.Sogni.
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Dedico questa fanfiction alle ragazze Drunks che mi hanno
fatto venire l‘ispirazione e alla Vally, che mi sopporta sempre e
comunque.
Ron continuava a fissare la porta, interdetto e confuso. Non
riusciva a spiegarsi quella reazione, il fatto che lei fosse scappata via così
velocemente da lui... gli sembrava di averle spiegato tutto, di averle chiesto
scusa per quello stupido sogno e tutto, rassegnato ma felice in fondo – molto,
molto, mooooooolto, in fondo – di poter salvare così la loro amicizia. E poi
Hermione reagiva così.
Si
lasciò cadere smarrito e sconsolato sulla sedia, la testa tra le mani. Pur non
capendo assolutamente niente di quella situazione, non potè far a meno di
odiarsi. Se non si fosse lasciato trasportare sarebbe stato tutto normale
adesso, come prima; invece no, aveva dovuto fare il deficiente, senza pensare
alle conseguenze. Picchiò un pugno sul tavolo, arrabbiato con se
stesso.
«Ron... che hai?» sentì la voce allarmata di Harry provenire dalla porta.
Alzò lo sguardo e lo trovò sulla soglia della cucina, che lo fissava perplesso e
preoccupato. Si impose di alzarsi e avere un’aria più tranquilla: non aveva
decisamente voglia di raccontargli quell’umiliante situazione. Sospirò
impercettibilmente. «Sì, tutto a posto, non preoccuparti» disse in quella che
sperava fosse una voce convincente. Harry si passo una mano tra i capelli,
corrugando la fronte.
«Non
vi capisco... prima trovo Hermione che piange, poi tu così... sai cosa può
esserle successo?» gli domandò, confuso. Il cuore di Ron gli si fermò nel
petto.
«Hermione piange?» chiese a sua volta, con una nota di
disperazione e di smarrimento nella voce. Harry annuì. «In giardino, nel
granaio... le ho chiesto che avesse, ma mi ha detto di andare via che voleva
stare un po’ sola... non ne sai niente, allora?»
«No... no, non ne ho proprio idea...» mormorò. Harry si strinse nelle
spalle, con l’aria di non sapere che pesci pigliare. «Bè, a questo punto
penso... non so, che sarebbe meglio lasciarla stare, ce lo dirà quando si
sentirà meglio...» ipotizzò, uscendo dalla stanza. Appena Harry varcò la soglia,
Ron sfrecciò via, verso la porta sul retro, diretto verso il granaio. Doveva
chiarire, fare qualcosa, non sapeva neanche lui cosa, ma doveva farla; non
capiva questa reazione da parte sua, davvero, ma quello che gli importava non
era capirla, ma fare in modo che tutto tornasse com’era prima – per quanto lui
desiderasse tutto il contrario, ma era sempre meglio che niente, no?
Si
fermò all’entrata, anismante per la corsa. Hermione era in un angolo,
rannicchiata con le ginocchia al petto, e il cuore gli si strinse alla sua
vista. Si avvicino lentamente, poi le si sedette accanto. Lei alzò la testa
dalle ginocchia improvvisamente, di scatto. Aveva le guance umide e gli occhi
rossi, e quando notò che era stato Ron a sedersi vicino a lei la sentì
trattenere il respiro.
Nessuno dei due disse nulla per qualche minuto, fremi in quella
posizione, finchè Hermione non mormorò, la voce roca: «Che cosa
vuoi?»
Lui
abbassò lo sguardo. «Hermione, mi dispiace, davvero... insomma, non... non è
mica che posso controllare quello che sogno» disse, consapevole del fatto che
ripeteva quelle parole da un’ora, arrossendo. Le tirò su col naso. «Sì, lo so.
Non dovrei prendermela così, non voglio metterti in difficoltà.» abbassò lo
sguardo.
«Ora
è tutta colpa mia, se non potrò averti neanche come amico...» disse, la voce
improvvisamente intrisa di pianto.
