Continuarono
a parlare fino a che solo poche luci del castello rimasero accese.
Per evitare di dare nell’occhio più del dovuto,
Hanon decise
allora di tornare nelle sue stanza. Sem si offrì di
accompagnarla
per il pezzo di strada in comune. Lungo il tragitto non incontrarono
nessuno. Sem salutò Hanon in fondo allo scalone che portava
ai piani
alti, riuscendo a darle un veloce bacio sulla guancia. La ragazza gli
sorrise e gli augurò la buonanotte, quindi prese il
corridoio verso
le stanze della servitù. Dovette fermarsi a metà
strada quando una
guardia apparve all’incrocio tra il corridoio e quello
traverso. Il
soldato non parve accorgersi di lei, sembrava anzi piuttosto di
fretta e proseguì dritto per la sua strada, ma Hanon si vide
costretta a cambiare strada per evitare di essere vista.
Tornò
indietro e imboccò un corridoio alternativo alla sua destra,
apparentemente deserto. Notò che la parete alla sua destra
era
coperta da quadri alti fino al soffitto e raffiguranti i soggetti
più
disparati, mentre alla sua sinistra di apriva un’unica,
grande
porta dipinta in oro e magistralmente intagliata. Non si
soffermò a
guardare oltre e puntò dritta verso l’imbocco di
un altro
corridoio dallo stesso lato.
“Hanon…”
sussurrò
una vocina acuta velocemente, prima di scomparire con una leggera
eco. La ragazza si fermò di colpo e si voltò
allarmata, convinta di
essere stata scoperta, ma non vide nessuno dietro di lei.
“Hanon…”
chiamò
di nuovo la voce, come prima leggera ed evanescente. Hanon si
voltò
dalla parte opposta. Niente. Stava iniziando a preoccuparsi. Mosse i
primi passi verso la fine del corridoio e quando la voce la
chiamò
una terza volta aumentò la velocità dei suoi
passi finché non si
ritrovò a correre, senza nemmeno pensare a dove stesse
andando.
Probabilmente fu grazie al suo istinto se, in un batter
d’occhio,
riuscì a raggiungere l’entrata delle stanze dei
servi.
Una
volta dentro si concesse qualche momento per tirare il fiato, quindi,
cercando di non far rumore, raggiunse la sua stanza e si
coricò a
letto, vestita e totalmente sfinita. si addormentò quasi
subito, ma
i suoi sogni divennero presto agitati. Quella voce tornò a
chiamarla
insistentemente. Iniziò a sognare di percorrere rapidamente
i
corridoi del palazzo, ma si muoveva talmente veloce che perse
l’orientamento dopo il terzo o quarto svincolo.
Improvvisamente,
poi, tutto attorno a lei prese a rallentare, finché un
immenso
portone non entrò nella visuale di Hanon. L’aveva
visto non più
di un’ora prima, quando aveva dovuto deviare la strada di
ritorno
alle sue stanze. Si avvicinò sempre di più alla
porta, tanto che
ebbe paura di andare a sbatterci contro. Ci passò invece
attraverso,
quasi fosse un fantasma, e si trovò davanti ad
un’immensa sala del
tesoro. Scrigni, statue d’oro, maschere, diamanti e gioielli
di
ogni tipo erano accatastati in enormi mucchi per tutta la stanza.
Hanon pensò che, con una sola manciata di quelle pietre,
avrebbe
potuto sfamare un intero villaggio. Ma qualcosa le diceva che
c’era
dell’altro, lì dentro, con un valore di gran lunga
superiore a
tutto il resto. Avanzò lungo uno stretto corridoio tra le
due file
principali di tesori,diretta alla parete opposta, su cui si apriva
una piccola teca di vetro scavata nel muro. Al suo interno vi erano
tre cuscini di velluto e su uno di essi era poggiata una strana
pietra verde e liscia. Questa si mosse di scatto e di nuovo la voce
tornò a chiamarla insistentemente per nome, penetrandole
fastidiosamente in testa e costringendo Hanon a svegliarsi per
sfuggire a quel supplizio.
