Rette parallele

di Dante_Chan
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Era da un po’ di tempo che Deba rifletteva su se stessa. Nell’ultimo anno era cambiata molto ed era consapevole di ciò. Rileggendo le vecchie pagine del suo diario, che ormai contenevano quasi 3 anni di ricordi, si trovava spesso a sorridere per certe preoccupazioni che le sembravano stupide e superficiali, ma che all’epoca le erano sembrate importanti ed invalicabili; certe sue passioni, che l’avevano portata a riempire molti fogli del quaderno, ora non facevano più parte della sua vita, oppure avevano perso parte dell’attrattiva iniziale. Anche il suo carattere era cambiato: alcune delle reazioni e dei comportamenti descritti nel diario non riflettevano più la Deba che adesso sentiva di essere, una Deba più matura, meno timida e con un po’ più di fiducia in se stessa.
Stava sfogliando a caso leggendo frasi qua e là, quando si concentrò su una pagina dove, appena un anno e mezzo prima, aveva scritto, per l’ennesima volta, che i ragazzi non le importavano e che non riusciva a capire perché alle sue coetanee piacesse tanto l’idea di un bacio romantico mentre a lei scatenava “terribili brividi di disgusto”. Queste parole la fecero sorridere amaramente. Non era così. Non più, ormai. Erano lunghi mesi che aveva il desiderio di incontrare qualcuno di speciale, qualcuno con cui, ogni tanto, scambiarsi anche un bacio romantico. Inizialmente si era vergognata di questo desiderio, che percepiva come un’orribile debolezza, ma andando avanti aveva imparato ad accettare che fosse giunto anche per lei il tempo delle mele. In verità, il suo problema era un altro. Per quanti ragazzi ci fossero in giro, lei non trovava nessuno capace di “soddisfare le sue esigenze”, come aveva egoisticamente scritto sul diario tre settimane prima, in un momento di enorme sconforto. Fra i ragazzi che conosceva, c’era uno sterminio di “no”. Sembrava che nessuno potesse attirare il suo interesse. Tralasciando l’aspetto fisico che, per quanto importante, giocava una parte minore rispetto al resto, Deba aveva bisogno di una persona particolare, che riuscisse a capirla e a sopportarne i molti difetti, una persona avventurosa, piena di emozioni, sensibile ma allo stesso tempo forte, allegra ma allo stesso tempo matura.
Una sola persona era riuscita ad insinuarsi nei suoi pensieri più di una volta, nei momenti in cui la sua mente vagava in un mondo etereo fatto di sogni. Però, per quanto ci pensasse, doveva rassegnarsi: era tabù. Era il migliore amico di suo fratello, e lei non voleva avere nulla a che fare con qualcosa che facesse parte della vita di suo fratello. Innamorarsi del suo migliore amico sarebbe stato come aprire il proprio cuore anche a lui. William (così si chiamava il ragazzo) aveva la sua etichetta addosso, cosa che avrebbe reso qualsiasi rapporto oltre il “ciao” una violazione della privacy di Deba da parte del famigliare che tanto odiava. Sentiva questo blocco come un cuscinetto invisibile, che non permetteva loro di avvicinarsi troppo.
Ma la vergogna e la paura di innamorarsi della persona più sbagliata del mondo non potevano evitare di farle pensare a lui. Era una persona semplice, ingenua, spensierata, idealista; forse un po’ inaffidabile per quanto riguardava le cose pratiche, vista la sua testa perennemente tra le nuvole, ma Deba vedeva questo difetto con simpatia, dato che apparteneva anche a lei. Pensando a lui, ella lo associava sempre al cielo d’estate. In effetti, William era proprio così: irraggiungibile come l’azzurro, inafferrabile come l’aria, piacevole come un venticello tiepido e rassicurante come il sole che, nonostante tramonti inesorabilmente, con la stessa tenacia sorge la mattina dopo e non delude mai.
Improvvisamente, Deba cercò il primo foglio libero e prese la penna, iniziando a scrivere una nuova pagina del diario.
Lui e lei erano come due linee rette parallele, lo sentiva: erano molto simili, guardavano nella stessa direzione e andavano avanti insieme ma, per quanto avrebbero potuto star vicini, non si sarebbero mai potuti incontrare.




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