kjh
Please, please me.
“Oh please, please oh yeah
Like I
please you.”
Faceva
un freddo cane nel furgoncino; i finestrini non si chiudevano e l’aria gelida
penetrava all’interno, costringendo i 3 ragazzi ammucchiati nel retro a
stringersi l’un l’altro.
Erano
vestiti di tutto punto, con pesanti cappotti, cappelli e guanti; il respiro si
trasformava in condensa.
Stavano
viaggiando da ormai 4 ore senza mai fermarsi, perché erano già in ritardo e
avrebbero dovuto essere a Londra già da un’ora almeno.
Fuori
il cielo era buio, nemmeno le stelle avevano deciso di accompagnarli inn quel
viaggio faticoso e scomodo.
“Passami
la b-bottiglia” balbettò uno dei tre ragazzi infreddoliti, affondando il naso
nella sciarpa.
Quello
che aveva ricevuto l’ordine protese una mano verso il basso, afferrando il collo
di una bottiglia di whiskey scadente che si erano portati dietro per combattere
il freddo pungente, ma prima di passarlo all’altro ragazzo, lo stappò e diede un
lungo sorso, rabbrividendo.
“E
dai, John! Ci deve bastare!” protestò Paul, tirando di nuovo fuori il naso dalla
sciarpa e protendendo la mano verso la bottiglia.
“Tanto
fa schifo..” sentenziò John pulendosi la bocca con la mano,Paul sbuffò di
impazienza r i attaccò a sua volta alla bottiglia, mentre John cercava di
sistemarsi in una posizione più comoda.
“Fantastico..”
pensò “ho le mani, il naso e i piedi gelati e lo stomaco in fiamme.”
“Posso
averne un po’anche io?” chiese timidamente il ragazzo con gli occhi azzurri
seduto accanto a Paul.
“Oh,
certo Rich! Ecco qua!” rispose gentilmente Paul, porgendo la bottiglia al
piccolo batterista.
Richie
si tirò giù la sciarpa dalla bocca e dette anche lui due sorsi dalla bottiglia,
facendo una smorfia.
“John
ha ragione. Fa davvero schifo.”
“Non
potevamo permetterci altro..” osservò John in tono inespressivo, lanciando
un’occhiata fuori dal finestrino. Buio pesto.
“Dite
che andrà bene? Dite che mi farà suonare? Non sopporterei di vedermi relegato in
un angolino a suonare un accidenti di tamburello.”
John
fece un sorrisetto tirato: povero
Richie! Era il loro “nuovo acquisto”, ma il loro produttore non sembrava
particolarmente colpito dalle sue capacità.
Ad
essere sinceri, Riche aveva un modo molto strano di suonare la batteria, ma
secondo lui e Paul era un metodo particolare e interessante: sembrava andare
fuori tempo, quando in realtà si atteneva perfettamente al ritmo della
canzone.
“Non
preoccuparti Rich..” lo rassicurò Paul mettendogli una mano sulla spalla “sono
sicuro che saprai farti valere.”
Richard
Starkey lo guardò con quei suoi occhioni azzurri dal taglio malinconico,
sperando che Paul stesse dicendo la verità, perpoi concentrarsi sulle sue
bacchette che giacevano in un angolo.
John
si stiracchiò e fece uno sbadiglio, mentre il furgoncin sobbalzava: vedeva Alan
al volante, con un’aria seria e anche un po’corrucciata e George, seduto a
fianco del guidatore, che sonnecchiava.
“Beato
lui che ce la fa..” pensò John lanciando un’occhiata alla custodia della sua
chitarra “cosa non darei per poter dormire un po’. Ma con questo freddo è una
parola..”
Paul
sembrava aver pensato la stessa cosa e infatti, poco dopo propose:
“Dovremmo
provare a dormire. Mettiamo gli strumenti sulle panche e stendiamoci per terra
il più vicino possibile. Così dovremmo riuscire a
riscaldarci!”
John
sbatté un attimo le palpebre, immaginando la scena: ma che bel sandwich di
Beatles che sarebbe venuto fuori!
