Cristal Dreams
~ Behind This Crimsom Eyes
IV.
Pulizie a casa Evans e spiacevoli incidenti. Le cose strane si
attraggono sai?
L'appartamento di
Soul Evans sorgeva, austero ed imponente, in una via secondaria proprio
dietro al centro principale, alle spalle della Chiesa della città.
L'edificio, di
costruzione recente a giudicare dalla struttura e dalle forme moderne
ed eleganti, sorgeva su un modesto spiazzo di terreno, sufficente per
l'estendersi di un grazioso vialetto in bianca pietra levigata
serpeggiante fra due ali di prato accuratamente tagliati nel tipico
stile inglese.
La porta d'ingresso
principale troneggiava importante al centro del viale, sotto ad uno
splendido soffitto a volta di un chiaro color crema e i mattoni a
faccia vista di un'intensa sfumatura cioccolata rendevano la casa già
sufficientemente moderna e raffinata ancora più intrisa di eleganza e
magnificenza.
-E tu vivi quì?- esclamò
Maka, più a se stessa che a Soul, fissando con gli occhi sgranati il
vasto ascensore -perfettamente paragonabile all'ingresso di casa sua
che ad un ascensore vero- che sembrava poter contenere al proprio
interno non solo i residenti dell'edificio, ma anche quelli dell'intero
quartiere.
Soul le lanciò
un'occhiatina di sbieco, indeciso se interpretare quella genuina
espressione di stupore come un sentimento vero o come un'ironica e ben
costruita presa per il culo.
-Andiamo senza tette,
anche tu vivi in una casa mica in una stalla, no?- esordì, pigiando con
malgarbo il tasto bordato d'oro del tredicesimo piano ed infilandosi le
mani in tasca mentre le porte dell'ascensore si apprestavano alla
chiusura e mancando per poco di chiudersi sopra al corpicino esile
della ragazza, la quale gli lanciò uno sguardo infuocato senza parlare;
non aveva senso dargli corda.
-Certo che abito in un
appartamento ma.. questo posto sembra una reggia!- rispose, indicando
con un gesto eloquente del capo il lampadario a spiovente ben fermato
al soffitto, riflettente continuamente piccoli giochi di luce colorata
che andava a dipingersi sulle pareti color biscotto.
L'albino sbuffò,
appoggiandosi con il busto alla parete opposta all'uscita e divaricando
leggermente le gambe, in quella chiara posizione che lei avrebbe
attribuito ad un dannato cafone.
Ma in fondo come poter
definire Soul Evans sennon con quell'aggettivo? Ora che ci pensava, più
pronunciava mentalmente quella parola più essa congrueva perfettamente
con la figura sfacciata ed irritante del ragazzo al suo fianco, troppo
impegnato a rotolarsi nel suo "essere dannatamente cool" per prestare
la minima attenzione alle sue smorfie.
-Io mi arrendo Evans. Sei
troppo insopportabile persino per i miei nervi- sbuffò la ragazza,
imitando l'albino al suo fianco e appoggiando la schiena sulla
superfice gelida della cabina, attendendo pazientemente il sottile
sibilo che indicava l'arrivo al pianerottolo prescelto.
Il ragazzo non disse
nulla, si limitò a sbuffare qualcosa fra i denti senza nemmeno
rivolgerle uno sguardo, gli occhi fissi sulla riga grigia che spezzava
il tenue beige delle pareti laccate in bronzo, lucide di metallo.
Finalmente, con un ultimo
ed appena percettibile sobbalzo, l'uscita si spalancò ai loro occhi
rivelando un morbido color salmone appartenente ai muri del
pianerottolo, spugnati di rosa quà e là.
Maka fu la prima ad
uscire, la bocca già spalancata per la sorpresa; se l'ascensore e
l'aspetto esterno della casa erano state una deliziosa fusione di
eleganza e raffinatezza, il pianerottolo era benissimo paragonabile
all'ingresso di una reggia.
