s2
Rimbambito
Prompt:
rospo
Ambientazione:
terzo anno
Parole:
2587
27
Marzo 1974
È sabato mattina. Uno speciale sabato mattina, come James si
sente urlare festosamente nelle orecchie da qualche secondo,
più
precisamente da quando ha socchiuso l’occhio sinistro per
dare
una sbirciatina intorno. È una cosa che fa sempre, quando si
sveglia. All’inizio schiude leggermente le palpebre, per
lasciar
filtrare la luce molto lentamente. Dopodiché, quando si
sente
abbastanza pronto, apre tutti e due gli occhi. Prima appena appena, poi
del tutto.
Oggi
però è il suo
compleanno, ed è costretto a saltare tutti quei piccoli
passaggi
perché Sirius sta cercando di buttarlo giù dal
letto con
assai poca delicatezza.
“Dai,
brutto dormiglione,
vieni fuori da quel letto!” gli urla, infervorato,
prendendolo
per un braccio e tentando di trascinarlo a terra contro la sua
volontà.
James ha tante di
quelle fitte alla testa che non ha nemmeno la forza di protestare.
“Sirius.
Così gli
staccherai un braccio”, fa notare Remus, con il suo solito
tono
neutrale. Come se stesse recitando il bollettino meteorologico il
giorno prima delle partite di Quidditch. Solo che, nella maggior parte
dei casi, quello che dice è molto, molto significativo.
Come adesso, per
esempio. Se Sirius non la pianta gli spaccherà davvero un braccio.
“Sirius…
mollami…” riesce a bofonchiare, in un momento di
lucidità. Quella lancinante emicrania è dovuta
alla
bottiglia di Whiskey Incendiario che si sono tracannati ieri sera in
suo onore appena scattata la mezzanotte e che l’ha fatto
andare a
letto barcollante e con la testa leggera. È stata la prima
sbronza della sua vita, ma nessuno si era premurato di dirgli che i
postumi fossero così fastidiosi.
Meno male che oggi
non hanno lezione.
“E dai,
James, i festeggiamenti sono appena cominciati! Che diavolo
aspetti?”
“Sirius
ha ragione, James! Non ti immagini nemmeno le dimensioni della torta
che ti abbiamo preparato…”
“Pete,
doveva essere una sorpresa!”
“Oh,
accidenti!”
“Non fa
niente, l’importante è che James si
alzi…”
“JAMES!”
“James,
ti prego, fallo per me, non ne posso più di sentir strillare
questo qui…”
“E va
bene, va bene!”
Con uno sforzo
sovrumano, James
mette finalmente i piedi giù dal letto. Si stiracchia
abbondantemente, poi allunga la mano sul comodino, afferra gli occhiali
e li inforca. Finalmente, Sirius molla il suo braccio. Remus, ancora
seduto placidamente sulla poltrona, lo osserva con un sorriso
rassegnato.
“Devi
vedere i nostri
regali!” esclama un Peter totalmente euforico. Se non lo
conoscesse bene, James direbbe che Peter è quasi
più
felice adesso rispetto al giorno del suo compleanno.
“Perché
intanto non scattiamo qualche foto?”
“Scordatelo,
Remus, non sono assolutamente presentabile!”
“E allora
fila in bagno e
datti una sistemata, non ho intenzione di lasciare questo storico
momento privo di testimonianze documentate”.
“Sirius,
a chi credi che interesseranno fra vent’anni le foto del mio
quattordicesimo compleanno?”
“Beh, se
diventerai una star del Quidditch potrò venderle ai giornali
scandalistici!”
James scuote la
testa –
anche se forse avrebbe fatto meglio a non farlo, data la nuova fitta di
dolore che il brusco movimento gli ha provocato – e inizia a
cercare i suoi vestiti che, come al solito, si sono sparsi in diversi
angoli della stanza. Ad esempio, non ha assolutamente idea di come ci
sia finito il suo calzino destro sulla maniglia della porta. Tuttavia,
nonostante si sforzi di cercare, dopo qualche minuto si accorge che non
riesce a trovare il suo maglione.
