con me stesso e perché te lo dovevo. – disse senza voltarsi lasciando la ragazza senza parole.

 

- Non ti capisco…- affermò riprendendosi dalle lacrime.

 

- Non capisci? Non riconosci nessuno stile di combattimento in me? Sono io che ti ho reso cieca, Katia! – urlò sbattendo un pugno contro il muro.

 

Calò un silenzio quasi innaturale. La ragazza non ebbe alcuna reazione, pareva essersi congelata.

 

- Che vuoi dire? – mormorò, sembrava non aver neppure dato retta alle ultime su parole – Che stai dicendo Boris?! –

 

- Io… Mi ricordo di quell’uomo… - cominciò, in un sussurro soffocato – Quello che ti ha costretto a sfidare uno dei suoi ragazzi. Mi ricordo di lui, del grosso palazzo di fronte a cui andavi a giocare, anche di quel ragazzino… Me lo ricordo benissimo… -

 

- Boris… - le tremava la voce, doveva dire che il ragazzo la stava quasi spaventando.

 

- Ti giuro, – disse in un fiato, triste – non sapevo assolutamente nulla, altrimenti io…! –

 

Si fermò, la frase “non mi sarei mai avvicinato a te” gli morì in gola, avrebbe tanto voluto che in quel preciso istante lo folgorassero dal cielo!

 

- Non ci credo… -

 

- Dovresti invece… Perché è la verità. –

 

- NON CI CREDO! – singhiozzò – Non è possibile che sia stato tu! perché poi?!

 

- Era un ordine! Me li davano e io ubbidivo! Nient’altro! – fece duro, cercando di non lasciarsi coinvolgere dalle lacrime della bionda – Ed è per questo che non posso stare con te. –

 

La ragazza non rispose. Boris, considerando il discorso chiuso, si avviò alla porta.

 

- Spero che vada tutto bene. – fece sincero – Buona fortuna… -

 

- ASPETTA! –

 

Ma in un attimo il moscovita fu fuori dagli spogliatoi, sbattendosi la porta alle spalle.

Senza permettere alla ragazza di seguirlo Boris schizzò nel corridoio, incrociando i suoi compagni: nessuno di loro gli disse nulla, provò solo Serjei a fermarlo, ma fu scacciato in malo modo e, imprecandogli contro, il blader del Falco si eclissò dietro l’angolo, tenendo la testa china.

 

- Oh, stavolta non scappi! – urlò di nuovo Ivan – Ora io…! –

 

- Fermo. –

 

- Ma Yuri! –

 

- Lascia perdere. – fece, con tono che non ammetteva repliche; poi guardò con espressione fredda verso il punto dov’era sparito l’altro moscovita – Sarebbe inutile… Andiamo da Katia. –

 

 

Il rumore sordo dei suoi passi accompagnava la corsa di Boris per i corridoi e poi, fuori, per i vicoli più nascosti di Mosca.

Perché? Perché, maledizione?!

Stupido, idiota!

Possibile che non fosse stato in grado di trovare un’altra soluzione?! Ovvio che no, era l’unica…

Perché allora adesso il pensiero della ragazza gli martellava in testa così?

 

- Ehi, donna-pinguino! – la sua voce aveva un tono di tenero scherno, mentre si avvicinava alla ragazza.

 

- Come? – Katia lo guardò sorpreso – Questa non l’avevo ancora sentita…! –

 

- Come dovrei chiamarti? Mi spieghi che ci trovi di così piacevole a stare seduta su un prato di Mosca alle sette del mattino?!

 

- Dovresti farlo anche tu! – replicò divertita – C’è un’arietta tonificante! –

 

- Ci credo, ti iberna! – La bionda rise; Boris, sospirando, le porse la mano.

 

- Dai, torniamocene dentro, o di te raccoglierò i frammenti di ghiaccio… -

 

Basta, basta, perché doveva pensarci?! Maledizione!

 

La ragazza annuì, sollevando la mano. Il ragazzo gliel’afferrò e la fece alzare, ma poggiando male un piede Katia scivolò sull'erba umida e ricadde all'indietro; Boris, che non era stato abbastanza pronto e la teneva ancora per mano, cadde verso di lei: aperti gli occhi il russo vide di essere a cavalcioni sopra la biondina.

Lei, percependo la situazione, si imbarazzò leggermente.

 

- Ti dispiacerebbe spostarti?- chiese timida ma decisa.

