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Autore: Sophie Hatter    08/10/2011    5 recensioni
“Senti, Potter, non so che cosa tu voglia ma non avevo alcuna intenzione di disturbare le vostre confidenze stamattina, mi trovavo già in aula per puro caso e non so cosa aggiungere a mia discolpa, perché non c’è altro che io possa dire, ma ti assicuro che ho cose ben più importanti di cui occuparmi che non siano i vostri affari personali… se invece vuoi chiedermi del prossimo finesettimana a Hogsmeade, con mio rammarico devo annunciarti che ho già preso appuntamento con uno Schiopodo Sparacoda”.
Mentre Lily cerca di recuperare il fiato dopo quel discorso a raffica, James Potter sorride enigmaticamente dietro alle spesse lenti degli occhiali rotondi, facendo salire una mano a spettinarsi i capelli già in disordine.
“A dire la verità, l’argomento era più che altro il primo”, risponde, “ma mi rallegra sapere che ti interessava ricevere un invito da me”, aggiunge, e Lily si sente avvampare di colpo.
Maledetto idiota.
*
La raccolta si è classificata seconda al "Lily e James, Missing Moments contest" di Tittivalechan91 indetto sul forum di Efp, vincendo inoltre il premio caratterizzazione e il premio originalità.
L'ottava shot si è classificata seconda a parimerito al contest "E tu cosa scegli?" di _Aras_ indetto sul forum di Efp.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Horace Lumacorno, I Malandrini, Lily Evans, Minerva McGranitt | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is... (the only weapon which I got to fight)'
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Rimbambito




Prompt: rospo
Ambientazione: terzo anno
Parole: 2587




27 Marzo 1974


È sabato mattina. Uno speciale sabato mattina, come James si sente urlare festosamente nelle orecchie da qualche secondo, più precisamente da quando ha socchiuso l’occhio sinistro per dare una sbirciatina intorno. È una cosa che fa sempre, quando si sveglia. All’inizio schiude leggermente le palpebre, per lasciar filtrare la luce molto lentamente. Dopodiché, quando si sente abbastanza pronto, apre tutti e due gli occhi. Prima appena appena, poi del tutto.