“Uh,
è vero, forse te lo sei scordato giù in sala
comune ieri notte”, dice Sirius.
“Vorrai
dire che tu
te lo sei scordato, visto che abbiamo dovuto trascinare James in camera
di peso”, gli fa notare Remus, sempre con la sua aria
estremamente composta.
“Non ho
capito perché ogni
volta deve essere colpa mia”, obietta Sirius, in
tono acido.
“Tranquilli,
ragazzi, vado a recuperarlo io… intanto voi tirate pure
fuori la mia nuova scopa, grazie”.
Remus e Peter
sbiancano di colpo, mentre Sirius per poco non si getta a prendere a
testate il muro.
“COME
DIAMINE FAI A SAPERLO?!”
“Quando
ti è
arrivato il pacco per posta non sei stato abbastanza svelto a
trasfigurarlo in un mazzo di fiori firmato da un’ammiratrice
anonima. Mi dispiace per te, ma la forma di un manico di scopa
è
inconfondibile”.
Sirius stringe gli
occhi, guardando James in cagnesco. Lui si limita ad esibire un
sorrisetto.
“Che
modello è? Una Skyline 320?”
“Corri a
riprenderti
quell’accidenti di maglione, mentre noi qui sistemiamo tutto.
Non
vedrai un solo millimetro di regalo in più se non sparisci
per
almeno un paio di minuti. E ora vai!”
James decide che
non è il
caso di far imbestialire ancora di più Sirius, non dopo aver
osato rovinargli la sua meravigliosa sorpresa.
Purtroppo non
è
assolutamente in grado di tenere un segreto, non con il suo migliore
amico, almeno, e non è più stato capace di
mordersi la
lingua e tacere.
Così,
senza altre
esitazioni, inforca la porta ed esce sull’androne; poi si
dirige
verso la scala a chiocciola in marmo scuro che porta in sala comune.
Scende di corsa i primi gradini, con l’ansia di doversi
sbrigare
se vuole evitare che le minacce di Sirius diventino realtà;
dopo
poco, però, rallenta inavvertitamente.
Il cuore comincia a
battergli
molto più forte di quanto non dovrebbe; si sta verificando
qualcosa di assolutamente non previsto.
In sala comune,
sola soletta,
stravaccata su un divanetto in compagnia di una tazza di the in
porcellana decorata, un foglio, un libro e una pergamena,
c’è Lily Evans. Non è in divisa, ma
indossa dei
normali abiti Babbani. Ha i capelli raccolti in una coda alta, a
lasciarle libero il viso.
È bella:
bella in un modo strano, non semplicemente estetico. È bella
che fa effetto, che lascia senza parole.
James si sente come
pietrificato.
Riprende a scendere
le scale
lentamente, quasi in punta di piedi, come se d’un tratto
avesse
paura di disturbarla. Sente un prepotente impulso spingerlo ad avanzare
verso di lei, anziché verso il maglione che ha dimenticato
– lo vede, è lì su una delle poltrone
di velluto
rosso che stanno vicino al camino, ma tutt’ad un tratto non
gliene importa più – e così,
lentamente, lo
asseconda. Si sente strano, accaldato. Improvvisamente accaldato.
“Ciao,
Evans”, la
saluta, la voce ancora arrochita dal sonno. Tossicchia per schiarirsi
la gola subito dopo, sentendosi in imbarazzo. Avrebbe voluto sfoggiare
un timbro più elegante, più attraente.
“’giorno”,
risponde lei, sollevando appena lo sguardo dalla sua pergamena. Si
solletica il lobo dell’orecchio con la piuma mentre, con gli
occhi, scorre velocemente le righe del libro di testo. James la
osserva, rapito. Evans è bella, accidenti.