«Ma
che dici, io voglio essere ancora tuo amico...» disse, sollevato da
quella frase. Allora lei voleva essere di nuovo amica sua! Ma si fermò in mezzo
alla frase, improvvisamente conscio del ‘neanche’ che lei aveva
pronunciato.
«Ora è tutta colpa mia, se non potrò averti neanche come
amico...»
Neanche come amico? Si voltò verso di lei, frastornato, in
cerca di capire la frase.
«Sì,
lo so,» stava dicendo lei con voce bassa e rabbiosa, in risposta a quello che
Ron aveva detto prima.
«Ehi,
aspetta,» disse lui, deciso a capire bene, «Cosa significa,
‘neanche’?»
Lei
lo guardò come se fosse pazzo. «Cosa?»
Lui
prese un respiro, cercando di frenare la sua irruenza. «Hai detto che per colpa
tua ora non potrai avermi ‘neanche’ come amico... perchè quel
neanche?»
Lei
adesso lo stava guardando come se fosse decisamente impazzito; poi assunse di
nuovo quello sguardo sofferente.
«Ronald Weasley, ma mi odi o cosa?»
Ron
strabuzzo gli occhi. Lui che la odiava era una cosa paradossale. «Ma sei
pazza?!» disse, a voce alta. Hermione continuava però ad avere
quell’espressione.
«Hermione, senti, non ho davvero capito... ma soprattutto non
capisco questa tua reazione,» lei a quella frase aprì la bocca come sconvolta ed
umiliata, ma lui non se ne rese conto
«Voglio dire, era solo un sogno, e -- »
«Lo
so, lo so, maledizione! Scusa se mi sono in un qualche modo illusa! Dovevo
capirlo che tanto per te era solo una... una... cosa fisica, ecco» concluse lei
interrompendolo con voce acuta, tirandosi in piedi. Lui la fissò.
«Cosa?» sussurrò. Hermione lo fissò, emise un gemito frustrato e battè un
piede per terra, esasperata. «Perchè, perchè, perchè continui a volermi far
soffrire? Cosa ti ho fatto? Lasciami in pace e basta, okay?» e si girò, per
andarsene. Ma Ron non aveva nessunissima intenzione di lasciarla andare adesso;
balzò in piedi e le afferrò un braccio.
Lei
si divincolò. «Lasciami andare!» gli ordinò, di nuovo in lacrime.
«Aspetta, aspetta! Cosa mi stavi dicendo prima?» era caduto in una specie
di trance, un filo di speranza di nuovo in lui. Lei lo fissò, stavolta
perplessa, ma ancora diffidente. Lui scosse la testa.
«Io... io credo di non aver... afferrato, ecco.» arrossì.
Lei
spalancò gli occhi. «Io... stavo dicendoti... che tu, insomma... mi piaci,
brutto deficiente!» disse infine, rossa in faccia.
Ron
sentì improvvisamente caldissimo, e le lasciò andare il braccio.
«Ah. Ah.
No, no... allora no.... non avevo capito, no...» fu solo capace di
dire.
Suo
malgrado, Hermione, roteò gli occhi, incredula. «E... allora?» chiese poi,
timidamente.
«Allora dico... dico che sì.» mormorò, impacciato.
«Sì
significa...» iniziò lei, questa volta decisa a non fare confusione.
«Significa... significa che sì... che mi piaci anche tu, ecco» concluse
alla fine, arrossendo ancora di più. Alzò gli occhi sul suo viso, e si accorse
sussultando che non l’aveva mai trovata così bella; gli occhi arrossati
luminosi, un grande sorriso sul viso, i capelli scompigliati... improvvisamente
fu conscio di cosa significava il fatto che si piacevano a vicenda, e non potè
frenarsi.