Aveva
il fiatone come se avesse effettivamente corso lungo tutti quei
corridoi, ma nella sua testa c’era finalmente silenzio. Si
ridistese sul giaciglio e in breve si riaddormentò.
Dopo,
secondo Hanon, troppo poco tempo, Olga venne a svegliarla scuotendola
in malo modo.
“Il
fatto che tu faccia le ore piccole non ti esonera dal lavorare,
tesoro” le disse con un leggero tono di rimprovero.
Hanon
sbadigliò sonoramente e si mise a sedere sul letto.
“Forza
e coraggio, cara ragazza!” la esortò la donna
“C’è un gran
trambusto oggi a palazzo”
“Come
mai?” domandò Hanon, anche se la cosa non le
interessava più di
tanto.
“A
noi non interessa quello che succede ai piani alti” fu la
risposta
che ricevette. Troppo assonnata per ribattere, Hanon si
rialzò e si
risistemò l’abito, leggermente stropicciato dopo
che ci aveva
dormito sopra, legò i capelli in una treccia, si
sciacquò il viso
per aiutare il risveglio e raggiunse Olga nella stanza accanto. La
donna le porse subito un cesto di vimini vuoto e le ordinò
di andare
in città a comprare delle erbe medicinali.
“Le
scorte sono quasi finite e coi tempi che corrono meglio non rischiare
di rimanere senza. Inoltre un po’ di aria fresca ti
risveglierà”
Hanon
grugnì una risata e, dopo essersi coperta con un leggero
mantello,
uscì dagli alloggi dei servi, diretta all’uscita
secondaria che di
solito usavano per andare a fare le commissioni in città.
Lungo i
corridoi incontrò parecchi soldati in notevole fermento,
quasi come
quello della notte precedente, e che contribuivano a rendere
l’atmosfera a palazzo più elettrica di quanto
già non fosse
quella mattina.
Doveva
essere successo qualcosa, pensò la ragazza, e
lanciò istintivamente
uno sguardo ai piani superiori. Una strana preoccupazione
iniziò a
impossessarsi di lei e, per distrarsi, proseguì verso
l’uscita del
palazzo. Ben presto il caos della città le riempì
le orecchie e
attutì le sensazioni negative nella sua testa.
La
zona commerciale si sviluppava attorno ad una grande piazza centrale
che ogni giorni si riempiva di banchetti e bancarelle coperti da ogni
sorta di merce. Ai bordi della piazza si irradiavano numerose vie
traverse fiancheggiate da svariate botteghe, in cui lavoravano dagli
artigiani agli erboristi ai sarti. Quando entrò nella grande
piazza
già gremita di gente, fu come approdare in un altro mondo,
lontano
da ciò che accadeva fuori dalle mura o anche solo a palazzo.
In
pochi badavano alla grande bacheca al centro, ricoperta da
più
strati di ritratti di ricercati, su cui spiccavano quelli di un uomo
con una folta barba riccia e quella di un ragazzo più
giovane ma
molto somigliante al primo ad un occhio più attento. Le
taglie sulle
loro teste erano esageratamente alte e portarono Hanon a domandarsi
cosa mai avessero fatto per meritarsele.
Proseguì
verso uno dei vicoli attorno alla piazza, dove si trovava la bottega
del fornitore fidato di Olga. Passò a fianco di una
bancarella di
frutta e non potè fare a meno di notare quanto alto fosse il
tono
della voce del proprietario, in grado di giungere alle sue orecchie
nonostante il chiacchiericcio tutt’attorno.
“Se
gli elfi sono usciti dalla foresta, allora la faccenda è
veramente
seria” stava dicendo ad un cliente mentre gli riempiva il
cesto di
luccicanti mele rosse.
“Più
che seria” rispose questo “Stamattina ho visto
sfilare alcune
truppe di stanza qui ad Uru’baen di fronte a casa mia,
dirette alle
porte della città. Galbatorix non lascia mai sguarnita la
capitale
senza un valido motivo”
“Con
gli arruolamenti forzati Uru’baen no sarà mai del
tutto sguarnita.
