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Autore: MedusaNoir    12/11/2011    3 recensioni
Marco ha appena chiesto ad Aurora di uscire con lui, che risposta dovrebbe ricevere?
Se pensi che Aurora debba accettare la sua proposta, continua a leggere “Sulle note di Cat Stevens”.
Se pensi invece che non sia ancora pronta a lasciarsi alle spalle Ettore, scopri cosa succederà…
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Storie a bivi - Aurora e Marco'
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Aurora è da poco diventata la cantante di un gruppo, i Moonlight Sonada, per inseguire il batterista dei suoi sogni, Ettore. Ha fatto così la conoscenza di Manuel, bassista, e Simona, seconda chitarrista, ma colui che suona in modo tanto sensuale la sua Fender nera è pronto a fare di tutto per conquistare il cuore di Aurora.

Ti innamorerai di me, ma non sarò io con te

- Perché non usciamo domani?

Aurora alzò lo sguardo dal nuovo testo che Manuel le aveva consegnato pochi minuti prima e lo rivolse a Marco.

– Io e te?

Erano passati due mesi da quando era entrata nel gruppo e Marco era l’unico con cui avesse davvero legato, passando con lui le pause durante le prove a parlare di Cat Stevens o George Lucas; tuttavia, non si era aspettata una richiesta di appuntamento da parte sua, forse perché la sua mente era totalmente concentrata su un’altra persona.

- Ehi, cos’è questa espressione disgustata? Guarda che sono un ottimo ragazzo da presentare ai genitori! Ti riporto anche a casa alle dieci e senza bacio della buonanotte.

La ragazza arrossì e lanciò ad Ettore uno sguardo fugace, quasi colpevole, che Marco intercettò, rabbuiandosi.

- Ma se non puoi…

- Non me la sento ancora, scusa – rispose Aurora, chinando la testa. – Ho… dei pensieri piuttosto fastidiosi in questo momento, preferisco rimandare.

- Prima o poi mi dirai di sì – le sorrise Marco.

 

 

- Non ci credo.

- Nemmeno io.

- Dammi un pizzicotto.

- No, se è un sogno ho paura di svegliarmi… AHIA!

- Eh, tu non me lo davi! Ma se hai urlato…

Aurora e Silvia si scambiarono uno sguardo incredulo, poi si afferrarono le mani e cominciarono a urlare emozionate.

- AAAAAH! Non posso crederci, non è possibile!

- Nemmeno iooo!

- Che succede, ragazze?

Manuel si affacciò alla porta della loro stanza, facendo l’occhiolino.

- Niente, siamo solo… - rispose Aurora. – Qual è la parola?

- Emozionate per il primo concerto “in trasferta”? – le venne incontro Heather, raggiungendo il suo fidanzato.

Qualche giorno prima, al termine delle prove, Manuel aveva annunciato ai Moonlight Sonada di essere riuscito a far partecipare il gruppo a un contest che si sarebbe tenuto a Rimini. Aurora, su di giri, aveva chiesto a Silvia, sua amica e fedele accompagnatrice alla prove della band, di andare con loro, e lei aveva accettato entusiasta. Purtroppo, però, pochi giorni prima della partenza Simona aveva scoperto che l’ultimo esame che le mancava alla laurea era stato spostato e così aveva dovuto rinunciare; al suo posto avrebbe suonato Manuel, mentre al basso ci sarebbe stato Davide, un suo amico.

In quel momento Aurora e Silvia si trovavano in una stanza d’albergo accanto a quelle degli altri componenti del gruppo: Manuel dormiva con Heather e Davide con Marco, anche se loro – ci tenevano a precisare – non avrebbero “dormito” proprio come avrebbe fatto Manuel con la fidanzata; Ettore, invece, avrebbe alloggiato a casa della sorella. Il concerto sarebbe stato il giorno dopo, il gruppo avrebbe dovuto suonare in una sorta di sfida musicale con artisti provenienti da tutte le regioni italiane.

- Ehi, la vostra stanza è più grande della nostra! – notò Heather, entrando. – Vorrà dire che organizzeremo tutto qui.

- Tutto cosa? – chiese Silvia, sospettosa.

Manuel e Heather si limitarono a rispondere con un sorrisetto enigmatico, e mezzora dopo tutto il gruppo era stipato nella stanza delle due ragazze. Davide si faceva largo trasportando due bottiglie di spumante per festeggiare.

