They burned my dream into the ground.
La
notte è
alle porte.
Sono seduta su uno sgabello del bar della stazione in preda al panico.
E' come
se questo fottuto sgabello fosse fatto di spine. Fuori le stelle non
hanno
abbandonato ol cielo. Sono lì, immobili. Niente e nessuno
potrà staccarle da
quel soffitto infinito.
Ho scolato due birre nel giro di pochi minuti, ma credo che l'ansia
abbia fatto
evaporare ogni traccia di alcool nel mio sangue.
21.25.
L'arrivo del treno che riporta a casa i volontari andati a combattere
in
Afghanistan era previsto per le nove e mezza. Mancavano solo cinque
maledetti
minuti. In parecchi eravamo agitati in quel buco di locale: le
comunicazioni
con l'Afghanistan erano state interrotte dopo l'attacco.
Nessuna telefonata. Non sapevamo se qualcuno fosse morto oppure no.
Nemmeno ai
giornalisti era stato permesso di avvicinarsi alla base e tutte le
informazioni
rimasero segrete. Solo l'esercito americano era a conoscenza della
verità ed
era per questo che avrebbe riaccompagnato i volontari a casa.
-"E' ARRIVATO!!!"
La voce angosciata di una signora che stava indicando l'uscita alla mia
sinistra da cui s'intravedevano i binari e un treno rallentava stridulo
sul
binario tre.
Tutti ci precipitammo fuori, ma io rimasi indietro, sia
perchè le gambe non mi
reggevano più, sia perchè altri erano stati
più veloci di me. Mamma e papà non
erano con me, erano rimasti a casa. Dovevo farcela da sola.
I ragazzi dell'esercito iniziarono ad occupare lo spazio vicino al
binario e
con molta cautela fecero scendere una sedia a rotelle. La signora che
prima
aveva urlato si precipitò sulla carrozzella abbracciando
quello che era suo
figlio.
-"Mamma sto bene, non è niente, tranquilla!" diceva il
ragazzo,
mentre dietro di lui scendevano una decina di ragazzi che riportavano
fratture
e cicatrici. Fu un momento in cui cercai di mettere a fuoco i visi di
quei
ragazzi, ma in quegli occhi e in quelle labbra non trovavo tracce di
Christian.
"Sta bene allora!", era il cuore ad urlarmelo. Velocemente iniziarono
a scendere i ragazzi che stavano bene: chi riabbracciava i figli, chi
da figlio
veniva riabbracciato, chi si buttava tra le braccia della propria amata.
Di Christian nemmeno l'ombra.
La folla iniziò a dileguarsi tra risate e qualche lacrima,
mentre io sentivo il
cuore scendere giù di parecchi centimetri.
Nel giro di pochi minuti mi ritrovai da sola a fissare il treno.
Christian non
c'era!
Fu allora che il mio cuore andò a bruciare all'inferno,
accasciandomi a terra
in preda alla disperazione. Dopo pochi secondi che sembrarono
un'eternità, un
tovvo famigliare si posò sulla mia testa.
-"Hey ragazzina, perchè piangi?"
La voce sembrava sorridere.
Alzai lo sguardo e fu allora che il mondo, il tempo e il mio cuore
ripresero ad
andare avanti col ritmo giusto.
Senza sapere come e per quanto tempo, ci buttammo a capofitto in un
bacio, le
nostre labbra urlavano amore ad ogni movimento, mentre le mie braccia
si
intrecciavano dietro il suo collo e le sue mi cinsero la vita.
Non c'erano più treni.
La guerra era finita.
Il mondo era andato a farsi fottere.
Christian. Gloria.
Nient'altro.
Alla fine del bacio credevo quasi che avrei ritrovato un Christian
invecchiato
davanti a me, perchè tra le sue braccia il tempo sembrava
avesse raddoppiato la
velocità.
E invece no.
Christian era lì, finalmente a casa, consumato dalla
stanchezza, ma bello come
non mai.
-"E' come se ti baciassi per la prima volta, sai?"
-"Si? Io invece ho il cuore in gola" dissi spaesata.
-"Probabilmente il mio entrerà in collisione col tuo!",
sorrise.