 

- E perché ^^? Sto così bene qui. - sorrise stendendosi sopra di lei e appoggiando il viso nell’incavo della spalla della ragazza, posandole un leggero bacio sul collo. Katia restò ferma un istante, poi senza rispondere lo fece rotolare giù da lei con un po' di rossore in viso.

 

Non pensarci, non pensarci, scordala, scordala, scordala, dannazione!

 

- Non fare lo scemo! - esclamò divertita.

 

- Perchè? Io ci stavo così bene! - sorrise il russo

 

- Non fare il maniaco! - concluse divertita voltandosi dalla parte opposta.

 

- Coma mai questa frase mi è così familiare? A sì, è la 15esima volta che me lo dici oggi! -

Scoppiò a ridere abbracciandola dalle spalle, e Katia non potè trattenere un sospiro.

 

- De er virkelig stum!(*) -

 

- … Oook, piccola, so che hai grande stima di me, ma per adesso non sono ancora un vocabolario interattivo di norvegese-russo… (gocciolone). Che cavolo hai detto?

 

- Come, non l’ hai capito? – ridacchiò.

 

- Di sicuro non un complimento… -

 

- Ma dai?! – la bionda scoppiò a ridere – Ma io ti ho dato qualche lezione di norvegese, su! Dai, dimmi “albero”! –

 

- Che premio mi dai se lo dico giusto? – chiese malizioso; lei assunse un’espressione indecifrabile – Scherzavo, permalosa… Aspetta, tre? –

 

- Giusto ^^! –

 

- Parole utilissime, potresti insegnarmi qualche parolaccia! – ridacchiò.

 

- Boris! –

 

- Scherzavo, scherzavo! – la bionda sollevò un sopracciglio, poco convinta, ma poi riprese a camminare pian piano.

 

- Allora… “neve”? –

 

- snø! – rispose pronto – E così lo studente superò la maestra. –

 

Katia scoppiò a ridere, tenendosi quasi la pancia; Boris scosse la testa e le prese la mano, finchè lei non si fermò un istante, mettendosi lentamente di fronte a lui.

 

- Che c’è? – lei sorrise dolce.

 

- jeg elsker De. – il moscovita la guardò sospirando.

 

- Ok, m’arrendo, questa proprio non la so… L’ ha fatta difficile prof! – Katia sorrise ancora, e si allungò per baciarlo.

 

- Prova ad indovinare… -

 

jeg elsker De.

 

 

 

 

 

 

Era una bella giornata, il sole scaldava allegramente la città di Mosca attraversata da un fresco e frizzante venticello, che riempiva l’aria del fruscio delle chiome degli alberi. Dalle strade poco affollate si avvertivano le risate e i parlottii della gente, che vista da lontano assomigliava ad una colonia di formiche laboriose.

Boris non aveva mai odiato tanto quella vista.

Sospirando si allontanò stizzito da quel paesaggio e si andò a sedere sull’erba, poggiando la testa contro il tronco del pino rosso di fronte all’ingresso del Monastero.

Strinse un secondo il pugno e, aperto poi il palmo, guardò mesto il disco d’attacco di un bey, gravemente danneggiato.

Il suo bey.

Chiuse di nuovo la mano, ormai erano passate tre settimane da quando Katia se n’era andata, ma a lui sembravano un’eternità.

Subito dopo la fine del torneo il tutore della ragazza si era precipitato a Mosca e, due giorni dopo, la bionda era con lui su un aereo per Oslo: per quel breve tempo Katia aveva provato ancora a parlare con Boris, ma lui aveva pensato bene di sparire nuovamente dalla circolazione e dal raggio d’azione suo e degli altri. Il moscovita ridacchiò sarcastico a quel ricordo, stava diventando come quell’insopportabile di Kei! Certo la sua “tattica” aveva funzionato, alla fine la ragazza aveva desistito, limitandosi a chiedere a Yuri di consegnargli ciò che restava di сумрак, non propriamente uscito illeso sotto i colpi di Falborg; Boris si era così ritrovato quel vecchio e consunto disco d’attacco nella sua stanza, senza una parola da parte di nessuno.

“Non dimenticarmi.”, era questo che Katia gli stava dicendo?

 

“Tzs, come se fosse possibile…”.

 

Il moscovita poggiò i gomiti sulle ginocchia e la fronte sui pugni chiusi, non era mai stato così male, si sentiva da schifo.

Se si trovava vicino a Katia si sentiva lacerato dai sensi di colpa, non riusciva neppure a guardarla in viso per più di due secondi, ma lontano da lei stava anche peggio: voleva vederla, stringerla, parlarle, baciarla, voleva che stesse con lui. E questo non era possibile, lui non poteva né ne aveva il diritto, non sarebbe stato giusto!

