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Autore: MystOfTheStars    05/10/2011    3 recensioni
La vita del principe Feliciano Vargas, erede al trono del Regno del Sole, scorre tranquilla e serena, finché una congiura di palazzo non tenta di toglierlo di mezzo. In fuga, disperso nel bel mezzo della foresta, braccato, non trova modo migliore per rinfrancarsi un po' che mettersi a cantare davanti al fuoco. Qualcuno, nella notte, lo sentirà, ed il principe si ritroverà a godere di un'inaspettata compagnia...
AU fantasy, lunga, con molti pg di cui i principali saranno: Feliciano/Italia, Ludwig/Germania, Alfred/Stati Uniti, Arthur/Inghilterra, Francis/Francia, Gilbert/Prussia, Matthew/Canada, Antonio/Spagna, Lovino/Sud Italia, Elizabeth/Ungheria, Roderich/Austria, Belle/Belgio, Hendrik/Olanda, ed altri.
Pairing principali: GerIta, UsUk, FrUk, Spamano, AuHun, accenni di Franada e Prungheria, ed altri.
Gli aggiornamenti di questa storia riprenderanno a fine gennaio, scusate l'attesa.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Piccola presentazione~
Torno su EFP dopo quai due anni di assenza, per buttarmi nel mio fandom attuale: Hetalia. :)

Questa storia è ispirata ad un gioco di ruolo, andato avanti su un forum per più di un anno e mezzo. Non tutta la trama è mia, né lo sono i background di tutti i personaggi, ma ho preso il gioco solo come base per la storia, per poi apportarci tutte le modifiche e aggiunte del caso.



Titolo: Kingdom for a heart 
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Feliciano (Italia), Ludwig (Germania), Alfred (America), Matthew (Canada), Arthur (Inghilterra), Gilbert (Prussia), Francis (Francia), Antonio (Spagna), Lovino (Romano), Belle (Belgio), Hendrik (Olanda)*, Roderich (Austria), Elizabet (Ungheria), altri che compariranno qui e là, OCs, più un assortimento vario di draghi, grifoni e orsi bianchi.
Pairings: Germania/Italia, Spagna/Romano, Inghilterra/America, Francia/Inghilterra, Francia/Canada, Francia/chiunque, Ungheria/Austria, accenni di Prussia/Ungheria, e altri. Hima li fa, io li accoppio.
Rating: verde come un prato di pratoline per i primi capitoli, ma si farà giallo/rosso man mano che la storia procede.
Genere: fantasy, avventura, romantico.
Avvertimenti: AU, molto AU; creature mitologiche, magie più o meno sensate, OOC pesante (ma richiesto dalla trama), angst e violenza, inciuci, linguaggio colorito di Lovino, Feliciano nudo, Francis nelle mutande di tutti ed altre amenità. Oh, e la mia lentezza nello scrivere.
Trama: la vita del principe Feliciano Vargas scorre tranquilla e serena, finché una congiura di palazzo non tenta di toglierlo di mezzo. In fuga, disperso nel bel mezzo della foresta, braccato, non trova modo migliore per rinfrancarsi un po' che mettersi a cantare davanti al fuoco. Qualcuno, nella notte, lo sentirà, ed il principe si ritroverà a godere di un'inaspettata compagnia...
Disclaimer: i personaggi sono di Himaruya e io non traggo alcun profitto da tutto ciò.
Beta Reader: Yuki Delleran
Crediti e note: tanto per cominciare, il titolo viene dall'omonima canzone dei Sonata Arctica, "Kingdom for a Heart".

Questa storia si basa su un gioco di ruolo fantasy, il cui cast è così composto (i nick sono username su LiveJournal):
Feliciano = mystofthestars
Ludwig = nomdeplume13 
Matthew = sleepywaltz 
Alfred = rurushuu 
Arthur = hikaririri
Gilbert = mouse1010
Roderich = reaperangelique (anche se solo per una breve comparsa)

*= ho scelto il nome Hendrik per Olanda perché era quello scelto dalla sua giocatrice (anche se poi non ho ripreso il personaggio).










