20. NON SI MENTE A SE
STESSI.
Bonnie stava ancora seduta sul letto guardando un punto fisso innanzi a
sé, con il carillon e il ciondolo in mano.
<< Non importa Ragazzina… Tienili te, per me
sono oggetti vuoti ormai… >>.
Le aveva lasciato tutto ciò che gli restava di Elise.
“Beh, grazie tante!” pensò angosciata
Bonnie.
La strega si sentiva ancora scossa per ciò che aveva
ascoltato.
Era una storia terribile e Bonnie si sentiva in dovere di aiutare
Elise. Ma come?
Era forse per quello che la ragazza non la lasciava in pace? Voleva
essere aiutata?
Bonnie ricordava ancora quell’ombra fredda che bloccava la
rossa durante la trance.
Ma… Elise la stava contattando per avvertirla. Era come se
non volesse essere aiutata, ma tentasse solo di aiutare Bonnie.
O almeno questo era ciò che aveva capito la ragazza dalle
poche frasi di Elise.
Bonnie si era ben guardata dal dire a Trevor delle sue visioni, aveva
come sentito il bisogno di tacere su quello che Elise le aveva detto e,
ovviamente, sul fatto che ossessionasse Bonnie.
La rossa si strofinò gli occhi. Era stanca morta.
“Beh, dormire non mi farà male… Sempre
che i fantasmi mi lascino in pace” pensò.
Si mise il suo pigiama di seta blu mare e, infilatasi nel letto, cadde
tra le braccia di Morfeo.
Si ricordava quella scena… era impressa nella sua memoria da
quando era avvenuta.
Si guardò un po’ intorno. Sì, era tutto
come si ricordava.
La stanzetta piena di mobili d’antiquariato, la carta da
parati arancione sbiadito, il tavolino con due tazze di porcellana
ricolme di the allo zenzero e cannella…
Quello era decisamente il salotto della casa di sua nonna.
<< E tu sei questa >> disse sua nonna,
indicando un punto dove due linee disegnate su un foglio convergevano.
“L’albero genealogico dei
McCullough…”.
<< Hai sia il sangue druido sia quello delle streghe di
Salem che ti scorre nelle vene! Sei molto potente, Bonnie…
>> le disse sorridendo.
Bonnie si ritrovò a sorridere anche lei.
Ricordava che quando era successo Bonnie aveva pensato che sua nonna
fosse matta o, per lo meno, strana, ma ora sapeva di cosa stesse
parlando…
<< E puoi prevedere il futuro? >>
domandò scherzosamente.
Sì, sua nonna le avrebbe risposto di sì.
<< Sì! >>. Appunto.
Bonnie la guardò come un cane bastonato, facendo tacitamente
la sua domanda.
<< Vuoi che preveda il tuo futuro…?
>>.
Bonnie annuì energicamente, facendo sorridere sua nonna.
La nonna le prese la mano e la guardò negli occhi.
Il suo sguardo, dopo poco, divenne vitreo e lontano.
<< Sarai giovane e bella nella tua tomba…
>>.
Bonnie sobbalzò nel letto, svegliandosi di soprassalto
ansimante.
Si mise una mano sul petto, ascoltando il suo battito cardiaco
accelerato.
Aveva sognato una cosa davvero accaduta, in passato.
Il sogno aveva riportato filo per segno il momento in cui sua nonna le
aveva fatto quella profezia: sarai giovane e bella nella tua
tomba…
“Non è per niente…
rassicurante…” pensò rabbrividendo.
Si calmò leggermente. Non poteva essere una premonizione no?
Insomma, che razza di premonizione sarebbe stata?! Avrebbe dovuto
vedere il futuro, non il passato!
Bonnie si mise una mano tra i boccoli cremisi e si alzò a
sedere, coprendosi il viso con le mani e strofinandosi gli occhi.
Sentì il cuore che pian piano tornava a battere a un ritmo
normale. Respirò profondamente e si carezzò un
braccio per riscaldarselo, sentendo la propria pelle gelata al tatto.
“Fa freddo…” pensò.
Strano, di solito casa sua era sempre abbastanza calda.
Un venticello la investì in pieno, facendole capire che la
finestra era aperta.
“Ma… io NON ho lasciato la finestra
aperta!”.
Il suo sguardo guizzò verso la finestra accompagnato da un
brutto presentimento… che si dimostrò fondato.
Damon era comodamente adagiato sul davanzale della finestra e sembrava
non essersi minimamente accorto che lei si fosse svegliata.