Sospirò, era proprio vero che l’amore era una fregatura!

 

Ma guardami… Mi sono proprio rammollito, mi faccio pena!”.

 

Ma mentiva, e spudoratamente. La verità era che non poteva fare altro che arrendersi a quel che provava, nulla di più, lasciare esistere quel fortissimo sentimento che non poteva ignorare ma nemmeno vivere.

E la colpa era solo sua.

Si alzò sbuffando, forse era meglio rientrare, se avesse saltato ancora qualche allenamento Yuri lo avrebbe scuoiato vivo.

Anche se doveva ammettere che ultimamente il rosso era stranamente accondiscendente e si limitava a borbottare a Boris che avrebbe dovuto allenarsi invece di andarsene a zonzo; aveva persino impedito ad Ivan di saltargli al collo non appena si era ripresentato al Monastero. Chissà, conoscendolo il suo capitano aveva capito che c’era qualcosa di strano, vedendo la sua espressione assente, ma non gli aveva comunque chiesto niente, limitandosi a dirgli che forse avrebbe dovuto spiegare loro qualcosa.

Ma Boris non voleva, partita Katia, era finito tutto, stop. Dimenticare. Il suo unico problema, in quel momento, era di essere tornato in quell’odiosa apatia di un mese prima, se non peggiore.

 

E lo so perché.

Dopo la faccenda della B.E.G.A., tutto era tornato a posto… Ma io per cosa mi dovevo allenare allora?

Serviva a qualcosa allenarsi ben sapendo di fare sempre al riserva?

Era un pensiero abbastanza idiota però pensavo questo.

Poi è arrivata Katia.

E ha sconvolto, ricostruito e stravolto quello che fino a quel momento avevo.

Non potevo essere più felice di nessun altro!

Ora però tutto è scomparso... Ora quel che avevo…

 

Scuotè la testa e sospirando percorse rapido il tratto fino all’ingresso, entrando con un tonfo sordo del portone, ma non fece neppure mezzo metro che si ritrovò di fronte nientemeno che Yuri, che lo fissava severo a braccia conserte.

 

“Già finita la fase di ‘Yuri-buono’ (gocciolone)?”.

 

Si scrutarono alcuni istanti, finchè il rosso non fece per voltarsi, senza smettere di tenergli gli occhi ametista piantati addosso, glaciali.

 

- Vieni. –

 

Boris sbuffò, ma lo seguì obbediente. Contrariamente a quanto si aspettava, però, il moscovita non lo condusse nel salone degli allenamenti, ma in una stanza subito lì di fianco, dove, quando aprì la porta, Boris potè scorgere Serjei ed Ivan, di schiena: volevano fargli una lavata di capo collettiva?

 

- Ehi, Yu, mi vuoi dire che succ…?! –

 

Si bloccò di botto come se gli avessero mozzato la lingua.

Dietro ai due, che si voltarono a guardarlo severi, c’era Katia. Gli sorrise tranquilla, gli occhi chiusi, e nella testa confusa del ragazzo balenò un istante un solo dubbio, che l’operazione fosse andata male.

Con stizza scosse la testa e si voltò all’istante, non erano più affari suoi, lui con quella ragazza non c’entrava più nulla!

 

- Fermo lì tu. – sibilò il rosso bloccandolo per una spalla – Non azzardarti a scappare. –

 

- Ma che vuoi?! – sbottò, scostandogli la mano – Quel che faccio non sono fatti tuoi, e comunque queste sono solo…! –

 

Le sue parole furono interrotte da Serjei che, con tutta la grazia di cui era disposto, afferrò Boris per la colotta e lo strascinò nella stanza, uscendo poi rapido con gli altri due.

 

- Stattene buono e parla un po’, una volta che devi… -

 

- SER….! –

 

Ma i tre erano già spariti sbattendosi la porta alle spalle.

Boris rimase a fissare scioccato la porta, immobile; nella stanza calò il silenzio, finchè Katia, con un sospiro, non mosse qualche passo verso di lui. Il ragazzo, sentendola, non si mosse, dandole la schiena.

 

- Ciao… - disse la ragazza dolcemente.

 

Il moscovita strinse i pugni, quanto aveva desiderato sentire quella voce! Dovette raccogliere in sé ogni briciolo del suo autocontrollo per non voltarsi ed abbracciarla.

