Lucretia2
« Sei pronta, Lucretia? » Narcissa era nella mia stanza, la
lunga tunica nera da Mangiamorte che sfiorava il pavimento. Aveva il cappuccio
riverso sulle spalle, i capelli biondi che risaltavano sulla tela come stelle in
una notte profonda.
« Sì, sono pronta. Lucius ci aspetta là, immagino » Lei si
limitò ad un rapido cenno della testa, e mi tese la maschera d’argento. Esitai
un istante. « Draco? » Gli occhi di Narcissa si fecero tristi, e tutta la fretta
che l’aveva animata fino ad allora svanì. Si lasciò cadere sul bordo del mio
letto.
« Dovrei essere orgogliosa di lui, lo so… Ma non ci riesco,
Cretia, non ce la faccio! Se Bellatrix sapesse che sto dicendo una cosa del
genere mi ucciderebbe, sai? Ma non posso fare a meno di avere paura » Rise con
una vena di follia che imputai alla disperazione che stava vivendo. « Ridicolo,
vero? La moglie di Lucius Malfoy che ha paura! »
Narcissa era una donna forte, senza dubbio; ma da quando mio
fratello aveva acconsentito a che il Signore Oscuro segnasse Draco con il suo
Marchio viveva in preda ad un perenne stato di terrore. Bellatrix non capiva,
non aveva mai capito… Per lei, Draco era solo un oggetto di cui pavoneggiarsi,
una vittima che non avrebbe esitato ad offrire se fosse stato necessario.
Narcissa era diversa, per quanto Mangiamorte in ogni fibra del suo corpo: era
lucida e razionale quanto la sorella era invasata e ad un passo dalla pazzia, ma
soprattutto amava suo figlio più di ogni altra cosa al mondo. Voleva che
diventasse potente e temuto, naturalmente, ma si rendeva conto che nemmeno il
figlio del grande Lucius Malfoy poteva essere pronto, a sedici anni, per
diventare uno spietato assassino. Dal primo arresto di mio fratello, se sempre
eravamo state amiche, era nato tra noi un rapporto di profonda fiducia e
reciproca sincerità, per cui non provai timore a dirle ciò che pensavo.
« Se può consolarti, Cissy, anche la sorella di Lucius Malfoy
ha paura. Sono molto, molto in pensiero per quello che potrebbe succedere a
Draco ». Narcissa mi fissò con gli occhi pieni di lacrime. Una parte di me
voleva fermarsi, ma l’istinto mi fece parlare prima ancora che avessi il tempo
di riflettere. « Ho sentito all’ultima riunione che Tu-Sai-Chi ha grandi
progetti che lo riguardano… Hai idea di cosa si tratti? »
« No, e nemmeno Lucius a quanto pare ne è al corrente. A
Bellatrix è sfuggita una strana frase su Hogwarts, però, sai? Forse aveva a che
fare con lui… » Il mio cuore tremò, e fui costretta a sedermi accanto a lei.
« Va tutto bene, Lucretia? » Mi imposi di mentire e cercai di
tranquillizzarla.
« Meglio ad Hogwarts che altrove, no? Severus potrà tenerlo
d’occhio più facilmente… » Non vedevo Severus Piton da mesi ormai; ora che la
situazione sembrava davvero ad un passo dalla fine, sentii crescere dentro di me
un dolore forse mai provato prima. « Siamo in ritardo, Narcissa, dobbiamo andare
» Lo dissi con poca convinzione, e allo stesso modo lei mi seguì; cercai di
nascondere il mio viso sotto la maschera il più in fretta possibile: pazienza il
rapporto sincero, ma non volevo che vedendo le mie lacrime mi costringesse a
rivelarle il motivo di quel mio stato…
Mentre ci recavamo nel parco per materializzarci da Sinister –
senza peraltro capire per quale motivo quella riunione dei Mangiamorte si
dovesse svolgere là –, tuttavia, uno strano presentimento si faceva
prepotentemente strada dentro di me. La sensazione che ci stessimo dirigendo
verso l’epilogo, verso il momento della verità, cresceva nella mia mente ad ogni
passo; e strinsi con forza la bacchetta: l’avrei rivolta verso chiunque, avrei
ucciso senza neppure guardare chi fosse il mio avversario, pur di proteggere
Draco.
