Capitolo
xv- Black
CAPITOLO XV
"Alone"
-Alexander
... mi chiamo Alexander o forse anche Andrea... chissà...- -Allora
Alexander è un nome d'arte giusto?-
Chiese il barista porgendogli uno sguardo stanco e consumato da
un'intera giornata lavorativa. Il puzzo di patatine fritte del giorno
prima e tutta l'aria di chi non vuol saperne niente. Ed era
tardi o per meglio dire: era di mattina presto.
Infatti mentre Lola Di
Valenza riceveva
la chiamata del suo assistente Gabriel che informava della
localizzazione di Ludovich, lui era a ristorarsi in un
autogrill avendo appena superato la provincia di Viterbo. -È
un nome da fuggiasco.-
Disse Ludovich. Tracannò
il whisky e consegnò un biglietto da cinque.
Portò la
sigaretta alla bocca e mentre conquistava l'uscita andò
ciondolando passivamente passo dopo passo in direzione di un
tavolo dove erano seduti due scagnozzi di Garbiel.
Allora si
fermò come folgorato da una nuova idea. Lasciò
perdere
l'intento di uscire dal locale e andò nel bagno. Fuori
dall'autogrill la situazione era assolutamente tranquilla. L'aurora
emanava una pace assonante in quel gelido mattino.
L'attesa
e il sonno erano le uniche compagne per quella notte che si avviava
alla fine ormai. Era passata un'altra giornata nel pensiero
dei morti da
contare, qualcun altro sarebbe potuto morire proprio lì in
quell'autogrill e allora al numero dei morti bisognava aggiungere
quello dei probabili e presunti mancanti. Gabriel
non era affatto uno stolto, sebbene non avesse
dormito neanche lui, vegliava ancora nel pericolo che potesse
succedergli qualcosa. Strano a dirsi poiché era lui a
cercare
qualcuno, strana sensazione di chi
dovrebbe essere il cacciatore ma che sta per finire preda. Successe qualcosa
di imprevedibile, che lo scosse d'improvviso, come un malore che non
puoi calcolare. Era seduto da solo nella sua auto ed aveva
appena
chiuso la conversazione con Lola di
Valenza,
conversazione con la quale i suoi sensi avevano ripreso a dare piacere
al suo corpo, a dare nuovo vigore alle sue voglie ma passò
in
breve tempo dallo stato di vigore e benessere allo smarrimento e al
timore. Si sentì ad un tratto come
osservato dallo
specchietto posteriore,prima quello esterno posto alla sinistra
dell'auto, poi ancora quello interno del guidatore. -Chi
c'è?-
Disse d'un tratto la sua voce. In quello stesso momento si
sentì uno stupido perché capiva che all'interno
dell'auto
non poteva esserci che lui. Nonostante ciò la sua voce
continuò a dire: -Chi sei?-
Iniziò ad essere seriamente preoccupato. Precisamente, la
paura lo stava
divorando all'interno dell'abitacolo. Vide qualcosa proprio
dallo
specchietto retrovisore, qualcosa seduto sui sedili posteriori: due
occhi di gatto che lo fissavano. Scese d'improvviso e non smise di
fissare l'auto. Non gli sembrava che ci fosse nessuno all'interno. -Sto forse
impazzendo di botto? Sto forse impazzendo?È certamente il
sonno che gioca brutti scherzi... devo star calmo.
- Ripeté a se stesso. Aspettava i suoi uomini,
quei due
brutti elementi rimastegli se ne stavano seduti all'interno
del locale a bere del calvados. Dovette riprendersi in pochi
secondi, si sentiva ancora
molto stupido in quel suo atteggiamento. Non sarebbe entrato
nel
locale a chiedere aiuto poiché non era né un
codardo
né un pazzo. Provò a rientrare
nell'auto
infondendosi sicurezza, dicendosi che in fondo poteva esser stata tutta
un'allucinazione, effetto della stanchezza. Sedette comodamente
sul sedile, mise la mano sul volante e quella sensazione di prima non
era svanita, anzi era andata a peggiorare concretizzandosi con una
pistola calibro dodici che rivoltò il suo tamburo in una
pura roulette
dal piacere sadico. -Ma ciao
Gabriel... -Alexander
Ludovich... che tu sia maledetto, come hai fatto ad entrare?- Disse pietrificato Gabriel. -L'occhio
vede solo ciò che vuol vedere o che può
vedere...o che crede di star vedendo. -Io ho
visto un enorme gatto prima di te... -Hai una
mente perversa lo sai?