- Ma non è ancora troppo presto? Il concerto è domani! – esclamò Aurora.

Marco si lasciò cadere sul letto accanto a lei e le passò un bicchiere di vino rosso. – Ma domani saremo troppo demoralizzati dal fatto di essere arrivati ultimi. Ho rubato una bottiglia di vino – spiegò, mostrandole la refurtiva che nascose immediatamente sotto al letto. – Se non dici niente agli altri, posso dividere il bottino con te.

- Ci sto – acconsentì Aurora, felice che le cose tra lei e il ragazzo non fossero cambiate da quando lui l’aveva invitata ad uscire, ottenendo solo un rifiuto.

Si ritrovarono a chiacchierare per tutta la sera, scherzando su come Manuel si sarebbe presentato sul palco il giorno dopo o su quanto ci avrebbe messo Davide, ubriaco, a infilarsi nel letto dei due fidanzati per sbaglio.

Verso le undici, Manuel batté le mani, cercando l’attenzione di tutti. – Che ne dite di andare a fare un giro? La notte è giovane!

- Oh, no – esclamarono in coro Aurora e Marco.

- E voi restate qui – disse Davide, passando tranquillamente un braccio intorno alle spalle di Silvia, un gesto amichevole e casuale che la fece avvampare.

- Vecchi! – commentò Manuel uscendo.

- E ne siamo fieri! – ribattè Marco. Non appena i loro amici furono usciti dalla stanza, tirò fuori la bottiglia di vino. – Eravamo troppo stretti in sei, non riuscivo a muovermi senza farmi vedere. Ad ogni modo, ecco il nostro bottino -. Versò il vino nel bicchiere di Aurora, rischiando di farlo cadere sul letto.

Parlarono di tutto ciò che venne loro in mente mentre sorseggiavano il vino, che da una bottiglia divenne due, poi tre, grazie alle perlustrazioni di Marco tra le scorte che Manuel teneva in camera.

- Ma quante ne ha? – chiese Aurora, sorpresa.

- Probabilmente vuole far ubriacare Heather e darsi alla pazza gioia domani sera. Ah, i plebei hanno bisogno di ricorrere a certi mezzucci, mentre io sono sul letto di una ragazza da prima che cominciasse a bere!

Non si accorsero neanche di essersi addormentati, non sentirono neanche i loro amici rientrare; Silvia aprì la porta, li trovò distesi sul letto l’uno accanto all’altra, sorrise e fu ben lieta di accettare l’offerta di dormire nella camera di Davide al posto di Marco. Quando il sole cominciò ad illuminare la stanza, Aurora aprì gli occhi e vide il ragazzo dormire beatamente; ai piedi del letto c’erano tre bottiglie di vino vuote.

La sua prima reazione fu un sussulto confuso, non ricordandosi inizialmente perché si trovasse in quella situazione, ma poi le si affacciarono alla mente parecchi dettagli della sera precedente. Si mosse per andare al bagno, però qualcosa la teneva ancorata al letto: Marco si era addormentato sopra il suo braccio e solo ora lei cominciava a sentirne il peso.

Però, pensò, era veramente un bel ragazzo.

Prima aveva sempre considerato il suo lato divertente, ma ora che non apriva bocca riusciva a vedere il profilo del suo viso, a osservare con chiarezza ogni dettaglio. Sorrise, mentre lui nel sonno sospirava e si girava, lasciandole finalmente libero il braccio.

Si alzò e si diresse in bagno, pensando che forse sarebbe stato meglio rendersi almeno decente per quando lui si sarebbe svegliato.

 

 

- Aurooooraaaaa, puoi apparecchiare? – urlò Simona dalla cucina. In quel momento qualcuno suonò il campanello. – Aurooooraaaaa, puoi aprire?

Aurora sbuffò, lasciando la tovaglia ancora piegata sopra il tavolo e avvicinandosi alla porta. Magari era Silvia, che ancora non si era degnata di arrivare.

Il ragazzo che si trovò davanti aprendo la porta, però, aveva ben poco di Silvia: indossava una camicia rosso scuro, tendente al violaceo, un paio di jeans abbastanza aderenti e occhiali da sole. No, decisamente Silvia non era solita avere quella tenuta.

