Author's
note; alè!
Ma quanto tempo!
Tra le feste di Natale e Capodanno, fatti di ritrovi a casa di amici
e scorpacciate che mi basteranno per le prossime due settimane, non
ho proprio avuto occasione di aggiornare, se non aggiungere un
esperimento di one shot con Tyki e Lavi, ancora. Ma passiamo a Bad
Rabbit, che finalmente viene aggiornata col processo. Processo appena
iniziato, nel prossimo capitolo avrà molto più
spazio. E proprio
perché di processo si tratterà, non ci saranno
più incontri, ma
udienze. Bè, dai, ci siamo capiti. Questo capitolo serve a
confermare e non confermare, a rivelare ipotesi che per il momento
sono tali. Tyki è un tale istintivo, certe volte, da bravo
barbone
qual è, ma anche questo è uno dei suoi lati
buoni. Miranda,
Miranda, tormento e delizia, tassello mancante, accidenti a te,
sfortunata Miranda. Tyki deve ancora svelare il tuo mistero, ma
chissà se ci sta arrivando. E Lvellie? Per il momento lo si
vede di
sfuggita, ma vedrete al prossimo capitolo. Più si va avanti,
e più
viene difficile scrivere questa storia. Creare misteri è
dura, spero
che vi piaccia comunque questa strampalata one shot.
A
propooosito, il numero da detenuto di Lavi. Io non l'avevo mai
pensato. Ma un dì, quella ragazza geniale che è Haily,
disegnò
una cosa bellissima: Lavi detenuto e Tyki avvocato, con la scritta
“Bad rabbit”. Cover perfetta per la mia storia,
sapeste che
onore! E ha pure scelto un bel numero per Lavi. Eccovi il Link,
guardate e ammirate, non è favoloso? Haily, ti amo. -
http://i39.tinypic.com/o8ar94.jpg
-
Per
quanto riguarda la canzone che introduce il capitolo, l'ho scelta un
po' per riprendere la passione di Peter Pan che ho affibbiato a Lavi
in questa storia, e un po' per instillare un po' d'ottimismo.
Perché
Tyki è un inguaribile ottimista, fa tutto con nonchalance
che ti
mette tranquillità. E anche Lavi è un ottimista.
E pure un po'
Kanda, lo sappiamo che non lo ammetterai mai, ma ti vogliamo bene
comunque.
E,
bè... chiedo scusa se le verità vengono svelate
in pezzetti così
piccoli. Sono fatta così, chiedo venia... ma spero che
comunque
questa storia vi piaccia. Grazie infinitamente a voi che leggete,
recensite, inserite la storia tra le preferite e le seguite! Grazie
mille!
Settimo
incontro, ore 14:54
Sono
pronto
Son
d'accordo con voi,
niente
ladri e gendarmi,
ma
che razza di isola è?
Niente
odio e violenza,
né
soldati, né armi,
forse
è proprio l'isola che non c'è.
[
L'isola che non c'è – Edoardo Bennato
]
«
La rabbia, il rancore... li inghiotto tutti. »
[
Yu Kanda – D.Gray-man ]
Quanto
era cambiato il mondo fuori? Chi ci viveva, che vita si faceva? Il
tempo per Lavi si era bloccato. Natale, Capodanno, Carnevale e
vacanze estive, tutto per lui era scomparso da tre anni. Pertanto,
ritrovarsi seduto per terra, nella sala colloqui del carcere, a
mangiare dolci in compagnia di Allen Walker gli fece prendere
coscienza del fatto che il mondo continuava a girare, anche senza di
lui. Ma, proprio perché la ruota non si fermava, la sorte
gli faceva
capitare anche persone così particolari come quel ragazzo
dai
capelli bianchi, che di sua spontanea volontà era andato a
trovarlo,
e gli aveva portato dei dolci, e lo aveva invitato a mangiare in sua
compagnia. Non aveva osato chiedere a Kanda di accompagnarlo, anche
perché, pur conoscendolo pochissimo, sapeva che questi
avrebbe
rifiutato. Ma non gliene faceva una colpa. In una situazione come la
sua, nella quale in teoria doveva essere morto, muoversi comportava
troppe problematiche, specie se l'obiettivo era andare a trovare il
presunto assassino.
E
questo lo sapeva anche Lavi. Chi meglio di lui poteva conoscere
Kanda? Anzi, per come la vedeva il rosso, meglio non vedersi, non
ancora. Metabolizzare tre anni di silenzio, dopo quella faccenda, era
dura, per entrambi. Ma chissà se, tra un dolce e l'altro,
avrebbe
ritrovato la forza.
«
Sono i dolci più buoni che abbia mai mangiato in vita mia!
» aveva
esclamato tutto contento, rovistando nel sacchetto. Il muro alle sue
spalle non sembrava più tanto freddo. «
Dio, Allen, sono davvero qualcosa di paradisiaco. Posso assumerti
come consulente culinario? »
«
Sono di una nuova pasticceria che ha aperto la scorsa settimana.
