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Capitolo
11
Voglio
chiamarti Cheiron
Il cellulare iniziò a squillare con insistenza, Shura si
rigirò nel letto affondando la testa nel
cuscino, prima o
poi avrebbe smesso, ma a un giro di squilli ne seguì un
altro.
Accese la lampada sul comodino fissando accigliato l' orologio che
segnava appena alle 4:30 del mattino, pensò ad un' emergenza
e si
alzò rapidamente dal letto cercando di individuare il punto
da
cui proveniva il suono e finalmente lo trovò sotto il
maglione
gettato malamente sul pavimento.
-Pronto
-Shura...
-Aiolos! Aiolos,
che diavolo è successo?
-Shura- dall'
altro lato del
telefono si sentì un attimo di silenzio, poi un sottofondo
di
voci tra cui riconobbe quelle di Milo e Saga.
-Aiolos!
-Shura, ascolta,
Febe ha avuto un... un bambino.
Il saint
crollò a
sedere sul letto, incredulo. Di chi diavolo era quel figlio? fu la
prima cosa che si chiese, e per un attimo sentì del
risentimento
nei confronti della ragazza perchè si era scordata di lui,
non
solo aveva conosciuto un altro ma ci aveva anche fatto un figlio.
Non
può essere, idiota,
gli disse la parte più razionale di sè, i tempi
non
coincidevano, non vedeva Febe da sei mesi quindi...
-Era
già incinta quando se ne è andata-
soffiò.
Si sentiva
dannatamente
intontito, non era pronto. Insomma, qualsiasi uomo ha nove mesi di
tempo per prepararsi, lui invece riceveva una telefonata, una stupida
telefonata e gli dicevano che era padre, perchè ormai non c'
erano grossi dubbi, il bambino era suo.
-Shura? Shura ci
sei?
-Sì
-Tutto bene?
-Non troppo, a
dire il vero.
-Forse dovresti
venire in ospedale. Non è nato da molto.
-Qu-quando
è nato?
Aiolos diede un'
occhiata
veloce all' orologio:- Sono le 4:30... intorno alle 02:45, neppure da
due ore- e Shura sentì Aiolos sorridere.
-02:45-
ripetè in trance- 02:45... nemmeno due ore. Mi sono perso la
nascita di mio figlio
-Non è
tardi per recuperare, è andato tutto bene, Febe e il piccolo
stanno bene
-E' un maschio
-Sì,
è un maschio.
-Un nome ce l' ha?
Aiolos rimase un
momento in
silenzio, spostò il peso da una gamba all' altra:-
Sì ce
l' ha- confermò e Shura pensò che non aveva
partecipato
neppure a quello, neppure a dare un nome a suo figlio. La piccola Febe
aveva fatto tutto da sola, a quanto pare era cresciuta molto in quei
mesi. E lui non c' era stato, non aveva potuto esserci, nè
per
lei, nè per il bambino e soprattutto si era dimenticato di
lei.
Nella notte in cui era stesa sul letto di una sala operatoria per far
nascere il loro bambino, nella notte in cui suo figlio nasceva, lui se
la spassava con la sacerdotessa di Kore.
-Dimmelo, no?-
domandò bruscamente
-Si chiama Cheiron
Ci fu un attimo
di silenzio, un attimo per riflettere ancora:-Ci sentiamo dopo-
Shura chiuse
bruscamente la
telefonata e iniziò a rivestirsi, quando si girò
vide
Alcesti che lo guardava in silenzio. I movimenti del Capricorno erano
nervosi, frustrati, rapidi.
-Dovresti sfogare
in qualche modo il tuo malessere.
-Già e
per farlo, per sfogarmi come dici tu, sono andato a letto con una
sconosciuta e mi sento uno shifo, sai?
Alcesti si
alzò e Shura
se la vide così, seminuda di fronte a lui. Avrebbe voluto
coprirla, gli faceva ribrezzo lei e il suo corpo, gli faceva ribrezzo
persino sè stesso:- Non dire sciocchezze, sei venuto a letto
con
me perchè volevi, perchè mi desideravi. Non
cercare
scusanti per alleggerirti la coscienza!
-Mi sento male lo
stesso. Mi
sento male perchè per loro non ci sono stato,
perchè lei
era lì, in ospedale e io nel letto di un' altra.
Perchè
mio figlio si chiama Cheiron. Cheiron!- urlò il ragazzo-Sai che vuol dire? Lo
sai?!
