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Autore: neme_    07/01/2012    7 recensioni
« Lei è il quattordicesimo avvocato che viene qui da me. »
« Lo so. »
« Ma è il primo a dirmi che tornerà. »

Tyki è un giovane avvocato di ventisei anni.
Lavi è il nuovo cliente che ha scelto, colpito dalla sua vicenda che sembra come le altre. Ma già al primo incontro, Tyki capisce che la situazione di Lavi è ben più complicata.
Un incontro, il loro, che spinge Tyki in un viaggio mai intrapreso, allo scopo di capire meglio quel "caso perso".
Perdonate l'aggiornamento che manca da molto. Concluderò la storia non appena avrò trovato un finale adeguato e il modo giusto per trascriverlo.
[Angst][AU][Tyki+Lavi][LaviLina][AlRoad][Suspence][Drammatico][Death][Mistero][Tematiche delicate]
Genere: Angst, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rabi/Lavi, Tyki Mikk
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
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Author's note; alè! Ma quanto tempo! Tra le feste di Natale e Capodanno, fatti di ritrovi a casa di amici e scorpacciate che mi basteranno per le prossime due settimane, non ho proprio avuto occasione di aggiornare, se non aggiungere un esperimento di one shot con Tyki e Lavi, ancora. Ma passiamo a Bad Rabbit, che finalmente viene aggiornata col processo. Processo appena iniziato, nel prossimo capitolo avrà molto più spazio. E proprio perché di processo si tratterà, non ci saranno più incontri, ma udienze. Bè, dai, ci siamo capiti. Questo capitolo serve a confermare e non confermare, a rivelare ipotesi che per il momento sono tali. Tyki è un tale istintivo, certe volte, da bravo barbone qual è, ma anche questo è uno dei suoi lati buoni. Miranda, Miranda, tormento e delizia, tassello mancante, accidenti a te, sfortunata Miranda. Tyki deve ancora svelare il tuo mistero, ma chissà se ci sta arrivando. E Lvellie? Per il momento lo si vede di sfuggita, ma vedrete al prossimo capitolo. Più si va avanti, e più viene difficile scrivere questa storia. Creare misteri è dura, spero che vi piaccia comunque questa strampalata one shot.
A propooosito, il numero da detenuto di Lavi. Io non l'avevo mai pensato. Ma un dì, quella ragazza geniale che è
Haily, disegnò una cosa bellissima: Lavi detenuto e Tyki avvocato, con la scritta “Bad rabbit”. Cover perfetta per la mia storia, sapeste che onore! E ha pure scelto un bel numero per Lavi. Eccovi il Link, guardate e ammirate, non è favoloso? Haily, ti amo. - http://i39.tinypic.com/o8ar94.jpg -
Per quanto riguarda la canzone che introduce il capitolo, l'ho scelta un po' per riprendere la passione di Peter Pan che ho affibbiato a Lavi in questa storia, e un po' per instillare un po' d'ottimismo. Perché Tyki è un inguaribile ottimista, fa tutto con nonchalance che ti mette tranquillità. E anche Lavi è un ottimista. E pure un po' Kanda, lo sappiamo che non lo ammetterai mai, ma ti vogliamo bene comunque.
E, bè... chiedo scusa se le verità vengono svelate in pezzetti così piccoli. Sono fatta così, chiedo venia... ma spero che comunque questa storia vi piaccia. Grazie infinitamente a voi che leggete, recensite, inserite la storia tra le preferite e le seguite! Grazie mille!





Settimo incontro, ore 14:54

Sono pronto





Son d'accordo con voi,
niente ladri e gendarmi,
ma che razza di isola è?
Niente odio e violenza,
né soldati, né armi,
forse è proprio l'isola che non c'è.
[ L'isola che non c'è – Edoardo Bennato ]





« La rabbia, il rancore... li inghiotto tutti. »
[ Yu Kanda – D.Gray-man ]





Quanto era cambiato il mondo fuori? Chi ci viveva, che vita si faceva? Il tempo per Lavi si era bloccato. Natale, Capodanno, Carnevale e vacanze estive, tutto per lui era scomparso da tre anni. Pertanto, ritrovarsi seduto per terra, nella sala colloqui del carcere, a mangiare dolci in compagnia di Allen Walker gli fece prendere coscienza del fatto che il mondo continuava a girare, anche senza di lui. Ma, proprio perché la ruota non si fermava, la sorte gli faceva capitare anche persone così particolari come quel ragazzo dai capelli bianchi, che di sua spontanea volontà era andato a trovarlo, e gli aveva portato dei dolci, e lo aveva invitato a mangiare in sua compagnia. Non aveva osato chiedere a Kanda di accompagnarlo, anche perché, pur conoscendolo pochissimo, sapeva che questi avrebbe rifiutato. Ma non gliene faceva una colpa. In una situazione come la sua, nella quale in teoria doveva essere morto, muoversi comportava troppe problematiche, specie se l'obiettivo era andare a trovare il presunto assassino.