Oggi però è il suo compleanno, ed è costretto a saltare tutti quei piccoli passaggi perché Sirius sta cercando di buttarlo giù dal letto con assai poca delicatezza.
“Dai, brutto dormiglione, vieni fuori da quel letto!” gli urla, infervorato, prendendolo per un braccio e tentando di trascinarlo a terra contro la sua volontà.
James ha tante di quelle fitte alla testa che non ha nemmeno la forza di protestare.
“Sirius. Così gli staccherai un braccio”, fa notare Remus, con il suo solito tono neutrale. Come se stesse recitando il bollettino meteorologico il giorno prima delle partite di Quidditch. Solo che, nella maggior parte dei casi, quello che dice è molto, molto significativo.
Come adesso, per esempio. Se Sirius non la pianta gli spaccherà davvero un braccio.
“Sirius… mollami…” riesce a bofonchiare, in un momento di lucidità. Quella lancinante emicrania è dovuta alla bottiglia di Whiskey Incendiario che si sono tracannati ieri sera in suo onore appena scattata la mezzanotte e che l’ha fatto andare a letto barcollante e con la testa leggera. È stata la prima sbronza della sua vita, ma nessuno si era premurato di dirgli che i postumi fossero così fastidiosi.
Meno male che oggi non hanno lezione.
“E dai, James, i festeggiamenti sono appena cominciati! Che diavolo aspetti?”
“Sirius ha ragione, James! Non ti immagini nemmeno le dimensioni della torta che ti abbiamo preparato…”
“Pete, doveva essere una sorpresa!”
“Oh, accidenti!”
“Non fa niente, l’importante è che James si alzi…”
“JAMES!”
“James, ti prego, fallo per me, non ne posso più di sentir strillare questo qui…”
“E va bene, va bene!”
Con uno sforzo sovrumano, James mette finalmente i piedi giù dal letto. Si stiracchia abbondantemente, poi allunga la mano sul comodino, afferra gli occhiali e li inforca. Finalmente, Sirius molla il suo braccio. Remus, ancora seduto placidamente sulla poltrona, lo osserva con un sorriso rassegnato.
“Devi vedere i nostri regali!” esclama un Peter totalmente euforico. Se non lo conoscesse bene, James direbbe che Peter è quasi più felice adesso rispetto al giorno del suo compleanno.
“Perché intanto non scattiamo qualche foto?”
“Scordatelo, Remus, non sono assolutamente presentabile!”
“E allora fila in bagno e datti una sistemata, non ho intenzione di lasciare questo storico momento privo di testimonianze documentate”.
“Sirius, a chi credi che interesseranno fra vent’anni le foto del mio quattordicesimo compleanno?”
“Beh, se diventerai una star del Quidditch potrò venderle ai giornali scandalistici!”
James scuote la testa – anche se forse avrebbe fatto meglio a non farlo, data la nuova fitta di dolore che il brusco movimento gli ha provocato – e inizia a cercare i suoi vestiti che, come al solito, si sono sparsi in diversi angoli della stanza. Ad esempio, non ha assolutamente idea di come ci sia finito il suo calzino destro sulla maniglia della porta. Tuttavia, nonostante si sforzi di cercare, dopo qualche minuto si accorge che non riesce a trovare il suo maglione.
“Uh, è vero, forse te lo sei scordato giù in sala comune ieri notte”, dice Sirius.
“Vorrai dire che tu te lo sei scordato, visto che abbiamo dovuto trascinare James in camera di peso”, gli fa notare Remus, sempre con la sua aria estremamente composta.
“Non ho capito perché ogni volta deve essere colpa mia”, obietta Sirius, in tono acido.
“Tranquilli, ragazzi, vado a recuperarlo io… intanto voi tirate pure fuori la mia nuova scopa, grazie”.
Remus e Peter sbiancano di colpo, mentre Sirius per poco non si getta a prendere a testate il muro.
“COME DIAMINE FAI A SAPERLO?!”
“Quando ti è arrivato il pacco per posta non sei stato abbastanza svelto a trasfigurarlo in un mazzo di fiori firmato da un’ammiratrice anonima. Mi dispiace per te, ma la forma di un manico di scopa è inconfondibile”.
Sirius stringe gli occhi, guardando James in cagnesco. Lui si limita ad esibire un sorrisetto.
“Che modello è? Una Skyline 320?”
“Corri a riprenderti quell’accidenti di maglione, mentre noi qui sistemiamo tutto. Non vedrai un solo millimetro di regalo in più se non sparisci per almeno un paio di minuti. E ora vai!”