Oltre alle mura
deliziosamente dipinte di un colore oltremodo morbido e soffuso, gli
unici ornamenti degni di nota all'interno di esso erano due enormi
specchi dalle forme allungate e sinuose che correvano orizzontalmente
lungo le pareti; le cornici, dell'oro più puro e luminoso che la
ragazza avesse mai visto, erano state arricchite da una moltitudine di
fini dettagli e piccoli accorgimenti che ricorrevano spesso nel motivo
a drappi floreali.
Sull'angolo destro una
splendida rosa schiudeva il suo dorato abito ad un sole nascente; dalla
parte opposta un giglio ancora chiuso attendeva ansioso la prossima
alba per tendersi ancora verso il mondo.
-Sembri una bambina al
parco giochi- la rimproverò Soul, raggiungendo con pochi passi grazie
all'ausilio delle lunghe gambe strette nei jeans scoloriti la seconda
porta a sinistra, frugando distrattamente nelle tasche alla ricerca
delle chiavi.
Estrasse il mazzo con un
movimento scocciato, lanciando uno sguardo di fuoco alle decine di
chiavi che pendevano tintinnanti fra le sue mani, riflettenti argentee
la luce soffusa delle piccole plafonierie incastonate sulle pareti.
La porta si aprì con un
sonoro clangore, accogliendoli al proprio interno al ritmo di dolci
ventate di aria calda proveniente dalla piccola stufetta posta
all'angolo dell'ingresso, proprio sotto ad un grazioso comodino in
legno grigio.
-Evita per l'amor del
cielo- la interruppe immediatamente Soul, notando le dimensioni ormai
sfioranti il sovrannaturale dei bulbi oculari della bionda che si
accingeva ad entrare nell'appartamento.
Maka sospirò, ordinandosi
di respirare; più si guardava intorno più si domandava dove fosse
finita.
In un
nobile castello del dodicesimo secolo o era ancora nella piccola ed
ombrosa Death City?
Non si sarebbe di certo
stupita se, al posto delle case dai tetti spioventi e del cielo
d'inchiostro sovrastato da un pallido medaglione color platino, si
fosse trovata in un minuscolo villaggio agricolo attorniato da mura
merlettate.
-E'..-. Assurdo.
Fantastico. Meraviglioso.
Soul sbuffò, cacciando
malamente il mazzo di chiavi sul ripiano liscio del mobiletto e
calciando via le scarpe da ginnastica bianche come fossero oggetti di
poco conto e non l'ultimo modello di Adidas appena uscite sul mercato.
-I tuoi genitori
guadagnano bene- si ritrovò ad osservare Maka, una considerazione che
rivolse più a se stessa che a Soul, il quale non la degnò nemmeno di
una risposta.
-Hai sete?- domandò
invece, dirigendosi a passo svelto verso quella che doveva essere una
specie di cucina -e che in realtà agli occhi dell'Albarn risultava più
come l'ingresso al Paradiso-.
-No grazie- rispose lei,
lasciando vagare lo sguardo lungo il salone, accorgendosi solo ora
dell'arredamente e degli oggetti estranei al luogo; il tutto era
arredato tramite mobilio fine ed elegante, raffinato ed essenziale,
senza mai essere portato all'esagerato od al volgare.
Ogni singolo oggetto era
impregnato di un'originalità mai banale, spesso legata ad un piccolo
dettaglio subito notato.
Eppure, nonostante il
rigoroso decoro vi era un qualcosa che stonava; forse erano le
cartaccie sparse lungo il tappetto cremisi, per lo più marche di
barrette di cioccolato e
patatine. O i numerosi cartoni di pizza al taglio ancora sporchi di
mozzarella ormai irrigidita dal tempo. Storse il naso, disgustata;
E lei
avrebbe dovuto rimettere a posto quello schifo?
Riformulò la domanda ad
alta voce, sgambettando schifata tra cumuli di pasta al sugo ormai
congelata ed appiccicosa ed una poltiglia stagnate all'angolo del
divano in pelle bianca, di un inquietante verde azzurrognolo e e del
quale preferiva ignorare la provenienza e la composizione.
