Capitolo
4…
Perso tutto
Si rigirò
sulle coperte, e poi ancora. Sudava. Con un calcio
gettò via le coperte, osservato da Nora, dal suo angolo come tutte le
notti.
«Ti
amo, Seb!», si
allungò subito per arrivare a baciarlo.
Ancora,
borbottando nel sonno.
«Mi
ami…?», rise un
po’ sulle sue. Il suo
desiderio… era riuscito anche stavolta.
PIP
PIP PIP PIP
Fu
Nora a spegnere la sveglia per lui per poi scuoterlo nel
sonno. «È ora di alzarsi, Sebastian! Sebastian!».
Mugugnò.
«Ora mi alzo… Sono sveglio!».
Scese
le scale di corsa e come ogni mattina si sedette a
tavola, pronto per fare colazione. Sua madre era stranamente di buon
umore
davanti ai fornelli: canticchiava come da anni non la sentiva fare, era
quasi
una cosa nuova.
«Che
succede?», rise.
«Ecco
le frittella!», subito lo servì, con il sorriso
stampato sul volto.
«Oggi
devo fare un nuovo colloquio di lavoro, e se mi
prendono potrò rinunciare a tutti gli altri!».
«Oh,
è una cosa grossa allora?».
«Ci
puoi scommettere!», sorrise.
Lilly
si sedette a tavola e prima che la madre potesse
guardarla storta parò le mani in avanti. «Pulite e fresche!», aggiunse
con
mezzo sorriso, odorandole.
I
due scoppiarono a ridere.
La
mattina sembrava essere iniziata proprio col piede
giusto: pensò Sebastian inforcando la sua bici.
«Sebastiaaaan!»,
udì alle sue spalle, cominciando a
rallentare.
«Buongiorno,
Mariel!».
«Buongiorno,
amore mio!», gli inviò un bacio.
Non
c’era nulla di sbagliato: pensò.
Arrivati
a scuola parcheggiarono le loro bici l’una accanto
all’altra come facevano sempre e dopo si presero per mano, come due
teneri
fidanzatini, per avviarsi all’edificio.
«Ma
guardali…», sbottò Charlie. «È impensabile, impossibile!
Ma come cavolo avranno fatto? La gente sta impazzendo!». Si mise a
braccia
conserte, mettendo su il muso, per poi guardare la sorella.
Chelsea
sembrava delusa e affranta, e senza replicare
afferrò la sua cartella, cominciando a camminare. «Vado in classe…»,
sussurrò spenta.
A
lezione Sebastian era curvo sul banco come al solito,
pensava a Mariel, che ora era diventata la sua ragazza.
Cosa
c’era di male?
Continuava a ripetersi ogni tanto. Ora tutto ciò che voleva era lì per
lui: sì,
il suo desiderio era realtà.
«Seb…
Psst!».
Sentì
Michael bisbigliare e s’incurvò a lui.
«Mi
hanno detto di passarti questo!», disse, consegnandogli
un bigliettino.
«Di
chi è?».
«Uno
di quarta mi hanno detto, non so…».
Controllò
che la professoressa non stesse guardando da
quelle parti e aprì il bigliettino: conosceva bene quella calligrafia,
era
Charlie.
Bell’amico
del cazzo
che sei!
Questa
ce la paghi,
Sebastian Finnigan, parola mia!
Tu
non ami Mariel e lo
sai, invece mia sorella sta male!
Ti
importa questo?
Se
hai conservato
ancora un po’ di dignità lasciala a lei!
Ti
odio e appena ti vedo
ti spacco la faccia, bastardo!
Accartocciò
il foglietto e lo gettò in terra da una parte,
spingendolo coi piedi. Non sapeva come, ma in fondo quel biglietto lo
aveva
messo in una strana agitazione. Sapeva bene che, eppure, per quanto
impegno
potesse metterci Charlie, lui era più forte.
Ma
non c’era nulla di
sbagliato; nulla di male, no?
