Piccola presentazione~
Torno su EFP dopo quai due anni di assenza, per buttarmi nel mio fandom
attuale: Hetalia. :)
Questa storia è ispirata ad un gioco di ruolo, andato avanti
su un forum per più di un anno e mezzo. Non tutta la trama
è mia, né lo sono i background di tutti i
personaggi, ma ho preso il gioco solo come base per la storia, per poi
apportarci tutte le modifiche e aggiunte del caso.
Titolo:
Kingdom for a heart
Fandom: Axis
Powers Hetalia
Personaggi:
Feliciano (Italia), Ludwig (Germania), Alfred (America), Matthew
(Canada), Arthur (Inghilterra), Gilbert (Prussia), Francis (Francia),
Antonio (Spagna), Lovino (Romano), Belle (Belgio), Hendrik (Olanda)*,
Roderich (Austria), Elizabet (Ungheria), altri che compariranno qui e
là, OCs, più un assortimento vario di draghi,
grifoni e orsi bianchi.
Pairings:
Germania/Italia, Spagna/Romano, Inghilterra/America,
Francia/Inghilterra, Francia/Canada, Francia/chiunque,
Ungheria/Austria, accenni di Prussia/Ungheria, e altri. Hima li fa, io
li accoppio.
Rating:
verde come un prato di pratoline per i primi capitoli, ma si
farà giallo/rosso man mano che la storia procede.
Genere:
fantasy, avventura, romantico.
Avvertimenti:
AU, molto AU; creature mitologiche, magie più o meno
sensate, OOC pesante (ma richiesto dalla trama), angst e violenza,
inciuci, linguaggio colorito di Lovino, Feliciano nudo, Francis nelle
mutande di tutti ed altre amenità. Oh, e la mia lentezza
nello scrivere.
Trama: la
vita del principe Feliciano Vargas scorre tranquilla e serena,
finché una congiura di palazzo non tenta di toglierlo di
mezzo. In fuga, disperso nel bel mezzo della foresta, braccato, non
trova modo migliore per rinfrancarsi un po' che mettersi a cantare
davanti al fuoco. Qualcuno, nella notte, lo sentirà, ed il principe si ritroverà a godere di un'inaspettata compagnia...
Disclaimer:
i personaggi sono di Himaruya e io non traggo alcun profitto da tutto
ciò.
Beta Reader:
Yuki Delleran
Crediti e note:
tanto per cominciare, il titolo viene dall'omonima canzone dei Sonata
Arctica, "Kingdom for a Heart".
Questa storia si basa su un gioco di ruolo fantasy, il cui cast
è così composto (i nick sono username su
LiveJournal):
Feliciano = mystofthestars
Ludwig = nomdeplume13
Matthew = sleepywaltz
Alfred = rurushuu
Arthur = hikaririri
Gilbert = mouse1010
Roderich = reaperangelique
(anche se solo per una breve comparsa)
*= ho scelto il nome Hendrik per Olanda perché era quello
scelto dalla sua giocatrice (anche se poi non ho ripreso il
personaggio).
Prologo
La spada di Antonio scivolò lontano dalla sua presa, finendo
a terra, mentre l'uomo era troppo occupato a schivare il colpo
successivo per chinarsi a recuperarla.
C'era da aspettarselo, pensò, mentre con un calcio faceva
inciampare il suo nemico e si voltava ad affrontare l'altro che lo
stava caricando in quel momento. Un lungo coltello da caccia apparve
nella sua mano destra, ma il suo avversario brandiva una spada.
C'era da aspettarselo, lo sapeva, i suoi nemici erano in netta
superiorità numerica, e, inoltre, erano bravi combattenti.
Lo sapeva, aveva supervisionato egli stesso l'addestramento di un paio
di loro, appena entrati nell'esercito.
Sentì un sapore amaro riempirgli la bocca – e non
era quello del suo sangue, non soltanto, almeno. Era stato costretto ad
ucciderne tre, in quel combattimento, e non gli era affatto piaciuto,
né il gesto di ucciderli, né i motivi per cui
aveva dovuto farlo.
Ma maledizione, erano ancora in troppi.
Se non altro, il principe era scappato, pensò Antonio,
mentre un sorriso – che era solo in parte di sollievo
– andava a incurvargli le labbra, sporche di sangue, in
maniera spiacevole.
Prima che il suo avversario riuscisse a colpirlo con la sua spada,
Antonio gli aveva conficcato il pugnale nell'addome.
Era stanco, ormai, spossato dallo sforzo e dalla perdita di sangue, e
c'erano ancora due uomini da affrontare, entrambi freschi, armati,
pronti ad attaccarlo insieme.