Il viso era concentrato a guardare un punto fisso fuori dalla finestra,
i capelli corvini erano mossi da una leggera brezza e la luce lunare lo
rendeva ancora più bello.
Bonnie arrossì e scosse la testa, scacciando tutti quei
pensieri che le affollavano la mente a una vista così
paradisiaca.
Damon sembrava immerso nei suoi pensieri e pareva… affranto,
amareggiato.
I suoi occhi erano privi di espressione e apparivano vuoti: non
l’aveva mai visto in quello stato.
Bonnie si morse un labbro nervosamente e deglutì, facendosi
coraggio e ricordandosi dell’ultima conversazione avuta col
vampiro.
<< Damon… Che ci fai qui? >>
sussurrò debolmente, consapevole che lui l’avrebbe
comunque sentita.
Damon sembrò destarsi dai suoi pensieri e, dopo alcuni
secondi, la guardò negli occhi.
Bonnie avrebbe giurato di vedere il viso di Damon intenerirsi e delle
stelle brillare nei suoi occhi, ma immediatamente il ragazzo
indurì lo sguardo.
<< Non sono nemmeno all’altezza di stare al tuo
cospetto, Bonnie? >> domandò duro, riferendosi
alla loro ultima discussione e alle parole che Bonnie gli aveva urlato
in faccia.
“Bonnie… Non mi chiama mai per
nome…”.
<< Non ho detto questo >> rispose,
altrettanto duramente.
La tensione e la rabbia che erano in entrambi sembravano percepibili
nell’aria notturna della stanza.
<< Lo so, saresti una sciocca solo a pensarlo
>> disse acidamente.
Scese dal davanzale e si rivolse con il corpo completamente verso di
lei.
“Per fronteggiarmi meglio…”
pensò la rossa.
<< Damon… Sono stanca! Per favore, ho bisogno
di dormire, quindi dimmi cosa vuoi e vattene! >>
alzò la voce.
Beh, se non altro quella sicurezza in se stessa che aveva acquisito era
d’aiuto ma Bonnie non sapeva quanto sarebbe durata.
<< Che c’è, ora non posso neanche
venire a trovare il mio Uccellino? >>.
Dalla sua voce traspariva sarcasmo puro.
Bonnie sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
<< Almeno puoi evitare di farmi morire di
broncopolmonite? >>.
Damon sorrise impercettibilmente per un istante e, immediatamente,
entrò nella stanza chiudendosi la finestra alle spalle.
Bonnie per qualche secondo aveva davvero sperato che se ne sarebbe
andato, ma si era solo illusa…
La strega si premurò di coprirsi con le leggere lenzuola
primaverili, in modo che l’intera situazione non diventasse
troppo intima.
Damon era immobile e la guardava con occhi vuoti e
un’espressione severa, tanto bella quanto inquietante.
Bonnie sentì il bisogno di distogliere lo sguardo, iniziando
a torturare con le mani il lenzuolo.
<< Non glielo hai detto a Trevor, vero? >>
le domandò serio.
Quanto erano stati in silenzio? Secondi? Ore? Anni?
Non importava, il tempo si era fermato e Bonnie avrebbe voluto solo che
Damon se ne andasse: non poteva rischiare di mettere in discussione
l’importante decisione sull’iniziare una nuova vita.
“Sii forte, Bonnie” pensò.
<< Dirgli cosa? >>, alzò
fieramente la testa.
<< Che prima di prendere le cose che non gli
appartengono, dovrebbe chiedere il permesso >>
spiegò con un tono tagliente lui.
Quel tono di voce lo usava solo quando parlava ai propri nemici e
questo la ragazza lo sapeva bene. Deglutì silenziosamente.
<< Non riesco a capire di cosa tu stia parlando
>>.
Beh, almeno riusciva a essere fredda…
Damon ridacchiò acidamente, scuotendo leggermente la testa e
tornando a guardare fuori dalla finestra, dandole quasi le spalle.
Bonnie iniziava seriamente a innervosirsi: non solo la disturbava nel
mezzo della notte ed entrava in casa sua senza chiederle il permesso,
ma si permetteva perfino di prenderla in giro! Damon era
così… così… insopportabile
a volte!
<< Beh, di qualsiasi cosa tu stia parlando,
perché non te ne vai e glielo dici te, eh? >>
disse profondamente irritata.
Sentì un profondo ringhio provenire dal vampiro che, in meno
di un secondo si avvicinò al letto con occhi furiosi.