Aurora improvvisò un inchino e gli fece cenno di entrare. – Accomodati. Simona in cucina, per adesso siamo solo noi.

- Uhm, triangolo – scherzò Marco, togliendosi gli occhiali da sole.

- Mi sa proprio di no: se distrai Simona mentre sta cucinando, credo ti ritroveresti senza una parte di te molto importante.

- Meglio non indagare oltre, mi accontenterò di te. Cosa suggerisci?

- Beh – disse Aurora, tornando verso il tavolo e prendendo la tovaglia. – Abbiamo da fare qui.

Marco finse di strabuzzare gli occhi con aria sorpresa. – Ma… dici sul serio? Direttamente sul tavolo? Mi dispiace, ma credo dovremo conoscerci un po’ meglio: il divano potrebbe essere un buon inizio!

Aurora gli diede un leggero schiaffo sulla spalla. – Ma piantala! Ecco, prendi la tovaglia e aiutami: detesto apparecchiare.

- Davvero? Non è poi così male, basta pensare che non lo stai facendo.

- Uhm, consiglio davvero utile.

- Sul serio! Ecco -. Marco alzò la tovaglia, lasciandola posarsi delicatamente sul tavolo. – Immagina di metterla perché devi fare sesso e non vuoi sporcare, altrimenti Simona ti tira il mestolo.

Aurora rise. – Va bene, e i piatti?

- Ancora meglio – esclamò Marco, afferrando la pila di piatti poggiata sopra un mobile. – Gioco erotico del cibo: qui ci sono tante prelibate pietanze e puoi scegliere quale passare sul, facciamo mio, corpo. E allora scegli un po’ di spaghetti belli sugosi da mettere sul petto, sai che divertimento leccarli via? Poi ci sono i bicchieri, per quando devi riprenderti dalla foga e bere qualcosa: io posso disidratare, te l’assicuro. E le posate…

- Fammi indovinare – lo interruppe Aurora, puntando scherzosamente verso di lui un coltello. – Sadomaso, non è vero?

Marco arricciò il naso. – Sì, ma potresti anche tagliuzzarci gli spaghetti se non riesci a mangiarli interi. Infine abbiamo i tovaglioli…

- E questi cosa avrebbero di erotico?

Il ragazzo si sporse dall’altro lato del tavolo verso di lei, portando un tovagliolo all’altezza delle loro bocche.

- Per pulire il tutto dopo, no?

Lo sussurrò, quasi le stesse rivelando un segreto impronunciabile ad alta voce, e lei divenne immediatamente rossa; anche le guance di Marco si chiazzarono leggermente dello stesso colore, ma si allontanò subito dal suo viso, che in quel momento era a pochi centimetri dal proprio, e sistemò l’ultimo tovagliolo.

- E il gioco è fatto – esclamò.

 

 

- Luuuunaaaa Paaaaark!

Aurora si portò una mano alla fronte, rassegnata, guardando Silvia correre a braccia aperte verso i giochi.

- Quanti anni ha? – chiese Davide, facendo una smorfia divertita, prima di raggiungerla camminando tranquillamente.

- Poverina, devi sobbarcarti un grosso carico… - sospirò Marco. – Giro sulle montagne russe?

- Ehm…

- Casa dei fantasmi?

- Ehm…

- Altra roba che fa vomitare o mette paura?

- Eeehm…

- Perfetto. Andiamo sulla giostra con i cavalli di legno: sei la mia donna ideale.

Aurora scoppiò a ridere, seguendo il ragazzo mentre si avvicinava alla giostra più innocua del Luna Park.

- Anche se – proseguì Marco dopo avere acquistato i biglietti. – Un giro nella casa dei fantasmi sarebbe stata un’ottima occasione per farmi stringere da una bella ragazza. O stringerla.

La ragazza sarebbe probabilmente rimasta immobile dov’era dopo quel parole, se Marco non le avesse afferrato la mano trascinandola sulla giostra. Sentì un calore strano attraversarle il braccio, come se quel contatto non le dispiacesse affatto. Per gran parte del giro sulla giostra, si chiese perché stesse provando certe emozioni: non era Marco quello per cui aveva perso la testa, ma era Ettore, il ragazzo che li stava osservando da una panchina con una birra in mano… e che sembrava stringerla con più forza del necessario.