Cadde a terra, esausto, uno spettacolo non tanto dissimile da quello
offerto dai cadaveri dei suoi nemici, accasciati e scomposti attorno a
lui nella radura.
Nell'oscurità dolorosa che ora lo circondava, udì
la voce di uno dei soldati: “Lasciamolo perdere, è
spacciato. Andiamo dietro al principe, ce la facciamo ancora a
riprenderlo.” Poi, la terra tremò sotto il suo
orecchio, al rumore degli zoccoli dei loro cavalli che si allontanavano.
Antonio sapeva che avrebbe dovuto alzarsi ed inseguirli, impedire loro
di mettersi sulle tracce del ragazzo, ma né gambe,
né braccia rispondevano... nemmeno gli occhi volevano
saperne di riaprirsi.
E il suo principe, oh, se si sarebbe infuriato a vederlo in quella
situazione disgraziata. Poteva immaginarselo, lì accanto, le
guance rosse, le labbra inarcate all'ingiù in un broncio che
sfiorava il pianto, proprio come quando era bambino... si sarebbe
arrabbiato perché era stato sconfitto, perché
nonostante avesse fatto il possibile per proteggere suo fratello, non
aveva fatto abbastanza... si sarebbe adirato perché Antonio
non sarebbe più tornato a casa da lui, proprio mentre
tentava di eseguire i suoi ordini.
~*~
“Devi portare il culo di quel cretino di mio fratello lontano
da questa merda di posto, alla svelta.” Lovino aveva guardato
in basso, a disagio, tuttavia la sua mano era ancora stretta intorno al
polso di Antonio, che aveva afferrato per condurre l'uomo in un angolo
appartato del corridoio.
L'altro lo aveva guardato sorpreso, un mezzo sorriso ancora stampato in
faccia.
“Eh? Come mai? Avete litigato di nuovo?”
Il più giovane aveva roteato gli occhi, già
esasperato dal colloquio con l'altro. Possibile che un emerito
imbecille come questo fosse il generale dell'esercito reale?!
“Ma che cazzo dici, idiota!”
E tuttavia Lovino, invece di trafiggerlo con l'occhiata che solitamente
accompagnava le sue invettive, guardava ancora in basso.
“...è per il suo bene. Dannazione, ti pare che te
lo chiederei se non fosse per il suo bene?” aggiunse qualche
momento dopo, dando un calcio alla parete e all'arazzo che la ricopriva.
“Certo che no.” Antonio gli accarezzò la
spalla con un sorriso incoraggiante. Solitamente, un gesto del genere
avrebbe firmato la sua condanna a morte, ma, per una volta, Lovino
sembrava troppo impegnato a trovare le parole adatte per cercare di
incenerirlo con lo sguardo. Alla fine, diede un altro calcio alla
parete, stavolta più forte – nonché
doloroso, e prontamente seguito da una sfilza di imprecazioni.
Antonio allungò di nuovo una mano verso di lui, ma questa
volta il giovane lo allontanò bruscamente.
“Lo vogliono ammazzare, ecco perché.”
soffiò tra i denti.
L'altro aggrottò le sopracciglia, il sorriso subito svanito
dalle labbra. “Ammazzare? Il Principe Feliciano?
Perché...?”
“Cazzo, lo so e basta! Prendi quello scemo di Feliciano,
piazzagli le chiappe su un cavallo e portalo il più distante
possibile da questo bordello!”
“Lovino, questo... è un problema serio. Non posso
semplicemente prendere Feliciano e sparire nel nulla con lui,
se...”
“Generale Antonio Fernandez Carriedo!” Ora Lovino
lo stava guardando negli occhi, con uno sguardo disperato che,
innanzitutto, lo implorava di non fare altre domande. “Siete
l'unico di cui mi possa fidare. Vi comando di partire subito, e non una
fottuta parola con nessuno, nessuno, perché questi stronzi
sono ovunque. Portate il principe mio fratello al sicuro e...
dannazione, non spaventatelo. E poi tornate qui, perché
sarò sicuramente nella merda.”
Gli aveva stretto il polso, e Antonio lo aveva abbracciato.
“Ai vostri ordini, mio Principe.”
Convincere Feliciano non era stato difficile. Era ancora pomeriggio,
uscivano solo per una cavalcata, gli aveva detto - Antonio aveva
provveduto personalmente a riempire le sacche da sella dei loro cavalli
con il necessario per un viaggio di alcuni giorni.
