[[E siamo alla fine! Il fatto che abbia pubblicato tutti e sette i
capitoli in meno di un mese è senz'altro uno dei segni
dell'apocalisse imminente... non si ripeterà mai
più, mi sa.
Anche se per ora questa storia vi saluta qui, non escludo che ci si
riveda più avanti con gli stessi personaggi,
perché non mi dispiacerebbe scrivere un seguito,
tempo ed ispirazione permettendo - anche se per adesso ho altro da
pubblicare e da scrivere (*coff* la tesi *coff*)
Grazie per aver letto ed avermi seguita fin qui! :D
Myst~]]
Personaggi in questo
capitolo: Luise, Julchen, Feliciano, Francis, Antonio,
Lavinia, Matthew, Gary, Sophia, Feliks, Alice, Alfred, Toris
Beta: Yuki
Delleran la super-donna *_* <33333
Luise spese la mattina seguente a tentare di concentrarsi
disperatamente sul foglio del test che aveva davanti. Il fatto che
qualcuno, nella sua testa, avesse selezionato la scena del bacio tra
lei e Feliciano e l'avesse lasciata su “repeat”,
però, non la aiutava affatto.
Ogni tanto lanciava delle occhiate al ragazzo, per controllare che
stesse facendo attenzione al tema, ma era difficile capire che cosa gli
passasse per la testa: mordicchiava la penna, con la sua solita
espressione che, in un primo momento, Luise aveva interpretato come
ebete, ed adesso... beh, sì. Sembrava perso nei propri
pensieri.
Riportò la sua attenzione al foglio che la aspettava sul
banco, con un sospiro – ma stranamente, non era un sospiro
esasperato. O almeno, non solo.
Da un lato, avrebbe volentieri buttato all'aria il banco, afferrato
Feliciano per mano e sarebbe scappata di corsa in giardino, a godersi
assieme a lui la bellissima giornata di inizio estate... dall'altro
lato, provava l'intenso desiderio di sbattere la testa sul banco e
tornare alla realtà. Era nel bel mezzo di un esame! Non
poteva mettersi a fantasticare di... di certe cose come una
babbea qualsiasi!
Tornò a guardare Feliciano, ma la cosa non le fu d'aiuto,
perché anche il ragazzo la stava guardando. Quando vide
Luise voltarsi verso di lui, le rivolse il sorriso più dolce
del mondo, facendola arrossire fino alla punta dei capelli.
L'esame di quel giorno non andò come Luise aveva previsto,
ma, sempre contro ogni previsione, a lei non importò un
granché.
~*~
E poi, arrivò la festa di fine anno.
Luise fece il suo ingresso nella palestra – per l'occasione
travestita a gran sala da ballo – che era già
rossa fin sulla punta del naso. Accanto a lei, Feliciano camminava come
danzando in punta di piedi: era così contento che sembrava
più alto di almeno una decina di centimetri. Ogni tanto si
voltava verso Luise con un'espressione quasi incredula: davvero era
lì con lei, quella sera?
Nonostante la bionda si liberasse dalla sua presa tutte le volte che
lui tentava di tenerla per mano, il suo essere così
reticente non rovinava la felicità del suo ragazzo, che
continuava ad ammirare quella bellezza vestita di celeste che gli
camminava a fianco, anche se in maniera un po' rigida.
Luise non era a suo agio, in effetti. Un po' era colpa dell'ambiente:
feste e balli? Francis aveva ragione, su questo: erano tutto
fuorché il suo ambiente naturale.
Però Francis non solo ci aveva visto giusto nel giudicare il
rapporto tra la ragazza e la mondanità, ma era anche stato
chiamato a porvi rimedio: Julchen aveva decretato che non c'era persona
più adatta di lui a consigliare Luise al meglio su cosa
indossare per la sera.
Trascinare Luise fino al centro commerciale più vicino si
era rivelato un compito arduo, come previsto, ma la sorella sapeva
esattamente quale carta giocare.
“Dobbiamo andare a fare shopping, Luise.”
“Shopping? E con quali soldi?” le aveva risposto
lei, conscia che il contenuto del suo portafoglio non sarebbe mai
bastato all'acquisto di un abito da sera.
“Hai la carta di credito di Vati, lo
so.”
L'aveva Luise perché Vati
mai si sarebbe fidato a lasciarla alla sorella maggiore, naturalmente.
“Ja.
Serve per le emergenze, lo sai bene.”
“Lieschen.” Julchen le aveva regalato il
più perfido dei sorrisi, mentre apriva uno dei suoi
cassetti. “Ma il tuo guardaroba è
un'emergenza.” le aveva detto gentilmente. E l'altra non
aveva saputo cosa rispondere.
Alla fine, Luise si era trovata incastrata in un camerino con Julchen e
Francis che le passavano montagne di abiti e valanghe di accessori.
(Antonio non era della partita perché, naturalmente, se lui
lo fosse stato, avrebbe dovuto esserlo anche Lavinia, e gli scenari
apocalittici che una cosa del genere poteva comportare avrebbero fatto
inorridire chiunque.)