- Qui potrei stringerti? – chiese Marco improvvisamente.

- Cosa? – esclamò Aurora, confusa.

- Non hai paura di questi inquietantissimi cavalli rosa? Dai, non ne ho mai visti di questo colore, dev’esserci per forza qualcosa di strano…

Mentre lo diceva, Marco si era avvicinato di più al volto della ragazza, per non farsi sentire dai bambini seduti beatamente su due di quei cavalli rosa. Quando ebbe terminato la frase, la guardò, serio, ma non poté fare altro perché il giro era appena terminato.

Aurora ne approfittò per scivolare giù dalla giostra, imbarazzata; tuttavia, prima che potesse raggiungere i suoi amici in fila per le montagne russe, Marco le afferrò il braccio e la tirò a sé. Senza darle il tempo di riflettere, aveva poggiato le labbra su quelle della ragazza, avido, mentre affondava le dita nei suoi capelli neri. Aurora sussultò, ma non aveva il coraggio, né la volontà, di sottrarsi a quel bacio, come se in fondo ci avesse sperato… L’unica cosa che la spingeva ad allontanare Marco era la consapevolezza che Ettore fosse dietro di loro ad osservare la scena.

Prima di poter decidere altro, qualcuno, passando, la urtò violentemente sulla spalla. Per la botta Aurora staccò le proprie labbra da quelle di Marco, interrompendo il bacio, e cercando di capire chi l’avesse urtata notò Ettore allontanarsi tra la folla.

Dietro di sé aveva lasciato la lattina di birra, stritolata a dovere.

 

 

Aurora chiuse la chiamata, riponendo il telefono nella tasca. Marco non rispondeva, doveva essere ancora arrabbiato per come lei aveva “trattato male” la sua Fender: l’aveva solo fatta cadere, cavolo! A quanto sembrava, però, quello doveva essere per Marco un gesto di terribile insolenza, visto che non le aveva rivolto la parola da quando avevano cominciato le prove; poi era volato via, lasciandola lì da sola ad incamminarsi verso la stazione, proprio quel giorno che Silvia non era venuta.

Sospirò: la loro storia era appena iniziata e già si ritrovavano a litigare per motivi del genere!

Girò a destra, poi di nuovo a destra, ma si ritrovò vicino alla sala prove. Decise allora di prendere la strada meno rassicurante, anche se doveva essere quella giusta per esclusione.

Si incamminò, cercando di combattere l’ansia che quel viale notturno le dava ascoltando un po’ di musica, ma si rese presto conto che mettersi le cuffie non era stata per niente una buona idea.

Una mano si posò sulla sua spalla, facendola voltare di scatto. Le facce che si trovò davanti non erano per niente rassicuranti: aveva avuto ragione sulla strada.

Si tolse una cuffia per sentire ciò che quei due ragazzi volevano, sapendo che scappare sarebbe stata un gesto troppo avventato.

- Ehi, ragazzina, dico a te. Non ci senti, per caso? – esclamò uno dei due, senza smettere di tenere la mano sulla spalla di Aurora.

- Dai, Vale, non vedi che portava le cuffie? – disse l’altro. Si chinò sul suo viso, facendola indietreggiare. – Questa qua ha paura. Ehi, Vale, che facciamo?

- Ma come, non si fida di noi? Eppure siamo semplicemente due ragazzi che vogliono divertirsi un po’… Per girare da sola in questi posti, direi che anche tu avevi voglia di divertirti!

Il ragazzo che aveva parlato per primo le tirò con forza la felpa, tentando di toglierla, e a quel punto Aurora non trovò altra via d’uscita che scappare. Si mise a correre più velocemente che poteva verso il teatro, ma all’improvviso il secondo ragazzo si lanciò su di lei, gettandola a terra.

- Presa! – esultò.

Non ebbe il tempo di rallegrarsi, però, perché qualcuno lo calciò via con violenza. Aurora non riusciva a vedere di chi si trattava, sentiva solo il primo ragazzo urlargli di non immischiarsi in faccende che non lo riguardavano. Il suo salvatore per tutta risposta tirò anche a lui un calcio nello stomaco, facendolo piegare in due. Aurora sollevò la testa appena in tempo per vedere il ragazzo che si era lanciato sopra di lei tirare fuori dalla tasca un coltellino.

