Avvertimenti: Questo
è l'epilogo, non ho davvero niente da dire.
*
Aveva chiamato Johnny poco prima, per dirgli qualcosa – non
sapeva nemmeno lui cosa
–, stava cercando una scusa qualsiasi per sentire la voce di
un amico. Avevano parlato un po' del più e del meno, quando
entrambi sapevano che lo facevano solo per non affrontare la
realtà dei fatti e sbattersi in faccia le porcate che erano
successe. Come se esistesse una legge non scritta che impedisse loro di
parlare di qualcosa di davvero rilevante.
« Eloyn se ne torna a Washington e Zacky la sta andando a
recuperare..»
« Cosa ti aspettavi, che l'avrebbe lasciata andare
così? »
« A dire la verità mi aveva quasi convinto con la
sua sceneggiata da ubriaco folle »
« Sei ingenuo, Johnny. Quella ragazza gli ha fuso il
cervello... »
« ... »
« ... »
« Tu invece come stai? »
« Di merda »
C'era stato un bacio, un piccolo e insignificante bacio poi
più niente. Michelle non si era fatta più
senitre, e nemmeno Brian aveva accennato a volerla chiamare. Si era
convinto che non erano ancora pronti, che non ce l'avrebbero fatta ad
affrontare le raffiche di vento fino alla fine della tempesta. Si era
detto che quello non era ancora il loro momento, pur di non tuffarsi a
picco in una realtà che poteva prospettarsi un po'
più crudele di quel che si era sempre immaginato. E'
inevitabile: in certi casi l'unica cosa che ti viene nturale
è cercare di stare a galla più tempo possibile,
ma poi arriva il momento di fare i conti con ciò che sta
sotto e che cerca di portarti giù nell'abisso.
Nella sua testa, tra tutti i pensieri più contorti,
soggiornava quell'idea un po' insana che lo avrebbe visto affogare
rovinosamente se solo avesse lasciato avvicinarsi Michelle alla sua
vita. Per fortuna e nonostante tutto, sapeva bene che non era
così.
« Chiamala, Brian, vai da lei. So cosa stai facendo: ti stai
chiudendo in te stesso cercando di respingere indietro il mondo, ma
nella vita non funziona così, bisogna alzare la testa e
affrontare qualsiasi sfida ci si pari davanti, prendere il toro per le
corna e farlo andare dove vuoi tu.. Non hai più niente da
perdere. »
« E tu, Johnny? Cos'hai da perdere, tu? »
Già, cos'aveva da perdere? Passava il tempo a dispensare
ottimi consigli a destra e a manca, ma della sua vita non ne faceva
niente. Cos'era che voleva realmente? Silvie era ciò che
voleva. Una vita che potesse finalmente tornare ad essere quella di
prima, seppur con qualche ammaccatura. La tranquillità di
poter chiamare quel posto di nuovo casa.
Il suono sordo di un messaggio in arrivo gli rimbombò
nell'orecchio.
« Ti devo lasciare, mi è arrivato un messaggio
»
Chiuse la conversazione e aprì il messaggio.
From: Silvie. To: Johnny.
- H 4:32 p.m.
Sai, fuori piove. Non
è che verresti ad aprirmi?
Per poco non gli prese un infarto quando lesse quella frase. Lascio che
il cellulare gli cadesse di mano e corse verso la porta d'ingresso.
Quando la aprì vide Silvie con qualche valigia in mano
guardarlo con il volto più preoccupato del mondo. Era
completamente bagnata e continuava a pioverle in testa. Anche in quelle
condizioni, Johnny si disse che era sempre bellissima.
« Puoi perdonarmi? »
Johnny non rispose. Semplicemente la abbracciò con tutta la
carica che aveva in corpo e la sollevò da terra, e
sentì la pioggia battergli forte addosso.
Le diede il bacio più desiderato della sua vita, quello
più atteso e anche il più bello.
Rimasero lì per qulache secodo prima di accorgersi di essere
entrambi bagnati. Johnny si voltò tenendola per mano e la
condusse fino all'ingresso di casa. Sentiva la sua presenza alle
spalle, forte come non mai, e decise che da lì in poi non
sarebbe importato niente di cosa sarebbe successo. Erano lì,
in quel momento, e il resto del mondo poteva aspettare
*
Quando Brian chiuse la comunicazione con Johnny si sentì un
emerito cretino. E poi, il piccolo Johnny ci prendeva sempre. Cosa ci
stava facendo lì? Cosa stava aspettando, appesaoad un filo
nel vuoto?