“Va
bene..” acconsentì, cominciando a spostare la chitarra “Io però sto nel mezzo
perché sono il più grande!”
“Veramente
il più grande sarei io…” obiettò Richard, alzando timidamente la
mano.
“Oh,
ma chi se ne frega! Mettiamoci a dormire e basta!” sbottò Paul stendendosi sul
duro pavimento del furgoncino.
“E
bravo Paul..” pensò John mentre si sistemava accanto al bassista e chiudeva gli
occhi “ alla fine il posto al centro se l’è beccato lui.”
“…Lennon,
togli quel braccio dal mio stomaco o ti giuro che te lo stacco…” ringhiò Paul
sentendo qualcosa posarsi su di lui.
John
ridacchiò e ritrasse il braccio “Scusa Paulie-tesoro è che aspettavo da tanto la
notte in cui avremmo dormito insieme…”
“Vaffanculo.”
“Ti
voglio bene anche io Paul.” Rispose John in tono zuccheroso, chiudendo gli
occhi.
“Bah,
questi due non battono pari..” pensò Richie sconcertato.
Pioveva
a dirotto quando i Beatles varcarono le porte degli studi di Abbey Road in
riardo perché erano rimasti imbottigliati nel traffico, bagnati fradici perché
non avevano l’ombrello e trafelati perché si erano fatti tutto l’isolato a corsa
con gli strumenti sulle spalle.
Geroge
Martin sospirò vedendo quei quattro scapestrati che si fiondavano dentro gli
studi, neanche stessero correndo per la loro vita.
“Oh,
buongiorno “ esordì John passandosi una mano fra i capelli bagnati “beh, forse
non tanto meteorologicamente parlando..”
“Salve
ragazzi…”sospirò il signor Martin per poi pensare “Saranno giovani di talento,
ma a me sembrano quattro impiastri” osservando George che si frugava
freneticamente nelle tasche alla ricerca del suo plettro.
“Bene,
appena siete pronti potete accomodarvi nello studio 1.” Li informò George Martin
ritrovando il suo tono professionale, avviandosi verso l’interno.
In
pochi minuti, i ragazzi avevano appeso i loro cappotti umidi ad un attaccapanni
e si erano diretti nello studio.
Ringo
si sentiva inadatto e completamente fuori luogo, mentre rigirava nervosamente le
sue bacchette fra le mani: non gli era piaciuto come lo aveva guardato quel
Martin in giacca e cravatta.
“Shh,
Rich..” bisbigliò John mettendogli una mano sulla spalla “andrà tutto bene, non
preoccuparti..”
Ringo
lo osservò incredulo: aveva conosciuto John abbastanza da capire che delle
parole di incoraggiamento erano assolutamente rare da parte di John. Lo aveva
sempre visto come una persona cinica e fredda, ma con quelle poche parole capì
che forse si era sbagliato sul suo conto.
Paul
lo osservò, mentre aggiustava le corde del suo violin-basso: lui conosceva bene
John e sapeva che era preoccupato quanto Ringo, se non di più.
Da
quella seduta di incisione dipendeva tutto il loro avvenire, aveva detto John
quando erano ancora a Liverpool: lo aveva detto, non con quel tono profetico e
con gli occhi rivolti verso l’alto, come quando voleva scherzare. No, lo aveva
detto con tono fermo e risoluto, guardandoli uno per uno con quel suo sguardo un
po’ assente, dovuto alla miopia, quella miopia che lo mandava puntualmente a
sbattere contro qualcosa almeno una volta a settimana.
Anche
George era preoccupato ma, come Paul, cercava di dissimulare i suoi timori
pensandoci poco o non pensandoci affatto.
Anche
lui era intento a pulire la
chitarre e a sistemare le corde: aveva la fronte corrugata e le labbra serrate
in una smorfia concentrata.
“Siete
pronti ragazzi?” disse John estraendo l’armonica dalla tasca e soffiandoci
dentro per cancellare eventuali residui di polvere o acqua.
I
tre annuirono: Paul imbracciò il basso, George colpì le corde a vuoto e Ringo
alzò le bacchette a mo’ di risposta. Anche John prese la chitarra, tenendola
stretta per il manico.