- Attento! – gridò istintivamente, facendo voltare il terzo ragazzo.

Ettore?

Il ragazzo non fece in tempo a difendersi, si limitò a scansarsi e il suo avversario lo graffiò in viso; per tutta risposta, Ettore si lanciò alla carica contro di lui, facendo volare via il coltellino. In quel momento si sentì in lontananza il rumore di un auto e il primo ragazzo scappò via, seguito immediatamente dall’altro.

Ettore li lasciò fare, voltandosi immediatamente a controllare come stesse Aurora.

- Tutto bene? – le chiese.

- S-sì – balbettò lei, afferrando la sua mano e alzandosi. – Mi sono… solo spaventata.

Ettore la vide tremare e si sforzò, nonostante la rabbia, a farle un sorriso d’incoraggiamento. – Ora puoi stare tranquilla, è tutto a posto.

- Grazie… grazie davvero. Io non so…

Aurora stava per scoppiare in lacrime. Si sentiva una stupida: il peggio era appena passato, ma ora che non temeva più per la propria vita l’onda di sollievo si trasformò in paura. Ettore le passò un braccio dietro alla nuca e la strinse a sé, permettendole di sfogarsi. La ragazza era talmente spaventata per ciò che era appena successo che non si rese neanche conto di essere tra le braccia di Ettore.

Lui la lasciò andare dopo qualche minuto, quando sembrava avere pianto abbastanza, e Aurora allora notò il sangue che gli colava sotto lo zigomo sinistro.

- Ti sei ferito – mormorò, tirando su con il naso. In quel momento il telefono squillò.

- Aurora, dove sei? – disse la voce di Marco. – Scusa, ti ho lasciata a piedi… Ti sei già incamminata?

- No, sono ancora qui – mentì Aurora per non farlo preoccupare, asciugandosi gli occhi con la mano libera.

A quelle parole, Ettore alzò la testa, guardandola.

- Meno male – esclamò Marco. – Non avrei dovuto lasciarti sola, non è un bel quartiere. Resta davanti alla sala prove, ok? Fra un attimo sono da te.

- Va bene.

Quando Aurora ebbe attaccato, il sorriso sul volto di Ettore era sparito. Camminò accanto a lei fino alla sala prove, poi si incamminò verso la propria macchina, limitandosi a salutarla con un cenno della mano; tuttavia, rimase appostato finché Marco non arrivò a prenderla.

 

 

 

- Ti stai divertendo? – chiese Marco.

- Sì – rispose Aurora, prendendogli la mano. – Abbiamo fatto bene a tornare qui.

- Eccome, è la culla del nostro amore! – scoppiò a ridere il ragazzo.

Quel giorno il gruppo si trovava al Luna Park vicino Roma. Aurora aveva suggerito un buon posto dove passare gli ultimi giorni di vacanza e Manuel era stato felicissimo di accogliere l’idea.

- Noi andiamo a fare un giro alla Casa dell’Orrore! – esclamò Silvia emozionata, passando accanto a loro di corsa; Davide, dietro di lei, la seguì rivolgendole un sorrisetto divertito. – Venite anche voi?

Marco fece una smorfia. – Non ci penso proprio.

- Hai paura? – lo prese in giro Manuel.

- Sì, ho paura.

- Oh -. Manuel sembrava non trovare niente da ribattere.

- Non viene nemmeno tu, Aurora? – chiese Heather. – Segui quel barboso del tuo fidanzato?

- No, io vengo – esclamò lei. – Me la faccio sotto, però una volta voglio provare ad entrare.

Appena ebbero finito la fila della Casa dell’Orrore, i ragazzi stabilirono i posti.

- Allora, io vado con Heather – disse Manuel.

- E ti pareva – commentò Davide.

- Tu vai con Silvia -. Manuel fece l’occhiolino alla ragazza, che lo ricambiò di nascosto. – Quindi Aurora va con Ettore. Va bene così? Sì, va bene, quindi andiamo!

Aurora non era molto convinta della sua coppia, soprattutto per il fatto che, dopo la sera in cui l’aveva difesa, Ettore aveva praticamente smesso di rivolgerle la parola, se non durante le prove, ma non disse niente per paura che, scombinando le coppie, Silvia non avrebbe potuto avere l’occasione di farsi stringere tra le braccia di Davide; perciò salì sulla navetta accanto a Ettore, azzardando un sorriso che lui ricambiò forzatamente.