Riprese il cellulare tra le mani e compose il numero di Michelle,
aspettò qualche secondo e dopodiché una
fastidiosa vocina lo avvertì che il cullelare era spento o
non ragiungibile. Gli tremavano le mani e sentiva come una forte
pressione al cuore. Tuttavia, essa poteva essere un nonnulla in
confronto alla centrifuga di emozioni dalla quale stava, lentamente,
uscendo.
C'era stato qualcosa, tra loro, qualche giorno prima, qualcosa che
assomigliava molto a quell'amore di sempre, quello che tutti sembravano
aver dimenticato ma che nessuno dei due aveva il coraggio di eliminare.
E se quel qualcosa c'era davvero stato, se non era solo una sua stupida
fantasia, che senso aveva aspettare un segno del destino? Prendere il toro per le corna e
cambiare la propria vita come vogliamo.
Prese le chiavi dell'auto e si diresse fuori, girò la chiave
nella toppa - una, due volte - e poi ci rinunciò. Era
petetico, sembrava di stare in un film in stile anni 2000, quando
l'originalità aveva iniziato a mancare.
Sbatté violentemente una mano sullo sterzo e si
maledisse del gesto fatto qaundo essa cominciò a pulsargli.
E a quel punto si era sentito così tanto un verme che non
gli importava più niente, magari avrebbe giocato anche la
carta della compassione.
Scese dall'auto e iniziò a correre più forte che
poteva, sotto quella pioggia che poteva significare un miliardo di
cose. Sotto quella pioggia che quasi gli sembrava Jimmy che lo toccava,
sferzante, sul volto. Corse ancora più veloce con tutta la
rabbia che aveva in corpo mentre le sue lacrime si confondevano con le
gocce di pioggia. Corse finché non arrivò a casa
di Michelle e si attaccò letteralmente al campanello,
ansiamndo per la fatica. Doveva avere davvero un brutto aspetto, vista
la faccia di Michelle quano lo vide.
« B-Brian? Ma che ci fai qui, completamente bagnato?
»
« Ascolami bene. Mi sono appena fatto sette isolati a piedi
perché il tuo maledettissimo telefono è staccato
e la mia fottuta macchina ha deciso di abbandonarmi proprio oggi. E
l'ho fatto solo per dirti che ti
amo.
Jimmy è morto, tu mi hai lasciato e la mia vita non ha
più senso. Non ho più niente da perdere ma
qualcosa da poter guadagnare... quella sì. E quel qualcosa
sei tu. E se avrò te allora la mia vita sarà
completa, perché per me tu vali tutto, Michelle, tutto. Ti amo come
non ho mai amato nessun'altra al mondo e farei di tutto per farti
tornare da me. E quella storia di Chel- » venne interrotto da
un leggero accenno di Michelle. Aveva aperto la bocca e sollevato una
mano come a voler parlare, poi si era portata nervosamente l'altra mano
alla bocca e ci aveva ripensato. Lo guardava con un espressione tra il
sorpreso e lo sconcertato. Con la bocca semi aperta e le lacrime agli
occhi e il respiro bloccato.
« Io.. io.. non so che dirti, Bri.. »
rispose accennando a dei vaghi sorrisi ad intermittenza.
« Dimmi che mi sposerai » replicò lui,
prendendole le mani.
Michelle ebbe un sussulto per il contrasto tra caldo e freddo.
« Io, io credo.. di sì. »
Tutta l'adrenalina che Brian aveva in corpo sembrò
sprigionarsi in quel momento. Fece un passo avanti e le prese il viso
tra le mani baciandola lentamente, come a non voler fare troppa
confusione e tornare al punto di partenza.
A qualche isolato di distanza l'ultima dei sopravvissuti camminava a
passo spedito. L'ultima dei caduti di quelle macerie. E l'ultima che,
malgrado le intenzioni, non era riuscita ad abbandonare Huntington
Beach. Chesea era tornata, e si trascinava velocemente verso quella che
poteva chimare casa sua, sperando con tutta se stessa che Eloyn non
avesse deciso di cambiare serratura per la rabbia. Si trascinava
appresso quella valigia troppo piccola per contenere una
città intera. E poteva giurare di aver provato davvero a
dimenticarti il mare della California, ma era stato tutto inutile.
Quello spazio che non c'era, in quella valigia, non lo avrebbe mai
potuto abbandonare.
*
Era quello che gli era sempre mancato: stare lì difornte ad
un mare di persone che cantavno le sue canzoni; e correre su e giu per
il palco come un bambino agitato; e fondersi con la stessa musica che
gli era uscita dal cuore la prima volta che aveva preso in mano uno
strumento, diventando, insieme ad essa, un'unica cosa. Un prodotto
magnifico il cui solo scopo era quello di farlo sentire bene.
