Tiramisù
Marco controllò l'ora sul pc: le
18.26.
Tentennò qualche secondo davanti alla
tastiera, indeciso sul da farsi, poi cliccò sul Desktop per
spegnere
il computer, sistemò i documenti sparsi sulla scrivania,
afferrò
giacca e ventiquattrore ed uscì dal suo ufficio.
Si affacciò di soppiatto sul corridoio
principale, quello che portava all'ascensore, e accertatosi che non
ci fosse nessuno nei paraggi, lo imboccò a grandi passi, ma
non
aveva percorso due metri che venne bloccato da un boato che esplose
alle sue spalle:
«Sorpresa!»
gridarono i suoi colleghi, comparendo magicamente in massa nello
stretto corridoio.
Marco
si irrigidì per lo shock, ma poi cercò di far
buon viso a cattivo
gioco e si voltò mostrando un sorrisetto forzato.
«Credevi
che ci fossimo dimenticati del tuo compleanno, eh?» lo
schernì
Gianluca, l'unico coetaneo dell'ufficio.
"No,
ma lo speravo" pensò lui.
«Ti
abbiamo organizzato una festa, non sai che faticaccia preparare tutto
di nascosto!» gli rivelò Marina, la segretaria
cinquantenne.
«Ehm,
già, mi avete proprio fatto una sorpresa»
mormorò imbarazzato il
giovane avvocato.
«Vieni»
disse Francesco, il tirocinante, prendendolo per un braccio e
scortandolo verso la sala riunioni. «Ti abbiamo preparato un
banchetto da re.»
Marco
lasciò che tutti i suoi colleghi lo baciassero, gli
stringessero la
mano e gli dessero pacche affettuose sulla schiena, si fece spostare
come un giocattolo da una parte all'altra della stanza senza riuscire
a protestare, ma desiderando abbandonare quel posto il prima
possibile.
Quando
ebbe un attimo di tregua, pescò il cellulare dalla sua
valigetta ed
iniziò a comporre un messaggio:
"Stasera
faccio tardi", e
fece appena in tempo a spedirlo, perché di nuovo venne
circondato
dai colleghi che volevano fargli gli auguri per il suo trentesimo
compleanno. Il cellulare venne abbandonato su un tavolino, e Marco fu
trascinato al centro della sala per spegnere le candeline che erano
state appoggiate sopra ad un tiramisù fatto da Marina.
Non
aveva idea di quanto tempo fosse passato, ma di sicuro aveva perso
anche l'ultimo treno per tornare a casa; non era un problema, avrebbe
chiesto un passaggio a Gianluca, ma voleva tornare al più
presto.
Peccato
che ci fossero ancora i regali da scartare, ed erano dannatamente
numerosi!
"Cavolo,
compio trent'anni, non tredici!" pensò Marco, anche se in
realtà tutte quelle attenzioni gli facevano piacere.
Quando
ritenne che fosse trascorso un tempo sufficientemente ragionevole,
chiese a Gianluca di dargli uno strappo a casa, ma passò
un'altra
mezzora, tra chiacchiere e ricerca del cellulare disperso, prima che
abbandonassero l'ufficio.
Controllò
il display del telefonino: "Ok" diceva l'ultimo
messaggio ricevuto, ma dubitava che fosse veramente così.
Virginia
doveva essere furiosa, considerato che anche la sera prima avevano
litigato e non si erano visti per tutto il giorno successivo, a causa
dei reciproci impegni lavorativi. Gli dispiaceva, non avrebbe voluto
trascorrere la sera del suo compleanno a discutere, per questo Marco
era così ansioso di tornare a casa.
Quando
finalmente varcò la soglia del suo appartamento, carico di
borse e
pacchetti, erano le dieci passate. Il bilocale era quasi
completamente al buio, fatta eccezione per la luce della cucina e
quella del televisore acceso e regolato con il volume al minimo, ma
sembrava non esserci nessuno.
Ad
uno sguardo più attento, però, si intravedeva un
paio di scarpe col
tacco posate sul bracciolo del divano e la cui proprietaria, avvolta
in un accappatoio rosa confetto, giaceva addormentata, rannicchiata
su un fianco.
Marco
si avvicinò silenziosamente, notando i capelli acconciati,
il trucco
elaborato e delle autoreggenti che sbucavano da sotto la vestaglia;
volse lo sguardo verso la cucina e trovò il tavolo
apparecchiato e
illuminato da due candele.
"Merda"
pensò amaramente. Si inginocchiò davanti a
Virginia e le scostò
delicatamente un ciuffo di capelli dal viso.
«Ciao...»
la salutò quando la vide aprire lentamente gli occhi.
«Oddio,
mi sono addormentata... che ore sono?»
chiese ansiosamente lei.
«Le
dieci passate. Ho fatto tardi, scusa.»
Lei
sbadigliò piano portandosi un mano davanti alla bocca e
stringendo
gli occhi come un gatto.
«Non
importa. Credevo fossi ancora arrabbiato con me.»
«Anch'io
credevo che tu fossi ancora arrabbiata. Ma volevo tornare presto,
solo che mi hanno fatto una sorpresa in ufficio...»
«Davvero?
Anch'io te ne avevo preparata una. Mi sono vestita come una
cretina...» ridacchiò la ragazza scostando un
lembo della
vestaglia, e rivelando un reggicalze, delle mutandine di pizzo e un
corsetto nero sul quale Marco passò la mano, accarezzandole
i
fianchi generosi e morbidi.
«Sì,
un po'! Lo sai che mi piaci anche in pigiama!»
Si
avvicinò al viso di lei e la baciò dolcemente.
«Sai
di cioccolato, cos'hai mangiato?» gli chiese Virginia.
«La
Marina ha fatto il tiramisù.»
Fu
allora che sul volto della ragazza apparve un'espressione delusa.
«Oh,
no, te l'ho preparato anch'io...»
«Non
ti preoccupare» la rassicurò Marco.
«Quello della Marina era un
mattone, e la crema al mascarpone sapeva troppo di uova. Ne ho
assaggiato solo una cucchiaiata. So che tu lo fai meglio!»
«Allora
ti va se ne mangiamo un fetta, e poi andiamo a letto?»
«Certo!»
«Tirami
su, va'. Mi si è incriccata tutta la schiena.»
***
Note:
una storiella semplice, che mi è venuta in mente in treno, e
come al
solito era molto più bella nella mia mente
ù_ù
Evidentemente
mentre sonnecchiavo avvolta nel cappotto e nella sciarpa mi sentivo
molto coccolosa ù_ù
Stavolta
non ho messo la ricetta perché ognuno ha la propria versione
di
tiramisù: ad esempio, io lo faccio con i frollini
perché i
savoiardi non mi piacciono!
Questa
storia è stata scritta per la challenge "Giro
dell'Oca"
organizzata da Writers
Arena Rewind.
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