Dopo che il portone si fu richiuso dietro di loro, Aurora si rese conto che sarebbe stato più difficile di quanto aveva immaginato cercare di mantenersi tranquilla: si ritrovava da sola con Ettore in una situazione del genere!

In quel momento la sagoma di una strega apparve alla sua sinistra, facendola sobbalzare verso Ettore; il ragazzo sorrise, questa volta sinceramente, e Aurora balzò di nuovo al suo posto quando si rese conto della vicinanza.

- Non farti scrupoli, se hai paura – le disse Ettore.

- Ti sembrerò una fifona…

- Non lo sei – la interruppe. – Mi sembra che tu abbia saputo mantenere il sangue freddo l’altra volta.

Aurora si sentì arrossire dall’imbarazzo ricordando quella sera, soprattutto quando il pensiero si focalizzò sull’immagine di sé stretta tra le braccia del ragazzo; un altro manichino spuntò dal muro, facendola sussultare con più forza. Istintivamente si lanciò verso Ettore, cercando protezione.

- Non puoi fare così – l’avvertì lui.

- Scusa, avevi detto…

- Non puoi stare con lui, ma cercare conforto con me.

Non le diede il tempo di ribattere, la strinse con forza e la baciò. Lei rimase interdetta, sentendosi in colpa per Marco, e tentò di liberarsi dalla stretta, ma lui l’abbracciò con più impeto, affondando una mano nei suoi capelli e infilando l’altra nella sua maglietta, accarezzandole la schiena. Aurora voleva impedirgli di baciarla, tenendo la bocca chiusa, ma lui le infilava a forza la lingua, costringendola ad assecondare il suo bacio.

Poco lontano il portone dell’uscita si stava aprendo; Ettore la lasciò andare immediatamente, tornando al proprio posto come se non fosse successo niente.

- Ti vedo sconvolta – esclamò Marco quando lei fu scesa dalla navetta. – Heather ha detto che Manuel ha urlato tutto il tempo: ha dovuto pensarci lei, a tranquillizzarlo! Tutto bene? – aggiunse, vedendo che Aurora continuava ad essere pallida. La strinse dolcemente a sé, baciandole la testa. – Dai, anche se ti sei messa paura, tutto ciò che è successo lì dentro resta lì dentro. Non c’è bisogno di essere ancora spaventata -.

 

 

- LO SAPEVI! – urlò Marco, lanciando via la Fender, che cadde fragorosamente al suolo.

Simona si voltò, smettendo di suonare, per capire cosa stesse succedendo.

- LI HAI LASCIATI SOLI APPOSTA!

- No, non è vero… Marco, cerca di calmarti… - disse Manuel, poggiando una mano sulla spalla dell’amico.

- Sì, invece! Perché hai lasciato che entrassero nella Casa dell’Orrore insieme? Sapevate tutti che, prima di mettersi con me, Aurora era pazza di Ettore! Potevi chiuderli direttamente in una stanza!

- Pensavo fosse tutto chiarito ormai.

I due ragazzi si voltarono, concentrando l’attenzione su Ettore. Marco allontanò Manuel con un gesto secco, avvicinandosi al suo rivale.

- Aurora mi aveva detto di averci pensato molto prima di lasciarmi -. Guardò la sua ex ragazza, che si era fatta piccola dietro Silvia. – Non è andata così, vero? A sentire Manuel, vi siete divertiti alle mie spalle quando siamo stati Luna Park

- E’ vero, è successo qualcosa – confermò Ettore.

- Potevi non salire con lei, sapevi in che modo sarebbe potuta finire!

- Non lo avevamo programmato…

- Ma certo: portare una ragazza nella Casa dell’Orrore… Chi mai penserebbe che l’avevate programmato? Un caso straordinario! -. Afferrò la giacca e si allontanò, adirato, scoccando un’ultima occhiata di disprezzo ad Aurora. – Mi fai schifo.

In quel momento il pugno di Ettore raggiunse il suo viso, scaraventandolo a terra. – Ritira subito ciò che hai detto!

- Non ci penso nemmeno: mi fate schifo entrambi!