Grazie al cielo mi sono nate due figlie, altrimenti solo gli dei
sanno quanto sarei stato in ansia…ehi,
signorina!”
Il
fruttivendolo, accortosi che Hanon si era avvicinata, inconsciamente,
al banco per sentire meglio la conversazione, la chiamò con
ampi
gesti del braccio.
“Avete
visto che ben di dio sulla mia bancarella? È la frutta
migliore
della città, forse anche di tutto il regno. Cosa desiderate?
Mele,
pere, prugne…abbiamo tutto!”
Hanon
si ricosse e fece qualche passo indietro.
“No,
grazie, io…magari più tardi”
“Potrebbe
non essercene più, più tardi” la
ammonì l’uomo ammiccando.
“Nel
caso verrò la prossima volta” sorrise lei, quindi
si inoltrò
nella via.
Gli
elfi erano usciti dalla foresta e il re aveva mandato rinforzi
chissà
dove. Forse era quello il motivo dell’agitazione a palazzo.
Gli
elfi non sono da sottovalutare, il Maestro glielo aveva detto, e
Galbatorix non era certo il tipo da sottovalutare i suoi avversari,
specie quelli con esperienza millenaria. Molto probabilmente non
aveva mandato solo soldati al fronte, ma anche il suo fiore
all’occhiello. Murtagh.
Doveva
saperne di più, e conosceva la persona che poteva darle
ulteriori
informazioni. Sbrigò velocemente la commissione affidatale
da Olga,
quindi si avviò per le tortuose strade di
Uru’baen, finché non ne
raggiunse la lugubre e maleodorante periferia. Si coprì il
capo col
cappuccio del mantello e procedette lungo gli stretti vicoli tra le
case ammassate e decadenti. Dopo innumerevoli svincoli raggiunse
finalmente il suo obiettivo, il luogo da cui tutto era iniziato. La
bettola non era cambiata di un millimetro in quelle settimane. I
soliti ubriaconi della sera prima a guardia dell’entrata, il
solito
aspetto traballante e poco raccomandabile, il solito salone
praticamente vuoto e lurido, il solito oste disinteressato, la cui
attenzione venne subito catalizzata da Hanon, ferma poco oltre la
soglia e col cappuccio abbassato.
“Chi
non muore si rivede” la salutò Rufus senza
smettere di pulire alla
bell’e meglio il bancone “Se vuoi tornare ad
alloggiare qui, ha
ancora qualche giorno pagato dalla tua ultima visita”
“Ho
ancora il soggiorno pagato?” domandò Hanon,
confusa.
“Evidentemente
il Ramingo pensava che ci avresti messo di più a sistemarti
a
palazzo”
Rufus
smise di pulire e puntò i suoi occhi inquisitori sulla
ragazza.
“Cosa
vuoi sapere?”
Sulle
prime Hanon non seppe cosa dire, poi prese un respiro profondo e
formulò la sua domanda.
“Mi
chiedevo se sapevate qualcosa riguardo un attacco degli elfi”
Sul
volto dell’uomo comparve un mezzo sorriso. Si
avvicinò di più ad
Hanon e le fece cenno di fare altrettanto. La ragazza posò
il cesto
su uno degli sgabelli e si mise in ascolto.
“Il
mondo sta cambiando” esordì l’oste con
voce roca e solenne “Sono
decenni che gli elfi non escono dalla Du Waldenvarden, nessuno con un
minimo di senno lo farebbe, la foresta è praticamente
inattaccabile.
Con l’avvento del nuovo Cavaliere è tornata la
speranza anche nel
cuore della regina, che ha così deciso di muovere guerra
contro
Galbatorix da un altro fronte. Con gli elfi sul campo di battaglia
tutto cambierà”
“E
qual è il nuovo fronte?” domandò Hanon
a voce bassa e tremante.
“Gil’ead,
una delle roccaforti più importanti e più
protette del regno”
“Ma,
se è così protetta, perché il re ha
mandato altri soldati?”
“Perché
non è uno stolto e sa che gli elfi nascondono sempre delle
sorprese.
