Severus si trascinò pesantemente verso i grandi portoni di ingresso di Hogwarts e agitò stancamente la bacchetta verso quella
CAPITOLO IV
Severus si trascinò pesantemente verso i
grandi portoni di ingresso di Hogwarts e agitò stancamente la
bacchetta verso quella direzione, così la luce arancione della
Hall della scuola lo investì. Non mostrava certo un
bell’aspetto: la pelle bianca del viso era lucida di sudore
freddo, quasi a voler risaltare le macchie rosse e blu che
interrompevano quel candore insano.
Nel pugno sinistro
teneva ammucchiato strettamente un lembo del mantello nero
impolverato e infangato sulle estremità, mentre la mano destra
non smetteva di tremare attorno alla bacchetta.
La sua camminata fiera
sembrava un vecchio ricordo: le torture, ma anche il grande peso
della responsabilità che portava addosso lo avevano piegato e
stremato e la consapevolezza che le sue sofferenze erano ancora
lontane dall’essere terminate faceva forse ancora più
male del suo eterno orgoglio ferito.
Scese le scale per il
sotterraneo come le affronta un anziano: uno scalino alla volta,
aspettando che entrambi i piedi si posino sulla stessa pietra prima
di procedere, una mano a sfiorare il muro con i polpastrelli mentre
lo sguardo è fisso verso il basso. Severus non voleva guardare
i quadri appesi alle pareti: alcuni stavano bisbigliando con tono
urgente, di altri poteva sentire il loro sguardo intenso che lo
giudicava senza porsi il minimo dubbio della sua innocenza, come se
la sofferenza che stava provando fosse indubbiamente lecita e
meritata.
A Severus non importava
quello che quegli sguardi del passato volevano dirgli, lui aveva
espresso il desiderio di parlare con solo uno di loro e gli era stato
negato.
“Ma
ancora per poco”
pensò. “che
li piaccia o no, diventerò preside e l’intera Hogwarts
dovrà rispondere a me!”
Finalmente
era giunto davanti al ritratto che portava alle sue stanze. Prese un
respiro rumoroso e accompagnato da un gemito,“Bene,
quella è una costola rotta, forse due!”
e nonostante le fitte raddrizzò la schiena. Gli occhi chiusi
erano circondati dalla pelle violacea e accartocciata dalle premature
rughe e dalle pieghe che, come quando ci si avvolge nelle coperte per
contenere il calore, sembravano voler racchiudere il dolore che
l’uomo stava provando. Improvvisamente la tensione del viso fu
rilasciata e Severus spalancò i suoi occhi neri e
imperscrutabili: era entrato nella parte del professore.
Aprì la porta e
il suo sguardo cercò subito il giovane nella stanza a malapena
illuminata. Lo trovò raggomitolato sulla poltrona accanto al
fuoco, del quale rimanevano soltanto alcune braci arroventate a
produrre un flebile calore. Severus avrebbe potuto approfittare di
avere Potter nel mondo dei sogni per poter lasciare andare la
facciata che stava mantenendo e correre a curare le sue ferite e i
postumi delle maledizioni, ma preferì trascorrere qualche
attimo ad osservare quel ragazzo intorno al quale girava tutta la sua
esistenza.
Cosa cercava in quel
volto di ragazzo? Una parte di Lily, forse una parte di sé
stesso, o meglio di quel giovane che era stato e di cui rimanevano
solo ricordi amari. O ancora, magari cercava un motivo per continuare
a tornare sul palcoscenico della sua vita, affinché almeno il
ragazzo potesse, un giorno, avere un’esistenza come quella che
lui non aveva potuto permettersi.
Il suo sguardo carico
di intensità e di amarezza fu catturato dalla mano destra del
giovane, gonfia e macchiata di sangue rappresso intorno alle nocche.
Evidentemente il ragazzo, colto dalla frustrazione doveva aver tirato
un pugno sulle pietre che sostenevano Hogwarts.
-stupido…ingrato
di un ragazzo!- borbottò. Eppure ancora una volta le sue
parole non erano coerenti con le sue azioni, non quando si trattava
del giovane; infatti prese tra le sue mani tremanti quella del
ragazzo e la curò sussurrando un incantesimo.
Quando si rizzò,
la sua schiena lanciò degli scricchiolii e Severus non riuscì
a trattenere un gemito: si era quasi dimenticato delle sue costole
doloranti.
Si avvicinò
scompostamente alla credenza dove teneva le sue bende e le pozioni.
Ne ingurgitò due di fila senza prendere fiato, lanciò
un sospiro di sollievo e, sedutosi davanti alla sua scrivania, dopo
aver lasciato cadere ai suoi piedi il lungo mantello, cominciò
a sbottonare il suo abito, incurante del giovane che dormiva sul
divano.
Presto si trovò
a petto nudo e con una mano ancora tremante (gli effetti della
cruciatus non guarivano nel giro di pochi minuti) si toccò la
macchia rossa e blu comparsa sul punto in cui si trovavano le costole
rotte. Premette delicatamente e mentre gli scappava un grugnito, con
i polpastrelli sentì che le sue supposizioni erano corrette:
due costole rotte, ma per fortuna non avevano perforato il polmone.
