Ti innamorerai di me, ma non sarò io con te di MedusaNoir (/viewuser.php?uid=85659)
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Aurora è da poco
diventata la cantante di un
gruppo, i Moonlight Sonada, per inseguire il batterista dei suoi sogni,
Ettore.
Ha fatto così la conoscenza di Manuel, bassista, e Simona,
seconda chitarrista,
ma colui che suona in modo tanto sensuale la sua Fender nera
è pronto a fare di tutto
per conquistare il cuore di Aurora.
Ti
innamorerai di me, ma non sarò io con te
- Perché non usciamo
domani?
Aurora alzò lo sguardo
dal nuovo testo che Manuel le aveva consegnato pochi minuti prima e lo
rivolse
a Marco.
– Io e te?
Erano passati due mesi
da quando era entrata nel gruppo e Marco era l’unico con cui
avesse davvero
legato, passando con lui le pause durante le prove a parlare di Cat
Stevens o
George Lucas; tuttavia, non si era aspettata una richiesta di
appuntamento da
parte sua, forse perché la sua mente era totalmente
concentrata su un’altra
persona.
- Ehi, cos’è questa
espressione disgustata? Guarda che sono un ottimo ragazzo da presentare
ai
genitori! Ti riporto anche a casa alle dieci e senza bacio della
buonanotte.
La ragazza arrossì e
lanciò ad Ettore uno sguardo fugace, quasi colpevole, che
Marco intercettò,
rabbuiandosi.
- Ma se non puoi…
-
Non me la sento ancora, scusa – rispose Aurora, chinando
la testa. – Ho… dei pensieri piuttosto fastidiosi
in questo momento, preferisco
rimandare.
-
Prima o poi mi dirai di sì – le sorrise Marco.
♫
-
Non ci credo.
-
Nemmeno io.
-
Dammi un pizzicotto.
-
No, se è un sogno ho paura di svegliarmi… AHIA!
-
Eh, tu non me lo davi! Ma se hai urlato…
Aurora
e Silvia si scambiarono uno sguardo incredulo, poi si
afferrarono le mani e cominciarono a urlare emozionate.
-
AAAAAH! Non posso crederci, non è possibile!
-
Nemmeno iooo!
-
Che succede, ragazze?
Manuel
si affacciò alla porta della loro stanza, facendo
l’occhiolino.
-
Niente, siamo solo… - rispose Aurora. – Qual
è la parola?
-
Emozionate per il primo concerto “in trasferta”?
– le
venne incontro Heather, raggiungendo il suo fidanzato.
Qualche
giorno prima, al termine delle prove, Manuel aveva
annunciato ai Moonlight Sonada di essere riuscito a far partecipare il
gruppo a
un contest che si sarebbe tenuto a Rimini. Aurora, su di giri, aveva
chiesto a
Silvia, sua amica e fedele accompagnatrice alla prove della band, di
andare con
loro, e lei aveva accettato entusiasta. Purtroppo, però,
pochi giorni prima
della partenza Simona aveva scoperto che l’ultimo esame che
le mancava alla
laurea era stato spostato e così aveva dovuto rinunciare; al
suo posto avrebbe
suonato Manuel, mentre al basso ci sarebbe stato Davide, un suo amico.
In
quel momento Aurora e Silvia si trovavano in una stanza
d’albergo accanto a quelle degli altri componenti del gruppo:
Manuel dormiva
con Heather e Davide con Marco, anche se loro – ci tenevano a
precisare – non
avrebbero “dormito” proprio come avrebbe fatto
Manuel con la fidanzata; Ettore,
invece, avrebbe alloggiato a casa della sorella. Il concerto sarebbe
stato il
giorno dopo, il gruppo avrebbe dovuto suonare in una sorta di sfida
musicale
con artisti provenienti da tutte le regioni italiane.
-
Ehi, la vostra stanza è più grande della nostra!
– notò
Heather, entrando. – Vorrà dire che organizzeremo
tutto qui.
-
Tutto cosa? – chiese Silvia, sospettosa.
Manuel
e Heather si limitarono a rispondere con un
sorrisetto enigmatico, e mezzora dopo tutto il gruppo era stipato nella
stanza
delle due ragazze. Davide si faceva largo trasportando due bottiglie di
spumante per festeggiare.
-
Ma non è ancora troppo presto? Il concerto è
domani! –
esclamò Aurora.