James decide che non è il caso di far imbestialire ancora di più Sirius, non dopo aver osato rovinargli la sua meravigliosa sorpresa.
Purtroppo non è assolutamente in grado di tenere un segreto, non con il suo migliore amico, almeno, e non è più stato capace di mordersi la lingua e tacere.
Così, senza altre esitazioni, inforca la porta ed esce sull’androne; poi si dirige verso la scala a chiocciola in marmo scuro che porta in sala comune. Scende di corsa i primi gradini, con l’ansia di doversi sbrigare se vuole evitare che le minacce di Sirius diventino realtà; dopo poco, però, rallenta inavvertitamente.
Il cuore comincia a battergli molto più forte di quanto non dovrebbe; si sta verificando qualcosa di assolutamente non previsto.
In sala comune, sola soletta, stravaccata su un divanetto in compagnia di una tazza di the in porcellana decorata, un foglio, un libro e una pergamena, c’è Lily Evans. Non è in divisa, ma indossa dei normali abiti Babbani. Ha i capelli raccolti in una coda alta, a lasciarle libero il viso.
È bella: bella in un modo strano, non semplicemente estetico. È bella che fa effetto, che lascia senza parole.
James si sente come pietrificato.
Riprende a scendere le scale lentamente, quasi in punta di piedi, come se d’un tratto avesse paura di disturbarla. Sente un prepotente impulso spingerlo ad avanzare verso di lei, anziché verso il maglione che ha dimenticato – lo vede, è lì su una delle poltrone di velluto rosso che stanno vicino al camino, ma tutt’ad un tratto non gliene importa più – e così, lentamente, lo asseconda. Si sente strano, accaldato. Improvvisamente accaldato.
“Ciao, Evans”, la saluta, la voce ancora arrochita dal sonno. Tossicchia per schiarirsi la gola subito dopo, sentendosi in imbarazzo. Avrebbe voluto sfoggiare un timbro più elegante, più attraente.
“’giorno”, risponde lei, sollevando appena lo sguardo dalla sua pergamena. Si solletica il lobo dell’orecchio con la piuma mentre, con gli occhi, scorre velocemente le righe del libro di testo. James la osserva, rapito. Evans è bella, accidenti. Non può tornare di sopra così, deve avvicinarsi e parlarle.
“Che fai?” le domanda, tentando di sfoggiare un tono casuale.
“Uh, il tema di Trasfigurazione”, risponde lei, alzando le spalle. In effetti, non hanno mai svolto delle grandi chiacchierate. Più che altro bisticciano. E si insultano. E si fanno dispetti.
Ma oggi, per qualche motivo che gli risulta incomprensibile, a James sembra tutto diverso. Oggi non ha voglia di punzecchiarla. Vorrebbe avvicinarsi e leggere per lei le righe del suo libro, passarle le dita su una guancia pallida e scostarle quel ciuffo di capelli dietro l’orecchio. Poi avvicinarsi, sempre di più, fino ad annullare completamente lo spazio fra le loro labbra e…
“Potter. Che ti prende? Ti sei scordato dove ti trovi?”
James si riscuote di colpo. C’è qualcosa che non va, oggi. Evans lo sta rendendo particolarmente rimbambito, nel più profondo senso del termine. Non si era mai sentito così prima d’ora.
“Cercavo solo il mio… oh, eccolo”, dice, facendo finta di accorgersi solo ora del maglione abbandonato sulla poltrona.
Si avvicina, se lo riprende con un gesto rapido e nervoso e poi fa per andarsene.
Ma non può lasciarla lì così, senza nemmeno essersi avvicinato. Qualcosa glielo impedisce – che cosa, esattamente, non lo sa. Tuttavia, senza quasi rendersene conto, va verso di lei e si siede silenziosamente al suo fianco.
Lily si volta a guardarlo, increspando le labbra con un certo disappunto. James si rende conto che non riesce a fare a meno di fissarla in maniera davvero imbarazzante, perciò si sforza di spostare lo sguardo in basso, ad osservare con attenzione il disegno intrecciato del tappeto.
Si rende conto che probabilmente lei penserà che sia pazzo, ma la primavera appena giunta deve avergli giocato qualche brutto scherzo.
“Oggi è il mio compleanno”, le dice, con aria ermetica. Lei aggrotta la fronte, perplessa.
“Bene. Auguri. C’è altro?”