“Bene,
allora andiamo!”
John
misurava a grandi passi la sala d’attesa degli studi, incaèace di sedersi per
due secondi.
Aveva
provato a fermarsi per mettersi comodo, ma quei pensieri che gli ronzavano in
testa, come delle zanzare particolarmente fastidiose, erano troppi per
permettergli di stare seduto.
Doveva
aver fatto avanti e indietro almeno una cinquantina d volte, assorto nel
turbinio dei suoi pensieri.
Gli
altri si erano seduti appena erano usciti dallo studio e nessuno aveva più
proferito parola.
Alla
fine Ringo aveva suonato la sua amata batteria, mettendoci tutto il sentimento
possibile, mentre Martin li
osservava dai vetri della “sala dei nastri” con aria indecifrabile.
Paul
aveva iniziato a guardarsi le unghie, facendo le smorfie più assurde con quella
boccuccia a cuore che si trovava, George fissava il soffitto e fumava una
sigaretta e Ringo contemplava la porta come se potesse vederci
attraverso.
“E
se non va bene?” si chiese John facendo avanti e indietro per l’ennesima volta “
se dice che fa schifo? Se non sfondiamo?”
Avrebbe
voluto mangiarsi le unghie dal nervosismo, ma tenne le braccia dietro la
schiena.
“Se,
se,se… ma perché tutte le nostre speranze devono per forza stare dietro a un se ?” si chiese, lanciando un’occhiata
verso la porta,dalla quale non proveniva alcun rumore.
Tuttavia
John non poteva impedirsi di immaginare cosa sarebbe successo se fosse andato tutto per il verso
giusto.
“Ma
ti immagini? La fama, il successo..Suonare con un gruppo davanti a tante
eprsone, far vedere a tutti che questi quattro ragazzetti di Liverpool hanno
prodotto qualcosa di buono, qualcosa che vale…”
Involontariamente,
John sorrise, mentre la sua fantasia galoppava “Immagina che poi fate veramente
il botto: diventare leggenda, quando tutto quello che volevi era solo un po’di
successo. Immagina libri, trattati, documentari, film su di noi…” rabbrividì
mentre la grandezza delle sue fantasie aumentava in modo vertiginoso “Immagina
di diventare la band di maggior successo di tutti i tempi, con gente che fra 50
anni, fra 100 anni parlerà ancora di noi..”
Paul
osservava John da un po’: stava per dirgli di piantarla di fare avanti e
indietro come un’anima in pena e si darci un taglio con quelle e espressioni
idiote quando la porta si aprì.
John
schizzò a sedere in una frazione di secondo, facendo sobbalzare George, che per
poco non fece cadere la sigaretta sulla preziosa moquette rossa degli
studi.
“Bene
ragazzi, vi comunico che avete registrato la vostra hit sa primo posto nelle
classifiche…”
Penny Lane:
Sono
tornata!!! Dopo mesi di assenza, problemi che si accatastavano l’uno sull’altro,
mancanza di tempo e perdita di questo capitolo (lo avevo scritto su un quaderno
che ho trovato giusto stamani) ho deciso di tornare a scrivere in questa
sezione, che mi mancava tanto! Spero di ritrovare i miei “vecchi” lettori e
intanto ringrazio i “nuovi” (se ce ne saranno). Come avete visto, anche questo
capitolo è occupato da un flashback su un altro dei momenti "clou" della vita di
John. Orami ho deciso che, nel corso della storia inserirò altri momenti clou
per ricollegarmi al primo capitolo. Il prossimo momento clou dovrebbe essere
l'incontro con Yoko Ono, ma ancora non sono sicura...Spero di poter aggiornare
presto anche “Here there and everywhere”, così come tutte le altre storie. Non
garantisco assiduità , visto che con gli orari dell’Università il tempo è
veramente poco, ma spero di poter comunque aggiornare senza troppi intervalli di
tempo! A presto!!
Grazie
a tutti voi che avete recensito ma anche a chi ha solo letto! Al prossimo
capitolo!!
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