Marco
si lasciò cadere sul letto accanto a lei e le
passò un
bicchiere di vino rosso. – Ma domani saremo troppo
demoralizzati dal fatto di
essere arrivati ultimi. Ho rubato una bottiglia di vino –
spiegò, mostrandole
la refurtiva che nascose immediatamente sotto al letto. – Se
non dici niente
agli altri, posso dividere il bottino con te.
-
Ci sto – acconsentì Aurora, felice che le cose tra
lei e
il ragazzo non fossero cambiate da quando lui l’aveva
invitata ad uscire,
ottenendo solo un rifiuto.
Si
ritrovarono a chiacchierare per tutta la sera, scherzando
su come Manuel si sarebbe presentato sul palco il giorno dopo o su
quanto ci
avrebbe messo Davide, ubriaco, a infilarsi nel letto dei due fidanzati
per
sbaglio.
Verso
le undici, Manuel batté le mani, cercando
l’attenzione
di tutti. – Che ne dite di andare a fare un giro? La notte
è giovane!
-
Oh, no – esclamarono in coro Aurora e Marco.
-
E voi restate qui – disse Davide, passando tranquillamente
un braccio intorno alle spalle di Silvia, un gesto amichevole e casuale
che la
fece avvampare.
-
Vecchi! – commentò Manuel uscendo.
-
E ne siamo fieri! – ribattè Marco. Non appena i
loro amici
furono usciti dalla stanza, tirò fuori la bottiglia di vino.
– Eravamo troppo
stretti in sei, non riuscivo a muovermi senza farmi vedere. Ad ogni
modo, ecco
il nostro bottino -. Versò il vino nel bicchiere di Aurora,
rischiando di farlo
cadere sul letto.
Parlarono
di tutto ciò che venne loro in mente mentre
sorseggiavano il vino, che da una bottiglia divenne due, poi tre,
grazie alle
perlustrazioni di Marco tra le scorte che Manuel teneva in camera.
-
Ma quante ne ha? – chiese Aurora, sorpresa.
-
Probabilmente vuole far ubriacare Heather e darsi alla
pazza gioia domani sera. Ah, i plebei hanno bisogno di ricorrere a
certi
mezzucci, mentre io sono sul letto di una ragazza da prima che
cominciasse a
bere!
Non
si accorsero neanche di essersi addormentati, non
sentirono neanche i loro amici rientrare; Silvia aprì la
porta, li trovò
distesi sul letto l’uno accanto all’altra, sorrise
e fu ben lieta di accettare
l’offerta di dormire nella camera di Davide al posto di
Marco. Quando il sole
cominciò ad illuminare la stanza, Aurora aprì gli
occhi e vide il ragazzo
dormire beatamente; ai piedi del letto c’erano tre bottiglie
di vino vuote.
La
sua prima reazione fu un sussulto confuso, non
ricordandosi inizialmente perché si trovasse in quella
situazione, ma poi le si
affacciarono alla mente parecchi dettagli della sera precedente. Si
mosse per
andare al bagno, però qualcosa la teneva ancorata al letto:
Marco si era
addormentato sopra il suo braccio e solo ora lei cominciava a sentirne
il peso.
Però,
pensò, era veramente un bel ragazzo.
Prima
aveva sempre considerato il suo lato divertente, ma
ora che non apriva bocca riusciva a vedere il profilo del suo viso, a
osservare
con chiarezza ogni dettaglio. Sorrise, mentre lui nel sonno sospirava e
si girava,
lasciandole finalmente libero il braccio.
Si
alzò e si diresse in bagno, pensando che forse sarebbe
stato meglio rendersi almeno decente per quando lui si sarebbe
svegliato.
♫
-
Aurooooraaaaa, puoi apparecchiare? – urlò Simona
dalla
cucina. In quel momento qualcuno suonò il campanello.
– Aurooooraaaaa, puoi
aprire?
Aurora
sbuffò, lasciando la tovaglia ancora piegata sopra il
tavolo e avvicinandosi alla porta. Magari era Silvia, che ancora non si
era
degnata di arrivare.
Il
ragazzo che si trovò davanti aprendo la porta,
però,
aveva ben poco di Silvia: indossava una camicia rosso scuro, tendente
al
violaceo, un paio di jeans abbastanza aderenti e occhiali da sole. No,
decisamente Silvia non era solita avere quella tenuta.
Aurora
improvvisò un inchino e gli fece cenno di entrare.
–
Accomodati. Simona in cucina, per adesso siamo solo noi.
-
Uhm, triangolo – scherzò Marco, togliendosi gli
occhiali
da sole.