-E' il centauro-
disse con calma Alcesti
-Il
più saggio e giusto,
così meritevole da essere onorato da Zeus in persona che lo
collocò tra le stelle, come costellazione del Sagittario.
Shura aveva
serrato la
mascella, i pugni così stretti da dolergli, avrebbe voluto
abbandonare il suo proverbiale autocontrollo e distruggere tutto invece
respirò, afferrò il cappotto e uscì
dalla stanza.
Cheiron. Suo figlio che era anche del suo stesso segno zodiacale, si
chiamava Cheiron. Perchè diavolo si chiamava Cheiron?
Febe aveva chiesto ad Aiolos di farle visita nella sua stanza poco dopo
la nascita del bambino, non vedeva l' ora di farglielo vedere. Ne
era orgogliosa, era orgogliosa di quel suo piccolo tesoro. Il saint di
Sagitter era luminoso anche senza quell' armatura dorata che gli aveva
visto addosso poche ore prima, Febe allungò il braccio verso
di
lui afferrando la sua mano nella propria, ben più
più piccola
e più chiara, con l' altro braccio teneva il bambino accanto
a
sè, attenta a non fargli del male. Gli occhi della ragazza
si
fissarono sulla figura del saint:- Le devo la vita, le dobbiamo la
vita- precisò, si sentiva immensamente riconoscente a quell'
uomo dal sorriso gentile, così grata da non sapere come
dimostrarglielo e allora cercò di trasmettergli il suo
calore,
il suo grazie immenso e grandissimo, stringendo la sua mano- Grazie!
Grazie!
Aiolos si passò una mano tra i capelli, imbarazzato:- Non
devi ringraziarmi, davvero, non è necessario.
-Oh sì invece, lo guardi- aggiunse lasciando la presa e
allungando il piccolo verso di lui- lo prenda, guardi. E' un miracolo.
Lo, so, per ogni madre il proprio figlio è un miracolo ma
lui lo
è davvero, non sa quanto ha dovuto combattere in tutti
questi
mesi... e ha combattuto ancora, fino all' ultimo, per poter nascere.
Non so perchè lo abbia fatto, non lo so davvero
perchè in
fondo credo che lui sentisse tutto, tutto quanto. Non siamo state molto
fortunate in questi mesi, abbiamo vissuto tante sofferenze, io e le mie
amiche e lui con noi, ne sono certa. Però ha lottato, ha
voluto
esistere e lei lo ha aiutato ad esistere, signore.
Aiolos prese il bimbo tra le braccia e iniziò a cullarlo
pensando che forse era lui a dover ringraziare Febe, perchè
davvero quel piccoletto era bellissimo, un miracolo davvero, come
diceva lei.
-Non chiamarmi signore, non darmi del lei. Mi fai sentire vecchio, non
lo sono- sorrise sedendosi sulla poltrona al suo fianco continuando a
cullare il bimbo.
-Scusi... scusa. Io sai, credo di averla vista un' armatura come la
tua. L' ho vista e ora lo so, voi esistete
-Noi, esistiamo?
-Sì, voi... voi... gente vestita con delle armature dorate.
Ho
una foto in cui ci siete voi e noi, io, Antares, Sophia e Talia ma
onestamente ho delle difficoltà a ricordare come
ciò sia
possibile.
Il saint di Sagitter pensò che era impossibile che loro
avessero
una foto di quel periodo, non doveva essere così, Pluto
aveva
cercato di eliminare ogni cosa, ogni oggetto che le legasse al
santuario e allora qualcosa doveva essere andata storta. Si
ricordò le parole di suo fratello, la Pizia aveva detto che
certe decisioni avrebbero avuto ripercussioni sul futuro
quindi se
le senshi avessero deciso di tenere una foto, allora è
probabile
che prima o poi si sarebbero comunque ricordate dei saint e di Atena
anche senza il loro intervento diretto. Era tutto terribilmente
complicato. Il bambino dormiva placidamente tra le sue braccia,
bisognava assolutamente telefonare a Shura, in teoria il padre era lui.
-Hai già deciso il nome?- domandò all' improvviso.
Febe sorrise:- Ci ho pensato a lungo, tanto, tanto a lungo. Talia e
Antares in questo periodo mi hanno proposto bizzeffe di nomi,
ma ho deciso solo questa notte. Ho bisogno che tu mi dica una cosa.
Sulla tua cassa ho intravisto un centauro, è il Sagittario
vero?