Nonostante questo, tutto quello che era sucesso dopo – la
loro vita che riprendeva il lento scorrere di sempre, le azioni
quotidiane e di seguito quel tour europeo e tutto il resto –
era di una stranezza inaudita. Torni a fare cose che pensavi ormai
finite, con mille tasselli di colore diverso rispetto allo sfondo. Era
come se qualcuno si fosse sbagliato e avesse completato il puzzle della
tua vita con i pezzi di una vita diversa, poi ti svegli e ti ricordi
che tutto è esattamente come deve essere. E con il tempo
impari anche a capire che quei pezzi, anche se stonano, sono sempre
meglio del vuoto, e ti concentri su quello che invece è in
perfetta armonia.
Facendo un resoconto veloce della sua vita, Zacky aveva capito fin
troppe cose: che le persone sono dannatamente fragili e che il mondo
è un posto troppo violento da abitare, ma anche che ormai
erano lì, tutti sulla stessa barca, e tanto valva
dimostrarsi all'altezza; che le persone cambiano e tu nemmeno te ne
accorgi, e non ti resta che subirne le coseguenze; e che ci sarebbero
mille motivi per soffrire, ma se li sommi tutti insieme capisci che in
realtà non ne vale la pena.
Il problema, fin dall'inizio, era stato che Jimmy non poteva essere
maggiormente coinvolto nella musica. Per un musicista, questa era la
cosa peggiore che poteva capitarti. Perché se prima avevi la
tua valvola di sfogo, il tuo modo di incanalare le emozioni, dopo una
cosa del genere rimani semplicemente solo e perso, come se la tua vita
fosse d'un tratto un labirinto in cui non sei abituato a vivere. E
tutto assume un significato profondo molto diverso da quello che
ricordavi, molto più grigio del solito.
Il dolore che si prova a riprendere in mano una chitarra è
una cosa che può provare solo che c'è dentro, e
nessuna parola in eccesso può descrivere bene quella
sesazione. Perché per la prima volta nella sua vita, Zacky
si era sentito tradito dall'unica cosa che non doveva farlo, la musica
- che continuava imperterrita a far scorrere nella sua testa scene di
vita quotidiana che gli erano così familiari - ed era una
sensazione che non avrebbe mai augurato a nessuno.
Zacky
P.O.V
Il concerto è finito da qualche minuto e come sempre sono
convinto di aver dato il massimo.
Ogni concerto mi sorprende da quando abbiamo ricominciato a suonare, e
la carica dei fan è sempre impagabile. Per la prima volta,
da quando il tour è iniziato, ho sentito di aver ritrovato
nel palco quella familiarità che pensavo persa senza Jimmy;
il piacere di suonare e scatenarmi, questa volta, però, con
il sorriso sulle labbra.
Poco dopo l'uscita di Nightmare abbiamo rilasciato anche la canzone che
avevamo ritrovato sul foglietto a casa di Jimmy. Il contributo di Val
è stato essenziale per arrangiare le varie parti in maniera
più fedele che mai al volere di Jimmy.
Abbiamo ricominciato a fare concerti quasi subito – avevamo
capito che infondo l'unico modo per andare avanti era ricominciare a
fare ciò che ci riusciva meglio, - e alla fine non ci siamo
pentiti della scelta fatta. Abbiamo iniziato un tour europeo al fianco
di milioni di batteristi sempre diversi, e a nessuno di noi importava
davvero chi ci fosse seduto su quella batteria, se non era Jimmy.
C'è stato un momento, dopo che le cose si erano
stabilizzate, in cui abbiamo superato un confine immaginario dopo il
quale abbiamo capito che le cose potevano solo migliorare o rimanere le
stesse. Abbiamo toccato il fondo tutti insieme, aggrappandoci alle
spalle di chi ci era vicino e trascinadolo inevitabilmente
giù con noi.
Credo che Matt sia stato il primo a rendersene conto, quando
capì che ogni suo atteggiamento influenzava Val e in qualche
modo la faceva peggiorare. Ed è li che ha deciso di
rialzarai e combattere, e lo abbiamo seguito tutti. Sotto questo velo
di eroismo, tutti sappiamo che il merito è stato unicamente
di Val. Lei è sempre stata quella forte, tra i due. Se
davano retta a Matt si erano già lasciati da qualche anno
buono, e quando sembrava aver ceduto, si era rialzata e aveva fatto il
culo a tutti, come sempre. Sembra quasi che abbia imparato a vivere
anche senza Matt, ora che Jimmy non c'è più. E'
più indipendente. Riesce a venire fuori meglio ed
è più spontanea, e sono sicuro che questo faccia
parte dell'effetto Sullivan, perché uno come lui non poteva
andarsene senza lasciare qualcosa di buono dietro di sé. E
infatti qualcosa di buono ha lasciato ad ognuno di noi.