Nella notte il suo Cavaliere dal drago rosso ha preso il volo verso
la città…”
“Murtagh!”
esclamò Hanon, subito zittita dall’uomo.
“Se
ha mandato lui vuol dire che gli elfi devono avere qualche asso nella
manica che li ha resi più temerari, e Galbatorix ha dovuto
schierare
il suo anche a costo di perdere Feinster”
“Cosa
c’entra Feinster?”
“È
l’altro fronte a sud, attaccato dai Verden e dal loro
Cavaliere”
“Quando
inizieranno le battaglie?”
“Probabilmente
sono già iniziate, ma si deciderà tutto dopo il
tramonto”
Hanon
abbassò lo sguardo, senza più parole per
rispondere. Le era
ritornata in mente l’ultima volta in cui Murtagh era dovuto
partire. L’aveva ritrovato più morto che vivo ed
erano occorse
tutte le sue energie pdf riportarlo ad una condizione decente. Non
sapeva chi fosse stato a ridurlo così, se i suoi avversari o
il re
in un eccesso di collera, ma per lei erano stati minuti orribili e
per nulla al mondo avrebbe voluto riviverli. Non voleva più
rischiare di perderlo, non dopo tutto quello che avevano passato
assieme.
La
mano ruvida di Rufus le afferrò gentilmente il polso per
staccare la
sua dal manico del cestino, cui si era inconsciamente aggrappata con
tutte le sue forze, fino a far sbiancare le nocche.
Hanon
alzò lo sguardo mostrando all’oste gli occhi
sull’orlo delle
lacrime.
“Siediti,
ti porto qualcosa di caldo. Non sei in condizioni di tornare a
palazzo da sola”
La
ragazza si limitò ad annuire e obbedire, quindi prese posto
al
tavolo più vicino.
“Sabina!”
chiamò Rufus energico, senza perderla d’occhio
“Prepara una
zuppa, e che non sia la solita sbobba che rifiliamo ai
clienti”
Nel
frattempo riempì un bicchiere scheggiato con del vino e lo
portò di
persona ad Hanon.
“Rinfranca
lo spirito” le disse nel porglielo, quindi si sedette di
fronte a
lei. La ragazza si bagnò appena le labbra e posò
il bicchiere sul
tavolo, poi iniziò a tormentarsi le mani guardando un punto
fisso
tra le venature del legno.
“Dev’essere
peggio di quanto pensassi” commentò Rufus.
“Ho
un brutto presentimento” ribatté lei “E
quasi sempre i miei
presentimenti sono fondati”
“Da
quel che so riguardo al Cavaliere, non è tipo da farsi
cogliere di
sorpresa. Inoltre il re tiene molto a lui, non gli farà
correre più
rischi del dovuto”
Hanon
alzò lo sguardo sull’oste, bonariamente sorridente
ma con uno
sguardo intenso che la mise in difficoltà, come se le stesse
leggendo nell’animo. Non era lo sguardo glaciale e penetrante
di
Galbatorix, ma aveva lo stesso effetto. Hanon non cedette.
L’oste
emise una roca risata.
“C’è
molto più di quanto non sembri in te, giovane allieva del
Ramingo”
“Hanon…mi
chiamo Hanon” azzardò lei, seguendo una vocina
nella testa che le
aveva suggerito di fidarsi.
“Hanon”
ripeté lui, stranamente soddisfatto “Sembra vada
un po’ meglio,
no?”
La
ragazza annuì, anche se il brutto presentimento non era del
tutto
scomparso.
“Ad
ogni modo, ho fatto preparare a Sabina la sua migliore ricetta e se
non la mangi me la rovescia in testa”
“Non
ho di che pagare” obiettò Hanon, dispiaciuta.
“È
compresa nel soggiorno pagato”
La
partenza delle truppe verso Gil’ead era durata fino al
pomeriggio,
impedendo a Sem di recarsi in città come al suo solito.