Prese la bacchetta e
l’incantesimo era già pronto per essere pronunciato
dalle sue labbra, quando sentì un tocco sulla spalla che lo
fece saltare in piedi di soprassalto, ma fu un errore e non fece in
tempo a puntare la bacchetta verso il suo “nemico” che un
gemito forte gli uscì dalla bocca e si trovò in
ginocchio, con le mani a coppa sul fianco ferito.
-Piton! Io…non
volevo! Lasci che l’aiuti!-
-Argh…Potter
stammi lontano, sparisci dalla mia vista!-
-e dove vuole che vada?
Sono bloccato qui con lei!-
- e allora sei in
punizione! Vai nell’angolo, faccia al muro, subito!-
-Sta scherzando spero!
Non sono più un primino da un po’!-
Severus era così
frustrato e accecato dal dolore che aveva pensato alla prima
soluzione che gli era venuta in mente: mettere Potter in punizione e
non sentirsi osservato da quegli occhi, soprattutto adesso che era
così vulnerabile.
-Muoviti e fai come ti
ho detto! Conosci già la strada!- ringhiò l'uomo.
Harry strinse le labbra
rabbiosamente. Sì, conosceva già quale angolo doveva
andare ad occupare grazie all’esperienza. In altri frangenti si
sarebbe ribellato ancora, ma il professore aveva guarito la sua mano
e cocciuto com’era non si sarebbe curato davanti ai suoi occhi,
perciò questa fu una di quelle rare volte in cui avrebbe
obbedito al pozionista.
Senza dire una parola
girò sui talloni e si diresse verso il “suo”
angolo.
“Oh
salve pietra sbeccata…”
pensò sarcasticamente.
Allo stesso tempo
Severus, mentre si aiutava a rialzarsi aggrappandosi alla scrivania,
ringraziò tutte le divinità che conosceva per quel
piccolo miracolo: Potter aveva fatto come gli era stato chiesto!
In seguito a
quell’interruzione del ragazzo e quel breve confronto tra i due
era calato il silenzio.
…Ma parliamo di
Harry Potter e di Severus Piton…nella stessa stanza.
La pace non durò
a lungo.
-Hem hem- Harry si
schiarì la gola.
Severus alzò gli
occhi al cielo e continuò ad avvolgersi la garza intorno al
costato.
Passò qualche
minuto e…
-Hem
hem-
-Oh per la barba di Merlino! Sei impossessato da
quel rospo in rosa? Preferirei vederti impossessato da Tu-Sai-Chi e
sentire quei fastidiosi sibili piuttosto che quella tossetta finta!-
Harry ignorò lo
sfogo dell’uomo e senza girarsi chiese:
-Come se l’è
fatta quella?-
-Quella? Potter,
attento a come formuli le frasi, potrei pensare male e grazie a te
ora mi viene da vomitare!-
-No! Non…Argh
no! Non parlavo della Umbridge! Ora viene da vomitare anche a me!
Parlavo di quella…cicatrice sulla schiena-
-Non sono affari tuoi-
-Sì ma…ha
una forma particolare…ne ho vista una simile quando facevo
ricerche sulle origini della mia…è sopravvissuto a
qualche maledizione, vero?-
-è per questo
che ti sei avvicinato alle mie spalle poco fa allora…-
-Sì…-
rispose Harry imbarazzato perché era rimasto così
colpito da quella cicatrice che non si era reso conto di aver
allungato la mano e di averla appoggiata sulla spalla dell’uomo.
-…Non ho
intenzione di parlarne con te, Potter! E ora vedi di dormire, puoi
continuare la tua punizione domattina-
Severus nel frattempo
si era infilato di nuovo la camicia bianca e mentre parlava si era
avvicinato al giovane che guidò rozzamente al divano
tirandogli la maglia.
-La mia stanza privata
è da questa parte, se hai bisogno di qualcosa…può
attendere fino a domattina, non voglio essere disturbato-
-Bene…allora
buonanotte professore…-
-Parla per te!- rispose
l’uomo acidamente.
Piton scomparve dietro
la porta della sua stanza ed Harry si trovò di nuovo solo.
Sospirò e con
passi strascicati si portò davanti al divano e si lasciò
cadere.
Mancavano poche ore
all’alba, così chiuse gli occhi sperando di recuperare
qualche ora di sonno e, col giungere del nuovo giorno, di ricevere
qualche risposta.
Eccomi! Tardi, ma
ancora in tempo per farvi gli auguri di Buon Natale!
Nel frattempo ho dato
tre esami in cinque giorni, ho suonato a destra e a manca, ho preso
un virus che mi ha costretto a formattare tutto ma per fortuna il
tecnico mi ha salvato i documenti, ho mangiato tanto a Natale…:S
Questo capitolo è…
come definirlo…un capitolo “filler”, di
riempimento, cioè non ci sono grandi passi avanti nella trama,
ma mi sono dovuta scervellare parecchio per capire come volevo che i
due protagonisti interagissero per la prima volta dopo gli scioccanti
risvolti del capitolo precedente. Mi sono trovata in difficoltà
perché non volevo che fosse un capitolo deprimente e nemmeno
scontato, così se la prima parte focalizzata su Piton è
più “grigia”, la seconda comprende dei momenti più
leggeri nell’interazione tra i due personaggi. Spero che sia
all’altezza delle vostre aspettative!
Ancora qualche giorno e
pubblicherò il capitolo successivo in cui ci sarà
qualche risvolto più concreto e compariranno due personaggi
che non sono ancora entrati in scena.
Un saluto caloroso!
Morgan
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