Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Fire_Fight    06/11/2011    1 recensioni
Hai
mai pensato di tirarti indietro? Di vivere normalmente sperando che
qualcuno più valoroso di te combatta e vinca una guerra
senza
speranze? Magari sentendoti vigliacco a pensare che se quel qualcuno
dovesse fallire non saresti tu a giustificarti con il tuo popolo? La
tua città.... La tua famiglia?”

Chiesi
sperando in parole di conforto. Lui rispose da persona adulta,
diversa e le cose che disse superarono di gran lunga le mie
aspettative.

La
mia vita non è mai stata normale. Da quando mia madre fu
uccisa da
questi... bastardi io ho cercato di coprire le orme di mio padre, di
essere un uomo vero, l'uomo di casa riuscendo quindi a mettere da
parte un pezzo di me. Ragione per cui tornare a casa, con nessuno che
aspetta il mio ritorno e stare comodo ad aspettare che questa guerra
si vinca da sola, non mi passerebbe nemmeno per l'anticamera del
cervello. Preferirei mille volte perdere ed essere ucciso per
ciò in
cui io credo veramente, piuttosto di sapermi vivo come un
vigliacco.”

Senza
dare una risposta lasciai mio fratello ai suoi pensieri e mi accodai
alla fila. Nel lungo viaggio che ci attendeva provai a non avere
paura, a ricordare le persone che amavo e, affidata alle braccia
dell'oscurità, cercai un modo per pensare il meno possibile
al
domani.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO QUARTO


I Ribelli erano praticamente tutti i ragazzi più portati per il combattimento nella città di Elath del Regno di Lohan. Questa organizzazione si formò a causa dell'indifferenza del Re riguardo alle misteriose sparizioni ed assassinii che da tempo portavano scompiglio all'interno delle mura... La giustificazione del Sovrano? Beh, lui ci disse, ovviamente non di persona, che dovevamo cavarcela da soli, che questi fatti riguardavano solo e soltanto Elath e che, siccome eravamo la città al confine con le Montagne Inesplorate, era nostro compito fermare tutti gli attacchi che avessero minacciato il nostro popolo. L'unico e insignificante problema era il fatto che i nemici usavano la magia, che noi eravamo solamente 100 e che le altre città a noi vicine si rifiutavano di mandarci soldati dicendoci che non era un loro problema.

Probabilmente era vero, il punto è che lo sarebbe presto stato.


Ero sdraiata sul letto ancora disfatto spostando il mio sguardo da una crepa all'altra del soffitto. Non ricordo di preciso a cosa stessi pensando. Forse a niente, forse a tutto. Dalla terrazza semiaperta il vento autunnale faceva ondeggiare la leggera tenda verso l'interno. Era abbastanza lunga e il suo orlo, invece di toccare le lenzuola, decise di giocare con la mia pelle.

Mi alzai ancora intontita dal sonnellino pomeridiano che avevo appena fatto causandomi un'altra contrazione allo stomaco... Non aveva più nulla da offrire al terreno, eppure gorgogliava ancora. Mi affacciai dal balcone e sbuffai. L'aria è ogni giorno più fredda, pensai distratta, e strinsi il caldo mantello nero più forte a me.

Avevano deciso di partire, gli altri. Avevano finalmente intenzione di agire. Lokken, il capo che avevo avuto la sfortuna di incontrare poco prima, ci disse che cinquanta dei suoi uomini sarebbero rimasti lì ad Elath, per difendere i cittadini; mentre i restanti sarebbero partiti con lui alla volta delle Montagne Inesplorate nel tentativo di trovare gli Assassini e sterminarli uno per uno.

Qualcuno gli disse che probabilmente quella missione non avrebbe avuto una bella fine, che sarebbero morti tutti: non avevano molte possibilità. Lui rispose che dovevamo pregare perchè andasse in quel modo e, sotto gli sguardi intimoriti dei suoi soldati, aggiunse che se davvero fosse andata così, il Re e le altre terre a noi vicine si sarebbero finalmente accorti a quale grande minaccia stavano andando incontro.

Perchè morire per amore, per difendere le persone che si amano di più, la propria patria, la propria casa... Vuol dire aver vissuto per qualcosa; e lasciare quel mondo pieno di crudeltà combattendo per le cose a cui si tiene di più... E' davvero il miglior modo per andarsene.

Quei pensieri erano la mia ancora di salvezza, la mia ragione per andare avanti e il motivo per il quale mi trovavo lì.

Avevo disubbidito alla volontà della mia famiglia: di mio padre, di mia madre e di mio fratello che avrebbero assolutamente voluto io facessi altro della mia vita; ma erano quasi tutti morti e presto a nessuno sarebbe più importato... Di me. Era questo che mi spingeva a difendermi da sola, a badare a me stessa: non avevo bisogno di un marito a cui fare da balia, ero capacissima di fare tutto da sola... E anche se non ci credevo fino in fondo, avevo bisogno di ripetermelo anche molteplici volte.


Alek... Che fai ancora qui?” Quella voce calda e profonda mi riscosse dai miei pensieri e, con la manica del mantello, asciugai le guance bagnate dalle calde lacrime prima di girarmi verso di lui. “Kellan! L'ora di andare è già arrivata?” Mi fissò a lungo con un espressione che non riuscivo a decifrare... Che avesse notato il gonfiore nei miei occhi? Si mosse cauto nella mia direzione, badando bene a non farmi capire cosa avesse per la mente. Quando si avvicinò così tanto a me da riuscire a posare il suo naso sulla mia guancia, non potei fare a meno di indietreggiare impaurita. “Ehy!” Esclamai “Non vorrai mica baciarmi?!” Si ritirò annoiato dicendo: “ovviamente no, sciocco. E' solo che non ho mai visto degli occhi così strani... Il grigio diventa sempre più scuro ed è strano perchè la mutazione è piuttosto veloce ed evidente!” Mi appoggiai alla ringhiera della terrazza incrociando le braccia ed alzando un sopracciglio “Quando diventa sera è sempre così... Credo proprio che dovrai farci l'abitudine.”