<< Perché è a ME che ha sottratto
ciò che mi appartiene e, se lo avessi davanti, lo ammazzerei
istantaneamente con le mie mani, subendomi dopo la ramanzina di voi
piccoli idioti… soprattutto di te! >>.
Bonnie sgranò gli occhi sconcertata: Damon sembrava
completamente fuori di testa.
La strega poteva vedere chiaramente che aveva perso il controllo, ma
c’era qualcosa che la sorprendeva di più: Damon
sembrava essere… ferito.
<< E cosa ti avrebbe sottratto, sentiamo!
>> disse, non riuscendo ad afferrare il succo del
discorso.
Insomma, perché era venuta da lei a sfogare la sua rabbia
per Trevor? Non aveva il suo bellissimo Angelo con cui parlare? Che
diamine voleva?
<< Mi sembra ovvio, Uccellino… Te!
>> disse sconcertato, come se fosse la cosa
più ovvia del mondo.
Bonnie non sapeva cosa dire o cosa pensare.
<< Scusa? >> riuscì a domandare,
pensando di non aver sentito bene.
<< Oh, andiamo! Reagisci come se non sapessi che sei di
mia proprietà! >> esclamò il
vampiro esterrefatto, alzando gli occhi al cielo e dandole le spalle.
Bonnie ci rimase di sasso.
Una sua proprietà? In che senso? Parlava come se lei fosse
un oggetto!
“Lui pensa che io sia un oggetto… Una piccola,
fragile e inutile umana…”.
Bonnie sentì qualcosa esploderle in petto, qualcosa che non
aveva mai provato prima di allora: il rancore.
Sentiva il corpo tremarle, ma non di paura, la gola era secca e gli
occhi le pizzicavano, era come se stesse per esplodere: tutto il suo
corpo, ogni singolo poro della sua pelle, ogni centimetro di lei
sprigionava rabbia pura verso quel… verso
quell’idiota!
<< IO NON SONO UN OGGETTO! >>
urlò, fuori di sé, mentre si alzava in piedi e
lasciava che le coperte di cotone cadessero per terra.
Vide Damon sobbalzare e capì di avergli involontariamente
lanciato una scarica di potere che avrebbe sicuramente fatto svenire un
umano.
Damon si girò, con sguardo a metà tra il sorpreso
e l’infuriato.
<< Ah, ma davvero, Streghetta? >> disse
ironico, fulminandola con lo sguardo.
<< Allora perché ti fai trattare come tale?
>> sputò quelle parole ringhiando, con tanta
amarezza che Bonnie sussultò per la sorpresa.
Damon… la odiava?
A quel pensiero, la ragazza si sentì invadere dalla
tristezza e sapeva che quel sentimento non rispecchiava la sua
decisione dell’”iniziare una nuova vita”.
<< Ma di cosa stai parlando? >>
domandò confusa.
<< Sei incredibile! >> sbottò
lui, esasperato. << Tanta fatica per proteggere la tua
vita, la tua innocenza e poi scopro che era tutta una farsa! Dimmi, con
quanti altri, eh? Da quanti ti sei lasciata profanare, mentre io
continuavo come un cretino a credere che la tua innocenza fosse solo
mia? >>.
Damon le si era avvicinato pericolosamente ed era completamente fuori
di sé.
Dal suo canto, Bonnie non capiva ancora a cosa il vampiro stesse
alludendo.
<< Pensavo almeno che ti saresti concessa a qualcuno che
conoscevi da più tempo! Invece no, sei andata con quel
vampiro! >> ringhiò infuriato.
Concessa… Quel vampiro…
“Trevor?” si domandò mentalmente.
Damon sembrò essere ferito dalla domanda che la ragazza si
fece.
<< Allora è vero… Ci sei andata a
letto! >> ora sembrava disperato.
<< Che cosa?! >>. Era sconcertata! Ma che
cavolo diceva?!
<< E chissà con quanti altri senza che io me
ne sia mai accorto! Magari perfino con Mutt! >> fece per
poi rabbrividire.
Bene, stava delirando, e lei continuava ancora a non capire di cosa
stesse parlando e, soprattutto, del motivo per cui fosse
così arrabbiato.
<< Tu sei fuori di testa! >>
esclamò, confusissima.
Credeva davvero che lei fosse andata… con Trevor, poi?
<< Bene… >> ringhiò,
<< Allora, avanti! Come si fa con te? Basta chiedere per
avere…? >> l’afferrò con
violenza per un braccio.
Bonnie soffocò un gemito di dolore e lo guardò
ferita.