E questo lo sapeva anche Lavi. Chi meglio di lui poteva conoscere Kanda? Anzi, per come la vedeva il rosso, meglio non vedersi, non ancora. Metabolizzare tre anni di silenzio, dopo quella faccenda, era dura, per entrambi. Ma chissà se, tra un dolce e l'altro, avrebbe ritrovato la forza.

« Sono i dolci più buoni che abbia mai mangiato in vita mia! » aveva esclamato tutto contento, rovistando nel sacchetto. Il muro alle sue spalle non sembrava più tanto freddo. « Dio, Allen, sono davvero qualcosa di paradisiaco. Posso assumerti come consulente culinario? »

« Sono di una nuova pasticceria che ha aperto la scorsa settimana. »

« Immagino facciano affari d'oro, se cucinano dolci del genere. »

« Io sono già un loro cliente fisso! »

« E che posto è? Accogliente? Bello? Colorato? »

« Quando uscirai da qui ti ci porterò, e mangeremo fino a scoppiare! »

Era strano, per Lavi. Non parlava così animatamente con nessuno da così tanto tempo. Lui e Allen si erano appena conosciuti, e ciononostante chiacchieravano come due vecchi amici. E l'altro sembrava dare per scontato che Lavi ne sarebbe uscito pulito da quella faccenda. Perché lui, come Tyki, come Kanda, credeva in lui.

Tuttavia per il guercio non era così facile, ma fu abbastanza saggio da tacere. Non voleva rovinare quell'atmosfera così calda.

« E... hanno aperto negozi nuovi? Non so, costruito fontane nuove, qualche coppia storica si è messa le corna... cos'è cambiato, là fuori? »

« Ah, niente di particolare. Hanno un po' ampliato il liceo. »

« Il liceo che frequentavo io? »

« Esatto. »

« Quanti anni hai, scusa? »

« A Natale ne farò sedici. »

« Wow! Dev'essere bello nascere nel giorno più importante del mondo. »

Allen pescò tre dolci dal sacchetto che Lavi teneva per mano, masticandoli tutti insieme con espressione soddisfatta. Era evidente che per lui mangiare era un piacere e non solo un bisogno. « Dipende dai punti di vista. »

« C'è chi la trova una festa consumistica e chi la ricorrenza più importante del mondo religioso, anche se non si è cristiani. Comunque, è il più importante. Io ne sarei onorato. E poi sapevi che nel medioevo quelli nati in inverno venivano considerati fortunati? Era difficile sopravvivere tra freddo e gelo all'epoca. »

« E questo chi te l'ha detto? »

« L'ho letto su un libro tempo fa. »

« Bè, io non mi considero poi così fortunato. » si guardò la mano sinistra più volte. Guardarla gli faceva ricordare quante persone avessero evitato di abbracciarlo, con la scusa che fosse poco igienico o, molto più ipocritamente, “per non fargli male”. Per quanto Allen ricordava, solo Road, e poi Tyki, non si erano creati problemi. Anzi, Road cercava costantemente di prendergli proprio quella mano. Era gentile e dolce, a modo suo. E poi c'era lui, Lavi. Un suo... “simile”, per certi versi. Chissà quanti sguardi torvi, per quella benda. Lui per nascondere la sua malformazione indossava un guanto, lui una benda. Entrambi avevano qualcosa a cui non si poteva porre rimedio e che non avevano deciso loro. Forse, a ben pensarci, quella fu una delle ragioni che spinse Allen a tornare a trovarlo, e parlarci. Non aveva mai incontrato nessuno come lui, che lo capisse.

« Allen... » esordì Lavi, con un sorriso gentile. « Non voglio dire frasi pseudo filosofiche come “sei vivo, questa è la fortuna più grande di tutte”. Però prova a immaginarti nel medioevo. Sei nato in pieno inverno, in uno scantinato umido, povero, dove a malapena avete da mangiare perché forse la tua famiglia per guadagnarsi da vivere coltiva fave o alleva pecore, come l'ottanta per cento della popolazione. Tu sei riuscito a sopravvivere, nonostante tutto. Poi cresci, ti accorgi che quella mano non è come le altre e non lo sarà mai. Il quindici per cento della popolazione è costituita dal clero, un esercito di bigotti che interpretano ogni malformazione come un richiamo del demonio. La tua famiglia ti abbandona perché non ti può mantenere e, ignorante com'è, crede che tu sia davvero il figlio del diavolo. Ti braccano senza sosta per mandarti al rogo, ma... credo proprio che tu saresti stato uno di quelli che avrebbero continuato a vivere, nonostante tutto. Come stai facendo tu oggi. E non solo perché hai imparato a fregartene della mano, ma soprattutto perché sei fortunato. Forse Dio ti assiste davvero, sempre se esiste. »