James si fa coraggio. Ormai non può fare a meno di dirglielo. Si convince che la sua intraprendenza la stupirà in positivo, fino ad esserne praticamente certo.
Perciò decide di lanciarsi.
“Come regalo voglio un bacio da te, Evans”, le dice, gonfiando il petto. Lei non risponde e per poco non le escono gli occhi fuori dalle orbite. Quei bellissimi, grandissimi occhi verdi. Quando si arrabbia, sembra che sprizzino scintille. Forse è per questo che James si è sempre divertito un mondo a farla andare su tutte le furie. Ma prima, quando aveva undici o dodici anni, le ragazze gli interessavano al pari di una lezione di Storia della Magia. Ora, invece, ne ha appena compiuti quattordici. È come se davanti ai suoi occhi si fosse aperto uno strano e meraviglioso mondo, di cui prima ignorava l’esistenza. Si sente agitato vicino a Evans. Sirius gli ha detto che è piacevole baciare una ragazza, se non è lei che ti salta addosso all’improvviso.
“Potter, ci tieni proprio a fare una brutta fine, eh?” commenta alla fine lei, sospirando, mentre intinge la punta della piuma nel calamaio.
È un gesto insignificante, ma a James fa venire i brividi per come lo fa. I movimenti delicati delle dita, il fruscio della piuma e l’angolatura del polso.
“Vuoi picchiarmi? Non sarebbe carino, non si picchiano le persone con gli occhiali – per un bacio, poi, che sarà mai…” ribatte, comunque, facendo lo spavaldo. Si passa una mano fra i capelli, per nascondere il nervosismo.
“Oh, no, non desidero scendere così in basso… lo dico per te, davvero”, risponde lei, giocherellando con una collanina sottile che porta al collo. Altro gesto insignificante, che probabilmente ha sempre fatto, ma che lui non ha mai notato prima d’ora. Che diamine, perché nessuno l’ha avvertito che qualcosa si risveglia improvvisamente nei maschi quando compiono quattordici anni?
“Non riesco a capire che cosa intendi”, le dice comunque, tentando di mantenere la lucidità. Non può saltarle addosso come quella ragazza ha fatto con Sirius, non può proprio.
“Non la conosci la favola della principessa e del rospo?” domanda lei, candida. Principessa e rospo? Che diavolo è?
“No, mai sentita”, risponde, perplesso. Lei scuote la testa.
“Che diamine raccontano a voi figli di maghi quando siete bambini per farvi andare a letto?”
“Di sicuro cose meno strambe di questa…”
“Beh, per farla breve, in questa graziosa storiella un principe, che è stato trasformato in un rospo da una strega cattiva, per tornare umano deve farsi baciare da una principessa”.
“Davvero romantico, non c’è che dire…”
“Potter. Tu non cogli il punto. Sarà pure una storia Babbana, ma parla chiaramente di magia. La principessa non voleva baciare il rospo perché lo trovava disgustoso, eppure alla fine lo fa. Cosa credi che succederebbe se io e te facessimo il contrario?”
James la fissa con aria interdetta, alla ricerca di una risposta che non gli viene assolutamente in mente. Alla fine, si arrende con un’alzata di spalle. Sul viso di lei spunta un sorrisetto sardonico.
“Beh, è chiaro. Tu diventeresti un rospo”.
James è disperato. Vorrebbe mettersi le mani nei capelli.
“Non credo che staresti bene trasformato in rospo”.
“No, certo che no. Non mi rende giustizia. Sono troppo bello per diventare un animaletto gonfio e rugoso”.
“Esattamente. Perciò, ecco perché non posso baciarti. Facendolo contro la mia volontà ti farei automaticamente una cattiveria. Mi dispiace davvero, davvero tanto”.
Ovviamente lo dice con la faccia di una a cui non dispiace per niente. Questa perfida, piccola strega l’ha fregato per l’ennesima volta.
James osserva con disperazione le sue labbra rosse e piene curvarsi in un sorrisetto malefico, che esprime pura soddisfazione. No, non è giusto che l’abbia vinta così. È il giorno del suo compleanno, e James vuole il suo regalo. Lo esige. Evans si crede intelligente, ma lui lo è di più…
Oh, sì. Lui lo è di più.