“Basta chiedere per avere…”.
Lui le stava dando della…?
La rabbia provata poco prima si amplificò e il rumore di un
violento schiaffo invase l’aria.
Una lacrima di rabbia, di odio e soprattutto di sdegno le
solcò la guancia, mentre il silenzio si fece assordante.
Bonnie era profondamente ferita e profondamente confusa.
Si sentiva impotente di fronte a lui e quelle velate allusioni le
avevano fatto perdere la ragione.
Lei, Bonnie McCullough, aveva dato uno schiaffo a Damon Salvatore.
“Ora mi ammazza”. Sì, ne era sicura.
Gli sarebbe bastato il tempo di riprendersi dallo shock e,
immediatamente, l’avrebbe azzannata, oppure le avrebbe
spezzato il collo o forse l’avrebbe torturata lentamente.
Ma non le importava. Era felice di averlo fatto, se lo meritava!
La tensione tra i due era palpabile e Bonnie si sentiva confusa, ma la
rabbia che l’aveva spinta a dare uno schiaffo a Damon non era
diminuita affatto e la spinse a dire l’unica frase che le
venne in mente.
<< Io ti odio >>.
Scandì bene, parola per parola, in modo che Damon non
potesse in alcun modo fraintendere.
Impose alla sua voce di non tremare, fu il più tagliente
possibile.
Perché era la verità, lo odiava profondamente,
con tutta se stessa, per quello che le aveva fatto e poteva sentire che
lui provava lo stesso identico sentimento per lei.
Ma quando Damon incatenò il proprio sguardo a quello della
ragazza, Bonnie rimase sorpresa.
Non c’era la furia che si era aspettata di trovare in quegli
occhi, non c’era niente che aveva pensato di scorgere in
quello sguardo oscuro.
C’era… un sentimento che lei non riusciva a
capire, che non voleva capire!
C’era disperazione e desiderio e confusione e… e
Damon la guardava in un modo così intenso che pensava di
poter svenire da un momento all’altro.
Forse si sbagliava, ma sembrava essere teso.
Avrebbe voluto andarsene lontano da lui, ma due mani, gentili e
violente nel contempo, le afferrarono i polsi e il corpo della ragazza
aderì perfettamente a quello del vampiro.
La voracità di un bacio le tolse il respiro, insieme alla
ragione.
Sentì il mondo intorno a lei girare, si sentiva fragile,
esposta, preda.
L’odio che provava verso Damon, la persona che aveva amato da
sempre e che proprio in quel momento la stava baciando, le ordinava di
allontanarsi immediatamente.
Ci provò, ma il vampiro l’abbracciò per
la vita attirandola ancora di più a sé.
Tentò di divincolarsi, ma sapeva perfettamente che lui non
glielo avrebbe permesso, non in quel momento: lui aveva bisogno di lei,
di lei e di nessun altro.
E, oltretutto, Bonnie non voleva andarsene perché sentiva
che il suo posto era quello lì, che Damon era il suo posto
nel mondo, il suo destino.
A che serve combattere contro il proprio destino?
E Bonnie lo odiava ancora di più ma… lo amava
anche.
Era inutile mentire a se stessa: lei lo amava da impazzire e niente
avrebbe potuto sostituire quel sentimento nel suo cuore, nessuno
avrebbe potuto rimpiazzare il maggiore dei Salvatore.
Le loro labbra si stavano solo toccando in un bacio casto e disperato
nel contempo.
Una serie di emozioni le intorpidirono i sensi fino a farla smettere di
combattere.
Si lasciò andare a quell’amore travolgente che si
era rivelato in modo così doloroso dentro di lei.
E aveva paura, tanta paura di soffrire ancora, di fidarsi ancora.
Aveva paura di amarlo troppo.
Aveva paura che il suo odio non fosse abbastanza per scappare da lui.
Ma non si oppose, anzi, abbracciò disperata Damon, come se
temesse che scappasse, e stritolò con una mano i capelli
corvini del ragazzo.
Lo baciò, tentando di trasmettere tutto ciò che
non sarebbe mai riuscita a dirgli ad alta voce.
La passione che provava, il bisogno che sentiva, era lo stesso che in
quel momento sembrava provare Damon.
Il vampiro la stringeva sempre più forte a sé,
gustandosi il suo sapore, il suo profumo, il suo essere.
E Trevor aveva mentito, lo poteva chiaramente leggere in Bonnie, che si
era lasciata senza difese di fronte a lui.