Allen gli sorrise a sua volta, rincuorato, anche un po' affascinato dal discorso. « Allora ance tu sei fortunato. »

« Io sono nato in estate, per me questa regola non vale. »

« Ma nel medioevo avrebbero cacciato anche te. » gli si avvicinò, camuffando di poco la voce. Lavi rise subito di gusto. « Avete i capelli rossi e siete pure guercio! Prove inconfutabili di stregoneria! Al rogo, al rogo! »

« Ah ah ah! Va bene, va bene, mi arrendo! Mi ero dimenticato della sciagura che ricadeva su chi aveva i capelli rossi! »

« Forse nel medioevo ci saremmo ritrovati a fuggire insieme. »

« Sarebbe stato divertente. Insomma, avere qualcuno con cui passare ogni esperienza... dev'essere bello. »

Poi regnò il silenzio. Si guardarono. Era davvero così insolito, per loro, ritrovarsi così simili. Così simili da sedersi per terra, appena conosciuti, e mangiare dolci, e parlare, parlare, parlare, guardarsi a vicenda le proprie malformazioni e capirsi, senza dire nulla. O anche avvicinare quella mano così brutta agli occhi degli altri e avvicinarla a quella benda così anomala. E Lavi che non le respingeva, bensì lo lasciava fare, con un sorriso.

« Siamo strani, eh? » gli disse, sempre sorridente, seppur con una nota di nostalgia.

« Così strani da non farci schifo a vicenda. » gli rispose Allen di rimando.

« A me non fai schifo. »

« Nemmeno tu mi disgusti. »

« E neanche Linalee ti avrebbe discriminato. »

« Mi sarebbe piaciuto conoscerla. »

« L'avresti trovata subito carina. »

« Ah ah, forse... doveva essere una persona speciale. »

« Sì... sai, nessuno ha più parlato di lei, o almeno qui. Fuori non so come stia andando... ma l'unico che mi ha chiesto di parlare di lei è stato Tyki. Bè, lui l'ha fatto anche per lavoro, ma... è bello vedere che non tutti si sono dimenticati di lei. »

« Quando uscirai da qui, andremo a trovarla, tutti insieme. Tutti sapranno che tu... che tu non hai fatto nulla di male. »

« Linalee l'ho uccisa io. Cioè... sono stato io, non importa se intenzionalmente o no. »

« Il signor Tyki ce la farà. Ha detto che la settimana prossima, al processo... »

Lavi si voltò di scatto verso il proprio interlocutore. Non sembrava troppo sorpreso, ma la notizia era stata comunque inaspettata. « Di già?! »

« Ha detto che prima si fa, meglio è. Così la controparte non avrà il tempo di organizzarsi. »

Il detenuto rovistò ancora una volta nel sacchetto, rendendosi conto che vi erano rimaste solo piccole briciole -e poteva giurare che Allen si fosse mangiato più della metà- e un frammento di biscotto. Non avendo voglia di mangiare quel rimasuglio, pescò qualche briciola per gettarla a caso sul pavimento, non curandosi di colui che avrebbe dovuto ripulire lì dentro.

« Ho l'impressione che noi siamo cento volte più disorganizzati. » disse ridacchiando.

« Ha anche detto che è naturale che la prima udienza sia un disastro. »

« … devo ridere o piangere? »

Il tardo pomeriggio, per Tyki, rappresentava per quel giorno un qualcosa d'importante. Fu la seconda volta che si presentò a casa di Anita, con nientemeno che Kanda al proprio fianco. Aveva espresso proprio lui il desiderio di tornare, di dirle di persona che stava bene, prima che lo venisse a sapere dai giornali. Ormai era stato deciso che il processo si sarebbe tenuto la prossima settimana, con o senza prove inconfutabili. Tanto sarebbe stato solo il primo di una lunga serie -Tyki sperava non così lunga- e altri elementi li avrebbe trovati man mano. Un atteggiamento frettoloso che Bak non riusciva a comprendere.

E comunque, l'attenzione in quel momento era catturata totalmente da Kanda, che si mostrava fin troppo sicuro, una volta sceso dalla macchina. Senza travestimenti, solo Yu.

« Le verrà un colpo. » gli fece notare l'avvocato.

« Mahoja sa far rinsavire bene le persone. » non tentennò nel rispondere. E il ventiseienne, ricordando la figura imponente della donna con tale nome, non ci mise molto a capire la motivazione.