Non può tornare di sopra così, deve avvicinarsi e
parlarle.
“Che
fai?” le domanda, tentando di sfoggiare un tono casuale.
“Uh, il
tema di
Trasfigurazione”, risponde lei, alzando le spalle. In
effetti,
non hanno mai svolto delle grandi chiacchierate. Più che
altro
bisticciano. E si insultano. E si fanno dispetti.
Ma oggi, per
qualche motivo che
gli risulta incomprensibile, a James sembra tutto diverso. Oggi non ha
voglia di punzecchiarla. Vorrebbe avvicinarsi e leggere per lei le
righe del suo libro, passarle le dita su una guancia pallida e
scostarle quel ciuffo di capelli dietro l’orecchio. Poi
avvicinarsi, sempre di più, fino ad annullare completamente
lo
spazio fra le loro labbra e…
“Potter.
Che ti prende? Ti sei scordato dove ti trovi?”
James si riscuote
di colpo.
C’è qualcosa che non va, oggi. Evans lo sta
rendendo
particolarmente rimbambito, nel più profondo senso del
termine.
Non si era mai sentito così prima d’ora.
“Cercavo
solo il
mio… oh, eccolo”, dice, facendo finta di
accorgersi solo
ora del maglione abbandonato sulla poltrona.
Si avvicina, se lo
riprende con un gesto rapido e nervoso e poi fa per andarsene.
Ma non
può lasciarla
lì così, senza nemmeno essersi avvicinato.
Qualcosa
glielo impedisce – che cosa, esattamente, non lo sa.
Tuttavia,
senza quasi rendersene conto, va verso di lei e si siede
silenziosamente al suo fianco.
Lily si volta a
guardarlo,
increspando le labbra con un certo disappunto. James si rende conto che
non riesce a fare a meno di fissarla in maniera davvero imbarazzante,
perciò si sforza di spostare lo sguardo in basso, ad
osservare
con attenzione il disegno intrecciato del tappeto.
Si rende conto che
probabilmente
lei penserà che sia pazzo, ma la primavera appena giunta
deve
avergli giocato qualche brutto scherzo.
“Oggi
è il mio compleanno”, le dice, con aria ermetica.
Lei aggrotta la fronte, perplessa.
“Bene.
Auguri. C’è altro?”
James si fa
coraggio. Ormai non
può fare a meno di dirglielo. Si convince che la sua
intraprendenza la stupirà in positivo, fino ad esserne
praticamente certo.
Perciò
decide di lanciarsi.
“Come
regalo voglio un
bacio da te, Evans”, le dice, gonfiando il petto. Lei non
risponde e per poco non le escono gli occhi fuori dalle orbite. Quei
bellissimi, grandissimi occhi verdi. Quando si arrabbia, sembra che
sprizzino scintille. Forse è per questo che James si
è
sempre divertito un mondo a farla andare su tutte le furie. Ma prima,
quando aveva undici o dodici anni, le ragazze gli interessavano al pari
di una lezione di Storia della Magia. Ora, invece, ne ha appena
compiuti quattordici. È come se davanti ai suoi occhi si
fosse
aperto uno strano e meraviglioso mondo, di cui prima ignorava
l’esistenza. Si sente agitato vicino a Evans. Sirius gli ha
detto
che è piacevole baciare una ragazza, se non è lei
che ti
salta addosso all’improvviso.
“Potter,
ci tieni proprio
a fare una brutta fine, eh?” commenta alla fine lei,
sospirando,
mentre intinge la punta della piuma nel calamaio.
È un
gesto
insignificante, ma a James fa venire i brividi per come lo fa. I
movimenti delicati delle dita, il fruscio della piuma e
l’angolatura del polso.
“Vuoi
picchiarmi? Non
sarebbe carino, non si picchiano le persone con gli occhiali
–
per un bacio, poi, che sarà mai…”
ribatte,
comunque, facendo lo spavaldo. Si passa una mano fra i capelli, per
nascondere il nervosismo.