Il tuo segno è il Sagittario?
Aiolos annuì impercettibilmente.
-Lo avevo capito, quando ti ho visto, non so perchè, ma l'
ho
capito. Mio figlio si chiamerà Cheiron e sai
perchè,
perchè Chirone era il più giusto e saggio e buono
tra
tutti i centauri. Ha rinunciato alla sua immortalità, sai,
per
donarla a Prometeo. E tu sei buono e giusto e saggio... come Cheiron-
sorrise contenta-
Voglio che mio figlio cresca così e voglio che il suo nome
onori
l' uomo che lo ha salvato.
Aiolos si sentì imbarazzato e onorato al tempo stesso,
orgoglioso
di quel bambino ma non poteva permettere che il suo nome ricordasse
lui, il Sagittario. Non doveva essere così. Il suo nome
doveva
ricordare un altro uomo, leale e fedele, il più fedele tra i
santi alla dea.
-Non posso, non posso accettare Febe. Non è giusto, questo
bambino ha un padre di cui essere fiero, te lo assicuro.
-Mi ricordo di una sola persona in questi giorni, una persona ricoperta
di oro come te e mi ricordo tutto ciò che ho provato con
questa
persona, cosa ho sentito e mi ha trasmesso e se è lui il
padre
di mio figlio, allora sì, so che questo bambino
può
esserne fiero ma voglio ugualmente esserti riconoscente. Se tu non ci
avessi tirato fuori in tempo da quel ripostiglio, il mio piccolo
Cheiron non ci sarebbe mai stato, non avrei mai dovuto scegliere un
nome per lui. E allora si chiamerà Cheiron, mi dispiace-
pigolò a voce bassa, rammaricata.
-Non devi scusarti affatto, sono onorato. E' un onore grandissimo, te
lo assicuro, non devi fraintendere... sono felice.
Antares sentiva il bip bip degli strumenti al suo fianco, i muscoli
intorpiditi come se avesse dormito per giorni e poi aprendo lentamente
gli occhi, l' oscurità più completa fu sostituita
da una
luce biancastra, non forte ma abbastanza da infastidirla. Le sue narici
captarono puzzo di disinfettante e di ospedale, una stanza con le
pareti metà blu e metà bianche e le poltrone di
uno
smunto turchese, strani apparecchi attorno a lei e uno di quegli
armadietti grigi e allungati. Bleah, aveva sempre odiato gli ospedali e
soprattutto le iniezioni. Ricordava che ogni volta che doveva farne una
girava per minuti interi per la casa col sedere al vento faticando per
tener su i pantaloni e insieme scappare dall' ago. Riabbassò
lievemente le palpebre cercando di muovere le dita ma
percepì
qualcosa che glielo impediva, quando girò la testa dall'
altra
parte identificò quel qualcosa come una mano più
scura
stretta intorno alla sua. Era Saga, accarezzò la zazzerra
bionda
arruffata domandandosi che diavolo ci facessero in un ospedale, lo
chiamò. Il ragazzo la guardò per un attimo
stordito,
scosse appena la testa prima di chiedere ansioso:- Come ti senti?
Antares ridacchiò:- Come se mi avessero dato una botta in
testa.- Il suo sorriso si spense in fretta, le era parso di capire che
l' avevano dovuta ricucire da qualche parte, si osservò le
mani
e notò che erano entrambe fasciate. Le sembrava di averle
già viste così una volta ma scacciò
velocemente il
pensiero- Saga, che ci faccio qui? - la sua voce si incrinò,
si
fece incerta- è... è successo qualcosa al bambino?
Il saint di Gemini la guardò un momento confuso, prima di
realizzare:- No, non ti preoccupare. Febe e il bambino stanno bene e
prima che tu lo chieda, sì, è un bel maschietto-
Saga aveva aveva fatto un cenno affermativo con la testa ampliando il
sorriso che era spuntato sulle labbra severe.
-Sono contenta, sono davvero contenta ma vorrei sapere che ci faccio
qui, vorrei sapere se il nostro di bambino sta bene. Se c' è
ancora, ecco.
-Che?- Saga si domandò di che diamine stessa parlando quella
ragazza mentre la fissava stralunato. Sembrava veramente preoccupata,
poi si ricordò dello stato mentale e non solo fisico con cui
l'
avevano portata in ospedale e delle raccomandazioni dei medici.