« E cosa le dirai? “Mamma, ciao, sto bene”? »

« Io non l'ho mai chiamata così. Lei non è mia madre. »

« Ma ti ha adottato, è come se lo fosse. Penso che la faresti felice chiamandola così almeno una volta. »

« Il rapporto con mia madre adottiva non la riguarda. »

« Ecco, vedi? La consideri comunque tua madre. »

Kanda sbuffò, ormai di fronte alla porta. « Chiuda la bocca, ha già detto troppe cavolate. »

Tyki ridacchiò, divertito, e pregustandosi la reazione che avrebbe avuto Anita. Come minimo avrebbe pianto e detto cose tipo “non ci credo, non è possibile”. Alla peggio, sarebbe svenuta. Oppure sarebbe svenuta quella Mahoja. Vedere una donna del genere svenire era un evento imperdibile.

Ad aprire, come prevedibile, fu proprio Mahoja. Che alla prima occhiata lo aveva riconosciuto. Del resto, Yu Kanda fisicamente non era cambiato quasi per niente. Solo il fisico era diverso, più alto, spalle più robuste, e i capelli si erano un po' allungati.

Non ci furono prese da wrestler o svenimenti vari. Ci fu un forte richiamo di Mahoja, passi che accorrevano all'ingresso, e lei, Anita, che dopo aver spalancato gli occhi pianse, pianse a dirotto, a costo di farsi sentire da tutto il vicinato, e senza alcuna vergogna lo aveva abbracciato, con grande imbarazzo del ragazzo e tanto divertimento per l'avvocato.

« Ma tu non eri... »

« Posso spiegare. » si limitò a dire Kanda, ricambiando, seppur a malapena, l'abbraccio. Sviò per un momento lo sguardo sull'uomo che lo aveva portato fin lì, il quale lo incitava a una riconciliazione più espansiva. Dopotutto era sua madre, seppur adottiva.

« Sto sognando, vero...? »

« No, no... che dici? Guarda, mi stai toccando. Sono vivo e vegeto. »

« Dio mio... »

« … posso rientrare in casa mia? »

« C-certo! Dio, guardati... come sei diventato alto... e i capelli... e il tuo viso... stai bene... grazie a Dio... M-Mahoja! Prepara subito della soba! Certo, sarai affamato, vero? E vorrai stenderti un po'... signor Mikk, voi... »

« Ah, non state in pena, me ne vado subito. Volevo solo assicurarmi che tornasse in ottime condizioni. » fece per voltarsi, ma la padrona di casa lo bloccò tempestivamente.

« No, voi dovete assolutamente cenare con noi, stasera! E spiegarmi tante cose... »

Kanda colse la palla al balzo. Ancora abbracciato alla donna che lo aveva tanto amato, e ancora lo amava come un figlio, fece un sorriso sghembo, il più beffardo che Tyki gli avesse mai visto. « Sì, Tyki. Venga a spiegarci. »

« Che razza di bamboccio subdolo e... ehm, contieniti, Tyki. Contieniti. » si disse, a denti stretti, elargendo il sorriso migliore che poteva sfoderare ed entrando in casa.

Fu comunque una bella serata. Vedere una famiglia riunita fece sentire Tyki fiero di sé, al di là del fatto che quella rappresentasse una sua vittoria in campo lavorativo. Vedere Anita che si tratteneva con tutte le sue forze di non piangere, Mahoja che seguiva a ruota la padrona, soprattutto Kanda, il quale si trovava visibilmente in difficoltà di fronte a quel rientro, mangiando soba compostamente e spiegando brevemente i fatti salienti che lo avevano portato a quella tragica esperienza, per Tyki fu come guardare un telefilm. Sembrava davvero una serata senza pretese, felice, a cui lui aveva avuto l'onore di partecipare.

Finché, nella settimana seguente, non arrivarono le grane. Prima classificata tra queste: i giornalisti. Certo, non c'era pi motivo di tener nascosta la notizia della falsa morte di Yu Kanda. Su quasi tutti i quotidiani primeggiava il titolo “La quinta vittima è risorta”, ma vi erano anche variazioni sul tema come “Il morto parlerà a favore del guercio”. Sì, erano capitati anche articoli di cattivo gusto, a cui l'avvocato non ci aveva minimamente badato. Distoglievano solamente dal lavoro.

E come poter ignorare gli articoli sulla futura causa a un, citando testualmente “modesto professore liceale”? Lavi si sarebbe certamente infuriato a leggere tali aggettivi per quell'uomo. E Kanda, ritrovatosi per l'ennesima volta a casa del ventiseienne, in vista del processo, stava in qualche modo rivivendo le emozioni dell'amico ancora in carcere. Il suo viso ritraeva bene il disgusto nel leggere il nome di Malcolm C. Lvellie.

« Non posso credere che riescano a scrivere questa roba! »

« È naturale che Lvellie si dipinga così. » aveva risposto l'avvocato senza scomporsi. Sembrava avere la testa da un'altra parte.