Lo sentiva, nel cuore, nell’anima, nelle ossa. La sentiva
sua, sua e di nessun altro e questa era la cosa più preziosa
che avesse mai avuto.
Il vampiro aveva paura che quell’uccellino rosso, che ora
stringeva fra le braccia, fosse troppo fragile per lui. Aveva paura di
distruggerla.
Ma, d’altro canto, c’era una questione fisica e
metafisica che lo aveva sottomesso: sentiva la passione e la
disperazione che non gli permettevano di staccarsi dal corpo della
ragazza, dalle sue labbra; la stessa che gli chiedeva di prenderla con
sé per quella sera… di prenderla con
sé per il resto della sua eternità.
E poi c’era come un filo rosso, dello stesso colore dei
capelli della piccola strega, un filo che, in quel momento, pensava di
aver avuto attaccato al polso dall’inizio dei tempi e che lo
collegava a qualcosa nel mondo, qualcosa che era necessario per farlo
vivere.
Da un capo del filo c’era lui, Damon Salvatore. Nella sua
vita aveva tirato quel filo, seguendolo e cercandone inconsapevolmente
l’altro capo.
E dopo diversi secoli, l’aveva trovato e aveva scoperto che
era legato a una ragazza, che sarebbe dovuta essere insignificante per
lui, una fanciulla pura, indifesa come un uccellino.
E lui doveva prendersene cura, perché se quel filo si fosse
sciolto, sentiva che non avrebbe più avuto motivo di
esistere.
Con immensa fatica, si staccò da Bonnie quanto bastava per
parlare, interrompendo quella burrasca che li aveva catturati,
lasciandola respirare di nuovo e prendere il controllo di sé.
Non avrebbe voluto interrompere quell’agognato bacio, ma
doveva dirglielo.
<< Ci tengo a te, Bonnie >> disse
seriamente, scrutandola negli occhi e assicurandosi che lei lo capisse
davvero.
Bonnie sgranò gli occhi e si concesse un sorriso che la
illuminò tutta e che riscaldò il vampiro.
L’uccellino gli saltò letteralmente addosso,
spingendolo sul suo letto.
Damon la lasciò fare per alcuni minuti ma, subito dopo,
riprese il controllo della situazione.
Era l’istinto a farlo muovere, o forse era quel filo rosso.
Fatto sta che quella notte fu certo che Trevor avesse mentito.
Fu certo anche del fatto che Bonnie non fosse una sua
proprietà, ma fosse sua, anima e, dopo quella favolosa
notte, corpo e sangue.
Il sole mattutino gli disturbò il sonno.
Per qualche istante ebbe paura di aprire gli occhi e di trovarsi della
propria stanza, con qualche ragazzina dissanguata accanto e con il
solito bicchiere di cristallo vuoto, sul comodino.
Ma quando realizzò di stare stringendo a sé
qualcosa di morbido, caldo e vivo, quando sentì che era
coperto solo da un lenzuolo leggero, quando un penetrante e dolcissimo
odore di fragole lo investì, aprì immediatamente
gli occhi.
Non gli ci volle molto a realizzare chi stesse stringendo a
sé.
I ricordi della notte di fuoco passata gli ritornarono in mente e,
subito, si ritrovò a sorridere.
Si stiracchiò leggermente, attento a non svegliare
l’uccellino che gli dormiva tra le braccia, poi si
alzò lento e silenzioso, mettendosi a sedere.
Rivolse uno sguardo verso Bonnie e, istintivamente, le
carezzò la schiena nuda.
Ricordava con piacere tutto, ogni sensazione, ogni carezza, ogni bacio,
ogni dettaglio infinitesimo.
Dopo quella notte, poteva affermare orgogliosamente di conoscere ogni
millimetro del corpo di Bonnie.
Era, inoltre, sicuro che tutto ciò che ricordava in quel
momento non lo avrebbe mai dimenticato.
C’erano anche due pensieri che gli affollavano la mente.
Il primo era il ricordo di quando le aveva detto di tenerci a lei.
Sentiva di aver mentito, sentiva che c’era qualcosa che
ancora gli sfuggiva.
Il secondo riguardava un’osservazione: c’era
qualcosa di diverso in lui, quella mattina.
Sentiva dentro di sé una sensazione di… caldo. Lo
invadeva tutto, soprattutto il centro del petto.
Era una sensazione che ricordava vagamente di aver già
sentito, una volta, ma che poi per molto tempo aveva semplicemente
perso.