« Narcissa… » La fermai un istante prima della partenza,
sfiorandole il braccio.
« Sì? »
« Farò il possibile per impedire che a Draco succeda qualcosa.
Severus non sarà solo; lo sai, farei qualunque cosa pur di… » Lei afferrò il mio
braccio e mi guardò da dietro la maschera. Intuii la sua gratitudine senza
fatica.
« Grazie al cielo ci sei tu » Sorridemmo entrambe.
« Te lo prometto, Cissy: cascasse il mondo… Sarà il mio sangue
a scorrere, non il suo ». Ci abbracciammo per un paio di secondi.
« Andiamo, ora; ci stanno aspettando ».
§§- - -§§
Un gran numero di Mangiamorte occupava Nocturn Alley, e tutti,
come me e Narcissa, indossavano mantelli e maschere. Una tale concentrazione di
noi, in un luogo pubblico e senza il minimo tentativo di non farsi notare poteva
significare solo una cosa: la notte che stava per sorgere avrebbe sancito senza
possibilità di ritorno l’inizio della seconda guerra, e il Signore Oscuro stava
per mostrare al mondo il suo ritorno. Provai un brivido di eccitazione a quel
pensiero, come molti altri pensai; ma anche l’idea di tornare finalmente al
potere, di esercitarlo di nuovo alla luce del sole, venne disturbata:
guardandomi intorno non potei non notare quello che ormai consideravo a tutti
gli effetti il "partito di Bellatrix" – lei e Rodolphus, Tiger, McNair, e
qualche altro svitato – che, in mezzo alla strada, si vantava delle vittime che
avrebbe fatto ancor prima di cominciare a combattere. Provai un moto di cieca
rabbia nel vedere che mio fratello si stava avvicinando a loro, così gli andai
accanto e, sfiorandogli una spalla, lo allontanai con il pretesto di dovergli
parlare. Non sopportavo l’idea che Lucius potesse essere contato tra loro… Certo
non ero una santa, tutt’altro: avevo torturato e ucciso così tanto, nella mia
vita! Però… Non ero come Bellatrix, nessuno lo era. E anzi sospettavo che la sua
crudeltà, poiché mista allo squilibrio, fosse ancor più efferata di quella
dell’Oscuro Signore.
« Perché siamo così tanti, Lucius? E così davanti a tutti… Si
tratta di quello che penso? » Dai suoi occhi fiammeggiò la stessa eccitazione
che provavo io, ma sulle prime non capii come mai sembrasse addirittura più
grande. Lui mi rispose con la voce piena d’orgoglio, e allora fu tutto
chiaro.
« È il grande momento di Draco, Lucretia, sì. E dopo questa
notte nessuno oserà più mettere in dubbio la fedeltà dei Malfoy! » L’orgoglio
cui mio fratello aveva appena dato voce mi contagiò, lo ammetto, finendo col
mischiarsi alla preoccupazione che condividevo con Narcissa. Ma restava ancora
una questione.
« Dove stiamo andando? »
« Ad Hogwarts. Grazie a questa brillante idea di mio
figlio, faremo una bella sorpresa a tutti quei mezzosangue e filobabbani…
Non credi? » Lo credevo eccome. Anzi, a dire il vero lo credevo a tal punto che
quasi dimenticai i miei sogni e ciò che Severus aveva visto nella mia mente.
Guardai decine di Mangiamorte sfilare fino all’Armadio Svanitore, l’altro
esemplare del quale si trovava nel Castello di Hogwarts, fiera dell’astuzia di
Draco come forse mai prima d’allora. Lucius, con grande disappunto di Bellatrix
che a stento tollerava la mia presenza, affidò a me il compito di "spiegare" a
Sinister cosa gli sarebbe accaduto se ci avesse traditi; motivo per cui dovetti
restare nel negozio in attesa che tutti gli altri partissero. Durante quei
minuti fu la volta di Lucius di prendermi in disparte, e fui molto sorpresa
quando lentamente tolse prima la propria, quindi la mia maschera e prese il mio
viso tra le mani. I nostri profili simili, i capelli chiarissimi e gli occhi
grigi si specchiarono l’uno nei lineamenti dell’altra.