« Io continuo a dire che fare un processo così presto non ci farà bene. »

« La controparte non riuscirà a raccogliere elementi sufficienti in tempi così ristretti. »

« Perché, noi ce li abbiamo, gli elementi per difendere Lavi? »

« Bè, innanzitutto tu sei vivo. » non poteva negare, però, che la scelta di chiedere un processo così presto era stata un'arma a doppio taglio. Aveva così tanta fretta, voglia, di liberare quel ragazzo, che per un attimo si era lasciato andare all'istinto, errore quasi fatale per un avvocato nella sua posizione.

« Con la tua testimonianza, se vorrà anche Alma, possiamo far cadere tutte le accuse di omicidio. Il problema riguarda Miranda Lotto... c'è qualcosa che non torna nella sua morte. Come se fosse fuori posto. »

« Lavi non ha detto tutto? »

« Avresti dovuto vederlo, quando è crollato. Credo che ormai ci abbia detto tutto. Ma dev'esserci dell'altro, che nemmeno lui sa... qualcosa che riguarda Linalee. Ripensandoci: Lvellie farebbe parte di una specie di organizzazione criminale, supponiamo che sia anche mafia, perché dovrebbe insediarsi in una scuola come professore? »

« Tutte le persone simili hanno una facciata. »

« Poteva spacciarsi per imprenditore, o presidente di una grossa azienda. Invece, un lavoro semplice come professore. Forse si era introdotto lì per controllare qualcuno. »

Kanda inarcò un sopracciglio, riuscendo a seguire, a grandi linee, il discorso di Tyki. Un discorso che non gli piaceva per niente. « Lei sta dicendo che... stava controllando Linalee? »

« Lavi ha detto che la costringeva spesso a fare ripetizioni a scuola. Nessuno sa cosa succedesse, a parte lei e Lvellie. O forse lo sapeva anche Miranda. »

« No, no, no! Così non torna niente! Quella notte avevano aggredito Lavi, non lei! »

Tyki afferrò in tutta fretta un fascicolo dalla scrivania, sfogliando velocemente le pagine fino al punto desiderato. « L'uomo che quella notte aggredì Lavi era un poveraccio di periferia. “Casualmente”, morto il giorno dopo l'aggressione per annegamento. Però, se ti ricordi, Lavi racconta che Linalee aveva riconosciuto quell'uomo. Lo so, sembra assurdo, ma è proprio Linalee la risposta. O la sua famiglia. »

« Non capisco. »

« Che lavoro faceva Komui Lee? »

« Il ricercatore. » e, un momento dopo, Kanda si irrigidì, ad occhi spalancati. Di colpo il discorso tornava a filare, ed era assurdo, terribile, impossibile, se si pensava a Linalee, e Komui. Le persone più oneste che avesse mai potuto incontrare.

« Questa è roba da film da quattro soldi. » disse, sprezzante. « Lei non ha nessuna prova per... »

« Infatti per il momento sto solo facendo delle ipotesi. E ammetterai anche tu che così ha un senso. Komui Lee che lavorava per l'organizzazione di Lvellie. Il ricercatore... forse gli era stato affidato un lavoro importante. Linalee serviva da tramite per le informazioni, da scuola a casa. Poi dev'essere successo qualcosa. Forse Komui si era pentito, ha cercato di togliersi da quella situazione, forse fino a quel momento lo aveva fatto sotto minacce. Comunque, qualcosa spinse Lvellie a decidere di toglierli di mezzo. Facendo ricadere la colpa su Lavi, essendo a conoscenza della loro relazione. Non era Lavi il bersaglio. Era Linalee! »

Kanda si accasciò sul tavolo, incredulo. « Mi sta girando la testa... »

« Il punto è: Miranda che ruolo aveva in questa storia? Se solo riuscissi a scoprirlo, vincerei il processo a occhi chiusi. Dannazione... »

« Lei sta farneticando. Seguendo ragionamenti simili, anche Reever è sospetto, no? »

« Reever si trovava effettivamente a casa di Komui, all'ora del delitto. Persone simili si preoccupano di evitare testimoni col metodo più facile. E, leggendo su di lui, era un collega. Potrebbe anche essere... »

« Insomma, la smetta! Praticamente ci sta dicendo che Linalee ha mentito a tutti noi per... per quanto tempo?! »

« E Lavi non sospetta minimamente una cosa del genere... »

« Mi sta ascoltando?! »

Già, Lavi. Lui aveva scoperto puramente per caso delle faccende di Lvellie, ma non era riuscito a scoprire la parte più importante. In una situazione normale, sarebbe stato un sollievo. A nessuno faceva piacere sapere che la propria ragazza era servita per una cosa del genere. Ma in quel frangente era tutto un altro paio di maniche. Se Tyki stava indovinando, allora era stato Lavi il caso, non Linalee. Lavi c'entrava poco e niente, era solo un capro espiatorio. Ma, in particolar modo, come avrebbe reagito di fronte a quelle ipotesi. Tyki non poteva permettersi reazioni incontrollate o crolli psicologici da parte sua. Prima di dirgli qualsiasi cosa riguardo Linalee, doveva capire che ruolo avesse Miranda Lotto. E come accidenti avrebbe fatto?

