Sangue
“Fratello
combatterà Fratello
E sarà
suo carnefice, sarà violato
Ogni
vincolo di sangue…”.
Fece scivolare il dito
indice su quell’iscrizione a rilievo una. Due e tre volte. Voleva
imprimerla ben bene nella mente.
Le piaceva il suono di
quell’antica nenia.
La lesse ad alta voce. Una
voce dolce e cristallina di una bambina di dieci anni, ancora pura e
incapace di nuocere al mondo.
Un mondo così corrotto, che
lei ancora non conosceva. Era vissuta tra antiche e umide mura,
protetta dal suo longevo protettore. Un Youkai.
“Fratello
combatterà fratello e sarà suo carnefice…”.
Canticchiò, mentre riponeva
il pesante e polveroso libro di pelle.
Non aveva ben compreso il
significato di quelle parole. Una
profezia di dolore.
Scese dallo sgabello di
rovere e corse dal suo signore. Il rumore delle sue scarpe risuonava
nelle vecchie e stanche navate, illuminate da candele. Corse felice e
arrivò di fronte a una grande porta socchiusa.
Sorrise, scostò la porta ed
entrò nel grande salone illuminato dal riverbero dell’immenso caminetto
di marmo.
Si diresse verso una
persona seduta comodamente su di una poltrona. S’inginocchiò accanto a
lei e poggiò il capo bruno sul suo ginocchio destro. Una mano diafana
artigliata accarezzò la testolina bruna. Le sue lunghe dita
s’intrecciarono con le sue ciocche, mentre continuava a osservare il
gioco di luci nel camino.
“Che
cosa significa quella frase, Mio Signore?”.
Domandò, mentre si lasciava
trascinare da quel dolce tocco.
“Quale?”.
Le rispose continuando ad
accarezzare il capo della sua ningen. Del suo cucciolo.
“Fratello
combatterà fratello e sarà suo carnefice, sarà violato ogni vincolo di
sangue…”.
Lui s’irrigidì di fronte a
quella frase uscita dalla bocca innocente della fanciullezza. Un
lontano ricordo rifiorì dalle sabbie del tempo.
Un ragazzo.
Sangue scarlatto.
Lacrime di dolore. Di
rabbia.
Urla di donna.
Allontanò la mano dal capo
della bambina e lo osservò. La candida mano tremò. Assottigliò lo
sguardo d’ambra, intanto le sue labbra si piegarono in una smorfia di
disgusto.
Perché tremare di fronte a
un insulso ricordo? Chiuse veloce il pugno. I suoi artigli lacerano le
carni.
Il sangue scivolò tra le
dita e caddero sul roseo volto della purezza.
La piccola non si mosse.
Rimase ferma ad attendere una risposta.
Il sangue corse veloce
sulle labbra dell’innocenza e le macchiarono.
Sangue del peccatore. Lui
chinò il capo e osservò quell’angelo.
Quell’angelo che lui aveva
strappato dalle fredde mani della morte.
Scostò lo sguardo e ritornò
a fissare il fuoco. La danza tribale di fiamme.
Un lampo. Lo sguardo d’odio
di una donna.
Di una giovane dai capelli
corvini che teneva stretta a sé, il corpo di un ragazzo.
Un ragazzo dai lunghi
capelli argentei, imbrattati di sangue e fango.
Le labbra rosse ringhiose.
“Maledetto!
Era tuo fratello!”.
Un sibilo nel vento. Un
dardo nell’anima.
Il suo sguardo freddo era
posato su quel corpo inerme. Un corpo di un uomo che aveva combattuto e
aveva perduto.
La sua compagna di guerra
era accanto a lui, infranta. Distrutta.
Scintille di metallo e
sangue sparse per il terreno.
Lui si mosse lento verso
quella donna che tremava d’odio e terrore.
“Perché?”.
Domandò singhiozzante,
mentre lo vedeva avanzare. Strinse di più quel corpo che lento
diventava freddo.
“Mfh”.
Sbuffò di fronte a quel
perché infantile. Lei strinse di più il suo amato, forse nel vano
tentativo di riscaldarlo. Di riportarlo in vita.
“Era un errore. Una macchia nera sul
nostro casato”.
Lei chinò il capo e scostò
una ciocca dal viso dell’uomo che amava. Sorrise dolcemente, mentre
sfiorava le labbra fredde di colui che dormiva in eterno.
“Errore”.
Sussurrò tristemente.
“Il vero errore è stato questa insulsa
danza di morte. Questo duello nato per questa spada”.
Afferrò quel restava di
quella spada. Ancora brillava.
Poggiò delicatamente il
ragazzo a terra. Lo baciò per l’ultima volta.
“Non temere non sarai mai solo. Ti amo Inu
Yasha”.
Si alzò e strinse a sé quel
che rimaneva di quell’arma. Allungò le braccia verso l’assassino e con
voce ferma gli urlò.