Soul, dalla porta chiusa,
le urlò un "Sì" piuttosto scocciato; uscì due minuti dopo, fra le mani
una bottiglia di Coca-cola ed un sandwich al formaggio ancora fumante
riposto in un piattino color pesca.
Ne offrì un angolino a
Maka, la quale negò contraria. -Sai che mangi malissimo Evans?- lo
informò, fissandolo con le mani sui fianchi stretti, la medesima
espressione sul viso.
Soul sbuffò,
accomodandosi sul divano dopo aver posato bibita e piatto sul tavolino
di cristallo collocato proprio di fronte al divanetto, squadrandola poi
con un'occhiatina sardonica. -Non ti farebbe male Albarn aggiungere
qualche chiletto su quelle ossicini oscene- ribattè, tornando al suo
spuntino.
Maka chiuse gli occhi,
inspirando a fondo. Persino l'aria all'interno del salotto sapeva di
chiuso e una moltitudine di odori culinari -tra i quali riusciva ad
identificare l'aroma saporito della pizza ai peperoni- le sfioravano
prepotentemente il naso, irritandolo e facendolo bruciare leggermente.
-Su Evans, alza il culo!-
urlò, afferrando un cuscino da sotto una poltroncina in leggero satin
castano per scaraventarlo sopra al padrone di casa, il quale a causa
del colpo si cappottò all'indietro.
Qualche forza divina
volle che il piattino in ceramica finisse proprio sul morbido tappeto
dai finimenti indiani, che riuscì ad attutire il colpo e ad impedire
che i prezioso oggetto finisse in mille pezzi.
-Albarn hai la grazia di
un elefante con il mal di stomaco!- sbottò Soul, raccogliendo
frettolosamente il suo adorato panino per finirlo in un sol boccone;
puntellando i ginocchi per terra ed inchinandosi fino a raggiungere lo
spazio vuoto sotto al divanetto in pelle, vi mise all'interno una mano
e cominciò a frugarvi meticolosamente alla ricerca del grazioso cimelio
di famiglia.
Maka si tese verso di
lui, i capelli legati che scivolavano morbidi e lisci sulle spalle nude
dalla maglietta a spalline indossata nonostante Gennaio alle porte,
sbirciando con un'espressione un pò colpevole sul volto.
-Mi.. Mi dispiace. Non
pensavo fosse importante. Non l'ho fatto apposta- tentò di
giustificarsi, mordendosi nervosamente il labbro inferiore, fra le dita
snelle una sottile ciocca di capelli biondi; per quanto gli stesse
altamente sulle scatole non avrebbe mai voluto rompere qualcosa di sua
proprietà.
Avvertì il lieve pigolare
di una risata trattenuta e s'infuriò notando la grassa risata che Soul
tentava di soffocare fra le labbra rosee, mentre con gli occhi scrutava
nelle profondità del divano ancora alla ricerca del piatto scomparso.
-Sei un gran bastardo
Evans!- esclamò la ragazza, lanciandosi di scatto sulla schiena
dell'albino, spalancando le gambe totalmente incurante della corta
gonna e dell'assenza di calze sulla pelle nuda.
Soul mugulò qualcosa,
oppresso e sorpreso dal nuovo peso appena piombato sulle sue spalle e
si accucciò al suolo, attendendo paziente che la furia dell'Albarn si
esaurisse.
Non sapeva che diavolo ci
trovasse di così soddisfacente nel vederla andare su tutte le furie -e
farsi malmenare come fosse un sacco da box- ma adorava il modo in cui
la rabbia faceva fremere ogni singolo lembo di quell'anima
apparentemente dolce e pacata; il modo in cui quegli occhi di un
altrimenti placido verde prato bruciassero.
Quando l'ira l'avvolgeva
tutto in lei sembrava prendere improvvisamente fuoco; il rossore sulle
guance, il brillio delle iridi, il ghigno violento su quelle labbra
sottili.
Soul
Evans sei diventato un fottuto masochista.
*
-E questa?- esclamò
improvvisamente la voce acuta di Maka, immersa dentro ad un cumulo di
vestiti sporchi di chissà quante settimane prima.