-
Mi sa proprio di no: se distrai Simona mentre sta
cucinando, credo ti ritroveresti senza una parte di te molto importante.
-
Meglio non indagare oltre, mi accontenterò di te. Cosa
suggerisci?
-
Beh – disse Aurora, tornando verso il tavolo e prendendo
la tovaglia. – Abbiamo da fare qui.
Marco
finse di strabuzzare gli occhi con aria sorpresa. –
Ma… dici sul serio? Direttamente sul tavolo? Mi dispiace, ma
credo dovremo
conoscerci un po’ meglio: il divano potrebbe essere un buon
inizio!
Aurora
gli diede un leggero schiaffo sulla spalla. – Ma
piantala! Ecco, prendi la tovaglia e aiutami: detesto apparecchiare.
-
Davvero? Non è poi così male, basta pensare che
non lo
stai facendo.
-
Uhm, consiglio davvero utile.
-
Sul serio! Ecco -. Marco alzò la tovaglia, lasciandola
posarsi delicatamente sul tavolo. – Immagina di metterla
perché devi fare sesso
e non vuoi sporcare, altrimenti Simona ti tira il mestolo.
Aurora
rise. – Va bene, e i piatti?
-
Ancora meglio – esclamò Marco, afferrando la pila
di
piatti poggiata sopra un mobile. – Gioco erotico del cibo:
qui ci sono tante
prelibate pietanze e puoi scegliere quale passare sul, facciamo mio,
corpo. E
allora scegli un po’ di spaghetti belli sugosi da mettere sul
petto, sai che
divertimento leccarli via? Poi ci sono i bicchieri, per quando devi
riprenderti
dalla foga e bere qualcosa: io posso disidratare, te
l’assicuro. E le posate…
-
Fammi indovinare – lo interruppe Aurora, puntando
scherzosamente verso di lui un coltello. – Sadomaso, non
è vero?
Marco
arricciò il naso. – Sì, ma potresti
anche tagliuzzarci
gli spaghetti se non riesci a mangiarli interi. Infine abbiamo i
tovaglioli…
-
E questi cosa avrebbero di erotico?
Il
ragazzo si sporse dall’altro lato del tavolo verso di
lei, portando un tovagliolo all’altezza delle loro bocche.
-
Per pulire il tutto dopo, no?
Lo
sussurrò, quasi le stesse rivelando un segreto
impronunciabile ad alta voce, e lei divenne immediatamente rossa; anche
le
guance di Marco si chiazzarono leggermente dello stesso colore, ma si
allontanò
subito dal suo viso, che in quel momento era a pochi centimetri dal
proprio, e
sistemò l’ultimo tovagliolo.
-
E il gioco è fatto – esclamò.
♫
-
Luuuunaaaa Paaaaark!
Aurora
si portò una mano alla fronte, rassegnata, guardando
Silvia correre a braccia aperte verso i giochi.
-
Quanti anni ha? – chiese Davide, facendo una smorfia
divertita, prima di raggiungerla camminando tranquillamente.
-
Poverina, devi sobbarcarti un grosso carico… -
sospirò
Marco. – Giro sulle montagne russe?
-
Ehm…
-
Casa dei fantasmi?
-
Ehm…
-
Altra roba che fa vomitare o mette paura?
-
Eeehm…
-
Perfetto. Andiamo sulla giostra con i cavalli di legno:
sei la mia donna ideale.
Aurora
scoppiò a ridere, seguendo il ragazzo mentre si
avvicinava alla giostra più innocua del Luna Park.
-
Anche se – proseguì Marco dopo avere acquistato i
biglietti. – Un giro nella casa dei fantasmi sarebbe stata
un’ottima occasione
per farmi stringere da una bella ragazza. O stringerla.
La
ragazza sarebbe probabilmente rimasta immobile dov’era
dopo quel parole, se Marco non le avesse afferrato la mano
trascinandola sulla
giostra. Sentì un calore strano attraversarle il braccio,
come se quel contatto
non le dispiacesse affatto. Per gran parte del giro sulla giostra, si
chiese
perché stesse provando certe emozioni: non era Marco quello
per cui aveva perso
la testa, ma era Ettore, il ragazzo che li stava osservando da una
panchina con
una birra in mano… e che sembrava stringerla con
più forza del necessario.
-
Qui potrei stringerti? – chiese Marco improvvisamente.
-
Cosa? – esclamò Aurora, confusa.
-
Non hai paura di questi inquietantissimi cavalli rosa?