- Si prese gioco di lui quell'insolito Ludovich. -Ma
se stai ancora aspettando i tuoi uomini sappi che non arriveranno,
né ora né mai. Sono già
morti nella toilette
e se stavi aspettando me... beh ora eccomi qui, possiamo andare. -Andare
dove? -Dalla tua
padrona ovviamente... voglio farle un discorsetto prima di far fuori
Sergei Ivanovich e tutti i tuoi alleati. -Dove pensi di
poter andare Ludovich? Sei solo e per di più sei disperato. -In
questo momento caro mio amico... penso che tu sia più
disperato di me. - E
quell'insolito ragazzo cupo e quasi sempre triste (scusate se
è
come dire bugia) provò desolazione nell'ammettere di esse
spinto
dalla forza della rassegnazione.
Quell'autista
in Abissina guidava
il camion fino a tardi e a notte
fonda si
riunivano. A quel
tempo in Europa c'era
un'altra guerra e per
canzoni: solo sirene
d'allarme. Passa il
tempo, sembra che
non cambi niente. Questa mia
generazione vuole nuovi
valori e ho
già sentito aria di
rivoluzione. Ho
già sentito chi
andrà alla fucilazione.
[Franco
Battiato, Aria di Rivoluzione, 1973]
Segnali
stradali in uno scorrere lento di asfalti e guard rail. Un capo
abbandonato in obliquo sul finestrino di un auto. Alexander Ludovich
svuotato per una volta da ogni sua personalità.
Erano momenti difficili. Compagna l'angoscia, strana
sensazione di morso allo stomaco, di macigno che preme sul cuore. Nel
contempo...la pace della rassegnazione. E se
quella pace che ci attraversa fosse frutto dei nostri drammi? La
stanchezza è lucidità, inevitabile sofferenza che
ci
rende umani. Ancora qualche nota di pianoforte in
canzoni che non sapresti riconoscere pur avendole ascoltate centinaia
di volte. "Per
vedermi torturato per vedermi condannato... oh partigiano... portami
via... che mi sento di morire..." E poi lo
sguardo di Gabriel,
un germano mezzo sangue che guidava ancora sveglio, molto
più
sobrio di quanto non fosse stato nelle ore precedenti. Stava
guidando sino alla periferia di Roma,
lì aveva il suo quartier generale Lola di Valenza. Il
pensiero che stesse conducendo quello
zingaro, Ludovich,
proprio nella tana dei lupi lo faceva stare ancora tranquillo.
Molte, troppe domande assediavano quelle due menti. "Chi aveva catturato chi?"
.Non lo so riusciva a capire ma l'impressione è che
quello zingaro si era poi catturato da solo, che si
stesse
consegnando per uno scopo tutto suo. Allora Gabriel poteva
sorridere beffardo, come a dire "sciocco,
non sai quello che ti attende..."
ma poiché la pace potrebbe essere frutto del
nostro dramma il germano guidava lentamente, con la
tranquillità che solo le
sue certezze potevano dargli. Ludovich ancora
piegato sul finestrino non puntava neanche più la sua Smith and Wesson.
Non restava che un corpo inerte in attesa di qualcosa. Quel
qualcosa
tardò ancora poco a presentarsi e non appena giunti in vista
dei
primi colli romani, lasciarono l'autostrada per vie più
ramificate. "Ci
siamo." Pensò Ludovich. "Ancora poco e potremo rivederci." Gabriel a quel
punto volle togliersi lo sfizio di fare una domanda: -Cosa ti fa pensare che il
Prefetto ti lasci parlare? O pensi di poter affrontare da solo le sue
guardie? -Quando
sarò giunto al suo cospetto ti accorgerai... -Tu sei davvero folle, mi
divertirò a vederti crepare.
E
giunsero in una villa maestosa là dove risiedeva
Anna Formisano conosciuta nel mondo degli affari come Lola di Valenza. Un
cancello alto quattro cinque metri e largo dodici, testato a prova di
lancia granate, si aprì automaticamente dopo l'attivazione
del
dispositivo di riconoscimento video. Poi una schiera di
alberi
lunga un paio di chilometri. Come avrebbe potuto scappare da
lì?