«Ti
amo tanto, cuoricino mio!», se la ritrovò davanti alla
sua classe a campanella appena suonata, pronta per abbracciarlo e poi
baciarlo.
Alcuni compagni di classe esultarono felici uscendo dall’aula, mentre
quelli
delle altre classi li guardavano sorpresi: tra loro vi era pure
Melanie, che con
sguardo chino si voltò per andarsene.
«Oh,
ma perché devi fare così Esageri!», sbuffò.
«In
cosa? Voglio solo stare con te!», sorrise, aggrappandosi
al suo braccio.
Mariel… Mariel
non
era una ragazza come le altre, sapeva Sebastian. Innamorata si sarebbe
davvero
comportata così?
Subito
corse in mezzo a loro una ragazza, che dicendo di
essere innamorata di Mariel si metteva in mezzo nella loro storia
d’amore.
Cosa
c’era di sbagliato? Pensò ancora.
Ho
perso tutto.
Aveva
due amici, ma si era scagliato contro di loro e li
aveva feriti. Aveva una migliore amica che ora aveva trasformato in uno
stupido
pupazzo. Gli piaceva una ragazza che infine si era dichiarata a lui, ma
l’aveva
ignorata a causa di un capriccio.
Digrignò
i denti e prese la sua decisione.
«Sono
uno stupido!», disse in quel momento, prima di
scattare e correre via, senza che qualcuno lo potesse fermare.
Dal
cortile scavalcò il cancello e corse via, inseguito da
un insegnante furioso.
Non
si fermò, corse fino allo sfinimento per la strada,
finché possedeva fiato in corpo. Tra la gente e le strade, Sebastian
continuava
a vedere la luce dorata di quell’acqua, sotto ogni cosa, tra la pelle e
il
cemento: era ovunque. Quell’acqua era sotto, sopra, a destra e sinistra
e non
se n’era mai accorto.
Svelto
spalancò il portone. «Abh! Signor Abh!».
L’uomo
apparve dietro ad una colonna e lo raggiunse.
«Voglio
annullare i desideri! Ora!».
«Come
prego?».
«Sei
sordo? Voglio annullare i desideri, come faccio?».
L’uomo
per un attimo rise, preso un po’ alla sprovvista. «Finora
nessuno, a parte la sua amica prima che cambiasse idea, aveva mai
reclamato una
cosa simile!».
«Beh,
io lo sto facendo!», serrò i pugni. «Allora?».
L’uomo
smise di ridere e si guardò intorno spaesato,
Sebastian capì così che non avrebbe trovato alcuna soluzione parlando
con
quell’uomo. Subito corse al suo spazio e facendo silenzio e osservando
bene
notò da dove proveniva l’acqua. I tubi portavano ad un piano superiore.
Non
ci mise poco a trovare le scale ma una volta arrivato
vide come laggiù tutto era straordinariamente diverso: le colonne e gli
archi
erano tutti immersi nell’acqua, come un grande lago nella stanza, e
questa
scendeva da un’enorme cascata dal cielo, senza fine. Non era un posto
come gli
altri: era un pezzo di Paradiso.
Camminando
intorno al perimetro del lago vide nell’aria
alcuni pesci che nuotavano ed emettevano piccoli suoni, come voci
femminili. “Sebastian…“,
sembravano chiamarlo. Incantato
ad osservarli non si rese conto di essere osservato a sua volta:
dall’acqua
sbucò una piccola testa dai capelli verdi, che mostrò infine il suo
sorriso.
Si
spaventò, indietreggiando. «C-Cosa…».
«Ciao!»,
saltò dall’acqua come un delfino, mostrando il suo
corpo di mezzo pesce. «Non viene a trovarmi mai nessuno, sono contento
di
vederti! Io sono Orhus, il saggio di questa sorgente dei desideri!», si
presentò, continuando a sorridergli.
Dopo
un attimo di smarrimento Sebastian si rese conto che
doveva chiedere direttamente a lui se voleva veder annullati quei
desideri.