« Kanda, ti prego, dimmi che sai qualcosa di più sul conto di quella donna. »

« A parte che era anonima, tendente alla depressione, insicura, goffa e sempre a rischio licenziamento? No, non so dirle altro. E proprio perché l'ho conosciuta, posso dire con assoluta certezza che lei era l'ultima persona capace di prestare servizio a persone come Lvellie. »

« Ma potrebbe aver scoperto qualcosa come Lavi? È una cosa tanto assurda? »

Kanda, a malincuore, scosse la testa. « … no, non è una cosa tanto assurda. »

« Qualcun altro conosceva bene Miranda Lotto? Un fidanzato, un parente... »

« Fidanzato? Miranda? Sta scherzando? E per quanto ne sappia, non aveva parenti. I suoi genitori erano morti quando io ero in prima superiore, mi sembra di malattia, comunque erano già vecchi di loro. Non aveva fratelli o sorelle, viveva da sola. E nella vita sociale era il peggio del peggio. Non era il tipo da andare in discoteca, ogni tanto la mattina la vedevo passeggiare nel parco, ma sempre per fatti suoi. Sembrava quasi che non esistesse. Non mi viene in mente nessuno che potesse essere suo amico. Riceveva le confidenze degli studenti, ma nessuno aveva una così grande considerazione di lei. Giusto Lavi e Linalee. »

« E allora non mi resta che farmelo dire da Lvellie al processo. »

« E come si fa? »

« Qualcosa m'inventerò. »

Furono giorni particolarmente duri per Tyki. Elaborare diverse strategie difensive, accordarsi con Lavi e Kanda, nel corso dei colloqui, su come comportarsi in aula. Per quanto riguardava le testimonianze, Tyki aveva una sola regola. Dire tutta la verità, come veniva richiesto. Senza farsi intimorire dagli sguardi altrui. Ma soprattutto, per lui era importantissimo che né Lavi, né Kanda cedessero in qualche modo alle provocazioni che sarebbero giunte, perché ce ne sarebbero state a fiotti.

Evitò accuratamente di parlare delle nuove ipotesi sulla famiglia Lee, non essendo nemmeno lui del tutto sicuro. Non aveva alcuna prova, non ancora, e si stava aggrappando, come un bambino, alla speranza di far cantare Lvellie, in qualche modo. Di colpo tutta la sua sicurezza, la sua eccitazione nel vedere Lavi bello e libero, era sparita. Non si era mai imbattuto in una causa del genere, e ormai non contava più di tanto vincerla o no. Almeno, non per il suo curriculum. C'era di mezzo un innocente. La priorità era tirarlo fuori da una prigione, Tyki era l'unico che poteva farlo. Non poteva permettersi il minimo errore.

Lavi aveva notato la strana angoscia che accompagnava l'avvocato, ma non si sbilanciò con le domande. Gli era venuto un momentaneo vuoto, mentre ridimensionava tutta la sua situazione. Si ritrovava, all'improvviso, a dover fare i conti con un giudice, altri avvocati che lo avrebbero accusato di tutto, e Lvellie. Rivedere quell'uomo... che sensazione gli avrebbe scatenato?

« Ragazzo. »

« Uh? Sì? »

« Domani c'è la prima udienza. »

« Già... »

« Cerca di stare tranquillo. »

« È vero che la prima udienza è sempre disastrosa? »

« Nel settanta per cento dei casi sì. »

« Aspetti, questo vale solo per lei o per tutti gli avvocati? »

« Noto una piccola presa in giro nella domanda. »

« Non mi permetterei mai. »

« Ancora a dire bugie? »

« Ah ah ah... la ringrazio. Per... per tutto quello che sta facendo. »

« Ringraziami quando sarai uscito. »

Lavi scosse la testa. Sorrideva, come aveva quasi sempre fatto. « La ringrazio ora. Lei è stato il primo a parlare con me per più di una seduta. Se lei non si fosse intestardito così tanto con la mia innocenza, a quest'ora... scusi, non so bene cosa dirle. Mi ero promesso di restare qui, per il bene di tutti. Per tenere Yu al sicuro, per impedire che qualcuno infangasse la memoria di Linalee. Però lei... come dire... ha stravolto la mia risoluzione. Grazie, grazie per avermi spinto a cambiare scelta, per avermi convinto a... fare la cosa giusta. Perché io non voglio che il mondo dimentichi Linalee, e quello che ha passato. Voglio finalmente dire la mia verità. Ed è tutto merito suo. Non la ringrazierò mai abbastanza. Comunque vada. »

Comunque vada... già. Erano tutti nel dubbio. Era solo la prima udienza, ma come sarebbe andata? Tyki che fine avrebbe fatto, dopo quel processo, qualunque sarebbe stato l'esito? E cosa dire, dopo quel ringraziamento così sincero, da parte di un ragazzo che si era sempre sforzato di essere il contrario? Come poterlo deludere, dopo quelle parole? Per lui contava eccome, vincere. Perché non era giusto che Lavi se ne stesse là. Voleva vincere, e lo avrebbe fatto. Lui i giudici li faceva dannare, sempre e comunque, aveva dimostrato sempre la verità. Aveva scelto di difendere quel ragazzo e sarebbe andato fino in fondo.