Conosceva
altri modi per uscire dal palazzo evitando di usare il passaggio
segreto dalla stanza di Murtagh, partito di tutta fretta per ordine
di Galbatorix nel cuore della notte. Sarebbe bastata solo un
po’
più di prudenza, ma l’ingente numero di soldati in
giro per
Ur’baen, anche se solo di passaggio, lo avevano convinto a
desistere. Inoltre non aveva visto Hanon per tutta la mattina e senza
di lei non poteva fare nulla.
Innervosito
dall’inattività, prima di cena si recò
agli alloggi della servitù
per cercare la ragazza. Il suo arrivo destò non poca
sorpresa tra
servi e camerieri, soprattutto per l’impeto con cui fece
irruzione
all’interno del locale principale. Alla sorpresa seguirono,
dopo
poco, inchini e saluti di circostanza.
“Sì,
sì…va bene così” si
affrettò a dire lui mentre squadrava con
lo sguardo tutte le donne presenti.
“Che
succede? Avete visto un drago, forse?” domandò
perentoria Olga,
sbucata da uno dei locali limitrofi “Tornate al
lavoro!”
Tornarono
tutti alle loro faccende come formiche, Olga invece andò
incontro al
principe e si prostrò in un lieve inchino.
“In
cosa posso esservi utile, altezza?” gli domandò
una volta
rialzatasi.
“Da
quando in qua mi chiami altezza?” chiese lui di rimando,
divertito.
“Serve
ad evitare che circolino voci strane sulle vostre relazioni
interpersonali, anche se ultimamente si sono fatte meno assidue, devo
ammetterlo”
“Probabilmente
sai anche di chi è merito”
Con
un lieve gesto della mano, Olga gli fece intendere di non andare
oltre. Lo condusse nella sua stanzetta privata, lontano da orecchie
indiscrete.
“Stavo
cercando Hanon” riprese Sem a voce bassa, in modo che solo
Olga
potesse sentirlo.
“Non
è qui, al momento. L’ho mandata poco fa ad
assistere un parto a
casa di un mercante. Dovrebbe far ritorno per cena, se tutto va
bene”
“Che
vuol dire ‘Se tutto va bene’?”
“Non
si può prevedere la durata di un travaglio, caro principe.
Potrebbero volerci poche ore come una notte intera”
“Ma
non è rischioso farla tornare da sola, nel caso duri fino a
notte?”
domandò allora Sem, preoccupato “Non consiglierei
Uru’baen dopo
il tramonto al mio peggior nemico, soprattutto ora che i soldati sono
partiti per Gil’ead”
A
sentire parlare di Gil’ead, ad Olga venne in mente
l’espressione
sul volto du Hanon poche ore prima, quando era tornata, in ritardo
mostruoso, dal mercato. Nonostante avesse cercato di nasconderlo,
Olga aveva notato perfettamente il suo nervosismo ed era andata a
sincerarsi che stesse bene.
“Sì,
certo” era stata la risposta poco convincente della ragazza
“Solo…è
normale stare un po’ in ansia, sapendo che ai confini
c’è la
guerra”
Dopodiché
si era ritirata in quella stessa stanza e non aveva più
proferito
parola con nessuno, fino a quando Olga non l’aveva mandata ad
assistere la partoriente in città. Per la donna quel
silenzio era
stato subito un segnale d’allarme e aveva bisogno di avere
spiegazioni, ma soprattutto era giunto il momento di darne.
Reputò
Sem la persona migliore a cui confidare il segreto di lady Selena.
Era sicura che non l’avrebbe tradita.
“A
questo proposito, devo chiederti un favore, Sem” gli disse
dopo
qualche istante.
“Vuoi
che raggiunga Hanon? Non credo ne sarebbe molto contenta, non vuole
che ci vedano insieme…”
“No,
no, ma ho urgente bisogno di dirti una cosa in
privato”
La
richiesta suscitò non poca curiosità nel
principe, che si fece
tutto orecchie.
“Puoi
raggiungermi qui dopo cena? o meglio, quando tutti sono andati a
dormire?”
“Certo”
“Mi
raccomando, sii discreto e non farti vedere”
“Non
preoccuparti” la rassicurò il ragazzo, quindi si
congedò e uscì
dalla stanza.