»
«
Immagino facciano affari d'oro, se cucinano dolci del genere.
»
«
Io sono già un loro cliente fisso! »
«
E che posto è? Accogliente? Bello? Colorato? »
«
Quando uscirai da qui ti ci porterò, e mangeremo fino a
scoppiare! »
Era
strano, per Lavi. Non parlava così animatamente con nessuno
da così
tanto tempo. Lui e Allen si erano appena conosciuti, e ciononostante
chiacchieravano come due vecchi amici. E l'altro sembrava dare per
scontato che Lavi ne sarebbe uscito pulito da quella faccenda.
Perché
lui, come Tyki, come Kanda, credeva in lui.
Tuttavia
per il guercio non era così facile, ma fu abbastanza saggio
da
tacere. Non voleva rovinare quell'atmosfera così calda.
«
E... hanno aperto negozi nuovi? Non so, costruito fontane nuove,
qualche coppia storica si è messa le corna...
cos'è cambiato, là
fuori? »
«
Ah, niente di particolare. Hanno un po' ampliato il liceo. »
«
Il liceo che frequentavo io? »
«
Esatto. »
«
Quanti anni hai, scusa? »
«
A Natale ne farò sedici. »
«
Wow! Dev'essere bello nascere nel giorno più importante del
mondo. »
Allen
pescò tre dolci dal sacchetto che Lavi teneva per mano,
masticandoli
tutti insieme con espressione soddisfatta. Era evidente che per lui
mangiare era un piacere e non solo un bisogno. « Dipende dai
punti
di vista. »
«
C'è chi la trova una festa consumistica e chi la ricorrenza
più
importante del mondo religioso, anche se non si è cristiani.
Comunque, è il più importante. Io ne sarei
onorato. E poi sapevi
che nel medioevo quelli nati in inverno venivano considerati
fortunati? Era difficile sopravvivere tra freddo e gelo all'epoca.
»
«
E questo chi te l'ha detto? »
«
L'ho letto su un libro tempo fa. »
«
Bè, io non mi considero poi così fortunato.
» si guardò la mano
sinistra più volte. Guardarla gli faceva ricordare quante
persone
avessero evitato di abbracciarlo, con la scusa che fosse poco
igienico o, molto più ipocritamente, “per non
fargli male”. Per
quanto Allen ricordava, solo Road, e poi Tyki, non si erano creati
problemi. Anzi, Road cercava costantemente di prendergli proprio
quella mano. Era gentile e dolce, a modo suo. E poi c'era lui, Lavi.
Un suo... “simile”, per certi versi.
Chissà quanti sguardi
torvi, per quella benda. Lui per nascondere la sua malformazione
indossava un guanto, lui una benda. Entrambi avevano qualcosa a cui
non si poteva porre rimedio e che non avevano deciso loro. Forse, a
ben pensarci, quella fu una delle ragioni che spinse Allen a tornare
a trovarlo, e parlarci. Non aveva mai incontrato nessuno come lui,
che lo capisse.
«
Allen... » esordì Lavi, con un sorriso gentile.
« Non voglio dire
frasi pseudo filosofiche come “sei vivo, questa è
la fortuna più
grande di tutte”. Però prova a immaginarti nel
medioevo. Sei nato
in pieno inverno, in uno scantinato umido, povero, dove a malapena
avete da mangiare perché forse la tua famiglia per
guadagnarsi da
vivere coltiva fave o alleva pecore, come l'ottanta per cento
della popolazione. Tu sei riuscito a sopravvivere, nonostante tutto.
Poi cresci, ti accorgi che quella mano non è come le altre e
non lo
sarà mai. Il quindici per cento della popolazione
è costituita dal
clero, un esercito di bigotti che interpretano ogni malformazione
come un richiamo del demonio. La tua famiglia ti abbandona
perché
non ti può mantenere e, ignorante com'è, crede
che tu sia davvero
il figlio del diavolo. Ti braccano senza sosta per mandarti al rogo,
ma... credo proprio che tu saresti stato uno di quelli che avrebbero
continuato a vivere, nonostante tutto. Come stai facendo tu oggi. E
non solo perché hai imparato a fregartene della mano, ma
soprattutto
perché sei fortunato. Forse Dio ti assiste davvero, sempre
se
esiste. »
Allen
gli sorrise a sua volta, rincuorato, anche un po' affascinato dal
discorso. « Allora ance tu sei fortunato. »
«
Io sono nato in estate, per me questa regola non vale. »
«
Ma nel medioevo avrebbero cacciato anche te. » gli si
avvicinò,
camuffando di poco la voce. Lavi rise subito di gusto. «
Avete i
capelli rossi e siete pure guercio! Prove inconfutabili di
stregoneria! Al rogo, al rogo! »
«
Ah ah ah! Va bene, va bene, mi arrendo! Mi ero dimenticato della
sciagura che ricadeva su chi aveva i capelli rossi! »
«
Forse nel medioevo ci saremmo ritrovati a fuggire insieme. »
«
Sarebbe stato divertente. Insomma, avere qualcuno con cui passare
ogni esperienza... dev'essere bello. »
Poi
regnò il silenzio. Si guardarono. Era davvero
così insolito, per
loro, ritrovarsi così simili. Così simili da
sedersi per terra,
appena conosciuti, e mangiare dolci, e parlare, parlare, parlare,
guardarsi a vicenda le proprie malformazioni e capirsi, senza dire
nulla. O anche avvicinare quella mano così brutta
agli occhi degli altri e avvicinarla a quella benda così anomala.