 

- Perché sei qui? – chiese acido – Mi sembrava di averti fatto intendere che non avevo più niente da dirti. –

 

- Io sì, però. – concluse tranquilla.

 

Boris mandò un “tzs” seccato, stava facendo sempre più fatica, ma perché era tornata?!

 

- Mi vuoi lasciare perdere?! Non l’ hai capito, io non posso stare con te! Ficcatelo in quella testaccia dura! – sbraitò, sforzandosi di mantenere un tono duro e impassibile. Katia però non si scompose.

 

- Lo so. – mormorò pacata – Me l’ hai già detto. Ma non lo capisco. In fondo quel che è successo, non è stato colpa tua… -

 

- Smettila, certo che è stato colpa mia! – sbraitò, battendo un pugno contro lo stipite della porta – Se proprio dovevo colpirti avrei dovuto trovare un altro sistema, anzi, non avrei mai dovuto farlo e basta! –

 

Si stava odiando, ripensare a stesso durante gli anni con la Borg lo disgustava, ormai. Katia tacque un istante.

 

- Forse… Però… - di nuovo silenzio; probabilmente, pensò Boris, ora stava pensando a come continuare, sistemandosi un ciuffo dietro l’orecchio, aveva questo tic… Scosse energicamente la testa, non doveva assolutamente voltarsi o non avrebbe resistito. – Sai, quando sono tornata a casa, avevo deciso di provare ad “assecondarti”, quindi… Dimenticare tutto, sostanzialmente. Ovviamente non ci sono riuscita. - sospirò – Ero triste ed irrequieta. Quando poi è arrivato il momento dell’operazione, letteralmente terrorizzata.

Ma anche in quel momento, all’ospedale, quando pensavo di rinunciare, e dopo l’operazione, continuavo ad avere un pensiero fisso… -

 

Boris si fece più attento, ma continuò a darle la schiena.

 

- Io dovevo tornare a vedere… E tornare qui. – mosse due passi verso di lui, le tremava la voce – Io volevo vederti, Bo… Non m’interessava e non m’importa niente di quel che è successo, voglio poter restare con te…! –

 

“Smettila…” la pregò, non poteva quanto gli facessero male quelle parole, perché non capiva che non poteva assolutamente amarla?! Non dopo tutto quel che le aveva fatto passare, neppure con l’operazione aveva risolto nulla!

 

- Ti prego, Boris, voltati e guardami… -

 

- COSA?! –

 

Il moscovita sobbalzò, come diavolo faceva a sapere che era voltato, se non aveva toccato la sua schiena?! Si girò di scatto e rischiò il secondo infarto della giornata.

Due grandi, splendidi occhi di un limpido azzurro ghiaccio, lo stavano guardando.

 

- Ciao… - disse di nuovo, timidamente.

 

Boris non rispose. Sembrava momentaneamente aver perso l’uso della parola, nonché qualsiasi capacità motoria, data la mascella che quasi gli penzolava inerme a mezz’aria.

 

- Beh… Alla fine sembra sia andato tutto bene, eh? – continuò dolcemente.

 

- E’… Fantastico…! –

 

Il sorriso che gli era spuntato sul viso, però, svanì subito. Il ragazzo si scosse e, voltata la testa, prese a fissare un punto indefinito, a pungi serrati.

 

- Sono contento per te… - fece gelido.

 

Katia però non si arrese: afferrò delicatamente la mano del moscovita, che stavolta non reagì.

 

- Permettimi di restarti vicino. – disse, quasi a tono di supplica – Ti prego, Bo… jeg elsker De.

 

Chinò la testa, non riusciva più a trattenere le lacrime.

 

- … Ti amo… -

 

Boris non resistè più, scansò la mano della bionda e l’abbraccio con tutta la sua forza, una mano a cingerle al schiena e l’altra affondata tra i suoi capelli.

 

- Katia… Dovresti odiarmi… -

 

- E invece no… - sorrise, ricambiando la stretta.

 

- Scema, sei troppo buona! Io non mi perdonerei mai… -

 

- Ma te l’ ho già detto, a me non interessa quel che è successo… Non me ne sarebbe importato neppure se fossi rimasta cieca, a me interessa restare con te! – sentì la mano del ragazzo accarezzarle titubante la nuca.

 

- … Ne sei… Davvero sicura? –

 

- Certo. – rispose sorridendo.

 

Boris non disse altro. Con dolcezza le accarezzò una guancia e l’attirò a se baciandola come desiderava ormai da tempo poter fare ancora, finalmente libero da quel senso di colpa opprimente, spazzato via solo con una parola ed un sorriso.