Quel caldo… era come se gli facesse notare per la prima
volta di aver vissuto per secoli con il vuoto più totale nel
petto.
E poi, non riusciva a smettere di sorridere! Sembrava quasi un cretino!
“Se mi vedesse Stefan, inizierebbe uno dei suoi monologhi sul
fatto che non ho perso la mia umanità”
pensò con una smorfia disgustata.
Scosse leggermente la testa, come a scacciare quel pensiero, poi si
voltò verso la Streghetta.
<< Dio… >> mormorò
guardandola.
Beh… era bella? Assolutamente no.
Era molto, ma molto di più. Indescrivibile!
Era la prima volta che la vedeva così, come se fosse
circondata di luce… ed era sua. Ma non solo, c’era
qualcosa di più!
“Appartenere a qualcuno?” si domandò.
Come doveva essere?
Cosa si provava? Se era ciò che provava lui in quel momento,
pensò di essere stato un totale idiota a non averlo fatto
prima.
La coprì con il lenzuolo e l’occhio gli cadde su
le due feritine sul collo della ragazza.
Dopotutto ciò che avevano condiviso quella notte, prima di
addormentarsi, lei non glielo aveva neanche dovuto chiedere: non aveva
esitato un secondo a morderla.
L’aveva fatto con dolcezza, con delicatezza, timoroso di
farle male.
Ed era stato… era stato fantastico.
L’aveva sentita davvero, dentro di sé, aveva
sentito quell’innocenza, quella purezza scorrergli nelle vene
e riscaldarlo.
Ora lei era sua per davvero, perché lei era dentro di lui,
nel suo sangue.
La sua gola bruciante lo riportò alla realtà.
Decise di andare a nutrirsi velocemente, prima che la ragazza si
svegliasse e poi… poi sarebbe tornato da lei.
Per evitare di distruggere l’autostima della ragazza, nel
caso si fosse svegliata le lasciò un biglietto sul cuscino.
Poi si vestì e si trasformò in corvo, volando
sull’Old Wood.
Decise di andare a cacciare nel paesino più vicino a
Fell’s Church.
Gli alberi scorrevano veloci sotto il corvo che volava.
Damon non ci avrebbe fatto attenzione, se un’aura
particolarmente familiare non avesse attirato la sua attenzione.
Cosa ci faceva Trevor nel bel mezzo dell’Old Wood? Nella
parte infestata dai malach, oltretutto.
Damon si diresse curioso verso quel punto e nascose la propria aura.
Si appollaiò su un ramo, esattamente sopra a Trevor.
<< Quindi, li lascerete fare? >> lo
sentì domandare.
“Parla anche da solo…” pensò
ghignando.
<< Sì, ma pensavamo di facilitargli le cose!
>>.
Damon per poco non cadde dall’albero.
Misao era davanti a Trevor, in tutto il suo non-splendore, e il biondo
sembrava alquanto indifferente alla cosa.
<< Senza farci notare, ovviamente >>.
Shinichi.
Damon sentì immediatamente una sensazione terribile
invaderlo.
Ne era sicuro, lo aveva sempre saputo!
“Giuro su Dio che sarò io a mettere fine ai tuoi
giorni, Ossigenato…” pensò compiaciuto.
Quindi era così?
Era tutto programmato?
Si erano lasciati fregare sotto il naso!
Quando i due kitsune se ne andarono, Trevor
s’incamminò a est, verso il Pensionato.
Damon fu quasi tentato di ucciderlo in quel preciso istante, ma un
pensiero lo scosse: Miss Inquietudine aveva fatto una sottospecie
d’interrogatorio a lui, non a Trevor!
Aveva buoni motivi per pensare che il suo fratellino e
l’allegra brigata sospettassero di lui, non
dell’Ossigenato.
Che avrebbero pensato se lo avesse ucciso?
Volò più veloce che poté. Doveva
parlare assolutamente con Stefan.
Bonnie aprì gli occhi di scatto quando sentì
accanto il vuoto.
Automaticamente i suoi occhi cercarono Damon, invano.
“Un sogno… è stato un
sogno…” pensò sconfortata, sentendo
già le lacrime sgorgare.
Eppure era stato tutto così reale e così
bello…
Stava per rimettersi a dormire, quando notò un bigliettino
sopra il cuscino alla sua destra.
“Buongiorno, Uccellino.Sono andato a caccia, ma
sarò lì prima che tu ti
svegli. D.”
“E invece no” pensò, sbottando a ridere.
Sì, rideva di felicità! Non poteva credere a
ciò che era accaduto!