Dai, non ne ho mai visti di questo colore, dev’esserci per
forza qualcosa di
strano…
Mentre
lo diceva, Marco si era avvicinato di più al volto
della ragazza, per non farsi sentire dai bambini seduti beatamente su
due di
quei cavalli rosa. Quando ebbe terminato la frase, la
guardò, serio, ma non
poté fare altro perché il giro era appena
terminato.
Aurora
ne approfittò per scivolare giù dalla giostra,
imbarazzata; tuttavia, prima che potesse raggiungere i suoi amici in
fila per
le montagne russe, Marco le afferrò il braccio e la
tirò a sé. Senza darle il
tempo di riflettere, aveva poggiato le labbra su quelle della ragazza,
avido,
mentre affondava le dita nei suoi capelli neri. Aurora
sussultò, ma non aveva
il coraggio, né la volontà, di sottrarsi a quel
bacio, come se in fondo ci avesse
sperato… L’unica cosa che la spingeva ad
allontanare Marco era la
consapevolezza che Ettore fosse dietro di loro ad osservare la scena.
Prima
di poter decidere altro, qualcuno, passando, la urtò
violentemente sulla spalla. Per la botta Aurora staccò le
proprie labbra da
quelle di Marco, interrompendo il bacio, e cercando di capire chi
l’avesse
urtata notò Ettore allontanarsi tra la folla.
Dietro
di sé aveva lasciato la lattina di birra, stritolata
a dovere.
♫
Aurora
chiuse la chiamata, riponendo il telefono nella
tasca. Marco non rispondeva, doveva essere ancora arrabbiato per come
lei aveva
“trattato male” la sua Fender: l’aveva
solo fatta cadere, cavolo! A quanto
sembrava, però, quello doveva essere per Marco un gesto di
terribile insolenza,
visto che non le aveva rivolto la parola da quando avevano cominciato
le prove;
poi era volato via, lasciandola lì da sola ad incamminarsi
verso la stazione,
proprio quel giorno che Silvia non era venuta.
Sospirò:
la loro storia era appena iniziata e già si
ritrovavano a litigare per motivi del genere!
Girò
a destra, poi di nuovo a destra, ma si ritrovò vicino
alla sala prove. Decise allora di prendere la strada meno rassicurante,
anche
se doveva essere quella giusta per esclusione.
Si
incamminò, cercando di combattere l’ansia che quel
viale
notturno le dava ascoltando un po’ di musica, ma si rese
presto conto che
mettersi le cuffie non era stata per niente una buona idea.
Una
mano si posò sulla sua spalla, facendola voltare di
scatto. Le facce che si trovò davanti non erano per niente
rassicuranti: aveva
avuto ragione sulla strada.
Si
tolse una cuffia per sentire ciò che quei due ragazzi
volevano, sapendo che scappare sarebbe stata un gesto troppo avventato.
-
Ehi, ragazzina, dico a te. Non ci senti, per caso? –
esclamò uno dei due, senza smettere di tenere la mano sulla
spalla di Aurora.
-
Dai, Vale, non vedi che portava le cuffie? – disse
l’altro. Si chinò sul suo viso, facendola
indietreggiare. – Questa qua ha
paura. Ehi, Vale, che facciamo?
-
Ma come, non si fida di noi? Eppure siamo semplicemente
due ragazzi che vogliono divertirsi un po’… Per
girare da sola in questi posti,
direi che anche tu avevi voglia di divertirti!
Il
ragazzo che aveva parlato per primo le tirò con forza la
felpa, tentando di toglierla, e a quel punto Aurora non
trovò altra via
d’uscita che scappare. Si mise a correre più
velocemente che poteva verso il
teatro, ma all’improvviso il secondo ragazzo si
lanciò su di lei, gettandola a
terra.
-
Presa! – esultò.
Non
ebbe il tempo di rallegrarsi, però, perché
qualcuno lo
calciò via con violenza. Aurora non riusciva a vedere di chi
si trattava,
sentiva solo il primo ragazzo urlargli di non immischiarsi in faccende
che non
lo riguardavano. Il suo salvatore per tutta risposta tirò
anche a lui un calcio
nello stomaco, facendolo piegare in due. Aurora sollevò la
testa appena in
tempo per vedere il ragazzo che si era lanciato sopra di lei tirare
fuori dalla
tasca un coltellino.
-
Attento! – gridò istintivamente, facendo voltare
il terzo
ragazzo.
Ettore?