Ci rialzammo sorridenti ed uscimmo dalla stazione, ma non appena
arrivati in
strada Christian si fermò e mi attirò a
sè, affinchè lo guardassi in faccia.
-"C'è una cosa che non ti ho mai detto di persona!"
-"Cosa?"
La mia domanda a quanto pare scatenò il cielo. Si!
Perchè all'improvviso il vento iniziò a scuotere
feroce gli alberi circostanti.
i lampioni si spensero e improvvisamente sembrò che il cielo
si fosse
illuminato di una nuova alba. Peccato, però, che il sole
stesse precipitando in
maniera sovrannaturale sopra di noi. Era la fine del mondo, ne ero
certa!
-"GLORIA!!!!"
Christian urlava di fronte a me e come me era in preda al panico.
-"TI AMO, GLORIA!!!"
-"TI AMO ANCHE IO CHRISTIAN!"
E mentre le nostre bocche si fondevano nuovamente, il sole si
frantumò sulla
terra.
-"Ma
che caz..."
Velocemente rifugiai la testa sotto il cuscino, gli occhi abbagliati
dal sole
che entrava dalla finestra. Lentamente cercai di riaprirli e di
abituarli alla
presenza della luce. Riemersi da sotto il cuscino. Nel letto, il posto
di
fianco a me era vuoto. Con la mente nel pallone mi voltai verso il
comodino per
guardare la sveglia.
9.30
-"Cazzo, ma quanto ho dormito? Adie?? ADIE??"
Il silenzio mi rispose.
-"Jake, Joey??"
Niente.
-"Cazzo, ma allora siete usciti tutti."
Mi voltai nuovamente verso la parte vuota del letto. C'era un biglietto
che
riportava la scrittura elegante di Adie.
-Sono uscita presto per comprare qualcosa per il pranzo. Non
ho voluto
svegliarti. Sei troppo bello quando dormi, specialmente quando
farnetichi nei
sogni come questa notte. Dovrai spiegarmi chi sono Christian e Gloria!
-
Col sorriso sulla faccia riposi il biglietto sul comodino.
Christian e Gloria.
-"Ah già. Ecco cosa stavo sognando. Cristo quei due mi hanno
bombardato il
cervello per tutta la notte."
Con la mente svuotata che preannunciava l'arrivo di un mal di testa,
scesi in
cucina per prepararmi un caffè.
Era da mesi che cercavo l'ispirazione per il nuovo album che non aveva
nemmeno
un nome, ma nessuna idea brillante. Solo un
ritornello:
"We are the cries of the class of 13!"
Mentre
canticchiavo quel ritornello sottovoce, le immagini del sogno fatto la
notte
prima si ripresentarono alla mente. Fu allora che trovai la soluzione.
Christian.
Gloria.
The class of 13.
Chi meglio di loro?
L'amore e la guerra. Lacrime, sangue e sorrisi fusi
insieme.
Lasciai perdere il
caffè, più tardi sarei andato
a casa di Trè insieme a Mike.
Anche loro da tempo aspettavano una mia idea e ora che era arrivata, un
caffè
me lo meritavo da parte loro.
Mi buttai sul divano,
presi il blocchetto su cui avevo segnato il
ritornello e
ripresi a scrivere:
"We are the cries of the
class of '13
Born in the era of humility
We are the desperate in the decline
Raised by the bastards of 1969..."
Appena ebbi
finito, rilessi tutto e seppi che mi trovavo di
fronte alla
storia del XXI secolo.
-"Si, bambina, hai
parecchio da raccontare al mondo"
Riposi accuratamente
il blocchetto sul tavolino, la storia di Christian
e
Gloria stampata nella mente. Cinque minuti dopo ero sotto la doccia e,
mentre
ricantavo la canzone che avevo appena scritto, pensai al nome da darle.
Rimasi
nella doccia per qualche minuto ad occhi chiusi, mentre l'acqua e i
pensieri
scorrevano via insieme. Quando riaprì gli occhi, col cuore
che tremava
dall'emozione, poggiai un dito sul box di vetro e in poche, semplici
parole
racchiusi tutto ciò che mi portavo dentro.
"21st CENTURY
BREAKDOWN"
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