“Aspettami qui, Evans, dammi qualche minuto e vedrai che sarai moralmente obbligata a soddisfare la mia richiesta”, le annuncia, dopodiché, lasciandola lì a domandarsi che cosa volesse dire, si alza di scatto e corre immediatamente su per le scale del dormitorio, fino alla stanza che condivide con Sirius, Remus e Peter.
Si affaccia sulla porta con un fiatone incredibile e di colpo Sirius smette di solleticare Remus nell’orecchio con la sua piuma, Remus smette di tentare di leggere il suo libro e Peter smette di masticare il suo boccone di torta, lasciando che qualche briciola gli finisca sulla camicia.
“Sirius”, annuncia James, con aria trionfante, “devi farmi un gigantesco favore, devi fare per me l’unica cosa che mi permetterà di ricevere il bacio che mi spetta di diritto da Evans”.
“Perché vorresti un bacio da quella lì, scusa?” domanda Sirius, perplesso.
“Perché lei è… mi è apparsa così, all’improvviso e… oh, Sirius, che t’importa? Non vuoi aiutarmi, in nome della nostra amicizia?”
“E va bene, sentiamo, di che si tratta?”
Tutti i suoi amici restano a guardarlo in silenzio, l’attesa febbrile nello sguardo, ansiosi di sentire cosa esattamente Sirius debba fare per far sì che James riesca in quell’impresa impossibile.
Il giovane Potter trae un profondo respiro, dopodiché decide che la suspense è durata abbastanza.
“Devi trasfigurarmi in un rospo, Sirius, ti prego”, dice infine, e se Peter fa una smorfia leggermente disgustata e Remus sgrana gli occhi incredulo, Sirius fa decisamente di peggio: gli scoppia sonoramente a ridere in faccia, senza alcun pudore.
“Non capisci, è che devo fregarla in termini dialettici! Lei ha raccontato questa storia della principessa e del rospo, e…”
Tutto inutile, Sirius ormai è completamente perso.
Le sue risa disumane si sentono probabilmente fino nei dormitori di Serpeverde, molti piani più sotto.
James non aggiunge altro, ma lo guarda rotolarsi a terra con le mani strette sullo stomaco, mantenendo un’espressione avvilita e imbronciata.
“Sei una brutta persona, Sirius Black”, gli dice, ma l’amico non se ne cura minimamente. È troppo preso dalle sue convulse risate. Anche Remus e Peter si fanno spuntare un accenno di sorriso, e quando James se ne accorge gli viene voglia di strozzarli.
“Non è divertente, non è per niente divertente! Non lo vuole fare soltanto perché non è capace, ve lo dico io! E poi questo qui vorrebbe diventare un Animagus? Non riuscirebbe nemmeno a trasformarsi in un moscerino!”
Nessuno lo prende sul serio, ovviamente.
Remus si stringe nelle spalle, con aria serafica.
“Che ci vuoi fare, James? Credo che ti toccherà conquistare Lily in forma umana, se non vuoi generare di nuovo reazioni simili”, gli dice e James sospira, rassegnato.
“Beh, in tal caso credo che dovrò essere di più…”
“Ma che dici, James? Sei già tutto! Sei un asso nel Quidditch, sei bravo in qualsiasi materia, tutti ridono alle tue battute, le ragazze dicono che sei carino…”
“Giusto, Peter”, interviene Sirius, che sembra essersi improvvisamente calmato, “non è che devi essere qualcosa di più. È che devi essere qualcosa di meno… meno rimbambito”.
James lo fulmina con lo sguardo e in tutta risposta il suo migliore amico riprende a ridere più forte di prima.
Detesta ammettere quando ha ragione, lo detesta profondamente.






Nota conclusiva: un grazie immenso a chi mi ha dedicato cinque minuti per commentare, siete state carinissime :) spero che anche questo secondo capitolo fosse all'altezza. Vi lascio di nuovo un pezzettino della prossima storia:

Cade l’ennesimo silenzio. La McGranitt stringe lievemente gli occhi, stira la bocca e inarca le sopracciglia, proprio come fa ogni volta che vuole rivolgergli una frase particolarmente sferzante.
“Parlando delle sue possibilità di carriera, ha mai pensato a qualcosa di preciso – che non riguardi, ovviamente, i suoi progetti di distruzione nei confronti di questa scuola?”
James comincia a pensare in fretta. Un lavoro, una carriera. Tra poco Lily sarà fuori da quella porta, io uscirò e la incontrerò e potrò chiederle di uscire.

Dieci punti a chi indovina cosa succederà XD
Al prossimo week end!


   
 
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