Soul si alzò dalla sua
postazione, dalla parte opposta della stanza, lamentandosi del mal di
schiena; aveva passato più di due ore a girovagare per l'appartamento
chino su una dannatissima scopa, scostando ripetutamente la paletta
rossa in modo da raccogliere il marciume improvvisamente comparso sul
suo bel parquet.
Senza contare l'oretta
buona trascorsa sotto al sedere di Albarn, la quale non era poi così
esile e fragile come appariva, e che aveva approfittato della posizione
per strillargli nelle orecchie una paternale da guinnes; sei solo un
bastardo cafone, le donne non si trattano di certo così, farmi
preoccupare per niente.
Quando l'unica che aveva
il diritto di lamentarsi in quel preciso momento non era altri che la
sua povera spina dorsale, costretta a sorreggere il peso di quella
specie di elefante in miniatura opportunamente liposuzionato ma
comunque sufficientemente pesante per spezzargli la schiena in due.
-Cosa c'è ora Albarn?-
sospirò il ragazzo, abbandonando scopa e strofinaccio a terra per
trascinarsi alle spalle dell'altra, leggermente sollevata sulle
ginocchia e totalmente immersa con il busto dentro alla cesta della
biancheria.
All'improvviso la
testolina bionda di Maka fece capolino dal mare in cui era svanita, il
naso accuratamente tappato da un piccolo ceppetto ed un sorrisino
ironico dipinto sulle labbra rosse per la calura.
Aveva la fronte madida di
sudore e qualche ciocca color neve mista a fango era sfuggita alla
presa dei due elastici neri fermati ai lati della testa, scivolando
morbida sulle scapole sporgenti per poi perdersi all'interno della
maglietta cobalto, posandosi fra il morbido solco dei seni quasi
inesistenti.
-Guarda guarda
cos'abbiamo quì- mormorò sardonica, alzando vittoriosa una mano verso
l'alto; Soul notò che, dentro al pugno chiuso, vi era racchiuso uno
strano oggetto dalla forma rettangolare, non più grande di un cellulare.
-Ma quella è...-
-Una macchina
fotografica! Non sapevo avessi passioni così nobili Evans. Non è da te-
lo sbeffeggiò lei, innarcando la schiena all'indietro e puntellando la
mano sul pavimento freddo per sottrarsi alla presa di Soul, il quale
tentava affannosamente di strapparle il prezioso oggetto dalla mano.
-Hey Albarn attenta con
quello! E' piuttosto importante- l'ammonì l'albino, sedendosi al suo
fianco e lanciandole un'occhiata di fuoco.
Maka inclinò il volto di
lato, arricciando le labbra con curiosità; gli occhi spalancati come
quelli di una bambina prese a rimirare la macchina fotografica che
aveva fra le mani, modificandone il tocco; da impulsive e ruvide le
lunghe dita diafane acquistarono una dolcezza ed una delicatezza quasi
timorosa, mentre percorreva con timida meraviglia gli arabeschi dipinti
ad arte sulla custodia.
-E' strana- sussurrò,
rigirandosela sul palmo della mano, sfiorando l'obbiettivo cerchiato di
un bel blu oltremare intenso, quasi irridescente.
-Le cose strane si
attraggono sai?-
-La simpatia non è
compresa nel tuo DNA vero Evans?-.
Soul sorrise, passandosi
distrattamente una mano fra i capelli candidi fermati sulla nuca da un
piccolo cerchietto scuro; strana.
Maka Albarn era
decisamente la cosa più strana che fosse mai entrata in casa sua.
-Quella macchina
fotografica ha una storia piuttosto interessante- esclamò quasi senza
accorgersene.
Sentì gli occhi
smeraldini della ragazza alzarsi dall'oggetto in questione per posarsi
su di lui, colmi di interesse; le lunghe ciglia bionde fremevano dorate
nella penombra della sera ormai sopraggiunta, impreziosite da piccole
gocce di sudore provocate dal lungo lavoro di pulizia delle ore prima.