Assecondatela, avevano detto. Alla fine i genitori non avevano voluto
il trasferimento al reparto psichiatrico, tuttavia c' erano alcuni
psichiatri che la seguivano ugualmente per via dell' influenza delle
famiglia di Antares nonostante Talia continuasse a ripetere che la sua
amica non era impazzita.
Il saint aprì la bocca per parlare, lo fece lentamente
misurando
bene le parole e non sapendo in realtà cosa dire di
preciso:-
Sta...- si fermò mentre vedeva chiaramente Antares agitarsi
sul
letto, segno che probabilmente stava perdendo la pazienza- Vuoi che
stia bene?- chiese invece alla fine
-Ma che cazzo di domanda è? E' ovvio che voglio che mio
figlio, nostro figlio, stia bene!
-Allora sta bene.
Normalmente Antares avrebbe insistito per sapere il perchè
della
sua domanda, si sarebbe fatta mille paranoie e mille domande fino a
quando Saga avrebbe ammesso la verità, questa volta,
notò
il saint, si era improvvisamente quietata, aveva sentito ciò
che
voleva.
-Bene. Bene- ripetè afferrando nuovamente la mano del
ragazzo.
Poco dopo il saint andò ad avvisare i medici e la famiglia
che
Antares si era svegliata. Nel giro di pochi minuti la stanza si
riempì di camici bianchi mentre il cavaliere aspettava nella
sala d' attesa adiacente insieme alla famiglia e a quell' Alex. Si
alzò per andare ad avvertire Talia e gli altri cavalieri, in
quel momento con Febe, prima che il padre di Antares gli si avvicinasse
insieme ad Alex.
-Vorrei sapere da lei- iniziò lentamente il generale con
severità- vorrei sapere in che rapporti è con mia
figlia.
Non mi ha mai parlato di lei.
Saga rimase un momento interdetto, quel giorno gli stava capitando
piuttosto spesso e non gli piaceva per niente:- Sono semplicemente un
amico.
-Molto affezionato direi- disse Alex con una punta di fastidio
Saga si mise le mani nelle tasche e sorrise canzonatorio al ragazzino
che aveva davanti:- E tu chi diavolo saresti invece?
-Io sono il suo ragazzo
E a Saga quella semplice affermazione pareve un pugno nel petto, un
pugno che avrebbe volentieri ricambiato con un uno vero e decisamente
fisico su quella faccia da schiaffi.
-Signor... signor?- domandò nuovamente il generale
strappandolo ai suoi pensieri
-Avérof
-Bene, signor Avèrof, le sono infinitamente grato per tutto
ciò che ha fatto per la mia Ann. Probabilmente senza l'
intervento suo e dei suoi amici le nostre ragazze sarebbero state
spacciate, tuttavia le devo chiedere per cortesia di non interferire
nella vita di mia figlia. Vede, lei non mi piace. Trovo che sia un
elemento di disturbo, quello che si definisce un semplice amico -tra l'
altro Ann non ha molte amicizie- non le starebbe accanto con tanta
dedizione. Antares è fidanzata, lo ha sentito lei stesso e
con
un ragazzo della sua età.- Il generale calcò la
voce
sottolineando le ultime due parole, come se non bastasse si
congedò con un "addio", non certo con un semplice
arrivederci.
Era proprio un addio e Saga intuì che quello era il suo modo
gentile per dirgli che non lo voleva più tra i piedi.
Saga sbuffò, come se quel despota potesse impedirgli di
vederla,
non lo avrebbe permesso. Andò via tornando pochi minuti dopo
insieme agli altri cavalieri, mancava solo Milo. Aiolos lo
avvertì che era andato ad avvisare Camus.
-Signor Martakis, come sta Ann? Che hanno detto i medici?- si
informò Talia andando incontro all' uomo appena uscito dalla
stanza della figlia. Il generale invece la sorpassò
velocemente, livido
in viso, mentre sua moglie parlava animatamente con Alex
dicendogli di calmarsi e che avrebbero chiarito la questione.
-TU. Grandissimo bastardo!
Il saint di Gemini si accigliò nel vedersi puntare contro il
dito indice del generale e nel sentirsi dare del bastardo Si stava
decisamente esagerando. Aveva detto di non piacergli. Bene, concluse,
nemmeno lui gli piaceva. Per niente.
-Ora sta esagerando generale. Mi dica che vuole e facciamola finita.
-Hai anche questo coraggio? Non ti vergogni, eh? Quanti anni hai?