Idea insensata dal momento che era stato lui stesso a volersi
introdurre. Quella
era una prigione dalla quale non poteva scappare e il sorriso sul volto
di Gabriel era
significativo per spigare il pericolo al quale Ludovich andava in
contro . -Dammi
la pistola.- Disse fermando l'auto. - Sei tu quello disarmato
Gabriel... come puoi impartire un ordine! -Sei circondato da
ottantacinque guardie del corpo, prova solo a spararmi un colpo e non
uscirai vivo da quest'auto. - Lo convinse Gabriel. -Ti
consegnerò solo le pallottole.- E
così fece
Ludovich scendendo dall'auto prima di lui.
Quello
che gli si presentò davanti era probabilmente l'edificio
più grande che lui avesse visto e che voi avreste mai potuto
immaginare. Un'architettura imperiale di stile barocco con
due guardie piantate alla porta. Ludovich si
avvicinò dicendo. -Dite al Prefetto che Alexander
Ludovich è qui. - E Gabriel gli correva
dietro con i proiettili in mano. -Aspetta zingaro, non puoi andare
da solo... io ti faccio sparare!- Ricoprendosi
anche di un ridicolo che solitamente non si addiceva ad un assistente
del Prefetto ma dinanzi a quel
folle non poteva comportarsi diversamente. Non sapeva proprio come fare
a fermarlo se non prendendolo a calci e a pugni davanti a
tutti. Ludovich
poi superò il portone ed un primo atrio, al secondo Gabriel
lo prese da dietro sferrandogli un calcio alle gambe, quello cadde come
se non pesasse niente ma rialzandosi ricambiò il
calcio
portando la gamba all'altezza della faccia del germanico.
Gabriel
ricevette il calcio come se nulla fosse, anzi si
mascherò nuovamente di quel sorriso insito dal male.
Ludovich
mostrò
i denti come da felino incazzato e gli si
scaraventò
sopra con una tale violenza da ferirlo al collo con un morso e da
lì un pezzo di carne cadde sul pavimento imbrattandolo di
sangue. - Magnifico!-
Disse qualcuno dall'alto. E si sentì un echeggio di battito
di mani lieve e sottile. Ludovich
con
la bocca ancora sporca di sangue rivolse il suo sguardo verso
l'alto e
puntò quell'immagine. In completa tunica bianca di
seta trasparente, era Lola
di Valenza che percorreva in discesa una spirale
pavimentata in marmo. -Avevo detto che questa storia
doveva finire Gabriel... perché mi hai portato questo
ragazzo?- E Gabriel già
entrato in una gravissima emorragia gridò con tutte le sue
forze
poiché non poteva vedere dove fosse il suo capo. -Questo
folle! Ha voluto lui presentarsi da te... non so cosa ha in mente ma
è un
disperato, un povero disperato mio amato Prefetto! Si
dimenava come punto dal serpente più velenoso
mentre
attorno a lui grondava il suo sangue. Quel teatro
così
aspro e maleodorante non poteva che estasiare la candida ed imponente Lola di
Valenza
che continuava a scendere la sua rampa allargando un sorriso
al suo nuovo ospite. - E
tu dimmi Ludovich, lo voglio sentire da te: quale ragione ti porta a
far incrociare per la seconda volta le nostre strade? Ti avevo concesso
di fuggire, la salvezza non è dono da poco di questi tempi,
devo
forse iniziar a pensare che sei veramente pazzo come i miei uomini
riferiscono da tempo?
-No. - Rispose lui quando
poté rilassare i suoi nervi alla vista di quel
seno prosperoso e profumato. Lola di
Valenza
gli si avvicinò sfiorandogli il viso con una mano. Quanta
grazia quanta malefica disinvoltura portava in grembo. -
Sono
venuto qui perché ho capito tutto...-
Provò a regolare il respiro il giovane, ma gli
riusciva
estremamente difficile. Non era stanco era, come poter dire: "innamorato"?
Era innamorato come vittima di un incantesimo. Non c'era da meravigliarsi
poiché tutti erano ammaliati da lei. -
Sono
venuto qui per dirti di cessare tutto quanto. Ferma Ivanovich,
riprenditi Roma, ristabilisci l'ordine in questo paese!- Quella
rise come una dannata in una risata infernale, si piegò in
due
facendo intravedere parte di due candidi capezzoli che misero
in
imbarazzo Ludovich.