Era il suo io bianco o nero a prevalere, in quegli istanti? Quale parte stava traboccando di voglia di avere giustizia? Cosa gli aveva smosso, Lavi, per spingerlo a prenderla così a cuore? Chi era, realmente, Lavi? Un semplice innocente, per niente. Lavi Bookman Jr. aveva il diritto di tornare a vivere.





Prima udienza, ore 09:30






Entrare in tribunale non era mai stato tanto difficoltoso per Tyki. Kanda era prossimo a tirare un sonoro pugno a qualche fotografo. Già non gli piacevano i contatti ravvicinati da parte di sconosciuti di suo, ritrovarsi assaltato da giornalisti fu per lui un incubo. Se non ci fosse stato Tyki a trattenerlo, altro che rissa.

« Niente domande, signori, niente domande. Potete assistere al processo, ma fuori dal tribunale non rilasciamo nessuna dichiarazione. »

« Come ci spiegate il fatto che Yu Kanda sia vivo? »

« Non rispondere, Kanda, fila dentro. »

Entrare in tribunale non era mai stato così strano per Lavi. Perché era il primo posto diverso dal carcere dove capitava dopo tre anni. E vestito con abiti normali, camicia, jeans, scarpe normali, pulite, una cravatta, da quanto non la vedeva. Annodata alla peggio perché, indossare abiti del genere dopo tanto tempo, lo facevano sentire quasi fuori posto, era quasi soffocante. Se non fosse stato per le manette, non si sarebbe per niente riconosciuto, in un posto simile. Con Link, sempre a fianco, che gliele aveva strette attorno ai polsi ben bene, facendolo poi sedere all'angolo, poco prima che tutti entrassero.

« Non avrei mai pensato di vederti ad un processo. » si concesse il secondino.

Lavi fece un sorrisetto, quasi volesse prenderlo in giro. « Nemmeno io. »


17 giugno 2007, ore 09:30
Udienza preliminare sul caso di Lavi Bookman Jr. detenuto numero 40350,
accusato di omicidio preterintenzionale di Linalee Lee, Komui Lee,
Reever Wenham e Miranda Lotto.


Lavi non avrebbe mai potuto dimenticare, complice la sua memoria, lo sguardo d'intesa che gli lanciò Tyki. Gli fece l'occhiolino, gli sorrise. Neanche fosse suo fratello maggiore, gli aveva detto, senza parlare, di stare tranquillo, che sarebbe andato tutto bene. E accanto a lui, composto, serio, sempre imbronciato, Kanda. E dietro di loro Allen, che lo aveva salutato con la mano, felice. E Road, sempre appiccicata all'albino, sorridente anche lei, pronta a tifare silenziosamente per il fratello. E, guardando meglio, mescolati alla folla c'erano anche Anita e Mahoja, che lo cercavano con lo sguardo. Vederli lì, tutti insieme, per lui, fu l'esperienza più ambigua che avesse mai passato. Era una sensazione bellissima.

E poi venne la parte meno interessante della faccenda. Due sconosciuti parlottavano con Lvellie. Non era cambiato per niente, anzi, a Lavi sembrò ancora più ripugnante. Con quegli odiosi baffetti -che gli avevano valso, a scuola, il soprannome di “Hitler in scala ridotta”- e quel sorriso beffardo, e quell'atteggiamento simil composto che lo disgustavano. Il primo desiderio di Lavi, nel vederlo, fu quello di pararglisi davanti, prendere un sacchetto qualunque e vomitarci dentro, solo per il gusto di vederlo irritato. Ma a sfotterlo per bene ci avrebbe pensato Tyki. Già, finalmente sentiva di poter riporre la massima fiducia in lui. Chissà se il suo “neo strategico” sarebbe servito a ingraziarsi il giudice. Ma, dal momento che era un signore sui sessant'anni dall'aria severa, Lavi dovette scartare tale divertente fantasia.

Non aveva osato parlare, nemmeno quando Lvellie, sempre sicuro di sé, sempre con quella faccia da schiaffi, aveva ribadito la sua innocenza, e aveva pubblicamente accusato il rosso di calunnie.