“Oh, no,
non desidero
scendere così in basso… lo dico per te,
davvero”,
risponde lei, giocherellando con una collanina sottile che porta al
collo. Altro gesto insignificante, che probabilmente ha sempre fatto,
ma che lui non ha mai notato prima d’ora. Che diamine,
perché nessuno l’ha avvertito che qualcosa si
risveglia
improvvisamente nei maschi quando compiono quattordici anni?
“Non
riesco a capire che
cosa intendi”, le dice comunque, tentando di mantenere la
lucidità. Non può saltarle addosso come quella
ragazza ha
fatto con Sirius, non può proprio.
“Non la
conosci la favola
della principessa e del rospo?” domanda lei, candida.
Principessa
e rospo? Che diavolo è?
“No, mai
sentita”, risponde, perplesso. Lei scuote la testa.
“Che
diamine raccontano a voi figli di maghi quando siete bambini per farvi
andare a letto?”
“Di
sicuro cose meno strambe di questa…”
“Beh, per
farla breve, in
questa graziosa storiella un principe, che è stato
trasformato
in un rospo da una strega cattiva, per tornare umano deve farsi baciare
da una principessa”.
“Davvero
romantico, non c’è che dire…”
“Potter.
Tu non cogli il
punto. Sarà pure una storia Babbana, ma parla chiaramente di
magia. La principessa non voleva baciare il rospo perché lo
trovava disgustoso, eppure alla fine lo fa. Cosa credi che succederebbe
se io e te facessimo il contrario?”
James la fissa con
aria
interdetta, alla ricerca di una risposta che non gli viene
assolutamente in mente. Alla fine, si arrende con un’alzata
di
spalle. Sul viso di lei spunta un sorrisetto sardonico.
“Beh,
è chiaro. Tu diventeresti un rospo”.
James è
disperato. Vorrebbe mettersi le mani nei capelli.
“Non
credo che staresti bene trasformato in rospo”.
“No,
certo che no. Non mi rende giustizia. Sono troppo bello per diventare
un animaletto gonfio e rugoso”.
“Esattamente.
Perciò, ecco perché non posso baciarti. Facendolo
contro
la mia volontà ti farei automaticamente una cattiveria. Mi
dispiace davvero, davvero
tanto”.
Ovviamente lo dice
con la faccia
di una a cui non dispiace per niente. Questa perfida, piccola strega
l’ha fregato per l’ennesima volta.
James osserva con
disperazione
le sue labbra rosse e piene curvarsi in un sorrisetto malefico, che
esprime pura soddisfazione. No, non è giusto che
l’abbia
vinta così. È il giorno del suo compleanno, e
James vuole
il suo regalo. Lo esige.
Evans si crede intelligente, ma lui lo è di
più…
Oh, sì.
Lui lo è di più.
“Aspettami
qui, Evans,
dammi qualche minuto e vedrai che sarai moralmente obbligata a
soddisfare la mia richiesta”, le annuncia,
dopodiché,
lasciandola lì a domandarsi che cosa volesse dire, si alza
di
scatto e corre immediatamente su per le scale del dormitorio, fino alla
stanza che condivide con Sirius, Remus e Peter.
Si affaccia sulla
porta con un
fiatone incredibile e di colpo Sirius smette di solleticare Remus
nell’orecchio con la sua piuma, Remus smette di tentare di
leggere il suo libro e Peter smette di masticare il suo boccone di
torta, lasciando che qualche briciola gli finisca sulla camicia.
“Sirius”,
annuncia
James, con aria trionfante, “devi farmi un gigantesco favore,
devi fare per me l’unica cosa che mi permetterà di
ricevere il bacio che mi spetta di diritto da Evans”.
“Perché
vorresti un bacio da quella lì, scusa?” domanda
Sirius, perplesso.