Esitante, si abbassò verso di lei, ed Hermione si sporse verso l’alto; le
loro labbra si sfiorarono appena un attimo, poi si scostarono velocemente,
ancora increduli di quel che era loro successo. Si fissarono un attimo, prima
che la scena si ripetesse: lui si sporse verso di lei, lei verso di lui, gli
occhi chiusi, le bocche unite, e questa volta dopo qualche istante Ron dischiuse
quasi involontariamente le labbra, la sua lingua che lambiva piano la bocca di
Hermione; lei dopo un po’ la dischiuse a sua volta per approfondire il bacio.
Ron non potè fare a meno di pensare al sogno della sera prima, e dirsi che in
ogni modo quello era decisamente meglio.
Lentamente cominciò ad accarezzarle la schiena da sopra la maglietta, ma
poco dopo le sua mani scivolarono esitanti sotto di essa, incerte; la sentì
trattenere il respiro, per poi stringersi di più a lui, infilandogli le mani nei
capelli. Ron, acquistato un po’ di coraggio, stava per spostare le mani sul
davanti, quando lei si staccò improvvisamente, rossa in volto. Lui la guardò,
affascinato ed allarmato.
«Cosa
c’è? Ho fatto qualcosa di male?» chiese, ansioso. Lei scosse la testa.
«No,
no... anzi,» disse, e abbassò gli occhi sorridendo. «Però, pensavo... cosa
credevi che ti stessi dicendo, prima, allora?»
Ron
avvampò. «Uhm, bè» cominciò sfregandosi il mento imbarazzato, «Io... credevo che
ti riferissi all’altra sera... che ti fossi... offesa, per il sogno.» disse,
infine.
«Oh!»
disse lei sorpresa. «Io... no... no, per niente, a dirla tutta» confessò, e le
sue guance si imporporarono. Stettero abbracciati così per qualche attimo, prima
che lei tornasse a sollevare la testa, per ricominciare quello che avevano
interrotto. Ma questa volta fu a lui che venne in mente una cosa.
«Aspetta,» disse, «Ho sentito, mentre eri addormentata... che anche tu
hai pronunciato il mio nome.» la guardò interrogativo. «Cosa sognavi?»
incalzò.
Lei aprì la bocca ad intermittenza. «Ah, no... niente di che... non
me lo ricordo più...» balbettò. Ron sorrise furbescamente.
«Eh,
no, non vale! Io te l’ho detto ieri sera, stavo morendo di vergogna ma l’ho
fatto!» disse, incrociando le braccia.
«Ti
giuro, non ricordo...» cominciò Hermione, sulla difensiva. Lui la guardò
accigliato, ma dentro di sè gioiva. «Signorina Granger, stava facendo brutti
pensieri sul sottoscritto?»
Lei
lo fissò incredula «Ehi, ehi, da quando sei così audace, tu?» Ron sorrise
compiaciuto. Si sentiva di affrontare il mondo in quel momento.
«E
comunque... no, non erano brutti, decisamente no.» concluse Hermione,
arrossendo.
Lui
le puntò un dito accusatore addosso. «Ma che imbrogliona! Tu che mi avevi fatto
tutta quella scena per il mio sogno, quando anche tu...»
«Oh,
sta zitto e baciami» disse lei, scocciata. Aveva appena posato le labbra sulle
sue quando lui la spinse via dolcemente. «No, non cercare di sviare il
discorso...»
Lei
alzò gli occhi al cielo, esasperata. «Va bene, va bene. Mi dispiace, scusami.
Soddisfatto?»
Lui
la guardò per un attimo, pensoso. «Sì,» decise, «Ma non abbastanza» aggiunse
poi, attirandola a sè nuovamente.
Fine.
Che dire, eccoci qui col capitolo finale ancora
una volta! Spero che vi sia piaciuto leggerlo almeno quanto è piaciuto a me
scriverlo ^_^ Ringrazio moltissimo tutti quelli che hanno commentato e
commenteranno. Buone vacanze a tutti! ^_________^
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