Lei e Damon… Si era sentita così felice!
Così completa!
In quel momento si sentì una stupida.
Come aveva potuto pensare di provare qualcosa di forte per Trevor? Come
aveva potuto definirlo un possibile amore?
Quello che provava per Damon, in quel momento… Quello
sì che era amore! Ne era sicura.
Per Trevor provava solo… affetto.
Non poteva iniziare una “nuova vita”, non poteva
dimenticarlo.
Era stata una stupida a illudersi: Damon avrebbe sempre fatto parte
della sua vita.
E lui le aveva detto di tenerci! Lo aveva detto ad alta voce!
E… e loro avevano… avevano fatto
l’amore! Lui era stato dolcissimo, delicato.
Istintivamente, Bonnie sfiorò i due forellini che aveva sul
collo e sorrise ripensando al morso.
Mentre Damon la mordeva, era stato come fondersi con lui: erano
diventati un tutt’uno.
Era come se fosse riuscita a toccargli l’anima, a capirlo
fino in fondo.
Durante il morso, aveva conosciuto prima la parte nera, vuota e
assassina (e per un momento aveva anche avuto paura), ma dopo Damon si
era aperto completamente e lei l’aveva vista; Aveva visto
quelle stelle che risplendevano qualche volta nei suoi occhi; aveva
visto la luce che gli illuminava i suoi sorrisi abbaglianti; aveva
visto la sua umanità.
E, per un secondo, aveva avuto la sensazione che
l’umanità di Damon le appartenesse completamente,
che Damon Salvatore fosse suo e di nessun’altra.
Bonnie sorrise raggiante a quel pensiero.
Prese il cellulare e controllò l’ora: erano le
sette di mattina!
“Ecco perché ho sonno…”
pensò, sovrappensiero.
Posando il cellulare, lo sguardo le cadde sul Grimorio di Honoria Fells
e un dubbio la assalì.
Tra due giorni avrebbe dovuto eseguire il rituale e non aveva nemmeno
la più pallida idea di cosa dovesse fare! Era stata una
stupida a non andarlo a leggere ancora!
Titubante di sapere cosa le sarebbe aspettato, prese tra le mani il
vecchio tomo e iniziò a sfogliarlo.
“Incantesimo di disattivazione”.
Le lettere scarlatte spiccavano sulla pagina color ocra.
“In quanto a nomi, Honoria non era poi un gran
che… Ma che diamine sto pensando!!” si
rimproverò immediatamente.
La stanchezza giocava brutti scherzi, poco ma sicuro.
Controllò che il rituale fosse quello che cercava.
“Esistono creature oscure che legano la propria vita e i
propri poteri a delle sfere stellate.Alcuni di loro sono demoni,
kitsune…”
<< Okay, Honoria, questo lo so…
>> pensò tra sé e sé,
saltando la parte “teorica”.
“Lessi un Grimorio di una delle streghe di Salem originarie,
parlava di come uccidere tali creature: bisogna disattivare la sfera
stellata alla quale sono legati i poteri del demone o del kitsune in
questione e poi impalettarli.”
Bonnie deglutì, leggendo “strega di
Salem”. La cosa non le piaceva per niente.
“Bisogna immergere la sfera stellata nella verbena liquida,
mischiata a mezzo litro di sangue del suo proprietario. La strega che
svolgerà il rituale dovrà bere mezzo litro di
sangue del kitsune o del demone che desidera uccidere”.
Bonnie fece una smorfia disgustata e immediatamente il senso di nausea
l’assalì.
<< B-bere? Io… dovrò b-bere
del… >>.
Con una smorfia disgustata chiuse il Grimorio.
“beh, immagino di doverlo fare per
forza…” pensò.
Ma che gliene importava? lei era grande, era stata torturata da
alberi/malach, aveva ucciso Klaus e Katherine insieme ai suoi amici,
cos’era in confronto bere un po’ di sangue? E poi,
in quel momento era così felice!
Honoria aveva scritto le parole (in latino, ovviamente) che avrebbe
dovuto pronunciare con l’eclissi lunare per disattivare le
sfere.
Secondo quanto diceva la strega di Salem, il potere presente nelle
sfere, una volta finito il rituale, sarebbe tornato alla luna.
La ragazza scosse leggermente la testa, chiudendo il Grimorio.
“Io odio la magia” pensò sconfortata.
Decise di aspettare il ritorno di Damon, anche se doveva ammettere di
essere un pochino in ansia.
Mentre aspettava il moro, si addormentò nuovamente.