E Lavi che non le respingeva, bensì lo lasciava fare, con un
sorriso.
«
Siamo strani, eh? » gli disse, sempre sorridente, seppur con
una
nota di nostalgia.
«
Così strani da non farci schifo a vicenda. » gli
rispose Allen di
rimando.
«
A me non fai schifo. »
«
Nemmeno tu mi disgusti. »
«
E neanche Linalee ti avrebbe discriminato. »
«
Mi sarebbe piaciuto conoscerla. »
«
L'avresti trovata subito carina. »
«
Ah ah, forse... doveva essere una persona speciale. »
«
Sì... sai, nessuno ha più parlato di lei, o
almeno qui. Fuori non
so come stia andando... ma l'unico che mi ha chiesto di parlare di
lei è stato Tyki. Bè, lui l'ha fatto anche per
lavoro, ma... è
bello vedere che non tutti si sono dimenticati di lei. »
«
Quando uscirai da qui, andremo a trovarla, tutti insieme. Tutti
sapranno che tu... che tu non hai fatto nulla di male. »
«
Linalee l'ho uccisa io. Cioè... sono stato io, non importa
se
intenzionalmente o no. »
«
Il signor Tyki ce la farà. Ha detto che la settimana
prossima, al
processo... »
Lavi
si voltò di scatto verso il proprio interlocutore. Non
sembrava
troppo sorpreso, ma la notizia era stata comunque inaspettata.
« Di
già?! »
«
Ha detto che prima si fa, meglio è. Così la
controparte non avrà
il tempo di organizzarsi. »
Il
detenuto rovistò ancora una volta nel sacchetto, rendendosi
conto
che vi erano rimaste solo piccole briciole -e poteva giurare che
Allen si fosse mangiato più della metà- e un
frammento di biscotto.
Non avendo voglia di mangiare quel rimasuglio, pescò qualche
briciola per gettarla a caso sul pavimento, non curandosi di colui
che avrebbe dovuto ripulire lì dentro.
«
Ho l'impressione che noi siamo cento volte più
disorganizzati. »
disse ridacchiando.
«
Ha anche detto che è naturale che la prima udienza sia un
disastro.
»
«
… devo ridere o piangere? »
Il
tardo pomeriggio, per Tyki, rappresentava per quel giorno un qualcosa
d'importante. Fu la seconda volta che si presentò a casa di
Anita,
con nientemeno che Kanda al proprio fianco. Aveva espresso proprio
lui il desiderio di tornare, di dirle di persona che stava bene,
prima che lo venisse a sapere dai giornali. Ormai era stato deciso
che il processo si sarebbe tenuto la prossima settimana, con o senza
prove inconfutabili. Tanto sarebbe stato solo il primo di una lunga
serie -Tyki sperava non così lunga- e altri elementi li
avrebbe
trovati man mano. Un atteggiamento frettoloso che Bak non riusciva a
comprendere.
E
comunque, l'attenzione in quel momento era catturata totalmente da
Kanda, che si mostrava fin troppo sicuro, una volta sceso dalla
macchina. Senza travestimenti, solo Yu.
«
Le verrà un colpo. » gli fece notare l'avvocato.
«
Mahoja sa far rinsavire bene le persone. » non
tentennò nel
rispondere. E il ventiseienne, ricordando la figura imponente della
donna con tale nome, non ci mise molto a capire la motivazione.
«
E cosa le dirai? “Mamma, ciao, sto bene”?
»
«
Io non l'ho mai chiamata così. Lei non è mia
madre. »
«
Ma ti ha adottato, è come se lo fosse. Penso che la faresti
felice
chiamandola così almeno una volta. »
«
Il rapporto con mia madre adottiva non la riguarda. »
«
Ecco, vedi? La consideri comunque tua madre. »
Kanda
sbuffò, ormai di fronte alla porta. « Chiuda la
bocca, ha già
detto troppe cavolate. »
Tyki
ridacchiò, divertito, e pregustandosi la reazione che
avrebbe avuto
Anita. Come minimo avrebbe pianto e detto cose tipo “non ci
credo,
non è possibile”. Alla peggio, sarebbe svenuta.
Oppure sarebbe
svenuta quella Mahoja. Vedere una donna del genere svenire era un
evento imperdibile.