Olga
pregò con tutto il cuore di stare facendo la cosa
giusta.
La
piccola peste aveva deciso di non dare tregua alla madre e ad Hanon
fino a poco prima dell’alba. Quando finalmente alle urla
della
donna si era sostituito il vagito del neonato, o meglio, della
neonata, la ragazza ringraziò il cielo per averle concesso
ancora
qualche ora di riposo prima dei lavori canonici del mattino seguente.
Accertatasi
che madre e figlia stessero bene, si congedò e
uscì dalla casa del
mercante per tornare a palazzo. Fortunatamente l’uomo non
abitava
distante e in breve varcò la porta del castello, contenta di
essere
sempre più vicina al suo letto. Solo una giovane guardia la
bloccò
durante il tragitto, ma una volta spiegato il motivo della sua
presenza, la lasciò proseguire senza ulteriori
domande.
Quando
arrivò davanti all’entrata delle stanze dei servi,
la sua
stanchezza aveva raggiunto i livelli massimi da lei concepiti,
accompagnata da un martellante e sibilante mal di testa. Il buio del
corridoio non fece che accentuare il tutto. Il dolore alla testa le
diede una fortissima scarica e la costrinse a fermarsi e ad
appoggiarsi al muro, in preda al mal di stomaco. Dopo meno di due
secondi, però, scomparve come era venuto, tornando ad essere
il
solito dolore.
Proseguì
allora lungo il cunicolo. A poco più di un metro dalla porta
d’uscita sentì qualcuno parlare, seppur a bassa
voce, dall’altra
parte dell’uscio. Si avvicinò ancora, incuriosita,
senza fare
rumore, finché non distinse perfettamente le voci di Sem e
Olga.
Che
il principe fosse ancora sveglio a quell’ora tarda non la
sorprese
troppo. Quello che la lasciò perplessa fu il fatto che fosse
a
quell’ora negli alloggi della servitù a parlare
con Olga.
Hanon
era praticamente con la faccia premuta contro la porta, attenta a non
perdersi una lettere del discorso.
“Sarà
un brutto colpo per Hanon” stava dicendo Sem, con un tono
cupo che
fece allarmare la ragazza, cui venne subito in mente Murtagh. Era
probabile che in quel momento stesse combattendo a
Gil’ead.
“Mi
aiuterai Sem?” chiese Olga al principe con voce
apparentemente
spezzata dalle lacrime “Mi aiuterai a dirlo a
entrambi?”
Entrambi? si
domandò Hanon, ma non ebbe il tempo di porsi altri
interrogativi
perché un’altra scarica di dolore la
colpì alla testa, più forte
della prima, e la costrinse a portarsi le mani alle tempie e a
serrare gli occhi con tutta la sua forza. A stento trattenne un forte
lamento. Poco dopo delle immagini si materializzarono davanti ai suoi
occhi, fulmini rossi, neri e dorati si alternavano rapidamente a
ritmo di clangori metallici, ruggiti e urla disumane. Poi una voce si
levò sopra tutti gli altri rumori, chiara quanto disperata.
Maledetti
per non esservi rivelati prima! Maledetti! Avreste potuto aiutarci!
Avreste potuto…*
Murtagh! Hanon
riconobbe la voce dell’amico, nonostante non riuscisse a
comprendere a chi fossero rivolte le sue accuse, ma non ebbe il tempo
di rallegrarsi per il fatto che fosse ancora in vita, perché
un’altra scarica di dolore, ancora più forte,
cancellò le
immagini da davanti a lei e tutti gli altri suoi pensieri.
Hanon
non riuscì a non urlare, le mani serrate energicamente
contro le
tempie, il corpo inarcato percorso da continue scosse di
dolore.
E
così siete sopravvissuti, Oromis, Glaedr…*
iniziò a parlare una voce nella sua testa, diversa da quella
di
Murtagh, ma troppo echeggiante per poterla distinguere. Per Hanon fu
come avere qualcosa nel cranio che spingeva per uscire. La testa le
pulsava e ogni battito era sofferenza. Cadde a terra in ginocchio e
si chinò in avanti fino a poggiare la fronte contro il
pavimento
freddo. Delle mani la presero per le spalle e la sollevarono di
peso.
