CAPITOLO
QUARTO
I
Ribelli erano praticamente tutti i ragazzi più portati per
il
combattimento nella città di Elath del Regno di Lohan.
Questa
organizzazione si formò a causa dell'indifferenza del Re
riguardo
alle misteriose sparizioni ed assassinii che da tempo portavano
scompiglio all'interno delle mura... La giustificazione del Sovrano?
Beh, lui ci disse, ovviamente non di persona, che dovevamo cavarcela
da soli, che questi fatti riguardavano solo e soltanto Elath e che,
siccome eravamo la città al confine con le Montagne
Inesplorate, era
nostro compito fermare tutti gli attacchi che avessero minacciato il
nostro popolo. L'unico e insignificante problema era il fatto che i
nemici usavano la magia, che noi eravamo solamente 100 e che le altre
città a noi vicine si rifiutavano di mandarci soldati
dicendoci che
non era un loro problema.
Probabilmente
era vero, il punto è che lo sarebbe presto stato.
Ero
sdraiata sul letto ancora disfatto spostando il mio sguardo da una
crepa all'altra del soffitto. Non ricordo di preciso a cosa stessi
pensando. Forse a niente, forse a tutto. Dalla terrazza semiaperta il
vento autunnale faceva ondeggiare la leggera tenda verso l'interno.
Era abbastanza lunga e il suo orlo, invece di toccare le lenzuola,
decise di giocare con la mia pelle.
Mi
alzai ancora intontita dal sonnellino pomeridiano che avevo appena
fatto causandomi un'altra contrazione allo stomaco... Non aveva
più
nulla da offrire al terreno, eppure gorgogliava ancora. Mi affacciai
dal balcone e sbuffai. L'aria è ogni giorno
più fredda, pensai
distratta, e strinsi
il caldo
mantello nero più forte a me.
Avevano
deciso di partire, gli altri. Avevano finalmente intenzione di agire.
Lokken, il capo che avevo avuto la sfortuna di incontrare poco prima,
ci disse che cinquanta dei suoi uomini sarebbero rimasti lì
ad
Elath, per difendere i cittadini; mentre i restanti sarebbero partiti
con lui alla volta delle Montagne Inesplorate nel tentativo di
trovare gli Assassini e sterminarli uno per uno.
Qualcuno
gli disse che probabilmente quella missione non avrebbe avuto una
bella fine, che sarebbero morti tutti: non avevano molte
possibilità.
Lui rispose che dovevamo pregare perchè andasse in quel modo
e,
sotto gli sguardi intimoriti dei suoi soldati, aggiunse che se
davvero fosse andata così, il Re e le altre terre a noi
vicine si
sarebbero finalmente accorti a quale grande minaccia stavano andando
incontro.
Perchè
morire per amore, per difendere le persone che si amano di
più, la
propria patria, la propria casa... Vuol dire aver vissuto per
qualcosa; e lasciare quel mondo pieno di crudeltà
combattendo per le
cose a cui si tiene di più... E' davvero il miglior modo per
andarsene.
Quei
pensieri erano la mia ancora di salvezza, la mia ragione per andare
avanti e il motivo per il quale mi trovavo lì.
Avevo
disubbidito alla volontà della mia famiglia: di mio padre,
di mia
madre e di mio fratello che avrebbero assolutamente voluto io facessi
altro della mia vita; ma erano quasi tutti morti e presto a nessuno
sarebbe più importato... Di me. Era questo che mi spingeva a
difendermi da sola, a badare a me stessa: non avevo bisogno di un
marito a cui fare da balia, ero capacissima di fare tutto da sola...
E anche se non ci credevo fino in fondo, avevo bisogno di ripetermelo
anche molteplici volte.
“Alek...
Che fai ancora qui?” Quella voce calda e profonda mi riscosse
dai
miei pensieri e, con la manica del mantello, asciugai le guance
bagnate dalle calde lacrime prima di girarmi verso di lui.
“Kellan!
L'ora di andare è già arrivata?” Mi
fissò a lungo con un
espressione che non riuscivo a decifrare... Che avesse notato il
gonfiore nei miei occhi? Si mosse cauto nella mia direzione, badando
bene a non farmi capire cosa avesse per la mente. Quando si
avvicinò
così tanto a me da riuscire a posare il suo naso sulla mia
guancia,
non potei fare a meno di indietreggiare impaurita.
“Ehy!”
Esclamai “Non vorrai mica baciarmi?!” Si
ritirò annoiato
dicendo: “ovviamente no, sciocco. E' solo che non ho mai
visto
degli occhi così strani... Il grigio diventa sempre
più scuro ed è
strano perchè la mutazione è piuttosto veloce ed
evidente!” Mi
appoggiai alla ringhiera della terrazza incrociando le braccia ed
alzando un sopracciglio “Quando diventa sera è
sempre così...
Credo proprio che dovrai farci l'abitudine.”
Si
sedette sul letto disfatto con occhi sognanti.
“Perchè sei qui?”
“Dovevo
avvisarti che ci stiamo preparando a partire”
“Allora
provo con un altra domanda: perchè ti sei impossessato del
mio
letto?”