Ad
aprire, come prevedibile, fu proprio Mahoja. Che alla prima occhiata
lo aveva riconosciuto. Del resto, Yu Kanda fisicamente non era
cambiato quasi per niente. Solo il fisico era diverso, più
alto,
spalle più robuste, e i capelli si erano un po' allungati.
Non
ci furono prese da wrestler o svenimenti vari. Ci fu un forte
richiamo di Mahoja, passi che accorrevano all'ingresso, e lei, Anita,
che dopo aver spalancato gli occhi pianse, pianse a dirotto, a costo
di farsi sentire da tutto il vicinato, e senza alcuna vergogna lo
aveva abbracciato, con grande imbarazzo del ragazzo e tanto
divertimento per l'avvocato.
«
Ma tu non eri... »
«
Posso spiegare. » si limitò a dire Kanda,
ricambiando, seppur a
malapena, l'abbraccio. Sviò per un momento lo sguardo
sull'uomo che
lo aveva portato fin lì, il quale lo incitava a una
riconciliazione
più espansiva. Dopotutto era sua madre, seppur adottiva.
«
Sto sognando, vero...? »
«
No, no... che dici? Guarda, mi stai toccando. Sono vivo e vegeto.
»
«
Dio mio... »
«
… posso rientrare in casa mia? »
«
C-certo! Dio, guardati... come sei diventato alto... e i capelli... e
il tuo viso... stai bene... grazie a Dio... M-Mahoja! Prepara subito
della soba! Certo, sarai affamato, vero? E vorrai stenderti un po'...
signor Mikk, voi... »
«
Ah, non state in pena, me ne vado subito. Volevo solo assicurarmi che
tornasse in ottime condizioni. » fece per voltarsi, ma la
padrona di
casa lo bloccò tempestivamente.
«
No, voi dovete assolutamente cenare con noi, stasera! E spiegarmi
tante cose... »
Kanda
colse la palla al balzo. Ancora abbracciato alla donna che lo aveva
tanto amato, e ancora lo amava come un figlio, fece un sorriso
sghembo, il più beffardo che Tyki gli avesse mai visto.
« Sì,
Tyki. Venga a spiegarci. »
«
Che
razza di bamboccio
subdolo e... ehm, contieniti, Tyki. Contieniti.
» si disse, a denti stretti, elargendo il sorriso migliore
che
poteva sfoderare ed entrando in casa.
Fu
comunque una bella serata. Vedere una famiglia riunita fece sentire
Tyki fiero di sé, al di là del fatto che quella
rappresentasse una
sua vittoria in campo lavorativo. Vedere Anita che si tratteneva con
tutte le sue forze di non piangere, Mahoja che seguiva a ruota la
padrona, soprattutto Kanda, il quale si trovava visibilmente in
difficoltà di fronte a quel rientro, mangiando soba
compostamente e
spiegando brevemente i fatti salienti che lo avevano portato a quella
tragica esperienza, per Tyki fu come guardare un telefilm. Sembrava
davvero una serata senza pretese, felice, a cui lui aveva avuto
l'onore di partecipare.
Finché,
nella settimana seguente, non arrivarono le grane. Prima classificata
tra queste: i giornalisti. Certo, non c'era pi motivo di tener
nascosta la notizia della falsa morte di Yu Kanda. Su quasi tutti i
quotidiani primeggiava il titolo “La
quinta vittima è risorta”,
ma vi erano anche variazioni sul tema come “Il
morto parlerà a favore del guercio”.
Sì, erano capitati anche articoli di cattivo gusto, a cui
l'avvocato
non ci aveva minimamente badato. Distoglievano solamente dal lavoro.
E
come poter ignorare gli articoli sulla futura causa a un, citando
testualmente “modesto
professore liceale”?
Lavi si sarebbe certamente infuriato a leggere tali aggettivi per
quell'uomo. E Kanda, ritrovatosi per l'ennesima volta a casa del
ventiseienne, in vista del processo, stava in qualche modo rivivendo
le emozioni dell'amico ancora in carcere. Il suo viso ritraeva bene
il disgusto nel leggere il nome di Malcolm C. Lvellie.
«
Non posso credere che riescano a scrivere questa roba! »
«
È naturale che Lvellie si dipinga così.
» aveva risposto
l'avvocato senza scomporsi. Sembrava avere la testa da un'altra
parte.
«
Io continuo a dire che fare un processo così presto non ci
farà
bene. »
«
La controparte non riuscirà a raccogliere elementi
sufficienti in
tempi così ristretti. »
«
Perché, noi ce li abbiamo, gli elementi per difendere Lavi?
»
«
Bè, innanzitutto tu sei vivo. » non poteva negare,
però, che la
scelta di chiedere un processo così presto era stata un'arma
a
doppio taglio. Aveva così tanta fretta, voglia, di liberare
quel
ragazzo, che per un attimo si era lasciato andare all'istinto, errore
quasi fatale per un avvocato nella sua posizione.