Il
ragazzo non fece in tempo a difendersi, si limitò a
scansarsi e il suo avversario lo graffiò in viso; per tutta
risposta, Ettore si
lanciò alla carica contro di lui, facendo volare via il
coltellino. In quel
momento si sentì in lontananza il rumore di un auto e il
primo ragazzo scappò
via, seguito immediatamente dall’altro.
Ettore
li lasciò fare, voltandosi immediatamente a
controllare come stesse Aurora.
-
Tutto bene? – le chiese.
-
S-sì – balbettò lei, afferrando la sua
mano e alzandosi. –
Mi sono… solo spaventata.
Ettore
la vide tremare e si sforzò, nonostante la rabbia, a
farle un sorriso d’incoraggiamento. – Ora puoi
stare tranquilla, è tutto a
posto.
-
Grazie… grazie davvero. Io non so…
Aurora
stava per scoppiare in lacrime. Si sentiva una
stupida: il peggio era appena passato, ma ora che non temeva
più per la propria
vita l’onda di sollievo si trasformò in paura.
Ettore le passò un braccio
dietro alla nuca e la strinse a sé, permettendole di
sfogarsi. La ragazza era
talmente spaventata per ciò che era appena successo che non
si rese neanche
conto di essere tra le braccia di Ettore.
Lui
la lasciò andare dopo qualche minuto, quando sembrava
avere pianto abbastanza, e Aurora allora notò il sangue che
gli colava sotto lo
zigomo sinistro.
-
Ti sei ferito – mormorò, tirando su con il naso.
In quel
momento il telefono squillò.
-
Aurora, dove sei? – disse la voce di Marco. –
Scusa, ti ho
lasciata a piedi… Ti sei già incamminata?
-
No, sono ancora qui – mentì Aurora per non farlo
preoccupare, asciugandosi gli occhi con la mano libera.
A
quelle parole, Ettore alzò la testa, guardandola.
-
Meno male – esclamò Marco. – Non avrei
dovuto lasciarti
sola, non è un bel quartiere. Resta davanti alla sala prove,
ok? Fra un attimo
sono da te.
-
Va bene.
Quando
Aurora ebbe attaccato, il sorriso sul volto di Ettore
era sparito. Camminò accanto a lei fino alla sala prove, poi
si incamminò verso
la propria macchina, limitandosi a salutarla con un cenno della mano;
tuttavia,
rimase appostato finché Marco non arrivò a
prenderla.
♫
-
Ti stai divertendo? – chiese Marco.
-
Sì – rispose Aurora, prendendogli la mano.
– Abbiamo fatto
bene a tornare qui.
-
Eccome, è la culla del nostro amore! –
scoppiò a ridere il
ragazzo.
Quel
giorno il gruppo si trovava al Luna Park vicino Roma.
Aurora aveva suggerito un buon posto dove passare gli ultimi giorni di
vacanza
e Manuel era stato felicissimo di accogliere l’idea.
-
Noi andiamo a fare un giro alla Casa dell’Orrore! –
esclamò Silvia emozionata, passando accanto a loro di corsa;
Davide, dietro di
lei, la seguì rivolgendole un sorrisetto divertito.
– Venite anche voi?
Marco
fece una smorfia. – Non ci penso proprio.
-
Hai paura? – lo prese in giro Manuel.
-
Sì, ho paura.
-
Oh -. Manuel sembrava non trovare niente da ribattere.
-
Non viene nemmeno tu, Aurora? – chiese Heather. –
Segui
quel barboso del tuo fidanzato?
-
No, io vengo – esclamò lei. – Me la
faccio sotto, però una
volta voglio provare ad entrare.
Appena
ebbero finito la fila della Casa dell’Orrore, i
ragazzi stabilirono i posti.
-
Allora, io vado con Heather – disse Manuel.
-
E ti pareva – commentò Davide.
-
Tu vai con Silvia -. Manuel fece l’occhiolino alla
ragazza, che lo ricambiò di nascosto. – Quindi
Aurora va con Ettore. Va bene
così? Sì, va bene, quindi andiamo!
Aurora
non era molto convinta della sua coppia, soprattutto
per il fatto che, dopo la sera in cui l’aveva difesa, Ettore
aveva praticamente
smesso di rivolgerle la parola, se non durante le prove, ma non disse
niente
per paura che, scombinando le coppie, Silvia non avrebbe potuto avere
l’occasione di farsi stringere tra le braccia di Davide;
perciò salì sulla
navetta accanto a Ettore, azzardando un sorriso che lui
ricambiò forzatamente.