“Perché
lei
è… mi è apparsa così,
all’improvviso
e… oh, Sirius, che t’importa? Non vuoi aiutarmi,
in nome
della nostra amicizia?”
“E va
bene, sentiamo, di che si tratta?”
Tutti i suoi amici
restano a
guardarlo in silenzio, l’attesa febbrile nello sguardo,
ansiosi
di sentire cosa esattamente Sirius debba fare per far sì che
James riesca in quell’impresa impossibile.
Il giovane Potter
trae un profondo respiro, dopodiché decide che la suspense
è durata abbastanza.
“Devi
trasfigurarmi in un
rospo, Sirius, ti prego”, dice infine, e se Peter fa una
smorfia
leggermente disgustata e Remus sgrana gli occhi incredulo, Sirius fa
decisamente di peggio: gli scoppia sonoramente a ridere in faccia,
senza alcun pudore.
“Non
capisci, è che
devo fregarla in termini dialettici! Lei ha raccontato questa storia
della principessa e del rospo, e…”
Tutto inutile,
Sirius ormai è completamente perso.
Le sue risa
disumane si sentono probabilmente fino nei dormitori di Serpeverde,
molti piani più sotto.
James non aggiunge
altro, ma lo
guarda rotolarsi a terra con le mani strette sullo stomaco, mantenendo
un’espressione avvilita e imbronciata.
“Sei una
brutta persona,
Sirius Black”, gli dice, ma l’amico non se ne cura
minimamente. È troppo preso dalle sue convulse risate. Anche
Remus e Peter si fanno spuntare un accenno di sorriso, e quando James
se ne accorge gli viene voglia di strozzarli.
“Non
è divertente,
non è per niente divertente! Non lo vuole fare soltanto
perché non è capace, ve lo dico io! E poi questo
qui
vorrebbe diventare un Animagus? Non riuscirebbe nemmeno a trasformarsi
in un moscerino!”
Nessuno lo prende
sul serio, ovviamente.
Remus si stringe
nelle spalle, con aria serafica.
“Che ci
vuoi fare, James?
Credo che ti toccherà conquistare Lily in forma umana, se
non
vuoi generare di nuovo reazioni simili”, gli dice e James
sospira, rassegnato.
“Beh, in
tal caso credo che dovrò essere di
più…”
“Ma che
dici, James? Sei
già tutto! Sei un asso nel Quidditch, sei bravo in qualsiasi
materia, tutti ridono alle tue battute, le ragazze dicono che sei
carino…”
“Giusto,
Peter”,
interviene Sirius, che sembra essersi improvvisamente calmato,
“non è che devi essere qualcosa di più.
È
che devi essere qualcosa di meno… meno rimbambito”.
James lo fulmina
con lo sguardo e in tutta risposta il suo migliore amico riprende a
ridere più forte di prima.
Detesta ammettere
quando ha ragione, lo detesta profondamente.
Nota conclusiva:
un grazie immenso a chi mi ha dedicato cinque minuti per commentare,
siete state carinissime :) spero che anche questo secondo capitolo
fosse all'altezza. Vi lascio di nuovo un pezzettino della prossima
storia:
Cade
l’ennesimo silenzio.
La McGranitt stringe lievemente gli occhi, stira la bocca e inarca le
sopracciglia, proprio come fa ogni volta che vuole rivolgergli una
frase particolarmente sferzante.
“Parlando
delle sue
possibilità di carriera, ha mai pensato a qualcosa di
preciso
– che non riguardi, ovviamente, i suoi progetti di
distruzione
nei confronti di questa scuola?”
James
comincia a pensare in fretta. Un lavoro, una carriera. Tra poco Lily
sarà fuori da quella porta, io uscirò e la
incontrerò e potrò chiederle di uscire.
Dieci
punti a chi indovina cosa succederà XD
Al prossimo week end!
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