Si sedette sul letto disfatto con occhi sognanti. “Perchè sei qui?”


Dovevo avvisarti che ci stiamo preparando a partire”


Allora provo con un altra domanda: perchè ti sei impossessato del mio letto?”


Perchè sono stanco”


Per due rampe di scale?”


Ovvio! Per cosa sennò?” Sbuffai seccata, forse quasi divertita mentre lui aggiunse: “E poi dovrai abituarti a condividere tutto con i tuoi compagni... Saremo quasi come una famiglia!”


Ah si? Beh mi dispiace ma sono stato abituato come figlio unico e odio dividere le mie cose... Quindi, per cortesia, vai a dormire nella tua camera!” Dopo poco tempo lo sentii russare, ovviamente per darmi fastidio. Ridendo lo buttai giù dal letto e a calci dalla mia stanza. Lui, divertito, si rialzò quasi subito e prima di andarsene mi colpì di forza con un pugno sulla spalla. Mi imposi di non batter ciglio e di non lamentarmi per il dolore. “Vedi di venire giù in tempo per sceglierti il cavallo e per prendere il cibo, my lady! Domani all'alba partiamo” Sentii il rumore dei suoi passi pesanti affievolirsi sempre di più e con una mano mi toccai il petto, dalla parte del cuore. Stava pulsando molto velocemente. Poi mi guardai le mai. Stavano tremando quasi convulsamente. Quindi mi accorsi di avere paura, paura di una cosa che avevo bisogno di affrontare, una cosa da uomini, da duri... Insomma sì, tutte cose che non ero. Feci un ultimo sospiro ancora con le spalle attaccate alla porta di legno mentre guardavo il sole scomparire dietro ai monti che dovevamo raggiungere, quando le prime stelle si sistemarono nel cielo sempre più nero. Vidi la luce della mamma: le sorrisi; poi il mio sguardo cercò, senza preavviso, quell'altra stella che trovò quasi subito. Splendeva come lei, ma percepivo un'armonia differente... Più tetra, più cupa. Ancora una volta mi portò un bruttissimo presagio, ma, ancora una volta, ignorai il suo volere.


Il ritmico rumore degli zoccoli prodotti dai cavalli sui quali sedevamo annunciò, alla città ancora addormentata, il nostro passaggio in una melodia sempre più cantilenata e percettibile.

Ovviamente io non ero mai salita su uno di quei... Cosi, eppure, finchè si trattava di andare piano, sembrava apparentemente facile. Alla guida della fila c'era il nostro capo, Lokken, che, stranamente, si esibì davanti ai cittadini in saluti e moine attirando tutta l'attenzione popolare su di se; non dico che mi desse fastidio, solo non trovavo giusto il fatto che appioppasse ad ognuno dei suoi uomini un soprannome da femmina, quando in realtà dimostrava di esserlo anche più di me.

Il mio cuore batteva tanto quanto ogni passo del mio cavallo e una delle cause era anche l'aria di guerra vera e propria che si andava a creare: le donne ci lanciavano i fiori, i bambini piangevano e i soldati avevano paura.

Faceva freddo, ma gli uomini più scoperti di me non davano segni di debolezza... Non voglio nemmeno immaginare le rigide temperature che ci saranno sulla cima delle Montagne Inesplorate! Pensai angosciata. Eravamo quasi arrivati alle ultime case sulle verdi colline, poco prima del confine. Se volevo tornare indietro... Se volevo ritirarmi e vivere da donna normale, era quello il momento. Tuttavia, appena Sir Lokken sciolse la formazione, tirai dei colpetti sul ventre del mio cavallo nero quanto la notte che ci accompagnava per affiancarmi a Liam: volevo per un momento sentirmi a casa.

Hai mai pensato di tirarti indietro? Di vivere normalmente sperando che qualcuno più valoroso di te combatta e vinca una guerra senza speranze? Magari sentendoti vigliacco a pensare che se quel qualcuno dovesse fallire non saresti tu a giustificarti con il tuo popolo? La tua città.... La tua famiglia?” Chiesi sperando in parole di conforto. Lui rispose da persona adulta, diversa e le cose che disse superarono di gran lunga le mie aspettative. “ La mia vita non è mai stata normale. Da quando mia madre fu uccisa da questi... bastardi io ho cercato di coprire le orme di mio padre, di essere un uomo vero, l'uomo di casa riuscendo quindi a mettere da parte un pezzo di me. Ragione per cui tornare a casa, con nessuno che aspetta il mio ritorno e stare comodo ad aspettare che questa guerra si vinca da sola, non mi passerebbe nemmeno per l'anticamera del cervello. Preferirei mille volte perdere ed essere ucciso per ciò in cui io credo veramente, piuttosto di sapermi vivo come un vigliacco.”

Senza dare una risposta lasciai mio fratello ai suoi pensieri e mi accodai alla fila. Nel lungo viaggio che ci attendeva provai a non avere paura, a ricordare le persone che amavo e, affidata alle braccia dell'oscurità, cercai un modo per pensare il meno possibile al domani.


  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Fire_Fight