“Perchè
sono stanco”
“Per
due rampe di scale?”
“Ovvio!
Per cosa sennò?” Sbuffai seccata, forse quasi
divertita mentre lui
aggiunse: “E poi dovrai abituarti a condividere tutto con i
tuoi
compagni... Saremo quasi come una famiglia!”
“Ah
si? Beh mi dispiace ma sono stato abituato come figlio unico e odio
dividere le mie cose... Quindi, per cortesia, vai a dormire nella tua
camera!” Dopo poco tempo lo sentii russare, ovviamente per
darmi
fastidio. Ridendo lo buttai giù dal letto e a calci dalla
mia
stanza. Lui, divertito, si rialzò quasi subito e prima di
andarsene
mi colpì di forza con un pugno sulla spalla. Mi imposi di
non batter
ciglio e di non lamentarmi per il dolore. “Vedi di venire
giù in
tempo per sceglierti il cavallo e per prendere il cibo, my lady!
Domani all'alba partiamo” Sentii il rumore dei suoi passi
pesanti
affievolirsi sempre di più e con una mano mi toccai il
petto, dalla
parte del cuore. Stava pulsando molto velocemente. Poi mi guardai le
mai. Stavano tremando quasi convulsamente. Quindi mi accorsi di avere
paura, paura di una cosa che avevo bisogno di affrontare, una cosa da
uomini, da duri... Insomma sì, tutte cose che non ero. Feci
un
ultimo sospiro ancora con le spalle attaccate alla porta di legno
mentre guardavo il sole scomparire dietro ai monti che dovevamo
raggiungere, quando le prime stelle si sistemarono nel cielo sempre
più nero. Vidi la luce della mamma: le sorrisi; poi il mio
sguardo
cercò, senza preavviso, quell'altra stella che
trovò quasi subito.
Splendeva come lei, ma percepivo un'armonia differente...
Più tetra,
più cupa. Ancora una volta mi portò un
bruttissimo presagio, ma,
ancora una volta, ignorai il suo volere.
Il
ritmico rumore degli zoccoli prodotti dai cavalli sui quali sedevamo
annunciò, alla città ancora addormentata, il
nostro passaggio in
una melodia sempre più cantilenata e percettibile.
Ovviamente
io non ero mai salita su uno di quei... Cosi, eppure,
finchè
si trattava di andare piano, sembrava apparentemente facile. Alla
guida della fila c'era il nostro capo, Lokken, che, stranamente,
si esibì davanti ai cittadini in saluti e moine
attirando tutta
l'attenzione popolare su di se; non dico che mi desse fastidio, solo
non trovavo giusto il fatto che appioppasse ad ognuno dei suoi uomini
un soprannome da femmina, quando in realtà dimostrava di
esserlo
anche più di me.
Il
mio cuore batteva tanto quanto ogni passo del mio cavallo e una delle
cause era anche l'aria di guerra vera e propria che si andava a
creare: le donne ci lanciavano i fiori, i bambini piangevano e i
soldati avevano paura.
Faceva
freddo, ma gli uomini più scoperti di me non davano segni di
debolezza... Non voglio nemmeno immaginare le rigide
temperature
che ci saranno sulla cima delle Montagne Inesplorate! Pensai
angosciata. Eravamo quasi arrivati alle ultime case sulle verdi
colline, poco prima del confine. Se volevo tornare indietro... Se
volevo ritirarmi e vivere da donna normale, era quello il momento.
Tuttavia, appena Sir Lokken sciolse la formazione, tirai dei colpetti
sul ventre del mio cavallo nero quanto la notte che ci accompagnava
per affiancarmi a Liam: volevo per un momento sentirmi a casa.
“Hai
mai pensato di tirarti indietro? Di vivere normalmente sperando che
qualcuno più valoroso di te combatta e vinca una guerra
senza
speranze? Magari sentendoti vigliacco a pensare che se quel qualcuno
dovesse fallire non saresti tu a giustificarti con il tuo popolo? La
tua città.... La tua famiglia?” Chiesi sperando in
parole di
conforto. Lui rispose da persona adulta, diversa e le cose che disse
superarono di gran lunga le mie aspettative. “ La mia vita
non è
mai stata normale. Da quando mia madre fu uccisa da questi...
bastardi io ho cercato di coprire le orme di mio
padre, di
essere un uomo vero, l'uomo di casa riuscendo quindi a mettere da
parte un pezzo di me. Ragione per cui tornare a casa, con nessuno che
aspetta il mio ritorno e stare comodo ad aspettare che questa guerra
si vinca da sola, non mi passerebbe nemmeno per l'anticamera del
cervello. Preferirei mille volte perdere ed essere ucciso per
ciò in
cui io credo veramente, piuttosto di sapermi vivo come un
vigliacco.”
Senza
dare una risposta lasciai mio fratello ai suoi pensieri e mi accodai
alla fila. Nel lungo viaggio che ci attendeva provai a non avere
paura, a ricordare le persone che amavo e, affidata alle braccia
dell'oscurità, cercai un modo per pensare il meno possibile
al
domani.
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