«
Con la tua testimonianza, se vorrà anche Alma, possiamo far
cadere
tutte le accuse di omicidio. Il problema riguarda Miranda Lotto...
c'è qualcosa che non torna nella sua morte. Come se fosse
fuori
posto. »
«
Lavi non ha detto tutto? »
«
Avresti dovuto vederlo, quando è crollato. Credo che ormai
ci abbia
detto tutto. Ma dev'esserci dell'altro, che nemmeno lui sa...
qualcosa che riguarda Linalee. Ripensandoci: Lvellie farebbe parte di
una specie di organizzazione criminale, supponiamo che sia anche
mafia, perché dovrebbe insediarsi in una scuola come
professore? »
«
Tutte le persone simili hanno una facciata. »
«
Poteva spacciarsi per imprenditore, o presidente di una grossa
azienda. Invece, un lavoro semplice come professore. Forse si era
introdotto lì per controllare qualcuno. »
Kanda
inarcò un sopracciglio, riuscendo a seguire, a grandi linee,
il
discorso di Tyki. Un discorso che non gli piaceva per niente. «
Lei sta dicendo che... stava controllando Linalee? »
«
Lavi ha detto che la costringeva spesso a fare ripetizioni a scuola.
Nessuno sa cosa succedesse, a parte lei e Lvellie. O forse lo sapeva
anche Miranda. »
«
No, no, no! Così non torna niente! Quella notte avevano
aggredito
Lavi, non lei! »
Tyki
afferrò in tutta fretta un fascicolo dalla scrivania,
sfogliando
velocemente le pagine fino al punto desiderato. « L'uomo che
quella
notte aggredì Lavi era un poveraccio di periferia.
“Casualmente”,
morto il giorno dopo l'aggressione per annegamento. Però, se
ti
ricordi, Lavi racconta che Linalee aveva riconosciuto quell'uomo. Lo
so, sembra assurdo, ma è proprio Linalee la risposta. O la
sua
famiglia. »
«
Non capisco. »
«
Che lavoro faceva Komui Lee? »
«
Il ricercatore. » e, un momento dopo, Kanda si
irrigidì, ad occhi
spalancati. Di colpo il discorso tornava a filare, ed era assurdo,
terribile, impossibile, se si pensava a Linalee, e Komui. Le persone
più oneste che avesse mai potuto incontrare.
«
Questa è roba da film da quattro soldi. » disse,
sprezzante. « Lei
non ha nessuna prova per... »
«
Infatti per il momento sto solo facendo delle ipotesi. E ammetterai
anche tu che così ha un senso. Komui Lee che lavorava per
l'organizzazione di Lvellie. Il ricercatore... forse gli era stato
affidato un lavoro importante. Linalee serviva da tramite per le
informazioni, da scuola a casa. Poi dev'essere successo qualcosa.
Forse Komui si era pentito, ha cercato di togliersi da quella
situazione, forse fino a quel momento lo aveva fatto sotto minacce.
Comunque, qualcosa spinse Lvellie a decidere di toglierli di mezzo.
Facendo ricadere la colpa su Lavi, essendo a conoscenza della loro
relazione. Non era Lavi il bersaglio. Era Linalee! »
Kanda
si accasciò sul tavolo, incredulo. « Mi sta
girando la testa... »
«
Il punto è: Miranda che ruolo aveva in questa storia? Se
solo
riuscissi a scoprirlo, vincerei il processo a occhi chiusi.
Dannazione... »
«
Lei sta farneticando. Seguendo ragionamenti simili, anche Reever
è
sospetto, no? »
«
Reever si trovava effettivamente a casa di Komui, all'ora del
delitto. Persone simili si preoccupano di evitare testimoni col
metodo più facile. E, leggendo su di lui, era un collega.
Potrebbe
anche essere... »
«
Insomma, la smetta! Praticamente ci sta dicendo che Linalee ha
mentito a tutti noi per... per quanto tempo?! »
«
E Lavi non sospetta minimamente una cosa del genere... »
«
Mi sta ascoltando?! »
Già,
Lavi. Lui aveva scoperto puramente per caso delle faccende di
Lvellie, ma non era riuscito a scoprire la parte più
importante. In
una situazione normale, sarebbe stato un sollievo. A nessuno faceva
piacere sapere che la propria ragazza era servita per una cosa del
genere. Ma in quel frangente era tutto un altro paio di maniche. Se
Tyki stava indovinando, allora era stato Lavi il caso, non Linalee.
Lavi c'entrava poco e niente, era solo un capro espiatorio. Ma, in
particolar modo, come avrebbe reagito di fronte a quelle ipotesi.
Tyki non poteva permettersi reazioni incontrollate o crolli
psicologici da parte sua. Prima di dirgli qualsiasi cosa riguardo
Linalee, doveva capire che ruolo avesse Miranda Lotto. E come
accidenti avrebbe fatto?
«
Kanda, ti prego, dimmi che sai qualcosa di più sul conto di
quella
donna. »
«
A parte che era anonima, tendente alla depressione, insicura, goffa e
sempre a rischio licenziamento? No, non so dirle altro. E proprio
perché l'ho conosciuta, posso dire con assoluta certezza che
lei era
l'ultima persona capace di prestare servizio a persone come Lvellie.