Il secondogenito del Re lo aveva seguito senza domande, come sempre
riponendo in lui una cieca fiducia. Non fu difficile neanche spiegare
come mai Lovino non si univa a loro; il Re del Regno del Sole era
distante, e lui, il maggiore tra i due eredi, cui spettava la reggenza
del regno, impegnato com'era, certo non poteva permettersi escursioni
di piacere.
Facile all'entusiasmo, perso ad osservare le farfalle svolazzare tra i
fiori piuttosto che i piccoli arcobaleni baluginanti nel vapore delle
cascate dai torrenti, Feliciano si era goduto i primi giorni di marcia,
completamente ignaro della vera ragione del viaggio; tuttavia, quando
si era accorto che qualcuno li stava seguendo, Antonio aveva dovuto
svelargli la verità – o, almeno, quello che aveva
potuto carpire dalle poche, criptiche parole del principe Lovino. E
Feliciano era andato nel panico.
~*~
Feliciano era più che mai in preda al panico, in quel
momento, il suo destriero lanciato in una corsa disperata in mezzo ai
boschi. Cercava di voltarsi indietro, ogni tanto, nella vana speranza
di vedere Antonio comparire a raggiungerlo – o, almeno, di
non vedersi sbucare alle spalle uno degli inseguitori che volevano
fargli la festa.
Non aveva idea di chi fossero né di che cosa volessero, ma
era estremamente certo di non voler finire ammazzato così,
almeno quanto era certo di non essere assolutamente in grado di far
fronte da solo ai nemici. Dov'era il generale, che gli era successo?
Solo il fatto che aveva il fiato troppo corto per lo spavento e la
fatica gli impediva di mettersi a strillare il nome di Antonio nel bel
mezzo del bosco – il che era per il meglio, naturalmente,
visto che a sentirlo sarebbero stati i suoi nemici.
Nel frattempo, il principe stava facendo del suo meglio per governare
il cavallo, ma questo galoppava come impazzito, schiumante di terrore,
e il crepuscolo stava calando in fretta. Nelle ombre del bosco, sempre
più fitte, il principe, gli occhi colmi di lacrime di
spavento, non si avvide di un ramo basso - più spesso di
quelli contro cui era già andato a sbattere e a cui stava
facendo l'abitudine - che gli arrivò diritto in fronte,
disarcionandolo e mandandolo a rotolare nel folto degli arbusti
lì vicino.
Col senno di poi, avrebbe ringraziato quel capitombolo fortuito, in
seguito a cui i suoi assalitori avrebbero seguito inutilmente le orme
del cavallo solo per scoprire che era senza cavaliere, e ugualmente
sarebbe stato grato al terribile temporale che era scoppiato la mattina
dopo, riversando sulle montagne una pioggia torrenziale, tale da
cancellare ogni traccia del suo passaggio.
Tuttavia, a diversi giorni dall'incidente, Feliciano era solo
immensamente più spaurito e triste di prima. Sperduto nei
boschi di un dove a lui completamente sconosciuto, infreddolito,
affamato, dolorante, terrorizzato per ogni minimo rumore proveniente
dal folto degli alberi, osservava per un'ennesima sera le ombre
allungarsi attorno a lui, rapaci e spaventose.
Il fuoco che aveva acceso era abbastanza misero, anche se era meglio di
niente, e le fiamme crepitavano senza entusiasmo, il loro cerchio di
luce l'unica barriera che aiutasse Feliciano a fronteggiare la strana
orchestra di rumori che accompagnava la notte della foresta.
Il principe deglutì, guardandosi nervosamente intorno. Aveva
una gran voglia di piangere – ma con tutto il piangere che
aveva fatto in quei giorni, gli era venuto il sospetto di aver esaurito
le lacrime. Dov'era casa sua? Dov'era il suo letto confortevole e
caldo? Dov'era suo fratello? Dov'era Antonio? E soprattutto, dov'era
una bella cenetta calda e fumante? Voleva rannicchiarsi su se stesso e
chiudere gli occhi fino a che non avesse sentito qualcuno chinarsi ad
abbracciarlo e coccolarlo, e sussurrargli nell'orecchio che andava
tutto bene. Ma non lo fece – aveva passato in questo modo
tutte le nottate precedenti, e aveva smesso di sperare che funzionasse.
Invece, tirò accanto a sé il suo zaino e ne
estrasse il suo mandolino, accordandolo velocemente ed iniziando a
crearvi un'armonia. Cantare, sì, per farsi coraggio, la sua
musica contro tutti quei cigolii e uggiolii tetri delle tenebre.
Un giro di accordi dopo, la sua voce si univa a quella dello strumento,
e il suo canto si alzò, dapprima incerto e timido, poi
più sicuro e quasi spavaldo, nel buio della notte.
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