Lui arrossì ma continuò il suo
discorso cercando di esser ugualmente severo. -Perché
ridi? Non è forse vero che sei tu il manipolatore di tutta
questa guerra? Non è forse vero che sei tu la responsabile
delle
migliaia di morti che hanno coinvolto l'Europa negli ultimi quattro
anni? Hai
cavalcato le guerre civili degli anni novanta, hai comprato gli ex
combattenti slavi e macedoni, russi e georgiani. Quale Grande
Capo russo potevi inventarti se non un uomo immaginario? Hai
ingannato tutti, persino Ivanovich non è forse
così? Il
tuo fedele che ora mi guarda con occhi sbarrati, esterrefatto mi ha
dato del pazzo più volte. Ma chi è il pazzo qui?
Chi
è il vero pazzo ora che i giochi sono finalmente
svelati?
Lei
continuò a ridere e ad applaudire. Applaudire freneticamente
sino a toccare il pavimento con le ginocchia. Ed era lì, ai
suoi
piedi, le lunghe ciocche luminose cadevano e percorrevano la schiena.
Si alzò di scatto e lo afferrò per il
colletto. -Sì!- Disse un diavolo.
Gabriel
si alzò da terra moribondo. Cercò di chiamare una
guardia, qualcuno che potesse assistere a quella scena ma erano soli.
Allora provò a dire qualcosa, allungò le mani
verso quei
due, proprio non ce la faceva a dire qualcosa. -Guarda!- Disse Lola di
Valenza. -
Loro
non sanno!-
E Gabriel strinse forte i denti come a
volersi cacciare le ultime parole di bocca. Avrebbe detto... "folle anche
tu, lurida puttana!"
oppure... "ed io che
sono a morire qui per te..." - L'uomo deve
pur morire per un ideale mio caro Alexander... cosa importa poi se
questo sia l'ideale altrui? - Disse Lola di
Valenza. - Mi
è chiaro da molto tempo ormai... -Ed
io avevo capito che uomo dall'indomabile carattere sei tu, ed ora
capisco anche perché quella ragazzina sta collezionando
teste
pur di salvare la tua pelle. Sei un veggente, colui che
può vedere oltre e che non si cura di incontrare la morte.
La
morte...- Pensò.
-Ora che sai
che i russi non sono l'origine, e che io ho ingannato persino loro...
dovrei ucciderti lo sai? -Ma non lo
farai...-
Rispose fiero e altezzoso Ludovich. -Perché
se tu avessi voluto farlo.- Continuò il giovane...- lo
avresti fatto quando ero prigioniero a
Bagno Vignoni, ma in quell'occasione mi hai lasciato libero nonostante
tu potessi già immaginare dei pericoli che avrei potuto
causarti.- Lola di Valenza assunse ancora una volta
quell'impassibilità statuaria degna di un ferreo generale.
Prese Ludovich
per mano e lo portò lungo la rampa. Il giovane era ancora
molto
scosso, sapeva che da lì a poco quella donna avrebbe potuto
ucciderlo. -Rimuovete
quel corpo! Alla svelta!- Urlò lei quando
sentì le guardie entrare. Si riferiva a Gabriel che ormai giaceva morto a
terra. Ma Lola di
Valenza
non si fermò continuò a
correre per le rampe e si tirava a se Ludovich. Non
c'era da fuggire anche se avesse voluto e più salivano in
alto al palazzo e più
si Ludovich
sentiva stretto in una morsa mortale. Che fosse solo la
soddisfazione di aver smascherato quel
grande enigma? Era quasi contento. Era convinto di trarre
vantaggio enorme da quella
incantevole donna e come già detto né era allo
stesso
tempo una vittima, un innamorato avvelenato senza pozione di
risanamento a portata di mano. -Cosa vuoi
fare?-
Chiese lui una volta giunti nella stanza da letto. -Lavati e
poi te lo spiegherò dopo.-
Gli ordinò lei. Lui allora si spogliò
prima ancora
di andare nel bagno. Tolse al volo un orrendo giaccone nero. Ruppe i
bottoni di una camicia, sfilò la cintura dei pantaloni una
volta
che rimase in mutande. Gli si avvicinò lei e con
una mano
agguantò il suo petto ad altezza del cuore. Con la cintura
ancora in mano lui la colpì violentemente. Rimase un livido
violaceo su quel braccio candido. Tolse il braccio con netto ritardo. -Perché
sei così indisposto nei miei confronti?Non voglio ucciderti.- Lui non rispose,
andò nel bagno e si immerse nell'acqua.
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