»
«
Ma potrebbe aver scoperto qualcosa come Lavi? È una cosa
tanto
assurda? »
Kanda,
a malincuore, scosse la testa. « … no, non
è una cosa tanto
assurda. »
«
Qualcun altro conosceva bene Miranda Lotto? Un fidanzato, un
parente... »
«
Fidanzato? Miranda? Sta scherzando? E per quanto ne sappia, non aveva
parenti. I suoi genitori erano morti quando io ero in prima
superiore, mi sembra di malattia, comunque erano già vecchi
di loro.
Non aveva fratelli o sorelle, viveva da sola. E nella vita sociale
era il peggio del peggio. Non era il tipo da andare in discoteca,
ogni tanto la mattina la vedevo passeggiare nel parco, ma sempre per
fatti suoi. Sembrava quasi che non esistesse. Non mi viene in mente
nessuno che potesse essere suo amico. Riceveva le confidenze degli
studenti, ma nessuno aveva una così grande considerazione di
lei.
Giusto Lavi e Linalee. »
«
E allora non mi resta che farmelo dire da Lvellie al processo.
»
«
E come si fa? »
«
Qualcosa m'inventerò. »
Furono
giorni particolarmente duri per Tyki. Elaborare diverse strategie
difensive, accordarsi con Lavi e Kanda, nel corso dei colloqui, su
come comportarsi in aula. Per quanto riguardava le testimonianze,
Tyki aveva una sola regola. Dire tutta la verità, come
veniva
richiesto. Senza farsi intimorire dagli sguardi altrui. Ma
soprattutto, per lui era importantissimo che né Lavi,
né Kanda
cedessero in qualche modo alle provocazioni che sarebbero giunte,
perché ce ne sarebbero state a fiotti.
Evitò
accuratamente di parlare delle nuove ipotesi sulla famiglia Lee, non
essendo nemmeno lui del tutto sicuro. Non aveva alcuna prova, non
ancora, e si stava aggrappando, come un bambino, alla speranza di far
cantare Lvellie, in qualche modo. Di colpo tutta la sua sicurezza, la
sua eccitazione nel vedere Lavi bello e libero, era sparita. Non si
era mai imbattuto in una causa del genere, e ormai non contava
più
di tanto vincerla o no. Almeno, non per il suo curriculum. C'era di
mezzo un innocente. La priorità era tirarlo fuori da una
prigione,
Tyki era l'unico che poteva farlo. Non poteva permettersi il minimo
errore.
Lavi
aveva notato la strana angoscia che accompagnava l'avvocato, ma non
si sbilanciò con le domande. Gli era venuto un momentaneo
vuoto,
mentre ridimensionava tutta la sua situazione. Si ritrovava,
all'improvviso, a dover fare i conti con un giudice, altri avvocati
che lo avrebbero accusato di tutto, e Lvellie. Rivedere quell'uomo...
che sensazione gli avrebbe scatenato?
«
Ragazzo. »
«
Uh? Sì? »
«
Domani c'è la prima udienza. »
«
Già... »
«
Cerca di stare tranquillo. »
«
È vero che la prima udienza è sempre disastrosa?
»
«
Nel settanta per cento dei casi sì. »
«
Aspetti, questo vale solo per lei o per tutti gli avvocati? »
«
Noto una piccola presa in giro nella domanda. »
«
Non mi permetterei mai. »
«
Ancora a dire bugie? »
«
Ah ah ah... la ringrazio. Per... per tutto quello che sta facendo.
»
«
Ringraziami quando sarai uscito. »
Lavi
scosse la testa. Sorrideva, come aveva quasi sempre fatto. «
La
ringrazio ora. Lei è stato il primo a parlare con me per
più di una
seduta. Se lei non si fosse intestardito così tanto con la
mia
innocenza, a quest'ora... scusi, non so bene cosa dirle. Mi ero
promesso di restare qui, per il bene di tutti. Per tenere Yu al
sicuro, per impedire che qualcuno infangasse la memoria di Linalee.
Però lei... come dire... ha stravolto la mia risoluzione.
Grazie,
grazie per avermi spinto a cambiare scelta, per avermi convinto a...
fare la cosa giusta. Perché io non voglio che il mondo
dimentichi
Linalee, e quello che ha passato. Voglio finalmente dire la mia
verità. Ed è tutto merito suo. Non la
ringrazierò mai abbastanza.
Comunque vada. »
Comunque
vada... già. Erano tutti nel dubbio. Era solo la prima
udienza, ma
come sarebbe andata? Tyki che fine avrebbe fatto, dopo quel processo,
qualunque sarebbe stato l'esito? E cosa dire, dopo quel
ringraziamento così sincero, da parte di un ragazzo che si
era
sempre sforzato di essere il contrario? Come poterlo deludere, dopo
quelle parole? Per lui contava eccome, vincere. Perché non
era
giusto che Lavi se ne stesse là. Voleva vincere, e lo
avrebbe fatto.