“Hanon!”
gridò Sem tentando di toglierle le mani dalla testa, ma lei
si
oppose con forza.
“Vattene!”
urlò lei scuotendo il capo“Vattene dalla mia
testa!”
…sospettavo
che gli elfi potessero tenermi nascosto un drago o un
Cavaliere…*
“Hanon,
ascoltami!” ritentò il principe, lasciando perdere
le mani e
prendendole il viso perché lo guardasse “Hanon
,aprì gli occhi!
Che succede?”
Per
la ragazza fu come sentire un bisbiglio in mezzo a tutto il chiasso
nella sua mente, ma seguì quelle parole e aprì
leggermente gli
occhi. Vide per pochi secondi quelli azzurri e preoccupati di Sem,
sfuocati dal velo di lacrime che copriva i suoi, quindi
un’altra
scossa di dolore la percorse.
Vergognati,
Oromis-elda. Gli elfi hanno dimenticato la loro leggendaria
cortesia?...*
“Fallo
uscire! Fallo uscire!” implorò Hanon, premendo la
fronte contro il
petto di Sem.
“Ecco,
prova con questo” disse Olga, arrivata di corsa dalla sala
comune
con una tazza di infuso in mano.
Sem
la prese e, aiutato da Olga, mise dritta la ragazza perché
riuscisse
a bere. Il principe le avvicinò la tazza alle labbra e
costrinse
Hanon a bere qualche sorso della tisana. Mentre beveva,
però, tornò
a lamentarsi e agitarsi e la tazza cadde sul pavimento rovesciandovi
sopra tutto il suo contenuto.
Tu
sei stato il primo a riconoscere la pazzia che divorava la mia
anima…*
“Toglimelo
dalla testa! Mandalo via!”
“Olga,
che le succede?” chiese in apprensione Sem, sempre con Hanon
che si
dimenava tra le sue braccia.
“Non
lo so…” rispose la donna in un fil di voce e
sull’orlo delle
lacrime.
…unisciti
a me a Ilirea. Con te al mio fianco, potremo mettere fine a questo
conflitto e inaugurare un’era di pace…*
“Uccidimi!
Uccidimi, ti prego!”
“Oh,
Hanon” pianse Olga tremante. Uno dei servi, svegliati dalle
urla
della ragazza, la sorresse mentre si sedeva a terra.
Sei
soltanto un vecchio pazzo…*
Hanon
urlò ancora, sempre più forte. E furono di nuovo
lampi di vari
colori, rosso, nero, oro, ancora rosso, in un vortice delirante.
Rumori metallici, ruggiti, grida.
Tra
le braccia di Sem, il corpo della ragazza si irrigidì come
un tronco
d’albero mentre dalla sua gola usciva un ultimo, straziante
grido
accompagnato da un dolore inimmaginabile. Il principe la strinse
forte, sperando che fosse la fine di quell’agonia. Lentamente
l’urlo si trasformò in pianto e il suo corpo si
rilassò.
“Hanon…”
la chiamò Sem.
Olga,
vedendo che la crisi era finita, si avvicinò ai due ragazzi.
Sentì
Hanon che, nel pianto, continuava a bisbigliare qualcosa.
“Sono
morti…non c’è più
speranza…sono morti…”
“È
semi-incosciente” disse Olga esaminandole una pupilla
“Tra poco
probabilmente si addormenterà. Aiutami a portarla nella sua
stanza”
Sem
si alzò e si caricò Hanon in braccio. Sulla
soglia della sala
comune si erano radunati tutti i servi, che in quel momento
guardavano i due ragazzi e Olga con tanto d’occhi. Questa
tornò ad
avere il suo solito cipiglio e rispedì ognuno di loro a
dormire,
raccomandandosi di non proferir parola con nessuno riguardo
ciò che
avevano visto.
*questi
pezzi sono tratti pari pari da “Brisingr”, capitolo
“Lo spettro
del destino”