«Oh,
allora devo dirlo a te!», esclamò. «Orhus, giusto? Mi
devi aiutare: ho perso il controllo dei desideri e ho combinato un gran
casino;
le cose devono tornare come prima!».
«Come
prima?».
«Sì,
devi annullare tutto!».
Il
piccolo si guardò un po’ intorno, per poi sorridergli
ancora. «Tutti o gran parte perdono il controllo dei propri desideri!
Altri
restano qui dentro a vita perché non possono farne a meno e perdono di
vista la
realtà.», disse.
Sebastian
era determinato e s’impose che non sarebbe andato
via fino a che non avesse convinto quel piccolo pesce a fare come
diceva.
«Tu
però sei simpatico!», rise all’improvviso. «Va bene,
accontenterò la tua richiesta a una condizione… Devi dirmi… qual è il
mio desiderio?».
Quale
poteva essere il desiderio di un piccolo pesce?
Ragionò tornando a casa.
Lasciò
la sua bici a scuola, ed era già pronto a sentire la
ramanzina di sua madre avendo di certo ricevuto la telefonata da parte
della scuola
che suo figlio era scappato saltando dal cancello. Già, sua madre… Fu
in quel
momento che rivide il sorriso felice di Lilly e Curt nel rivedere la
mamma
felice, quella mattina.
Si
fermò. Ora sapeva qual era il desiderio.
Veloce
corse verso casa e ignorando le urla di sua madre che
lo inseguivano per la casa prese un foglio e una penna, uscendo di
nuovo. «Scusa,
mamma, dopo!».
«Ho
trovato il tuo desiderio!», sorrise fiero davanti ad
Orhus.
«Quale?».
«Ciò
che sogna ogni bambino: sua madre!», gli
mostrò il foglio che prima teneva nascosto sulle
spalle, raffigurato il buffo disegno di quella che doveva rappresentare
una sirena
coi lunghi capelli.
Il
viso del piccolo saggio della sorgente s’illuminò e il
foglio cominciò a volare per aria in tutta la stanza, circondato dai
tanti
pesci che sembravano festeggiare a loro volta. «La mia mamma…»,
sorrise. «Quanto
mi manca la mia mamma…».
Da
quel momento in poi le cose andarono decisamente meglio,
e questa volta per davvero.
La
madre di Sebastian riuscì ad avere quel posto di lavoro,
che le permise non solo più soldi, ma anche di poter passare più tempo
libero
con i suoi figli. La nonna festeggiò i suoi ottantanove anni con un
gran
banchetto, anche se non si ricordava più di metà nomi degli invitati.
Lilly e
Curt crescevano sereni con nuovi amichetti tra il vicinato.
«Mi
ami?».
«Sì…».
«E
perché?».
«Non
lo so a dire il vero…», ci pensò su, prima di baciarla.
«Ma ti amo…».
Mariel
e Chelsea divennero finalmente una coppia e
quest’ultima fece pace con Sebastian, anche se dopo giorni di scuse
ininterrotte. Mariel dal canto suo, non sapeva nemmeno il perché delle
scuse:
si scoprì che chi era sotto l’effetto dei desideri degli altri non
portava
ricordo.
Sebastian
riuscì a fare pace anche con Charlie, anche se fu più
dura che con la sorella. Dovette sconfiggerlo a boxe: senza l’effetto
del
desiderio ne aveva preso più e più volte.
Ci
pensava Melanie tuttavia a farlo ritornare in forze.
Lei
e Sebastian si misero insieme, dopo che le chiese
pubblicamente scusa davanti a tutta la scuola con un mazzo di fiori in
mano. Melanie
sembrava averlo rifiutato ma il giorno dopo camminavano mano nella mano
davanti
a tutti.
Sebastian
ritornò il classico ragazzino di sempre, come le
sue F e la scusa che volevano dire Felice.
In
quanto a Charlie…
“Charlie…
Charlie… Il
tuo desiderio è già realtà…“
Per
lui tutto doveva ancora cominciare.
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