Dopo
che il portone si fu richiuso dietro di loro, Aurora si
rese conto che sarebbe stato più difficile di quanto aveva
immaginato cercare
di mantenersi tranquilla: si ritrovava da sola con Ettore in una
situazione del
genere!
In
quel momento la sagoma di una strega apparve alla sua
sinistra, facendola sobbalzare verso Ettore; il ragazzo sorrise, questa
volta
sinceramente, e Aurora balzò di nuovo al suo posto quando si
rese conto della
vicinanza.
-
Non farti scrupoli, se hai paura – le disse Ettore.
-
Ti sembrerò una fifona…
-
Non lo sei – la interruppe. – Mi sembra che tu
abbia
saputo mantenere il sangue freddo l’altra volta.
Aurora
si sentì arrossire dall’imbarazzo ricordando
quella
sera, soprattutto quando il pensiero si focalizzò
sull’immagine di sé stretta
tra le braccia del ragazzo; un altro manichino spuntò dal
muro, facendola
sussultare con più forza. Istintivamente si
lanciò verso Ettore, cercando
protezione.
-
Non puoi fare così –
l’avvertì lui.
-
Scusa, avevi detto…
-
Non puoi stare con lui, ma cercare conforto con me.
Non
le diede il tempo di ribattere, la strinse con forza e
la baciò. Lei rimase interdetta, sentendosi in colpa per
Marco, e tentò di
liberarsi dalla stretta, ma lui l’abbracciò con
più impeto, affondando una mano
nei suoi capelli e infilando l’altra nella sua maglietta,
accarezzandole la
schiena. Aurora voleva impedirgli di baciarla, tenendo la bocca chiusa,
ma lui
le infilava a forza la lingua, costringendola ad assecondare il suo
bacio.
Poco
lontano il portone dell’uscita si stava aprendo; Ettore
la lasciò andare immediatamente, tornando al proprio posto
come se non fosse
successo niente.
-
Ti vedo sconvolta – esclamò Marco quando lei fu
scesa
dalla navetta. – Heather ha detto che Manuel ha urlato tutto
il tempo: ha
dovuto pensarci lei, a tranquillizzarlo! Tutto bene? –
aggiunse, vedendo che Aurora
continuava ad essere pallida. La strinse dolcemente a sé,
baciandole la testa.
– Dai, anche se ti sei messa paura, tutto ciò che
è successo lì dentro resta lì
dentro. Non c’è bisogno di essere ancora
spaventata -.
♫
-
LO SAPEVI! – urlò Marco, lanciando via la Fender,
che
cadde fragorosamente al suolo.
Simona
si voltò, smettendo di suonare, per capire cosa
stesse succedendo.
-
LI HAI LASCIATI SOLI APPOSTA!
-
No, non è vero… Marco, cerca di
calmarti… - disse Manuel,
poggiando una mano sulla spalla dell’amico.
-
Sì, invece! Perché hai lasciato che entrassero
nella Casa
dell’Orrore insieme? Sapevate tutti che, prima di mettersi
con me, Aurora era
pazza di Ettore! Potevi chiuderli direttamente in una stanza!
-
Pensavo fosse tutto chiarito ormai.
I
due ragazzi si voltarono, concentrando l’attenzione su
Ettore. Marco allontanò Manuel con un gesto secco,
avvicinandosi al suo rivale.
-
Aurora mi aveva detto di averci pensato molto prima di
lasciarmi -. Guardò la sua ex ragazza, che si era fatta
piccola dietro Silvia.
– Non è andata così, vero? A sentire
Manuel, vi siete divertiti alle mie spalle
quando siamo stati Luna Park
-
E’ vero, è successo qualcosa –
confermò Ettore.
-
Potevi non salire con lei, sapevi in che modo sarebbe
potuta finire!
-
Non lo avevamo programmato…
-
Ma certo: portare una ragazza nella Casa
dell’Orrore… Chi
mai penserebbe che l’avevate programmato? Un caso
straordinario! -. Afferrò la
giacca e si allontanò, adirato, scoccando
un’ultima occhiata di disprezzo ad
Aurora. – Mi fai schifo.
In
quel momento il pugno di Ettore raggiunse il suo viso,
scaraventandolo a terra. – Ritira subito ciò che
hai detto!
-
Non ci penso nemmeno: mi fate schifo entrambi!
Manuel
afferrò il braccio di Ettore, impedendogli di
attaccare di nuovo. – E’ colpa tua, lo sai
– gli sussurrò all’orecchio.
-
Me ne vado, non voglio più avere niente a che fare con
voi! Il gruppo è sciolto!
