Intorno è il vuoto ~
prompt: #049, flash
Le notti
sono diventate invivibili. Si sveglia terrorizzata, fradicia di sudore, tra le
braccia di Matt che non bastano più a spegnere i brividi. Si alza in
silenzio, si avvolge nel lenzuolo e resta immobile per ore, sul bordo del
letto, a guardare il vuoto più totale sfrecciare oltre le vetrate che
sono le finestre della Destiny.
Da qualche tempo ha iniziato a
percorrerne i corridoi.
Non sa cos’abbia guidato i suoi
passi le prime volte, portandola a rifugiarsi sul ponte di osservazione che di
giorno la vede spesso abbracciata a Eli, a cercare
conforto sulla sua spalla sempre in grado di scaldarle le guance; ma sa
cos’è oggi a portarla
laggiù, dove sa che a quest’ora non incontrerà nessuno se
non l’unico –
l’unico che possa capirla.
Le lampade disegnano il profilo
di una figura curva sugli schermi, le gambe piegate in angoli diversi sotto la
postazione, una mano che sale stancamente alla fronte. Chloe
resta a guardarlo dalla soglia senza muoversi, ma lui se ne accorge comunque.
«Non dovresti essere qui.
Hai bisogno di riposo.»
Non si è nemmeno voltato. Chloe sorride amara. È inutile rispondere che non
avrà mai più una notte normale; lo sanno entrambi, magari vale per entrambi, e l’unica
differenza è che lei non sa conviverci.
«Potrei dire la stessa cosa
di lei.»
Nella penombra non intravede che
un movimento, un chinare il capo che le suggerisce un sorriso uguale al suo.
Si avvicina. Non ha programmato
di farlo; non sa cosa si aspetta. E non le importa che lui sia un uomo e lei
una giovane donna mezza svestita e che siano soli e che intorno ci sia –
in tutti i sensi – il vuoto. Lui
è l’unico.
Rush tiene il viso basso, in
ombra, e Chloe non capisce se la stia seguendo con
gli occhi o no. Si ferma al suo fianco e sente il calore della sua vicinanza,
la tensione del suo corpo stanco. Sui monitor scorrono simboli e disegni che
per lei non hanno alcun senso – non più delle immagini che la
torturano da settimane, sempre col buio, sempre di notte.
«Hai avuto in
incubo?»
Si stringe nelle spalle.
«L’ennesimo.»
«Comprensibile, direi.
L’esperienza che abbiamo vissuto non si supera facilmente.»
Guarda i riflessi di debole luce
sui suoi capelli. Sembrano argentarli. È strano, non si è mai
resa conto dell’effettiva età del dottor Rush – di solito
è il suo sguardo a mostrarsi invecchiato.
«Finirà mai?»
gli chiede.
Qualunque sia la risposta, ha
bisogno di sentirsela dare da lui.
Rush si ritrae dagli schermi e
alza lo sguardo, offrendo il volto alla luce e a Chloe.
Non sorride più e ci mette un’eternità a rispondere.
«Sì. Sì,
finirà.»
{Il che le fa pensare che menta.}
«Io... volevo scusarmi con
lei. Per averla colpita, sa, quando... quando mio padre...»
Le parole muoiono da qualche
parte nella poca distanza che li divide, ma Rush non se ne cura.
«Eri sconvolta. E lo sei
ancora.»
«Volevo anche ringraziarla
per avermi salvato la vita.»
«Chloe...»
Sussulta appena. È la
prima volta che la chiama per nome. Fa uno strano effetto. Lo ha sempre sentito
così freddo, così lontano – tranne quando l’ha
svegliata e le ha asciugato le ciglia e l’ha presa per mano e l’ha
ricondotta a se stessa... È un altro di quei flash – è per
questo che fa paura?
«Ho una domanda da
farti» prosegue Rush, troncando la sua gratitudine sul nascere, e lei si
stringe le braccia al ventre come per proteggersi.
Da che cosa, ancora non lo sa.
«L’ascolto.»
«Quando siamo tornati sulla
Destiny, hai... hai notato qualcosa di strano sul tuo
corpo?»
Si sente arrossire. Non le piace
l’esitazione che ha avuto. «Che intende dire?»
«Una cicatrice. Un taglio
che non ricordavi di avere addosso. Dimmelo tu.» Come se non gli
interessasse davvero, torna a dare un’occhiata ai monitor. «Ti
prego di non giudicarmi in modo sbagliato. Non voglio essere indiscreto con te.
Immagino che avrei potuto chiedere al tenente Scott, di certo avrebbe saputo
darmi una risposta esauriente – ma si tratta di una questione del tutto
personale.»
Chloe distoglie
lo sguardo – anche se lui non la guarda più – perché
il tono in cui Rush parla di lei e Matt le fa stranamente male. È distaccato, impassibile, come di fronte a uno di
quei freddi dati di fatto che per gente come lui finiscono col diventare noiosi
e scontati. La fa sentire una ragazzina e una stupida.
«Chloe,
è di vitale importanza.»