Prologo
 


La spada di Antonio scivolò lontano dalla sua presa, finendo a terra, mentre l'uomo era troppo occupato a schivare il colpo successivo per chinarsi a recuperarla.
C'era da aspettarselo, pensò, mentre con un calcio faceva inciampare il suo nemico e si voltava ad affrontare l'altro che lo stava caricando in quel momento. Un lungo coltello da caccia apparve nella sua mano destra, ma il suo avversario brandiva una spada.
C'era da aspettarselo, lo sapeva, i suoi nemici erano in netta superiorità numerica, e, inoltre, erano bravi combattenti. Lo sapeva, aveva supervisionato egli stesso l'addestramento di un paio di loro, appena entrati nell'esercito.
Sentì un sapore amaro riempirgli la bocca – e non era quello del suo sangue, non soltanto, almeno. Era stato costretto ad ucciderne tre, in quel combattimento, e non gli era affatto piaciuto, né il gesto di ucciderli, né i motivi per cui aveva dovuto farlo.
Ma maledizione, erano ancora in troppi.
Se non altro, il principe era scappato, pensò Antonio, mentre un sorriso – che era solo in parte di sollievo – andava a incurvargli le labbra, sporche di sangue, in maniera spiacevole.
Prima che il suo avversario riuscisse a colpirlo con la sua spada, Antonio gli aveva conficcato il pugnale nell'addome.
Era stanco, ormai, spossato dallo sforzo e dalla perdita di sangue, e c'erano ancora due uomini da affrontare, entrambi freschi, armati, pronti ad attaccarlo insieme.
Cadde a terra, esausto, uno spettacolo non tanto dissimile da quello offerto dai cadaveri dei suoi nemici, accasciati e scomposti attorno a lui nella radura.
Nell'oscurità dolorosa che ora lo circondava, udì la voce di uno dei soldati: “Lasciamolo perdere, è spacciato. Andiamo dietro al principe, ce la facciamo ancora a riprenderlo.” Poi, la terra tremò sotto il suo orecchio, al rumore degli zoccoli dei loro cavalli che si allontanavano.

Antonio sapeva che avrebbe dovuto alzarsi ed inseguirli, impedire loro di mettersi sulle tracce del ragazzo, ma né gambe, né braccia rispondevano... nemmeno gli occhi volevano saperne di riaprirsi.
E il suo principe, oh, se si sarebbe infuriato a vederlo in quella situazione disgraziata. Poteva immaginarselo, lì accanto, le guance rosse, le labbra inarcate all'ingiù in un broncio che sfiorava il pianto, proprio come quando era bambino... si sarebbe arrabbiato perché era stato sconfitto, perché nonostante avesse fatto il possibile per proteggere suo fratello, non aveva fatto abbastanza... si sarebbe adirato perché Antonio non sarebbe più tornato a casa da lui, proprio mentre tentava di eseguire i suoi ordini.

~*~

“Devi portare il culo di quel cretino di mio fratello lontano da questa merda di posto, alla svelta.” Lovino aveva guardato in basso, a disagio, tuttavia la sua mano era ancora stretta intorno al polso di Antonio, che aveva afferrato per condurre l'uomo in un angolo appartato del corridoio.
L'altro lo aveva guardato sorpreso, un mezzo sorriso ancora stampato in faccia.
“Eh? Come mai? Avete litigato di nuovo?”
Il più giovane aveva roteato gli occhi, già esasperato dal colloquio con l'altro. Possibile che un emerito imbecille come questo fosse il generale dell'esercito reale?!
“Ma che cazzo dici, idiota!”
E tuttavia Lovino, invece di trafiggerlo con l'occhiata che solitamente accompagnava le sue invettive, guardava ancora in basso.
“...è per il suo bene. Dannazione, ti pare che te lo chiederei se non fosse per il suo bene?” aggiunse qualche momento dopo, dando un calcio alla parete e all'arazzo che la ricopriva.
“Certo che no.” Antonio gli accarezzò la spalla con un sorriso incoraggiante. Solitamente, un gesto del genere avrebbe firmato la sua condanna a morte, ma, per una volta, Lovino sembrava troppo impegnato a trovare le parole adatte per cercare di incenerirlo con lo sguardo. Alla fine, diede un altro calcio alla parete, stavolta più forte – nonché doloroso, e prontamente seguito da una sfilza di imprecazioni.
Antonio allungò di nuovo una mano verso di lui, ma questa volta il giovane lo allontanò bruscamente.
“Lo vogliono ammazzare, ecco perché.” soffiò tra i denti.
L'altro aggrottò le sopracciglia, il sorriso subito svanito dalle labbra. “Ammazzare? Il Principe Feliciano? Perché...?”
“Cazzo, lo so e basta! Prendi quello scemo di Feliciano, piazzagli le chiappe su un cavallo e portalo il più distante possibile da questo bordello!”
“Lovino, questo... è un problema serio. Non posso semplicemente prendere Feliciano e sparire nel nulla con lui, se...”
“Generale Antonio Fernandez Carriedo!” Ora Lovino lo stava guardando negli occhi, con uno sguardo disperato che, innanzitutto, lo implorava di non fare altre domande. “Siete l'unico di cui mi possa fidare. Vi comando di partire subito, e non una fottuta parola con nessuno, nessuno, perché questi stronzi sono ovunque. Portate il principe mio fratello al sicuro e... dannazione, non spaventatelo. E poi tornate qui, perché sarò sicuramente nella merda.”
Gli aveva stretto il polso, e Antonio lo aveva abbracciato.
“Ai vostri ordini, mio Principe.”