I
ragazzi lo guardarono allontanarsi, impotenti, sapendo
bene che cercare di fermarlo avrebbe significato solo farlo infuriare
di più.
-
E’ tutta colpa mia – esclamò Aurora,
quando gli altri se
ne furono andati, demoralizzati.
-
Manuel dovrebbe imparare a starsi zitto – sospirò
Ettore
cingendola a sé. – Lo so, ho fatto male a
strapparti via da Marco, ma ti
desideravo così tanto…
Cominciò
a baciarle il collo, ma lei tentò di divincolarsi.
-
Non è il momento, abbiamo già creato troppi
casini.
-
Appunto: ormai il danno è fatto, freghiamocene. Voglio
stare con te, dimenticati di Marco -.
♫
Marco
entrò nella sala prove mentre Aurora provava con
Ettore; la ragazza si interruppe un momento, stupita
dall’arrivo del ragazzo
che non si era fatto vedere da giorni, poi riprese a cantare. Lo
guardò
imbracciare la chitarra senza dire una parola e cominciare a suonare
accanto a
Manuel, che aveva evidentemente le lacrime agli occhi per la
felicità; non
appena ebbero finito la canzone, abbracciò Marco, stando
attendo a non urtare
la sua chitarra.
-
Mi sei mancato!
Marco
tentò un sorriso, poi cominciò a suonare un altro
pezzo.
La
vicinanza del ragazzo fece stonare Aurora varie volte.
Notando la sua agitazione, Heather sussurrò qualcosa
all’orecchio di Manuel,
che annuì senza smettere di suonare.
Marco
non posò mai lo sguardo né su Ettore, che se ne
andò a
metà serata, né su Aurora per tutta la durata
delle prove; quando finalmente
furono finite, Manuel ringraziò tutti e diede loro
appuntamento per la
settimana successiva. Aurora lanciò un’occhiata
fugace a Marco uscendo, ma lui
non ricambiò, apparentemente troppo intento a trasportare
gli strumenti nella
macchina di Manuel per accorgersi di altro.
-
Oh, cavolo! – esclamò Heather, frugando nella
borsa,
quando furono usciti quasi tutti dalla sala prove. – Non
trovo il telefono,
devo averlo lasciato giù… Aurora, mi faresti un
favore? Ho i tacchi, non mi va
di scendere di nuovo, e Manuel si lamenterebbe di essere troppo stanco
per aver
trasportato il microfono: puoi scendere a prenderlo tu? Dovrebbe stare
sopra al
tavolinetto.
-
Va bene – acconsentì Aurora. Mentre scendeva le
scale,
incontrò Marco che teneva tra le mani un amplificatore, ma
fece finta di niente.
Entrò
nella stanza e cercò dovunque, ma del cellulare non
c’era traccia. Quando aveva ormai perso le speranze, si
voltò per tornare dagli
altri e si trovò di fronte Marco, che lasciò
l’amplificatore a terra.
-
Hai chiuso tu la porta? – le chiese.
-
No. Potrebbe essersi richiusa dietro di me…
Marco
sospirò. – Ne dubito. Non si apre e quando
è così… -.
Controllò il messaggio che gli era arrivato al cellulare in
quel momento. –
Appunto.
-
Cosa succede?
Mostrò
il messaggio. – Ci hanno chiusi qui, verranno a prenderci
domattina. E Manuel ha anche avuto il coraggio di mettere il cuoricino
finale.
Aurora
si sentì prendere dall’ansia. –
Ma… domattina? Io
devo tornare a casa! Chi dice a mia madre che resto a Roma?
Non…
-
Abbiamo ancora i cellulari, il regime ha dimenticato di
confiscarceli – la interruppe Marco, sedendosi sul divano.
– Puoi chiamarla.
Potresti chiamare anche i soccorsi per farci aprire, ma credo faremo la
figura
dei cretini. Se non è un problema per te, possiamo restare
qui.
Aurora
alzò lo sguardo su di lui, incontrò i suoi occhi
e
arrossì. Passare la notte da soli, chiusi nella sala prove?
Dovevano proprio
volere che qualcosa si risolvesse.
Sospirò
anche lei e si sedette sulla poltrona di fronte a Marco.
– Spero almeno ci sia qualcosa da mangiare qui.
-
Sì, c’è qualche pacchetto di patatine e
una bottiglia
d’acqua, dovrebbero bastarci.
-
Mi accontento di poco.