“Sesshoumaru combatti contro di me! Contro
questa insulsa ningen che ha amato un Hanyou. Un errore! Come lo
definisci tu! Ma il vero errore è il tuo insano odio! Ti maledico
Youkai! Anche tu proverai il dolore della perdita! Arriverà il giorno
dove, incontrerai e salverai un angelo che ti porterà alla rovina…sarà
la tua caduta. Il sangue del tuo adorato casato finirà!”.
Lui non si scompose di
fronte a quella maledizione. Attese.
Lasciò che fosse lei a
lanciarsi contro di lui.
Incosciente.
Stupida come quell’errore.
Quell’ibrido nato
dall’unione di un essere supremo con la feccia.
Lei si lanciò verso di lui.
Sesshoumaru mosse il polso
e con eleganza trafisse il corpo di quella donna.
“Stupida
Kagome, speravi di uccidermi? Di porre fine alla mia vita con la tua
debole forza?”.
Lei sorrise ironicamente,
mentre staccava dal suo ventre la spada del suo assassino.
“No, ma almeno ci ho
provato…Sesshoumaru…provo pena per te…perché so che anche tu proverai
questo mio dolore…”.
Poggiò la mano sinistra sul
ventre sanguinate e si voltò. Si voltò verso il suo unico amore.
Cadde inginocchio.
“A…am…ore…mio…sto…ven…endo…da…te…”.
Biascicò, mentre si
trascinava verso di lui. Poggiò il capo sul suo freddo petto e chiuse
gli occhi, mentre le sue labbra erano piegate in un innocente sorriso.
Sesshoumaru, pulì la sua
spada con uno straccio, ma le macchie sull’elsa non si levarono.
Piccole stelle scarlatte
che adornavano la candida elsa.
Il suo stesso sangue
versato nell’odio di una vecchia faida.
Si voltò, mentre nella
mente risuonavano le parole di quella donna.
Parole di una sua imminente
disfatta.
Chinò il capo, mentre
quell’immagine svaniva nel fuoco, e lo posò su quel piccolo scricciolo
inginocchiato accanto a sé.
“Mio
Signore cosa significano?”.
Continuò a domandare, ma
lui non rispose. Che cosa poteva dire? Che cosa?
Silenzio.
Poggiò la sua mano sul
bracciolo e restò immobile a fissare il fuoco.
Lo scoppiettio riempiva la
stanza, come anche il placido respiro della bambina.
Socchiuse gli occhi, mentre
quelle parole ritornavano prepotenti nella sua mente.
La maledizione di una donna
morente.
D’un tratto sentì una fitta
nel petto.
Un dolore lancinante.
Aprì gli occhi di scatto.
Mai avrebbe creduto a ciò
che vedeva.
Colei che aveva salvato e
protetto era di fronte a lui e in mano teneva una spada spezzata.
Una vecchia spada che ben
conosceva ora imbrattata di sangue…del suo sangue.
La sua piccola ningen
l’aveva pugnalato al cuore.
Lei era in piedi di fronte
a lui e lo guardava freddamente, come lui tempo fa, quando aveva ucciso
suo fratello e la sua compagna.
Sentì un profondo dolore,
peggiore di quello fisico.
La perdita di una persona
cara.
Strinse gli occhi, intanto
piegava le labbra in un sorriso beffardo.
Lui, un essere supremo, era
stato sconfitto. Un angelo l’aveva ferito a morte.
Il suo orribile errore era
stato punito.
“Il mio
orgoglio di onnipotenza è stato punito. Ho ucciso un essere che ho
creduto inferiore. L’ho deriso…era mio fratello…il mio sangue che io ho
versato per colpa del mio insano orgoglio. Morirò per mano di colei che
ho salvato…la sua maledizione si è avverata…”.
Socchiuse gli occhi e chinò
il capo. Lenta la vita lo abbandonava, ma infondo non gli dispiaceva
morire.
Sentiva dentro di sé, un
senso libertà. Sì, era libero.
Libero da quell’errore
commesso contro il suo sangue.
Emise l’ultimo respiro e si
addormentò in eterno.
La piccola rimase in piedi
di fronte a lui e restò a fissarlo. A guardare la bellezza della morte.
Lasciò scivolare a terra la
spada spezzata, mentre continuava a guardare il suo signore.
Sorrise. Si porse verso di
lui e baciò il tiepido e pallido volto.
Si scostò e uscì dalla
stanza, mentre canticchiava.
“Il carnefice ha espiato la sua colpa con
il suo stesso sangue…”.
Fine
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Era una storiella nata per
Halloween, ma ho avuto un piccolo problema tecnico. In parole spicciole
non riuscivo a tornare mai a casa presto ç_ç.
Maledetto lavoro e studio è_é.
Comunque sia, l’ho postata lo stesso. La frase iniziale non mi
appartiene, ma l’ho presa gentilmente da una rivista al lavoro che
parlava sull’imminente fine del mondo. Una di quelle riviste un po’
dark, diciamo catastrofistiche che fanno un po’ sorridere. Mi piaceva e
da lì è nata questa piccola one shot.
Un bacione a chi leggerà, ma anche
a chi recensirà.
Ciao.
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