Vedete, le storie d'amore, quando l'amore è vero, per il 90%
dei casi vanno a finire bene. Ed è stato per questo che
mentre io andavo a salvarmi la vita, in quell'aereoporto, Brian si
è fatto ben sette isolati a piedi sotto la pioggia.
Così del disastro con Chelsea è rimasto solo il
ricordo di una vecchia vita, quella che ci siamo appena lasciati alle
spalle, e dalla quale siamo usciti più forti. Anche Silvie e
Johnny sembrano andare bene insieme. Non dico che si
sposeranno, ma Eloyn continua a dire che non ha mai visto sua sorella
così felice come quando è con lui, e non stento a
crederle. Alla fine anche lei si è lasciata ammaliare dal
fascino della California, le ci è voluto solo un po' per
assimilare la morte di Jimmy.
L'unica che credo non stia ancora troppo bene è Chelsea.
Avea accennato a volersi trasferire, ed era anche partita, sembrava
molto convinta. E invece poi è ritornata qausi subito,
sconfitta dal senso di colpa e dalla rabbia, con il volto celato dietro
a quel velo di rassegnazione che le segna tutt'ora gli occhi con una
leggera ombra scura attorno. Non fa molto, nel senso che non vive
molto. Passa la maggior parte del tempo a piangersi addosso accanto a
Jimmy. Eppure è solo in quei momenti che puoi senitre il suo
cuore battere ancora. Se la vedi aggirarsi nei pressi del cimitero con
un libro sottobraccio o con le cuffie alle orecchie, allora puoi avere
la possibilità di vederla sorridere, a volte. Ma quando ci
parli ti accorgi della sua insormontabile sofferenza in ogni singola
parola che esce dalla sua bocca. Sinceramente stento credere
che si riprenderà come ha fatto Eloyn. A lei viene tutto
facile se la paragoni ad una come Chelsea, che è fragile e
indifesa.
Chelsea ha amato Jimmy con tutta se stessa, corpo e anima, anche se per
poco tempo. E infatti riesce a capirci bene, lei, a noi che ci siamo
cresciuti.
E poi ci siamo noi, e non faccio in tempo a pensarci che sento il
cellulare squilarmi nella tasca dei jeans e faccio appena in tempo e
trovarlo e a leggere il nome sullo schermo. Rispondo e vado fuori dallo
stabile dove alloggiamo.
« Hey »
Tengo il cellulare tra l'orecchio e la spalla mentre cerco in tasca il
pacchetto di sigarette e me ne accendo una.
« Hey » risponde Eloyn.
« Come stai? » le chiedo, serio.
E' un mese che non la vedo e può sembrare poco tempo, in
realtà senza di lei un mese può durare
un'eternità.
Da quando la situazione si è stabilizzata siamo tutti un po'
più sereni, per quello che le condizioni ci permettono. Ma
stare lontani ormai è diventato troppo pesante.
Perché lei c'è stata quando piangevo sulla tomba
di Jimmy, a sorreggermi, a dirmi "ce la puoi fare, puoi andare avanti".
Non so, ma credo che senza di lei io sarei un uomo morto. Sarei
diventato matto, senza ombra di dubbio. Perché per quanto
posso essere stato cretino o posso aver sbagliato; per quanto la morte
di Jimmy mi abbia cambiato, lei c'è sempre stata. Sempre.
« Bene, ma mi manchi »
Parla piano, Eloyn, ed ha il tono di voce troppo debole per i miei
gusti.
« E' successo qualcosa? »
« No »
E mi piace anche perchè è così,
bisogna tirarle fuori le parole di bocca per farla parlare.
« Eloyn, ti conosco troppo bene ormai. Che c'è che
non va? » che tira su col naso e mi si stringe il cuore a
sentirla così.
« E' che mi manchi. Questa città è
vuota senza di te. » un sospiro di sollievo perché
so che questa è l'ultima data del tour europeo.