Rimasero
in silenzio per qualche minuto, poi Marco parlò.
-
Inutile girarci attorno: cos’è successo tra te ed
Ettore?
Non mi pare vi siate messi insieme, oggi stavate attenti anche a
sfiorarvi.
-
Ah, quindi ci hai guardati – disse lei, acida.
Marco
alzò un sopracciglio. – Sì, vi ho
guardati, anche più
spesso di quanto avrei dovuto. Allora?
-
No, non ci siamo messi insieme – rispose Aurora dopo un
po’.
-
Beh, tutti qui? Non vorrai farmi pensare che c’è
stato
solo il bacio di quella volta!
-
C’è stato altro qui, in sala prove -
confessò.
-
L’ultima volta che sono venuto?
-
Sì, dopo che te ne sei andato.
-
Almeno non l’avete fatto davanti a me. Carino da parte
vostra. Com’è stato? Emozionante? Eccitante? Lo fa
meglio di me?
Aurora
avvampò, cercando di scacciare quel pensiero. –
Che
razza di domande sono?
-
A me sembrano piuttosto lecite.
-
Non ti ho neanche detto se abbiamo fatto sesso!
-
Stiamo parlando di Ettore.
-
Va bene! – sbuffò Aurora, alzandosi in piedi.
– L’abbiamo
fatto quel giorno, e anche un altro paio di volte, contento?
-
No, per niente.
-
E allora smetti di fare domande a cui non vuoi ricevere
risposte! -. Si diresse verso l’uscita, tenendo il cellulare
in alto alla
ricerca di campo. – Accidenti, non prende! Non mi importa di
fare la figura dei
cretini, io una notte con te non ci resto!
Marco
la raggiunse rapidamente e la spinse al muro,
facendole cadere il cellulare. Si abbassò sul suo collo,
respirandole contro.
-
Cos’hai provato? – sussurrò. –
Cos’hai provato mentre ti
leccava la pelle? Hai pensato a me?
Un
brivido attraversò la schiena di Aurora, che non riusciva
a muoversi, o forse non voleva.
-
Chiudendo gli occhi, non hai immaginato il mio corpo?
Almeno per abitudine dovrebbe esserti capitato…
Deglutì:
sì, le era capitato, e non una volta sola.
-
Ti sei risvegliata accanto a lui?
-
No… - mormorò.
Marco
non sapeva se quel “no” fosse una risposta alla sua
domanda, se spiegasse che i loro rapporti non erano mai durati una
notte
intera, ma erano solo stati incontri occasionali, o se lei gli stesse
implorando di non continuare. Infilò una mano sotto la sua
maglietta,
toccandole il ventre; Aurora avvertì il calore delle sue
dita, fu per lei come
un sollievo.
-
Sei capace di fermarmi?
-
No…
Questa
volta lo disse tra le lacrime. Marco si lanciò sulla
sua bocca, baciandola come non l’aveva mai baciata prima,
colpito da
un’emozione che rischiava di distruggerlo se non avesse fatto
qualcosa. Lei le
circondò le spalle con le braccia, tirandolo a sé
e ricambiando il bacio con
foga, come se in fondo non avesse aspettato altro. Scesero le scale
senza
staccarsi, urtando un vaso che si fracassò a terra, ma loro
si limitarono a
calpestarne i cocci e a rientrare nella sala prove.
Marco
adagiò Aurora sul divano e le slacciò i bottoni
della
camicetta. Avrebbe voluto andare più veloce, ma
l’emozione glieli faceva
togliere uno alla volta, rendendo l’attesa insopportabile. Le
sfilò la
camicetta, lasciandola sotto la sua schiena, e si tolse la maglietta;
le mise
le mani tra i capelli, cercandola, respirandola, assaporando quelle
labbra che
credeva di avere perduto.
Si
tolse in fretta i jeans e finì di spogliarla; la
guardò
negli occhi un’ultima volta prima di andare avanti. Aurora si
aggrappò alla sua
schiena con le unghie per la paura che lui potesse sfuggirle da un
momento
all’altro.
-
Ci sono – le sussurrò Marco
all’orecchio, interpretando i
suoi pensieri. – Non ti libererai facilmente di me.
Sorrise
e lei lo vide così bello, così pieno
d’amore da
lasciarsi andare. Rimase sotto il peso piacevole del suo corpo, gli
baciò le
spalle, e infine Marco cadde accanto a lei, felice, rivolgendole quel
sorriso
che le faceva tanto battere il cuore. L’avvolse con un
braccio, la strinse a
sé.
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