« Ci faremo onore ».
« Sì, ci faremo onore ».
« Ora che lui è tornato, nessuno potrà fermarci ».
« Ma nel caso lo facesse, sarà stato per la migliore delle
cause ».
« Vieni qui, Lucretia » Fu un abbraccio rapido, quello con
Lucius, ma per qualche strana alchimia mi fece rivivere la sensazione di addio
provata con Piton mesi prima. Non diedi segno di quanto accaduto, e mio
fratello, dopo avermi baciato sulla fronte ed essersi rimesso la maschera, sparì
inghiottito dall’armadio. Dovevo assolutamente neutralizzare quella malinconia…
E lo feci nell’unico modo che noi Mangiamorte conoscessimo.
Mi voltai verso Sinister a volto scoperto, un sorriso crudele
indelebilmente impresso sulle mie labbra.
« Ci tradirai, Sinister? Farai la spia al Ministero, o magari
agli Auror? » Era uno degli esseri più patetici e bugiardi che avessi mai
incontrato, e non provare pietà per i suoi squallidi giuramenti di fedeltà fu
tutt’altro che difficile.
« No… No, signora Velkenskj… Non potrei mai… » Rivolgersi a me
con il nome del mio – grazie al cielo – defunto marito equivaleva a domandarmi
una morte lenta e atroce, quindi non mi feci pregare. Guardai il suo volto pieno
di terrore, puntai la bacchetta e sussurrai.
« Crucio! » Lo torturai senza pietà per diverso tempo, fino a
che non decisi che era ora di raggiungere gli altri ad Hogwarts. Inflissi
un’ultima maledizione al suo corpo martoriato, curandomi di non ucciderlo: avevo
ricevuto ordine di lasciarlo in vita e così feci, anche se una parte di me
dubitava seriamente che quella che avrebbe avuto dopo il nostro incontro sarebbe
stata vita.
Il calore che si spandeva dal Marchio Nero per quell’arbitrario
uso della forza e del più assoluto incondizionato potere invadeva il mio corpo
millimetro dopo millimetro. Da tempo non mi sentivo così determinata, e così
infinitamente soddisfatta. Lanciai un’ultima occhiata a Sinister, che agonizzava
contorcendosi sul pavimento, e risi con malvagità di fronte al suo dolore.
« Ti avevo avvertito. Non si può mentire ai fedeli dell’Oscuro…
» Raccolsi dal bancone impolverato, dove Lucius l’aveva posata, la mia maschera
d’argento che, forse in contrasto con la sporcizia attorno, brillava quasi fosse
dotata di luce propria. Nell’indossarla mi sentii invincibile, anche si il
freddo contatto del metallo sulla mia pelle accaldata per lo sforzo mi fece
riprendere contatto con la consapevolezza del rischio che Draco stava correndo.
Entrai così rapidamente nell’Armadio Svanitore, pregando con tutte le forze di
riuscire ad arrivare in tempo.
Il rumore della battaglia che infuriava ai piani inferiori era
quasi insopportabile, quando uscii dalla Stanza delle necessità; ma quando mi ci
trovai in mezzo fu chiaro che la realtà era di gran lunga peggiore di quanto il
frastuono promettesse. Mi guardai attorno cercando di individuare Draco o
Severus, ma senza risultati. Riconobbi mio fratello e Narcissa dalla
straordinaria sincronia che i loro corpi dimostravano anche nel combattimento, e
alcuni metri più in là Bellatrix, perfettamente identificabile per la sua risata
indemoniata che riusciva a far accapponare la pelle a più di un Mangiamorte.
Ovunque mi rivolgessi era un alternarsi continuo di bagliori
rossi ed esplosioni di luce verde; io stessa dovetti farmi largo a furia di
Schiantesimi e maledizioni, e spesso passare indenne attraverso il fuoco
incrociato di nemici e alleati si rivelò più complicato che attaccare per prima.