<< Mon ami, ti vedo turbato >> fece Sage,
accogliendolo con un grosso sorriso.
<< Sage, dov’è Stefan?
>> domandò bruscamente, ignorandolo.
Il sorriso del vampiro si affievolì.
<< Ha deciso di passare una giornata con Elena, per farle
una sorpresa… Non sarà in città prima
di oggi pomeriggio! >> gli spiegò.
Damon alzò gli occhi al cielo.
Quell’idiota del suo fratellino aveva un tempismo perfetto
per scegliere i giorni in cui fare giterelle da fidanzatini!
<< Va tutto bene, mon ami? >>
domandò Sage, leggermente preoccupato.
“Beh, tanto vale dirlo a lui…”.
<< Stamattina ho visto i kitsune…
Nell’Old Wood… >>.
<< E cosa ti hanno detto? >>.
Damon si girò, indurendo lo sguardo.
<< Non hanno parlato con me. Sai, erano impegnati a fare
due chiacchere con Trevor >>.
Sage lo guardò esterrefatto, sembrava davvero sorpreso.
<< Con Trevor? >> chiese conferma.
Damon annuì.
<< Li ho visti parlare… li ho sentiti. Lui sta
dalla loro parte! Si può sapere dove lo hai incontrato?
>> sbottò, sentendo la rabbia aumentare e
ricordando chi lo aveva portato da loro.
Sage alzò le mani in segno di resa.
<< Ve l’ho già detto! L’ho
incontr >>
<< Lo so! Lo so! Non serve ripeterlo >> lo
interruppe irritato, << Devo dirlo assolutamente a
Stefan! Lui è convinto della sua innocenza! >>
pensò ad alta voce, in agitazione.
Stava per trasformarsi in corvo per andare a cercare Santo Stefano,
quando Sage lo bloccò afferrandolo per un braccio.
<< Damon, aspetta. Ragiona! Ho sentito parlare Stefan e
Meredith e loro pensano che tu sia nuovamente alleato con quei
due… >>
<< Lo sapevo! >> mormorò a denti
stretti il moro.
<< Ecco, cosa credi che penserebbe Stefan se gli andassi
a dire che è Trevor ad essere alleato con loro? Non credi
che penserebbe che tu stia mentendo solo per metterli contro Trevor?
>>.
Damon ci pensò un attimo.
<< Beh, ha senso! >>.
Sage annuì pensieroso.
<< Io ti credo, mon amì! Ti conosco abbastanza
bene da sapere quando menti e quando dici la verità. Forse
sarebbe meglio che trovassimo un piano per incastrarlo…
>>.
Damon osservò per qualche secondo l’amico: era uno
dei pochi che avesse mai avuto e Sage era conosciuto per la sua
saggezza… oltre che per la potenza, ovviamente.
<< Forse hai ragione… >> ammise.
*Angolo dell’autrice*
Tantissimi auguri in ritardoo!! :D
Allora, come vi sono andate le vacanze?
Le mie benissimo, solo che mi sono appena presa una brutta febbre
-.-‘’
Comunque lo so, sono in ritardo! Ma ho fatto di peggio, no?
Dunque, questo è un capitolo pieno zeppo di avvenimenti e,
sinceramente, sono abbastanza preoccupata di deludervi
perché non mi convince!
Alloora, andiamo in ordine.
Finalmente la tanto agognata scena Donnie! Non ho scritto
esplicitamente della loro ehm… “situazione
intima” sia per il raiting sia perché non ne sarei
capace!
Però del bacio ho scritto eccome!! Vi è piaciuto?
Inoltre, quella testina vuota di Damon ha confessato a Bonnie e a se
stesso di tenerci a lei, ma non ha ancora detto di amarla! Ci
arriverà? Vabbè dai, lui è un
po’ lento poverino, ma io confido in lui!
Comunque, io devo complicarmi la vita e far finire tutto rosa e fiori
ora non avrebbe senso, quindi aspettatevi che qualcosa vada storto!
Bonnie scopre cosa deve fare nel rituale: mi sembrava giusto
accennarlo! XD
Invece c’è un piccolo imprevisto per il piano dei
cattivoni: Damon ha scoperto tutto e ora, assieme a Sage, cercano un
modo per far capire agli altri geniacci (Stefan e Meredith) chi
è il vero colpevole!
Beh, ci vediamo presto.
Spero di non avervi deluse e fatemi sapere cosa ne pensate!
Buona befana in anticipo :D
Un bacione!
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