Manuel afferrò il braccio di Ettore, impedendogli di attaccare di nuovo. – E’ colpa tua, lo sai – gli sussurrò all’orecchio.

- Me ne vado, non voglio più avere niente a che fare con voi! Il gruppo è sciolto!

I ragazzi lo guardarono allontanarsi, impotenti, sapendo bene che cercare di fermarlo avrebbe significato solo farlo infuriare di più.

- E’ tutta colpa mia – esclamò Aurora, quando gli altri se ne furono andati, demoralizzati.

- Manuel dovrebbe imparare a starsi zitto – sospirò Ettore cingendola a sé. – Lo so, ho fatto male a strapparti via da Marco, ma ti desideravo così tanto…

Cominciò a baciarle il collo, ma lei tentò di divincolarsi.

- Non è il momento, abbiamo già creato troppi casini.

- Appunto: ormai il danno è fatto, freghiamocene. Voglio stare con te, dimenticati di Marco -.

 

 

Marco entrò nella sala prove mentre Aurora provava con Ettore; la ragazza si interruppe un momento, stupita dall’arrivo del ragazzo che non si era fatto vedere da giorni, poi riprese a cantare. Lo guardò imbracciare la chitarra senza dire una parola e cominciare a suonare accanto a Manuel, che aveva evidentemente le lacrime agli occhi per la felicità; non appena ebbero finito la canzone, abbracciò Marco, stando attendo a non urtare la sua chitarra.

- Mi sei mancato!

Marco tentò un sorriso, poi cominciò a suonare un altro pezzo.

La vicinanza del ragazzo fece stonare Aurora varie volte. Notando la sua agitazione, Heather sussurrò qualcosa all’orecchio di Manuel, che annuì senza smettere di suonare.

Marco non posò mai lo sguardo né su Ettore, che se ne andò a metà serata, né su Aurora per tutta la durata delle prove; quando finalmente furono finite, Manuel ringraziò tutti e diede loro appuntamento per la settimana successiva. Aurora lanciò un’occhiata fugace a Marco uscendo, ma lui non ricambiò, apparentemente troppo intento a trasportare gli strumenti nella macchina di Manuel per accorgersi di altro.

- Oh, cavolo! – esclamò Heather, frugando nella borsa, quando furono usciti quasi tutti dalla sala prove. – Non trovo il telefono, devo averlo lasciato giù… Aurora, mi faresti un favore? Ho i tacchi, non mi va di scendere di nuovo, e Manuel si lamenterebbe di essere troppo stanco per aver trasportato il microfono: puoi scendere a prenderlo tu? Dovrebbe stare sopra al tavolinetto.

- Va bene – acconsentì Aurora. Mentre scendeva le scale, incontrò Marco che teneva tra le mani un amplificatore, ma fece finta di niente.

Entrò nella stanza e cercò dovunque, ma del cellulare non c’era traccia. Quando aveva ormai perso le speranze, si voltò per tornare dagli altri e si trovò di fronte Marco, che lasciò l’amplificatore a terra.

- Hai chiuso tu la porta? – le chiese.

- No. Potrebbe essersi richiusa dietro di me…

Marco sospirò. – Ne dubito. Non si apre e quando è così… -. Controllò il messaggio che gli era arrivato al cellulare in quel momento. – Appunto.

- Cosa succede?

Mostrò il messaggio. – Ci hanno chiusi qui, verranno a prenderci domattina. E Manuel ha anche avuto il coraggio di mettere il cuoricino finale.

Aurora si sentì prendere dall’ansia. – Ma… domattina? Io devo tornare a casa! Chi dice a mia madre che resto a Roma? Non…

- Abbiamo ancora i cellulari, il regime ha dimenticato di confiscarceli – la interruppe Marco, sedendosi sul divano. – Puoi chiamarla. Potresti chiamare anche i soccorsi per farci aprire, ma credo faremo la figura dei cretini. Se non è un problema per te, possiamo restare qui.

Aurora alzò lo sguardo su di lui, incontrò i suoi occhi e arrossì. Passare la notte da soli, chiusi nella sala prove? Dovevano proprio volere che qualcosa si risolvesse.

Sospirò anche lei e si sedette sulla poltrona di fronte a Marco. – Spero almeno ci sia qualcosa da mangiare qui.

- Sì, c’è qualche pacchetto di patatine e una bottiglia d’acqua, dovrebbero bastarci.

