Rating capitolo: Verde
Personaggi: Arthur
Kirkland (Inghilterra) – Hans (Danimarca)
Osservazioni personali:
Uhm, ok.
Piccola shot non facile da comprendere presumo (?) su Arthur e Hans
(cioè, sì,
gli ho dato solo il nome al povero Dan, niente cognome per lui
x° )Piccola
scenetta pseudonontanto danelaw, ecco. Spero vi piaccia :3 E
sì, i titoli non
sono proprio il mio forte, ma l’alternativa sarebbe stata
“sequela infinita di
filmini mentali di Arthur accompagnati da una delle innumerevoli prove
della
stupidità di Dan” BD No, davvero, ora la smetto
*muore*
Di birre, ricordi e
mal di testa male assortiti
Ancora ricordava il momento in cui
l’aveva visto la prima
volta.
D’altronde, come poteva
dimenticare la pioggia che gli
gelava le membra nonostante il pesante mantello? Come poteva
dimenticare il
cappuccio verde calato sugli occhi, a limitargli la vista sulla
spiaggia? Come
se questo fosse importante poi.
Piuttosto, come faceva a dimenticare
quelle enormi navi? Era
rimasto a bocca aperta per chissà quanto tempo
nell’osservarle, quasi fosse una
paralisi. Nell’osservare quegli immensi mostri di legno. E
poi tutti quegli
uomini che scendevano dal loro ventre! Uomini dai muscoli enormi, con
scudi ricavati
dalle querce più antiche e spade che, anche a quella
distanza lo sentiva,
portavano con loro l’odore del sangue.
E fra tutti quegli sconosciuti,
spaventosi guerrieri, il suo
sguardo era caduto proprio su di lui. E non perché fosse il
più spaventoso dei
guerrieri, o perché portasse la spada più grande,
no! Il contrario, semmai. Era
un bambino minuto quanto lui, con un elmo che gli scivolava sempre
oltre gli
occhi, ed un’ascia così enorme da sembrare
ridicola – lui stesso avrebbe potuto
giurare in seguito a qualsiasi fata che no, per molto tempo non era
riuscito a
sollevarla per più di qualche centimetro da terra.
Insomma, uno scricciolo in mezzo ad
una foresta di giganti.
Ecco sì, a quel tempo il
piccolo inglese vi avrebbe
sicuramente detto che l’unica cosa degna di attenzione nel
danese era la sua
ostentata goffaggine, eppure a distanza di secoli la sua risposta
è decisamente
cambiata.
Dopo un quarto boccale abbondante di
birra, o se vogliamo
proprio esagerare, un terzo giro di rhum, Arthur vi direbbe che
c’era
qualcos’altro che non gli dava pace, qualcosa che
all’epoca non riusciva a
capire ma che lo incuriosiva lo stesso. Quando quell’elmo
troppo grande per la
sua testa glielo permetteva, erano i suoi occhi che lo incatenavano,
degli
occhi da eroe in un marmocchio piccolo quanto lui. C’era un
mondo dentro quegli
occhi: c’era il coraggio di tutti quei suoi uomini e
c’era stipato lì tutto il
mondo che fino a quel momento gli era stato negato.
Come non poteva rimanerne
affascinato? Quegli occhi, seppur
idealizzati dalla sua mente di bambino, lo avevano guidato nei suoi
tempi d’oro
della pirateria ed oltre.
Come poteva semplicemente ignorarli,
o peggio, dimenticarli?
All’epoca era impossibile,
semplicemente. Fino a quella
sera, certo, un’unica, banalissima sera in cui secoli e
secoli di pura
ammirazione erano bellamente andati a farsi benedire. Che bellezza.
L’inglese
ingollò rumorosamente un sorso di birra, mentre
manteneva gli occhi incollati verso l’oceano. Era sempre una
bella vista,
malinconica ma bella, quella delle onde che si infrangevano contro gli
scogli.
Non importava se fosse una violenta tempesta o la più
placida delle notti, come
in quel momento: l’immagine del cielo nero e delle onde, con
il loro perenne
scroscio, lo rasserenava in qualche modo.