Bè, lo sai, Antares ne ha solo diciannove. Mi spieghi
perchè ha chiesto di suo marito? Che diavolo le hai fatto?
In quel preciso momento, mentre Saga cadeva dalle nuvole e si domandava
per l' ennesima volta
cosa stesse succedendo e come, in che universo e in che momento si
fosse sposato con Antares, Camus, seguito a ruota da Milo,
arrivò verso
di loro. Quando il generale Martakis lo vide, sbiancò. Sua
moglie si avvicinò a lui e al nuovo venuto con gli occhi
spalancati dalla sorpresa: -Tu, tu sei uguale a lei-
balbettò con ovvietà.
-E tu chi saresti?- chiese il generale.
Camus sollevò le sopracciglia, incrociando le braccia al
petto:-
Io sono il fratello di Antares- fu la limpida risposta, data per lo
più senza riflettere e per liquidare in fretta quei due
scocciatori- Voi sareste...?
-I suoi genitori. Antares non mi aveva detto di avere un fratello. Tu
non c' eri proprio quando l' abbiamo presa all' orfanotrofio- disse l'
uomo.
-Piacere allora. Se non c' ero probabilmente è
perchè ero
già stato portato via. Se volete facciamo un test del DNA,
non
mi interessa, ora se volete scusarmi vado da mia sorella.
-E' stato un po' brutale- fece notare Saga girandosi verso Milo
-Abbastanza brutale
Camus entrando nella stanza sospirò nel vedere la sorella
tutta
intera, la abbracciò forte sedendosi sul letto al suo
fianco:-
Quanto tempo...- sospirò sollevato.
-E' solo da ieri che non ci vediamo. O forse è dall' altro
ieri? Non me lo ricordo sai?
Camus la guardò confuso:- Ann, ma che stai dicendo? Noi non
ci vediamo da-
Una dottoressa alle sue spalle lo interruppe invitandolo gentilmente ad
uscire:- Vi vedrete dopo- aveva concluso sorridendo prima di dirigersi
insieme a lui verso il pingue gruppetto in sala d' attesa. Camus si
sentì piuttosto irritato. Non vedeva sua sorella da una vita
e ed era potuto restarle accanto appena qualche secondo,
sbuffò sonoramente, se non aveva fatto storie era solo
perchè evidentemente qualcosa non andava.
-Allora- iniziò la donna- io sono la dottoressa Cassandra
Skopas, sono la psichiatra responsabile di Antares.-guardò
una
cartella blu prima di continuare- Ho bisogno di parlare con la
famiglia, ovviamente anche con il signor Camus Grandier, poi con il
signor Avérof e per finire con la signorina Karamanlin.
Potete
seguirmi tutti insieme nel mio ufficio.
La psichiatra era una giovane donna bassina e dai capelli corti di uno
strano arancione tendente al rossiccio, aveva gli occhi azzurrissimi e
un grande sorriso. Sembrava quasi un folletto e nell' insieme era
piuttosto carina e di sicuro originale con quel suo abito giallo
canarino sotto il camice bianco. Fece accomodare i genitori di Antares
sulle due sedie di fronte a lei, Camus e Talia su un
divanetto
scuro mentre Saga al contrario preferì restare in piedi
contro la
parete.
-Lei è troppo teso signor Averof- rise- e lei, signor
Martakis è troppo agitato. Facciamo un bel respiro e
calmiamoci
tutti.
-Sarebbe agitata anche lei dottoressa se venisse a sapere che sua
figlia si è sposata con un tizio più vecchio di
lei. E
sconosciuto.
-Non saltiamo a conclusioni affrettate generale, non è da
lei.
Mi dicono che è sempre molto calmo.- la dottoressa
inforcò un paio di occhiali da vista con le aste colorate
dando
uno sguardo veloce alla cartella di Antares prima di stendersi contro
la poltrona- Allora, vi farò un veloce quadro della
situazione,
ho già parlato con la signorina Karamanlin.-
-Talia- la interruppe la ragazza- mi chiami Talia
La donna sorrise:- Bene, ho parlato a lungo con Talia che mi ha
spiegato come sono andate le cose, lo ha spiegato anche alla polizia a
dire il vero, ma comunque... Talia mi ha detto che erano tutte andate a
dormire, poi i due aggressori le hanno costrette ad alzarsi dai loro
letti portandole nel salotto all' ingresso, Andrea, l'' ex ragazzo di
Talia,
con il quale Antares si era già... uhm... scontrata in
passato,
ce l' aveva particolarmente con lei. Febe era stata chiusa in un
ripostiglio, Talia veniva portata via dall' altro aggressore, Antares
rimaneva sola nella stanza. A questo punto cosa succede? Lo chiedo a
lei signor Averof perchè Antares non se lo ricorda. Vi
prego di rispondere a tutte le domande che vi farò, per me
è essenziale riuscire a ricostruire i fatti in modo da poter
capire ciò che accade nella testa di Antares.