Stringe gli occhi. È
ancora difficile parlare di quelle ore da incubo. Sentire storie di umani
rapiti dagli alieni è un conto; essere
una di loro è tutta un’altra cosa.
«Chloe?»
«No.» Deglutisce.
«Non ho nulla del genere.»
Ha ancora gli occhi chiusi, ma lo
sente distintamente sospirare. Osa schiudere le palpebre e sollevare la testa e
si vede ricambiata da uno sguardo combattuto e penetrante, che non vuole lasciarsi andare al sollievo.
«Ne sei sicura?»
«Sì.»
«Assolutamente sicura? In nessun
punto? Neanche, non so, dietro un gomito, nella pianta di un piede, sulla
schiena...?»
«Dottor Rush, non ho una
visione a trecentosessanta gradi.»
«Ma certo» crolla,
passandosi una mano tra i capelli; «ma certo. Ti chiedo scusa.»
È esausto, lo si
percepisce. In quell’assurda richiesta deve celarsi molto di più
che un mero interesse scientifico. Chloe lo fissa
mordendosi il labbro. E si rende conto di aver lasciato ricadere le braccia
già da un pezzo.
«Forse...»
Rush resta in attesa. Nessun movimento
e nessuna espressione tradiscono i suoi pensieri, mentre lei si volta e gli
dà le spalle, iniziando a sbottonare la camicia di Matt raccattata dal
pavimento un’ora fa.
Nel silenzio assoluto, la stoffa
che scopre la pelle è un fruscio assordante.
«Forse potrebbe... dirmelo
lei.»
Fa scivolare la camicia
all’altezza dei fianchi, i capelli oltre la spalla. La sua schiena nuda
è esposta all’esame di Rush. Il cuore le batte forte,
l’assorda, perché sto
facendo questo? Lui non è Matt, è il dottor Rush. È
l’uomo che ha ucciso suo padre e che ha salvato lei. È l’unica
altra persona, su questa dannata nave, che vede quei flash pieni di acqua
fredda e cavi d’acciaio e creature blu. È l’unico.
L’uomo alle sue spalle non
dice una parola. Capisce – deve capire – la sua guerra interiore,
perché Chloe gliel’ha vista dentro, ogni volta che i loro sguardi si sono
incrociati da quando sono rientrati sani e salvi. E rispettano entrambi quella
guerra restando in silenzio. Solo il rumore delle sue scarpe le suggerisce che
Rush si è alzato e ora le si avvicina, lentissimo, un passo per volta.
Quando si sente il suo respiro
sul collo, Chloe si chiede da quanto tempo non faccia
l’amore con una donna.
«Niente» mormora,
improvvisamente incerto, «non c’è niente. Bene.»
Per un attimo lei ha
l’impressione che stia per toccarla, sente
che la sua mano indugia a un soffio dalla propria schiena; ma è la
camicia che Rush sceglie di sfiorare, afferrandola delicatamente e guidandola
di nuovo su lungo le sue braccia, fino a coprirle le spalle.
«Perché era
così importante?» si ritrova a chiedergli, confusa da quanto sta
accadendo – tutto questo è fuori dal suo controllo, tutto questo
non ha senso – e dal soffio [sorprendentemente] caldo che le esala sui
capelli.
Rush esita. È talmente
vicino che sembra abbracciarla, e le
labbra contro la sua nuca si chinano verso l’orecchio come per baciarlo.
«Temevo che ti avessero
fatto quel che hanno fatto a me.»
Qualcosa nella sua voce la
spaventa.
O forse è lo scoprirlo preoccupato per lei?
Si volta. Si perde nel suo
sguardo antico e scopre che non fa più freddo.
Forse gli chiederà di nuovo
cosa intende – ma non adesso. Adesso
i flash sono come ricordi lontani.
Lui è l’unico che può farli sparire.
Nota: Dammit. Non so se vergognarmene
o andarne fiera. ♥
Ho
iniziato a fangirlare su Rush e Chloe
fin da quel famigerato episodio, con la loro fuga dall’astronave aliena. Anche
in seguito hanno continuato ad appassionarmi – e ho adorato quei pochi fotogrammi in cui Matthew Scott li vede
confabulare (prima dell’ammutinamento dei civili) e ne sembra, più
che confuso, quasi infastidito. Vedete, il Matt/Chloe
è così scontato. È così scontato che a lei piaccia
lui. Invece Rush – non serve
che dica altro, vero? *squeals*
Inizialmente
sono stata tentata di sfociare nel rating arancione/rosso. Questo perché,
ehm, ho appena scoperto che uno dei cliché per il lemon
è la situazione aliens made them do it: diciamocelo, la
frase parla praticamente da sé xD Ma alla
fine non me la sono sentita. È una condivisione, la loro, che vedo in modo
molto più intrinseco. E poi detesto
i cliché. Così ho scelto di rappresentare il momento in cui Rush cerca di capire se anche nel corpo di Chloe è stato impiantato un localizzatore. Con molta licenza poetica, ovvio.
(Il
brevissimo accenno Eli/Chloe
non poteva mancare, perché Eli è fluff
puro.)
Age difference? Who
cares. ♥