Lui i giudici li faceva dannare, sempre e comunque, aveva dimostrato
sempre la verità. Aveva scelto di difendere quel ragazzo e
sarebbe
andato fino in fondo.
Era
il suo io bianco o nero a prevalere, in quegli istanti? Quale parte
stava traboccando di voglia di avere giustizia? Cosa gli aveva
smosso, Lavi, per spingerlo a prenderla così a cuore? Chi
era,
realmente, Lavi? Un semplice innocente, per niente. Lavi Bookman Jr.
aveva il diritto di tornare a vivere.
Prima
udienza, ore 09:30
Entrare
in tribunale non era mai stato tanto difficoltoso per Tyki. Kanda era
prossimo a tirare un sonoro pugno a qualche fotografo. Già
non gli
piacevano i contatti ravvicinati da parte di sconosciuti di suo,
ritrovarsi assaltato da giornalisti fu per lui un incubo. Se non ci
fosse stato Tyki a trattenerlo, altro che rissa.
«
Niente domande, signori, niente domande. Potete assistere al
processo, ma fuori dal tribunale non rilasciamo nessuna
dichiarazione. »
«
Come ci spiegate il fatto che Yu Kanda sia vivo? »
«
Non rispondere, Kanda, fila dentro. »
Entrare
in tribunale non era mai stato così strano per Lavi.
Perché era il
primo posto diverso dal carcere dove capitava dopo tre anni. E
vestito con abiti normali, camicia, jeans, scarpe normali, pulite,
una cravatta, da quanto non la vedeva. Annodata alla peggio
perché,
indossare abiti del genere dopo tanto tempo, lo facevano sentire
quasi fuori posto, era quasi soffocante. Se non fosse stato per le
manette, non si sarebbe per niente riconosciuto, in un posto simile.
Con Link, sempre a fianco, che gliele aveva strette attorno ai polsi
ben bene, facendolo poi sedere all'angolo, poco prima che tutti
entrassero.
«
Non avrei mai pensato di vederti ad un processo. » si
concesse il
secondino.
Lavi
fece un sorrisetto, quasi volesse prenderlo in giro. «
Nemmeno io. »
17
giugno 2007, ore 09:30
Udienza
preliminare sul caso di Lavi Bookman Jr. detenuto numero 40350,
accusato
di omicidio preterintenzionale di Linalee Lee, Komui Lee,
Reever
Wenham e Miranda Lotto.
Lavi
non avrebbe mai potuto dimenticare, complice la sua memoria, lo
sguardo d'intesa che gli lanciò Tyki. Gli fece l'occhiolino,
gli
sorrise. Neanche fosse suo fratello maggiore, gli aveva detto, senza
parlare, di stare tranquillo, che sarebbe andato tutto bene. E
accanto a lui, composto, serio, sempre imbronciato, Kanda. E dietro
di loro Allen, che lo aveva salutato con la mano, felice. E Road,
sempre appiccicata all'albino, sorridente anche lei, pronta a tifare
silenziosamente per il fratello. E, guardando meglio, mescolati alla
folla c'erano anche Anita e Mahoja, che lo cercavano con lo sguardo.
Vederli lì, tutti insieme, per
lui,
fu l'esperienza più
ambigua che avesse mai passato. Era una sensazione bellissima.
E
poi venne la parte meno interessante della faccenda. Due sconosciuti
parlottavano con Lvellie. Non era cambiato per niente, anzi, a Lavi
sembrò ancora più ripugnante. Con quegli odiosi
baffetti -che gli
avevano valso, a scuola, il soprannome di “Hitler in scala
ridotta”- e quel sorriso beffardo, e quell'atteggiamento
simil
composto che lo disgustavano. Il primo desiderio di Lavi, nel
vederlo, fu quello di pararglisi davanti, prendere un sacchetto
qualunque e vomitarci dentro, solo per il gusto di vederlo irritato.
Ma a sfotterlo per bene ci avrebbe pensato Tyki. Già,
finalmente
sentiva di poter riporre la massima fiducia in lui. Chissà
se il suo
“neo strategico” sarebbe servito a ingraziarsi il
giudice. Ma,
dal momento che era un signore sui sessant'anni dall'aria severa,
Lavi dovette scartare tale divertente fantasia.
Non
aveva osato parlare, nemmeno quando Lvellie, sempre sicuro di
sé,
sempre con quella faccia da schiaffi, aveva ribadito la sua
innocenza, e aveva pubblicamente accusato il rosso di calunnie.
«
Io ho sempre svolto il mio dovere di insegnante con zelo. Non ho mai
avuto problemi con i miei colleghi o con gli studenti. Ritenevo
Bookman Jr. un bravo ragazzo, mai avrei pensato a un'accusa simile
nei miei confronti. Questo ragazzo ha seri problemi mentali. »
Tyki
si trattenne con tutte le sue forze dal ridergli in faccia. Si
sistemò il colletto della giacca per farsi coraggio, per poi
alzarsi
con calma, non prima di aver guardato Kanda.