-Non saprei, quando siamo arrivati Antares era addosso ad Andrea, lo
colpiva ripetutamente con un fermacarte, non era in sè,
credo.
Sembrava completamente vuota. Abbiamo tirato Feebe fuori dal
ripostiglio, ho fatto allontanare lentamente e con calma Antares dal
ragazzo e siamo venuti qui.
-Quando ha iniziato a dire frasi senza senso?
Saga ci pensò un momento, in realtà da quello che
aveva
notato il problema erano loro, i cavalieri di Atena:- Si è
assicurata che Febe stesse bene, poi ci ha guardati attentamente,
è rimasta in silenzio prima di parlare... in modo strano.
-Cosa diceva?
-Quello che ha detto quando i dottori l' hanno vista per la prima volta.
La donna sorrise ancora:- Me lo deve dire lei, io non ero ancora
presente, mi dispiace.
Intervenne Talia:- Urlava, si metteva le mani tra i capelli, piangeva,
a volte gridava forte, a volte sussurrava: Sophia, Sophia è
morta diceva. Non ce la faccio più, sono stanca e poi Camus,
diceva che gli mancava, che aveva bisogno di lui, che Saga non la
voleva più vedere. Diceva però che non ce la
faceva
più soprattutto, che aveva paura ed era stanca,
stanchissima.
Poi si è come svuotata, nei suoi occhi non c' era
più
niente e non ha più parlato. I medici l' hanno operata e ora
lei
si sveglia e sembra tranquilla- Talia rise nervosamente.
-Non la voleva più vedere, eh?- fece il generale guardando
in tralince il saint di Gemini.
-Signor Averof, lei è sposato con Antares? Aspetta un figlio
da lei?
-No e no.
-Siete stati fidanzati?
Saga rimase in silenzio decidendo cosa rispondere. Non era semplice
visto che in effetti sì, erano stati insieme una volta. A
dirla
tutta una volta erano proprio stati sposati e aspettavano un bambino.
Ma era un' altra vita, troppo lontana per contare ancora qualcosa.
-Il rapporto tra Saga e mia sorella è stato sempre molto
altalenante- intervenne Camus al suo posto- è uno di quei
rapporti che è un poco un miscuglio di tutto, mai definito e
definibile in qualcosa, probabilmente ci sono troppe incomprensioni tra
loro per potere dare un nome a questo tipo di relazione.
-Capisco. Sophia, chi è?
-E' morta- fu la risposta laconica di Talia- qualche mese fa. Era la
nostra migliore amica, ne abbiamo tutte sofferto molto.
-Lei, Camus, è realmente il fratello di Antares.
-Sì
-Noi non lo sapevamo- disse Catherine Martakis
-Bene, allora è evidente che Antares abbia subito un forte
chock, ci sono state delle cose che le hanno causato una specie di
cortocircuito al cervello, troppi ricordi e troppi pensieri scomodi
tutti insieme. Poi il nulla, c' è stato una specie di
black-out
per cui vostra figlia ha eliminato tutto ciò che trovava
scomodo, spiacevole, doloroso creando una realtà tutta sua,
una
specie di mondo perfetto in cui rifugiarsi in cui sono presenti solo le
cose che le fanno comodo o che lei desidera.
Il generale fece una smorfia disgustata:- Mia figlia desidera sposarsi
con quell' uomo? E un figlio, sempre da lui?
-Ha sempre detto che di figli e matrimoni non ne voleva sapere niente,
che doveva laurearsi, che erano progetti lontani- disse la madre
costernata.
Quando uscirono fuori dalla stanza Camus si avvicinò a
Saga:-
Antares ricorda, solo che ricorda solo certe cose, non ha inventato
niente. Ricorda il suo matrimonio con te, il bambino e Sophia, ricorda
solo le cose positive e nella sua testa non fa distinzione tra i
ricordi accumulati nella varie vite, tra quelli presenti che
appartengono a lei e quelli che appartengono alla sè stessa
passata. Non è questione di desideri o di mondi immaginari.
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