 

- Se tu mi avessi ascoltato da subito – fece con finta aria di rimprovero – si sarebbe risolto tutto molto prima… -

 

- Sono rinomato per il mio “non-ascolto” – rispose un po’ acido – dovresti saperlo! –

 

La bionda sospirò contenta, appoggiandosi meglio al suo petto. Boris sorrise.

 

- Sei incredibile, te l’ ho già detto? –

 

- Non ne sono sicura – ridacchiò – ma potrei farci l’abitudine ^^. – lui rise e l’abbracciò più stretta.

 

- Ti amo, piccola… - le sussurrò all’orecchio; la sentì sorridere.

 

 

 

- Sembra sia andato tutto bene, vero? – chiese Serjei in un bisbiglio, mezzo sorridendo in piedi nel corridoio. Yuri, appoggiato al muro, sorrise.

 

- Ora però dovrei sorbirmi quei due piccioncini tutti i santi giorni? – borbottò Ivan con fare disgustato.

 

- Povero! – ghignò Boris, uscendo dalla stanza con Katia – Ti stai rodendo il fegato, ammettilo! –

 

- No, mi domando solo come un idiota come te abbia conquistato Katia. – sbottò velenoso.

 

- Certo avevo più possibilità di te. - concluse con un sorrisetto divertito.

 

- Cosaaa?!- strepitò iniziando a brontolare e gesticolare. (Per una volta ha ragione ndAutori – Una -___o? ndBo – Grazie mille ç___-** ndIvan)

 

- Boris non esagerare. – sorrise la bionda un po' severa al russo.

 

-Va bene, va bene… - sbuffò.

 

- Almeno ora qualcuno ti farà rigare dritto, Boris. – affermò Yuri con un sorriso sarcastico; poi si voltò verso la ragazza – Sempre che voglia restare qui a sopportarti. –

 

- Certo ^^! – sorrise allegra.

 

- Come vuoi, a tuo rischio e pericolo… - continuò, avviandosi nel corridoio.

 

- Da quand’è che fai delle battute (gocciolone)? – chiese seccato.

 

- Mi ispiri tu si vede… -

 

Katia scoppiò a ridere, seguita a ruota da Serjei ed Ivan, e anche Boris alla fine si unì, prendendo per mano la ragazza.

 

- E Bergen? – le chiese a mezza voce – Che ha detto? –

 

La bionda sorrise.

 

- Lui vuole che io stia dove sono felice, avevo solo il bisogno dell’ “OK” del capitano ^^… E se ho tradotto bene con quella frase di prima me l’ ha accordato, giusto? –

 

Il moscovita annuì. Poi si fece un istante serio, sospirando con un pensiero nefasto in mente.

 

"Ma così ora dovrò ubbidire e fare il bravo per forza…Cidenti!”.

 

- Che c’è? –

 

- Niente… -

 

La bionda lo fissò un istante, poi lo fissò furba.

 

- Non stavi mica pensando a qualcosa di strano, vero? –

 

- Che intendi per strano? – sorrise malizioso, pronto a portarsi il coltello dalla parte del manico.

 

- Finiscila con questi discorsi, ma sei fissato! – lo rimproverò Ivan sbuffando.

 

- Ma che ho detto, sto giocando! – protestò.

 

- Mah… Di Katia ci si può fidare, di te un po’ meno… -

 

- Mi stai dando del maniaco Serj (gocciolone)? –

 

- Nooo, figurati! – fece sarcastico; Ivan trattenne malamente una risata fragorosa.

 

- HA, HA, HA, spiritoso! –

 

Stavolta le risate furono generali; Katia strinse il braccio al ragazzo, che aveva messo su una sorta di broncio offeso, e inaspettatamente si sentì parte di quello strano gruppo di ragazzi un po’ taciturni, quel gruppo che da quel momento in poi sarebbe stato casa sua.

 

 

 

 

 

 

(*) “Sei proprio scemo!”

 

 

 

Fattooooooo!!! Allora? Cosa ve ne pare ^^? Please, commy commy commy commy, che ci tengo tantissimissimo! E poi anche Jolly sarebbe contento di vedere che il suo lavoro di supporto viene apprezzato XD.. (traduco: la correzione a tutte le incongruenze che – spesso – belinona, ficco nel testo XP) UN BESO!!!

Ciao ciao a presto ^^! E state pronti, che al prox cap tocca al sottoscritto!

 

 

  
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