« Domani torno. Massimo dopodomani sono di nuovo in casa ad
assillarti. » ironizzo cercando di farla setire
meglio. Abbiamo iniziato a convivere da una settimana dopo la scena
all'aereoporto. Eravamo entrambi convinti, e lo siamo tutt'ora, che
stare insieme ci avrebbe aiutato ad andare avanti a piccoli passi, e
così è stato. Perché lei è
diversa dalle altre, perché mi ha visto crescere come
nessun'altra aveva mai fatto.
Lei accenna una risata, ma si sente chiaramente che ha pianto, almeno
un po'.
Mi siedo atterra con la schiena appoggiata al muro e inspiro un tiro
dalla mia sigaretta.
« Non sarai mai assillante, lo sai. »
« Giuramelo » Sorrido.
« Te lo giuro »
« Mi manchi anche tu »
E immagino i tratti del suo volto. Le sopracciglia corrugate mentre
cerca di imparare a suonare la chitarra che lo ho regalato per il suo
ultimo compleanno, due mesi fa.
Ci ripenso e mi torna in mente la tristezza che ha avvampato ogni
momento felice della nostra esistenza dalla morte di Jimmy. Penso anche
che non sarà così quando tornerò. Non
perchè la situazione sia cambiata –
perché sono sicuro che la voragine al petto
rimarrà ancora aperta a lungo, forse per sempre –
ma perché sono io ad essere cambiato. E' come quando piangi
e sfoghi tutta la tua rabbia e quando hai finito ti senti leggero e
privo di qualcosa di negativo che prima ti tormentava, ti senti
sollevato, non bene, ma sollevato. Così mi sento anche io,
come dopo un lungo pianto, durato quasi un anno. Ma so che da oggi,
dopo quest'ultimo concerto, Jimmy sarà solo la presenza
costante nella mia vita, che mi accompagnerà e mi
aiuterà ad andare avanti invece che tenermi bloccato nel
passato.
« Come va con la chitarra? »
« Senza di te, davvero un disastro »
« Ma il padre di Brian che fine ha fatto? »
« Ci siamo stufati! Lo sai come siamo fatti, come siamo
caratterialmente uguali e di conseguenza incompatibili. Siamo arrivati
ad un punto che non ci sopportavamo più. »
Rido immaginandomi la scena.
« Povero Brian! »
Lei fa la finta incavolata e se la prende con me.
Continuiamo a parlare per quasi tutta la notte. Perché non
riuscirei a dormire sapendo che domani torno da lei. E mi racconta un
po' tutto quello che ha fatto in quel mese. Tutto quello che le
telefonate rubate tra un concerto e l'altro non mi hanno concesso di
sapere. E capisco di aver trovato qualcuno su cui contare per il resto
della mia vita. Capisco di amarla più della mia stessa vita.
« Ti amo »
Le dico guardando l'alba sorgere. Da lei sarà appena sera.
« Sto guardando il tramonto dal balcone »
E' sempre stato il nostro momento, il tramonto sul balcone.
« Io l'alba »
E posso far finta che quest'alba sia un tramonto, anche se i due non si
assomigliano per niente. E allora, quest'alba diventa un tramonto
diverso, un tramonto freddo perché non c'è lei a
scaldarlo. Ma per la prima volta nella mia vita, quest'alba per me non
lo è affatto.
« Ti amo.. » sussurra lei.
So che sta sorridendo come fa sempre ogni volta che lo dice. Con quel
sorriso capace di bloccarlo, un tramonto. Che se solo volesse potrebbe
distruggere l'universo.
« .. più della mia stessa vita
» concludo la frase al posto suo.
E alla fine cosa ci resta?
Flebili memorie di spettri del passato.
Quel bagaglio che ci porteremo dietro per l'eternità.
*
Note. E
siamo quandi giunti alla fine. Posso solo dire che ora che ho
concluso la mia prima fanfic sono certa che mi rimarrà nel
cuore per sempre. Magari fra quache anno la rileggerò e mi
renderò conto di quanti errori gramaticali ci siano, tutti
quelli di cui non mi sono accorta.
Come sempre, sento di dover ringraziare chi ha recensito, anche una
volta sola, e chi ha avuto la pazienza di arrivare a leggere fin qui.
Il grazie più grande va a gli Avenged Sevenfold che mi hanno
"avviata" al mondo della scrittura. Se non fosse stato per loro non
avrei preso niente di tutto ciò davvero sul serio.
Perciò, se volete commentare qualcosa, questa è
la vostra ultma opportunità di farlo, e non so
perché questa frase suoni molto come una televendita. XD
Un bacio immenso a tutti e per chi fosse interessato, sto scrivendo una
nuova fic sulla sezione Paramore. La trovate qui.
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