Tuttavia mi battevo senza risparmiarmi; ridussi in fin di vita un Auror e ne
uccisi un altro, riuscii a colpirne diversi altri e anche se rimediai una brutta
ferita alla gamba sinistra assaporai per un attimo il tanto atteso trionfo
quando finalmente il Marchio Nero venne evocato sopra il castello di
Hogwarts.
Poi, all’improvviso, tutto mi crollò addosso. L’alone di potere
e di crudeltà che faticosamente mi ero ricostruita attorno andò in frantumi
nell’istante stesso in cui davanti ai miei occhi apparve Remus Lupin.
Gli anni lo avevano cambiato, sembrava molto più triste e
malconcio, eppure qualcosa in lui del ragazzo che avevo amato doveva essere
rimasto, perché il mio cuore tornò a battere come da tanti, troppi anni non
faceva. Lui non mi riconobbe, e, anche se era logico, ne fui lieta: sapevo che,
per quanto disincantata e priva di emozioni io fossi, non avrei potuto
sopportare il disprezzo nei suoi occhi quando avesse visto chi ero diventata. Un
branco di lupi mannari al servizio di Grayback, il responsabile dello stato di
Remus, imperversava nel castello mordendo chiunque capitasse tra le loro fauci,
e mi sentii invadere dalla pena per il dolore che lui certamente provava al
pensiero di non poter impedire loro di rovinare altre vite.
Zoppicando e perdendo molto sangue arretrai di qualche passo,
cercando di raggiungere le scale per appoggiarmi al corrimano e tentare di dare
sollievo alla gamba ferita. Fu in quel momento, che Bellatrix scorse Remus. Mi
rivolse un’orribile occhiata di scherno, poi, con una risata grondante sadismo e
sete di sangue, diresse la bacchetta contro di lui. Senza riflettere neppure un
istante la schiantai, e pur nel trambusto della battaglia che infuriava lui si
voltò a guardare da chi provenisse lo Schiantesimo. I nostri occhi entrarono in
contatto per un lunghissimo istante, e sono certa che in quel momento mi
riconobbe. Lo vidi socchiudere le labbra come per dirmi qualcosa, ma fu
costretto ad interrompersi; il combattimento stesso si interruppe. Giù per le
scale correvano alcuni di noi, tutti irriconoscibili o quasi tranne i primi due.
Mi sentii morire, quando in essi riconobbi il mio piccolo Draco e Severus Piton,
ma ancor di più quando vidi Rodolphus Lestrange avvicinarsi a sua moglie, che si
stava rialzando dopo essere stata colpita, e sussurrarle concitatamente
qualcosa.
Sentii Bellatrix gridare e mi domandai cosa potesse essere
successo sulla torre di Astronomia, tale da giustificare una tale reazione: ma
la mia domanda cadde nel vuoto di fronte a quanto stava accadendo. Bellatrix
scagliò la maschera a terra, fuori di sé, e con uno sguardo assassino puntò la
propria bacchetta su Draco. Mi ero già mossa di qualche passo verso di lui,
quando la sentii urlare.
« Maledetto, hai fallito! Non hai portato a termine i suoi
ordini! » Tutto, intorno a noi, sembrava essersi immobilizzato; lessi il terrore
negli occhi di mio nipote, e la determinazione di Severus a difenderlo nella
presa salda con cui stringeva la bacchetta. Mi lanciò un’occhiata, e compresi
alla perfezione il suo messaggio: uno solo di noi non avrebbe potuto contrastare
la maledizione che Bellatrix stava per scagliare, era necessario che agissimo
insieme. E così mentre lei, sotto gli sguardi increduli, attoniti e impotenti di
mio fratello e di Narcissa, formulava ai danni di Draco il più imperdonabile
Avada Kedavra della sua vita, io e Severus evocammo un incantesimo di difesa in
grado di resistere all’attacco e salvare il ragazzo. Ebbi appena il tempo di
sorridere a Severus per l’ultima volta, prima di accorgermi che qualcosa
nell’incantesimo scudo era andato storto.
§§- - -§§
Concentrati sull’assurdità di quanto appena accaduto, in pochi
notarono la fatica con cui Severus Piton trascinò via il giovane Malfoy. Il
ragazzo urlava e piangeva, non voleva fuggire; l’austero professore lottava con
se stesso per adempiere alla promessa di salvarlo, e lottava contro il desiderio
di stringere tra le braccia il corpo che ora giaceva mollemente abbandonato a
terra.