- Mi accontento di poco.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi Marco parlò.

- Inutile girarci attorno: cos’è successo tra te ed Ettore? Non mi pare vi siate messi insieme, oggi stavate attenti anche a sfiorarvi.

- Ah, quindi ci hai guardati – disse lei, acida.

Marco alzò un sopracciglio. – Sì, vi ho guardati, anche più spesso di quanto avrei dovuto. Allora?

- No, non ci siamo messi insieme – rispose Aurora dopo un po’.

- Beh, tutti qui? Non vorrai farmi pensare che c’è stato solo il bacio di quella volta!

- C’è stato altro qui, in sala prove - confessò.

- L’ultima volta che sono venuto?

- Sì, dopo che te ne sei andato.

- Almeno non l’avete fatto davanti a me. Carino da parte vostra. Com’è stato? Emozionante? Eccitante? Lo fa meglio di me?

Aurora avvampò, cercando di scacciare quel pensiero. – Che razza di domande sono?

- A me sembrano piuttosto lecite.

- Non ti ho neanche detto se abbiamo fatto sesso!

- Stiamo parlando di Ettore.

- Va bene! – sbuffò Aurora, alzandosi in piedi. – L’abbiamo fatto quel giorno, e anche un altro paio di volte, contento?

- No, per niente.

- E allora smetti di fare domande a cui non vuoi ricevere risposte! -. Si diresse verso l’uscita, tenendo il cellulare in alto alla ricerca di campo. – Accidenti, non prende! Non mi importa di fare la figura dei cretini, io una notte con te non ci resto!

Marco la raggiunse rapidamente e la spinse al muro, facendole cadere il cellulare. Si abbassò sul suo collo, respirandole contro.

- Cos’hai provato? – sussurrò. – Cos’hai provato mentre ti leccava la pelle? Hai pensato a me?

Un brivido attraversò la schiena di Aurora, che non riusciva a muoversi, o forse non voleva.

- Chiudendo gli occhi, non hai immaginato il mio corpo? Almeno per abitudine dovrebbe esserti capitato…

Deglutì: sì, le era capitato, e non una volta sola.

- Ti sei risvegliata accanto a lui?

- No… - mormorò.

Marco non sapeva se quel “no” fosse una risposta alla sua domanda, se spiegasse che i loro rapporti non erano mai durati una notte intera, ma erano solo stati incontri occasionali, o se lei gli stesse implorando di non continuare. Infilò una mano sotto la sua maglietta, toccandole il ventre; Aurora avvertì il calore delle sue dita, fu per lei come un sollievo.

- Sei capace di fermarmi?

- No…

Questa volta lo disse tra le lacrime. Marco si lanciò sulla sua bocca, baciandola come non l’aveva mai baciata prima, colpito da un’emozione che rischiava di distruggerlo se non avesse fatto qualcosa. Lei le circondò le spalle con le braccia, tirandolo a sé e ricambiando il bacio con foga, come se in fondo non avesse aspettato altro. Scesero le scale senza staccarsi, urtando un vaso che si fracassò a terra, ma loro si limitarono a calpestarne i cocci e a rientrare nella sala prove.

Marco adagiò Aurora sul divano e le slacciò i bottoni della camicetta. Avrebbe voluto andare più veloce, ma l’emozione glieli faceva togliere uno alla volta, rendendo l’attesa insopportabile. Le sfilò la camicetta, lasciandola sotto la sua schiena, e si tolse la maglietta; le mise le mani tra i capelli, cercandola, respirandola, assaporando quelle labbra che credeva di avere perduto.

Si tolse in fretta i jeans e finì di spogliarla; la guardò negli occhi un’ultima volta prima di andare avanti. Aurora si aggrappò alla sua schiena con le unghie per la paura che lui potesse sfuggirle da un momento all’altro.

- Ci sono – le sussurrò Marco all’orecchio, interpretando i suoi pensieri. – Non ti libererai facilmente di me.

Sorrise e lei lo vide così bello, così pieno d’amore da lasciarsi andare. Rimase sotto il peso piacevole del suo corpo, gli baciò le spalle, e infine Marco cadde accanto a lei, felice, rivolgendole quel sorriso che le faceva tanto battere il cuore. L’avvolse con un braccio, la strinse a sé.

   
 
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