-Racconta- lo incoraggiò
Maka, notando il silenzio in cui era piombato il ragazzo. Soul annuì,
alzandosi dal parquè rossastro del pavimento per prendere posto sulla
comoda poltroncina bordò del salotto, al fianco del camino acceso.
Maka lo seguì,
sistemandosi ai suoi piedi, il capo rivolto verso l'alto.
La gonna cremisi scivolò
leggera sulle gambe magre, acquistando cupe sfumature ed ombrature
carminee sulle morbide pieghe; schiusa a corolla sulla pelle liscia, la
stoffa sottile s'insidiava fra il solco delle cosce di madreperla,
creando un effimero gioco di luce e dipingendo con timide pennellate di
bordò e rubino le lunghe gambe.
Soul lasciò vagare lo
sguardo sul corpo sottile della ragazza, riflettendo apatico, il mento
posato garbatamente sul palmo della mano.
Dischiuse appena le
labbra rosate, scivolando maggiormente sulla poltrona, cercando nella
mente le parole per cominciare il proprio racconto.
-Questa macchina
fotografica fece la sua comparsa la prima volta cinque anni fa,
all'arrivo di mio nonno quì a Death City.
Lui lavorava come
interlocutore fra importanti aziende, e spesso veniva inviato nei paesi
più disparati del mondo, essendo un uomo di cultura e piuttosto cool,
come il sottoscritto del resto-.
Ghignò allo sbuffare
infastidito di Maka, ancora inginocchiata ai suoi piedi, le braccia
incrociate sul petto, attenta e vigile come ad una lezione in classe.
Soul chiuse le palpebre,
godendosi quei pochi secondi di assoluto silenzio, in cui l'unico
rumore captato nell'aria era il timido e secco chiocciare del fuoco
all'interno del camino.
Familiare.
Era tutto così familiare.
-Era stato mandato
a Est, in un qualche sperduto paesino dell'India. Avrebbe dovuto
convincere un'importante agenzia di viaggi ad accettare la richiesta di
società rispetto ad un'altra azienda, residente a Londra. La mattina
prima del ritorno in Inghilterra si fermò in un mercato, per acquistare
qualche regalino da portare ai parenti. Fu un vecchio mercante ad
avvicinarlo. Gli raccontò un'assurda leggenda riguardo a questa
macchina fotografica, e lui l'acquistò immediatamente. Fu grazie ad
essa che conobbe la sua prima moglie e madre di mio padre- terminò, il
braccio pigramente steso sul bordo della poltrona.
Socchiuse appena le
palpebre, sorpreso dal silenzio di Albarn.
Si sarebbe aspettato di
venir interrotto come minimo dieci volte da ogni genere di domanda e
invece niente.
Maka se ne stava seduta
computamente sul pavimento, le gambe chiuse, il volto basso; non
riusciva a captare un ben che minimo segno d'interesse, di beffa o di
repulsione negli occhi chiari, lucidi alla tenue luce del fuoco.
Soul respirò piano,
restio nell'interrompere quel momento di pura calma. Eppure..
Eppure c 'era qualcosa
che non andava.
Se ne
accorse quando, con un sospiro leggero quanto un alito di vento, la
ragazza scivolò a terra, svenuta, piccoli boccioli cremisi a ricamarne
il contorno delle labbra livide.
~
Note Insane
di un'Autrice Sclerata;
Perdonatemi per il
mostruoso ritardo.
Invoco a gran voce il
vostro perdono e la vostra comprensione, ma sono settimane dure.
Uhao, sembra che la mia
intera esistenza sia un affronto a Dio stesso.
Ma vvvvaabbè non voglio
affligervi con le mie cose; uaho che capitolo.
Si è portato via un
sacco del mio tempo e delle mie energie davvero. Scriverlo è stato
faticoso, e spero vi sia piaciuto almeno un pò.
Durante la stesura ero
combattuta da due forze; mantenere il rapporto sul classico o taanto
sesso, droga e rock and roll?
Purtroppo ha prevalso la
pigrizia e quindi classico.
Ma conto sulla lemon
prima o poi.
Ora vi lascio gioie miei,
Un bacio ed un inchino,
Hysteria H.
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