Poi quella sera sembrava
così diversa dal solito, sembrava
che qualcosa ti incantasse l’anima, come sull’orlo
di una dolce melodia.
Melodia che, ad esser sinceri, accompagnava davvero le onde quella
sera.
Peccato che per Arthur non fosse il più facile dei compiti
rimanerne incantato,
non con la cantilena ininterrotta del danese a due centimetri
dell’orecchio.
Arthur gli lanciò
un’occhiata in tralice, mentre lo
osservava agitare le braccia come un forsennato, facendo cadere tutta
la birra
dalla bottiglia di vetro, e malediva in tutti i modi possibili la sua
voce
troppo squillante che gli trapanava il cervello.
Ammettiamolo, se il corrucciato
inglese era arrivato alla
sua sola seconda bottiglia di birra, Hans era andato veramente oltre,
che fosse
ubriaco marcio quindi era un dato certo ormai. Ma allora
perché parlava senza
fermarsi mai? Non si faceva del male da solo? E invece continuava a
parlare di
chissà che cosa poi…
«Era un ometto piccolo
piccolo, sai? Eppure quella
teeeeesta! Era enorme, giuro! Non nel senso che era grandissima, ma che
là
dentro c’erano tante di quelle storie che non sapevi da dove
le tirasse fuori! »
E parlava e parlava, mentre
l’inglese gli prestava a
malapena ascolto.
«Un giorno mi disse che
l’avrei incontrata. Diceva che
sarebbe spuntata dalle onde come schiuma marina, e mi avrebbe sorriso.
»
Il tono si abbassò
leggermente, mentre Hans spostava la mano
destra sul muretto al quale le due nazioni erano poggiate, per
poggiarvi sopra il
mento.
«Sarebbe arrivata quando
sarei stato pronto, altrimenti
Andersen diceva che l’avrei soffocata con un solo abbraccio:
mi ripeteva sempre che ero
troppo sconsiderato. »
Rise per qualche istante, per poi
rimanere infine in
silenzio. Solo le onde si sentivano, le onde e quella dolce melodia. E
faceva
dondolare la bottiglia ormai vuotail danese, mentre teneva lo sguardo
fisso
verso
l’orizzonte, verso qualcosa di indefinito.
«Lo so che sono solo
storie. »
Ridacchiò, ma ad Arthur
sembrò comunque una risata amara.
«Non sono certo un pazzo,
ma mi sarebbe piaciuto vedere
almeno una volta quella piccola sirena. »
La frase finì gradualmente
in un sussurro, e se non fosse
stato per quegli occhi tristi socchiusi verso il nulla, Arthur avrebbe
creduto
che si fosse addormentato, cullato da quelle note quasi impercettibili.
«Come hai detto che
è questa sirena? »
Domandò seccato l'inglese
dopo qualche
minuto, con la voce roca per la birra
bevuta e il vento freddo a cui era esposto.
«È incantevole,
con lunghi capelli cremisi e la pelle
diafana. E la sua voce! È la cosa più
incantevole…no, è indescrivibile: pensa
che con una sola nota riuscirebbe ad incatenarti l’anima.
Credo che sia un po’
come questa…melodia. »
Un'altra pausa, in cui la nazione
rimase palesemente
interdetta.
«Perché me lo
chiedi, Arthur? »
Oh quanto avrebbe voluto dargli un
cazzotto in quel momento!
«Perché quella
tua sirena sta cantando da mezz’ora qua
sotto, idiot. »
Nonostante il suo tono burbero, Hans
rimase ancora una volta
interdetto mentre rielaborava il messaggio appena ricevuto.
Annuì soltanto, mentre
lasciava cadere la bottiglia di birra
senza accorgersene, e sul suo volto si dipingeva un enorme sorriso di
gioia.
Alla fine Arthur poté
finalmente bere la sua amata birra in
pace, lasciando quell’idiota danese ridere e correre come un
matto verso la sua
sorridente e fragile sirena.
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