«
Vostro onore, chiamo a testimoniare Yu Kanda. »
Il
ragazzo si alzò, senza che nessuno gli avesse chiesto ancora
nulla.
Ignorò le voci degli increduli che assistevano alla sua
entrata in
scena dopo un silenzio durato tre anni. Ignorò gli sguardi
di lavi,
preoccupati, in qualche modo dispiaciuti per l'amico che si
apprestava a difenderlo. Ma Yu era sempre così:
imperscrutabile,
asociale, diretto, fedele a sé stesso.
«
Ciao, Kanda. » Tyki gli si era avvicinato con un sorriso. «
Com'era il Paradiso? »
«
Non c'è male. » fu la risposta serissima.
«
Scherzi a parte, come mai sei vivo? Il tuo assassino ha sbagliato i
calcoli? »
«
Nessuno ha attentato alla mia vita. »
«
Dunque Lavi Bookman Jr. non ti ha ferito in alcun modo? »
«
Esatto. Anzi, ha cercato di fare il possibile per salvarmi.
È stata
sua l'idea... di farmi passare per morto. »
«
Come mai? »
«
Riteneva che fossi in pericolo. Che eravamo stati presi di mira da
qualcuno e che, se mi avessero trovato, sarei stato accusato di
omicidio. »
«
Perché tu eri presente, quando Linalee è morta?
»
«
Sì. »
«
E chi l'ha uccisa? »
«
Lavi e Linalee erano stati aggrediti da uno sconosciuto. »
«
E chi poteva essere ad avercela tanto con voi? »
«
All'epoca non capivo cosa stesse succedendo, ma poi ho pensato che...
effettivamente, qualcuno che ci odiava c'era. »
«
Quell'uomo è in questa stanza? »
«
Certo. Il signor Lvellie. » fece un lieve cenno del capo
verso
quell'uomo, incurante degli sguardi torvi ricevuti. Il cenno che gli
fece superava a malapena la considerazione, lo stava trattando peggio
di un cane. Fu una delle vendette più belle che Kanda si
gustò, e
fu per lui quasi un piacere vedere tutti i curiosi, venuti ad
assistere, sbalorditi di fronte a quelle parole.
«
Come mai vi odiava tanto? »
«
Io difficilmente gli rispondevo bene. Lavi gli aveva procurato
qualche fastidio nel comitato. »
«
Che genere di fastidio? »
«
Ad esempio, tutte le attività che proponeva Lavi per la
scuola
venivano bocciate da Lvellie. Però lui in qualche modo
vinceva
sempre, perché gran parte dei professori approvavano il suo
operato.
A Lvellie non piaceva essere contraddetto. E Linalee... bè,
era la
sua ragazza. »
«
Linalee e Lavi erano fidanzati? »
«
Ci stavano lavorando. »
«
E Linalee ha mai “contraddetto” Lvellie? »
«
Aveva sempre appoggiato Lavi in qualunque cosa facesse, specie se
questa serviva a farlo dannare. »
Lavi
si stava sentendo disorientato. Gli sembravano così sicuri
che
quelle storie parevano quasi vere. Bè, non è che
stessero dicendo
bugie dall'inizio, ma ci stavano parecchio ricamando sopra, cosa che,
se fosse stato un film, li avrebbe subito candidati all'Oscar.
Peccato che con le manette non poteva fare applausi.
«
E, Kanda... ritieni che Lvellie fosse il tipo da reagire
così
violentemente a “insulti” simili? »
Yu
si gustò per un momento gli avvocati di Lvellie che gli
bisbigliavano qualcosa, prima di rispondere. « La punizione
che
preferiva, a scuola, era quella di mettere dietro la lavagna
qualcuno. Giusto perchè le bacchette non si potevano portare
a
scuola. »
Tyki
gli sorrise, soddisfatto. Quanto gli piaceva irritare gli altri con
quei giochetti, e ringraziò mentalmente Kanda per l'aiuto
dato.
«
Non ho altre domande. »
Sorrise
di nuovo verso Lavi. Più per rassicurarlo. Perché
ora che sarebbero
stati gli altri a fargli domande, sarebbe cominciato il brutto.
Ma
Lavi gli sorrise a sua volta. Sembrava ottimista, e pure divertito da
quanto stava guardando, benché ci fosse pochissimo da ridere.
«
Sono pronto. » si
disse. Non per auto convincersi. Non si sarebbe tirato indietro.
Seconda
stella a destra,
questo
è il cammino,
e
poi dritto fino al mattino.
Poi
la strada la trovi da te,
porta
all'isola che non c'è.
Forse
questo ti sembrerà strano,
ma
la ragione ti ha un po' preso la mano,
ed
ora sei quasi convinto che
non
può esistere l'isola che non c'è.
[
L'isola
che non c'è –
Edoardo Bennato ]
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