Convincere Feliciano non era stato difficile. Era ancora pomeriggio, uscivano solo per una cavalcata, gli aveva detto - Antonio aveva provveduto personalmente a riempire le sacche da sella dei loro cavalli con il necessario per un viaggio di alcuni giorni.
Il secondogenito del Re lo aveva seguito senza domande, come sempre riponendo in lui una cieca fiducia. Non fu difficile neanche spiegare come mai Lovino non si univa a loro; il Re del Regno del Sole era distante, e lui, il maggiore tra i due eredi, cui spettava la reggenza del regno, impegnato com'era, certo non poteva permettersi escursioni di piacere.
Facile all'entusiasmo, perso ad osservare le farfalle svolazzare tra i fiori piuttosto che i piccoli arcobaleni baluginanti nel vapore delle cascate dai torrenti, Feliciano si era goduto i primi giorni di marcia, completamente ignaro della vera ragione del viaggio; tuttavia, quando si era accorto che qualcuno li stava seguendo, Antonio aveva dovuto svelargli la verità – o, almeno, quello che aveva potuto carpire dalle poche, criptiche parole del principe Lovino. E Feliciano era andato nel panico.

~*~

Feliciano era più che mai in preda al panico, in quel momento, il suo destriero lanciato in una corsa disperata in mezzo ai boschi. Cercava di voltarsi indietro, ogni tanto, nella vana speranza di vedere Antonio comparire a raggiungerlo – o, almeno, di non vedersi sbucare alle spalle uno degli inseguitori che volevano fargli la festa.
Non aveva idea di chi fossero né di che cosa volessero, ma era estremamente certo di non voler finire ammazzato così, almeno quanto era certo di non essere assolutamente in grado di far fronte da solo ai nemici. Dov'era il generale, che gli era successo? Solo il fatto che aveva il fiato troppo corto per lo spavento e la fatica gli impediva di mettersi a strillare il nome di Antonio nel bel mezzo del bosco – il che era per il meglio, naturalmente, visto che a sentirlo sarebbero stati i suoi nemici.
Nel frattempo, il principe stava facendo del suo meglio per governare il cavallo, ma questo galoppava come impazzito, schiumante di terrore, e il crepuscolo stava calando in fretta. Nelle ombre del bosco, sempre più fitte, il principe, gli occhi colmi di lacrime di spavento, non si avvide di un ramo basso - più spesso di quelli contro cui era già andato a sbattere e a cui stava facendo l'abitudine - che gli arrivò diritto in fronte, disarcionandolo e mandandolo a rotolare nel folto degli arbusti lì vicino.



Col senno di poi, avrebbe ringraziato quel capitombolo fortuito, in seguito a cui i suoi assalitori avrebbero seguito inutilmente le orme del cavallo solo per scoprire che era senza cavaliere, e ugualmente sarebbe stato grato al terribile temporale che era scoppiato la mattina dopo, riversando sulle montagne una pioggia torrenziale, tale da cancellare ogni traccia del suo passaggio.
Tuttavia, a diversi giorni dall'incidente, Feliciano era solo immensamente più spaurito e triste di prima. Sperduto nei boschi di un dove a lui completamente sconosciuto, infreddolito, affamato, dolorante, terrorizzato per ogni minimo rumore proveniente dal folto degli alberi, osservava per un'ennesima sera le ombre allungarsi attorno a lui, rapaci e spaventose.
Il fuoco che aveva acceso era abbastanza misero, anche se era meglio di niente, e le fiamme crepitavano senza entusiasmo, il loro cerchio di luce l'unica barriera che aiutasse Feliciano a fronteggiare la strana orchestra di rumori che accompagnava la notte della foresta.
Il principe deglutì, guardandosi nervosamente intorno. Aveva una gran voglia di piangere – ma con tutto il piangere che aveva fatto in quei giorni, gli era venuto il sospetto di aver esaurito le lacrime. Dov'era casa sua? Dov'era il suo letto confortevole e caldo? Dov'era suo fratello? Dov'era Antonio? E soprattutto, dov'era una bella cenetta calda e fumante? Voleva rannicchiarsi su se stesso e chiudere gli occhi fino a che non avesse sentito qualcuno chinarsi ad abbracciarlo e coccolarlo, e sussurrargli nell'orecchio che andava tutto bene. Ma non lo fece – aveva passato in questo modo tutte le nottate precedenti, e aveva smesso di sperare che funzionasse.
Invece, tirò accanto a sé il suo zaino e ne estrasse il suo mandolino, accordandolo velocemente ed iniziando a crearvi un'armonia. Cantare, sì, per farsi coraggio, la sua musica contro tutti quei cigolii e uggiolii tetri delle tenebre.
Un giro di accordi dopo, la sua voce si univa a quella dello strumento, e il suo canto si alzò, dapprima incerto e timido, poi più sicuro e quasi spavaldo, nel buio della notte.
  
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