« Io ho sempre svolto il mio dovere di insegnante con zelo. Non ho mai avuto problemi con i miei colleghi o con gli studenti. Ritenevo Bookman Jr. un bravo ragazzo, mai avrei pensato a un'accusa simile nei miei confronti. Questo ragazzo ha seri problemi mentali. »

Tyki si trattenne con tutte le sue forze dal ridergli in faccia. Si sistemò il colletto della giacca per farsi coraggio, per poi alzarsi con calma, non prima di aver guardato Kanda.

« Vostro onore, chiamo a testimoniare Yu Kanda. »

Il ragazzo si alzò, senza che nessuno gli avesse chiesto ancora nulla. Ignorò le voci degli increduli che assistevano alla sua entrata in scena dopo un silenzio durato tre anni. Ignorò gli sguardi di lavi, preoccupati, in qualche modo dispiaciuti per l'amico che si apprestava a difenderlo. Ma Yu era sempre così: imperscrutabile, asociale, diretto, fedele a sé stesso.

« Ciao, Kanda. » Tyki gli si era avvicinato con un sorriso. « Com'era il Paradiso? »

« Non c'è male. » fu la risposta serissima.

« Scherzi a parte, come mai sei vivo? Il tuo assassino ha sbagliato i calcoli? »

« Nessuno ha attentato alla mia vita. »

« Dunque Lavi Bookman Jr. non ti ha ferito in alcun modo? »

« Esatto. Anzi, ha cercato di fare il possibile per salvarmi. È stata sua l'idea... di farmi passare per morto. »

« Come mai? »

« Riteneva che fossi in pericolo. Che eravamo stati presi di mira da qualcuno e che, se mi avessero trovato, sarei stato accusato di omicidio. »

« Perché tu eri presente, quando Linalee è morta? »

« Sì. »

« E chi l'ha uccisa? »

« Lavi e Linalee erano stati aggrediti da uno sconosciuto. »

« E chi poteva essere ad avercela tanto con voi? »

« All'epoca non capivo cosa stesse succedendo, ma poi ho pensato che... effettivamente, qualcuno che ci odiava c'era. »

« Quell'uomo è in questa stanza? »

« Certo. Il signor Lvellie. » fece un lieve cenno del capo verso quell'uomo, incurante degli sguardi torvi ricevuti. Il cenno che gli fece superava a malapena la considerazione, lo stava trattando peggio di un cane. Fu una delle vendette più belle che Kanda si gustò, e fu per lui quasi un piacere vedere tutti i curiosi, venuti ad assistere, sbalorditi di fronte a quelle parole.

« Come mai vi odiava tanto? »

« Io difficilmente gli rispondevo bene. Lavi gli aveva procurato qualche fastidio nel comitato. »

« Che genere di fastidio? »

« Ad esempio, tutte le attività che proponeva Lavi per la scuola venivano bocciate da Lvellie. Però lui in qualche modo vinceva sempre, perché gran parte dei professori approvavano il suo operato. A Lvellie non piaceva essere contraddetto. E Linalee... bè, era la sua ragazza. »

« Linalee e Lavi erano fidanzati? »

« Ci stavano lavorando. »

« E Linalee ha mai “contraddetto” Lvellie? »

« Aveva sempre appoggiato Lavi in qualunque cosa facesse, specie se questa serviva a farlo dannare. »

Lavi si stava sentendo disorientato. Gli sembravano così sicuri che quelle storie parevano quasi vere. Bè, non è che stessero dicendo bugie dall'inizio, ma ci stavano parecchio ricamando sopra, cosa che, se fosse stato un film, li avrebbe subito candidati all'Oscar. Peccato che con le manette non poteva fare applausi.

« E, Kanda... ritieni che Lvellie fosse il tipo da reagire così violentemente a “insulti” simili? »

Yu si gustò per un momento gli avvocati di Lvellie che gli bisbigliavano qualcosa, prima di rispondere. « La punizione che preferiva, a scuola, era quella di mettere dietro la lavagna qualcuno. Giusto perchè le bacchette non si potevano portare a scuola. »

Tyki gli sorrise, soddisfatto. Quanto gli piaceva irritare gli altri con quei giochetti, e ringraziò mentalmente Kanda per l'aiuto dato.

« Non ho altre domande. »

Sorrise di nuovo verso Lavi. Più per rassicurarlo. Perché ora che sarebbero stati gli altri a fargli domande, sarebbe cominciato il brutto.

Ma Lavi gli sorrise a sua volta. Sembrava ottimista, e pure divertito da quanto stava guardando, benché ci fosse pochissimo da ridere.

« Sono pronto. » si disse. Non per auto convincersi. Non si sarebbe tirato indietro.





Seconda stella a destra,
questo è il cammino,
e poi dritto fino al mattino.
Poi la strada la trovi da te,
porta all'isola che non c'è.
Forse questo ti sembrerà strano,
ma la ragione ti ha un po' preso la mano,
ed ora sei quasi convinto che
non può esistere l'isola che non c'è.
[
L'isola che non c'è – Edoardo Bennato ]

   
 
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