I Mangiamorte furono costretti alla ritirata abbandonando
dietro di sé i cadaveri; per allontanare Lucius Malfoy da Hogwarts fu necessaria
la maledizione Imperius, mentre Bellatrix trascinò a forza Narcissa,
pietrificata dal dolore. Il corpo avvolto nella tunica nera rimase a terra, e
nessuno dei servitori di Lord Voldemort se ne curò.
Remus Lupin aveva riconosciuto la Mangiamorte non appena si era
voltato cercando di capire chi avesse colpito Bellatrix Lestrange, e nel
comprendere che cosa aveva mosso la sua mano a difenderlo aveva provato un
profondo senso di colpa.
Lucretia…che cosa ti ho fatta diventare.
Aveva cercato di parlarle, ma gli eventi erano precipitati: lei
e Severus avevano evocato uno scudo per difendere suo nipote dall’attacco di
Bellatrix, ma all’ultimo momento l’Avada Kedavra, invece di infrangersi, era
scivolato sulla protezione e aveva colpito Lucretia in pieno petto. Per un
lunghissimo istante nessuno si mosse, né tra i Mangiamorte né tra loro, mentre
il corpo di Lucretia Malfoy, ormai privo di vita, si accasciava morbidamente sul
pavimento freddo.
I servitori del Signore Oscuro dopo un primo istante di
confusione si ritirarono, e Remus Lupin si trovò inginocchiato accanto al
cadavere della donna che un tempo aveva saputo donare il sole alle sue giornate.
La voce di Malocchio Moody che intimava di iniziare la rimozione delle vittime
gli suonò infinitamente sgradevole, e ancor più lo fu il non sapere dove
sarebbero stati portati i corpi. Guardò Lucretia, i suoi occhi vuoti e immobili
come il vetro che fissavano innaturalmente un punto sopra di lei, e con uno
sforzo che gli costò un infinito dolore le abbassò le palpebre con una
carezza.
« No, lei no. Devo occuparmene io » Minerva McGranitt notò la
scena, e con un cenno confermò all’uomo in piedi dietro a Lupin di fare come lui
aveva detto. Poi, gli posò delicatamente le mani sulle spalle.
« Remus… Sono davvero mortificata ».
« È come se l’avessi uccisa io. Il minimo che possa fare è
darle una sepoltura degna di lei ».
« No. Sono certa che desidererebbe una sola cosa… Restituisci
il corpo alla sua famiglia, Remus ».
« Ma loro sono… »
« Sì, è vero. Sono crudeli, sono assassini. Ma tu conosci
meglio di altri il bene che Lucius ha sempre provato per lei. Il fatto che
Lucretia sia morta è già una grande punizione per loro, non privarli della
consolazione di seppellirla »
« Come puoi dire questo, Minerva? Loro hanno… » La McGranitt
soffocò un singhiozzo.
« Anche Silente ti direbbe che è la cosa giusta ».
Lupin sollevò Lucretia Malfoy tra le braccia, e la portò in una
stanza vuota. Le pulì il viso e le mani dalle macchie di sangue, con un
incantesimo trasformò la veste da Mangiamorte in uno splendido abito bianco, e
con un altro colpo di bacchetta intrecciò i suoi capelli con eleganza, ornandoli
di piccoli fiori. La guardò per l’ultima volta, ripensando al male che aveva
fatto a se stesso e a lei per tutti quegli anni; rivide il dolore che aveva
segnato indelebilmente Lucius Malfoy e suo figlio, l’orrore provato da Narcissa,
lo sgomento inciso a fuoco sul volto di Piton. Quindi uscì nel parco e affidò il
corpo di Lucretia a quattro Thestral, che l’avrebbero portato alla sua tomba di
famiglia.
E là, in una cripta stregata, Lucius Malfoy sigillò il sepolcro
di sua sorella con queste ultime parole:
« Così ho voluto, questo mi ha uccisa: amare te, sangue del mio sangue, fino
all’ultimo respiro ». |