Prova dopo prova, era il biondo quello che sembrava prenderci
più gusto.
“Ehi” disse ad un certo punto, quando Luise era
appena scomparsa all'interno del camerino dopo essersi mostrata in un
abito rosso che aveva scollature in posti impensabili – che
però si notavano poco perché lei era diventata
dello stesso colore del vestito – dando di gomito a Julchen
“fammi sapere se per caso la sorellina cambia idea da qui a
domani a proposito del suo cavaliere per il ballo... sai, sarei lieto
di fare da rimpiazzo~”
“Francis, io ti conosco bene, e so che sei un bravo
ragazzo... ma so anche che non fai nulla per dimostrarlo. Quindi,
no.” fu la semplice risposta di lei, e Francis se era rimasto
zitto.
Luise aveva combattuto contro strascichi di paillettes e tacchi a
spillo vertiginosi, riuscendo infine a cavarsela con un abito azzurro
senza troppi fronzoli, accollato ma che lasciava generosamente scoperta
la schiena, e delle scarpe in tinta con un tacco minimo: non sembravano
trampoli, ma erano abbastanza per darle quel piccolo tocco di slancio
alle gambe così che Feliciano potesse passare tutta la sera
a sbirciarle con adorazione.
Erano anche abbastanza per farla muovere come un automa, con il timore
di mettere un piede in fallo ad ogni passo: così agghindata,
inciampare e cadere rovinosamente a terra non era esattamente nei suoi
piani.
Alla festa, invece, c'era qualcuno che avrebbe assai gradito vederla
scivolare – anzi, dall'intensità con cui la stava
fissando, si sarebbe detto che Lavinia fosse concentrata nello sforzo
di farle rompere un tacco con la sola forza del pensiero.
Fasciata in un abito color sabbia dal taglio diritto, la gonna che
arrivava poco sotto le ginocchia, si stava strattonando con aria
nervosa il piccolo rubino che portava al collo. Il suo piano era
miseramente fallito ed ora suo fratello si portava appresso
quell'albero di patate dall'accento teteshco.
...lo sapeva, lo sapeva che le patate non crescevano sugli alberi, ma
dannazione!, se fossero cresciute sugli alberi, quelle piante sarebbero
state tutte uguali a Luise, ne era certa.
“Il tuo fratellino sembra molto contento, Lavi!”
commentò Antonio, arrivando raggiante nel suo completo scuro
e portando in mano due cocktail analcolici.
“Come no!” ringhiò lei, strappandogli di
mano il bicchiere “Quell'idiota non capisce che
c'è un cuore perfido, dietro quella quarta di reggiseno. Lo
scoprirà, oh se lo scoprirà!” fece
mostrando i denti “E poi verrà a lamentarsi dalla
sottoscritta, come sempre. Ma io glielo avevo detto, e col cazzo che lo
consolerò, capito!?” sventolò un pugno
nella direzione della coppietta, con l'unico risultato di versarsi
qualche goccia di cocktail nella scollatura.
“Oh, sta' attenta a non sporcarti!”
esclamò Antonio mentre si affrettava a tirare fuori un
fazzoletto.
“Che cavolo credi di fare?! Giù le
mani!” abbaiò lei, strappandogli il fazzoletto
dalle mani con malagrazia e asciugandosi da sola.
Antonio la lasciò fare, limitandosi ad osservarla mentre
asciugava le gocce di liquido colorato.
“Sei così bella, stasera!” disse dopo
qualche istante, con un sorriso sincero e spensierato.
Lavinia sbuffò, incrociando le braccia sul petto.
“E' già la nona o la decima volta che me lo dici,
e la festa è appena iniziata! Vedi di cambiare solfa,
perché ne ho le palle piene.” avvertì,
girandosi per nascondere il rossore che le copriva le guance.
“Sempre magnificamente innamorata e dolce, ja?!”
cinguettò Julchen mentre faceva la sua magnifica apparizione
tra i due. Indossava un abito lungo color viola scuro, in forte
contrasto con la sua carnagione diafana, su cui risaltava appena la
collana di perle che le ornava il collo. Al contrario della sorella, si
muoveva perfettamente a suo agio con i tacchi e con le gonne, e per
dare dimostrazione della sua agilità si sedette con garbo
sul tavolo del rinfresco.
Lavinia le gettò uno sguardo di fuoco, mentre Antonio la
accoglieva con una risata leggera.
“Oh, Lavinia è solo un po' preoccupata per
Feliciano~ Eh, questi fratelli minori...” rise, sorseggiando
il suo cocktail.
Julchen esibì la sua candida dentatura in uno dei suoi
ghigni più smaglianti.
“Tutta questa acidità ti rende sempre meno
magnifica, tesoro. La vuoi una fetta di torta, per addolcirti un po'
quella tua boccaccia?” fece, piazzandole in mano il piatto di
dolce al cioccolato già mezzo mangiato.
Lavinia sbuffò e si allontanò a grandi passi per
cestinarlo.
Antonio assisté alla scena con un sorriso beato, abituato
agli scambi amorevoli tra le due ragazze. In realtà, nessuna
delle due voleva male all'altra, anzi; in un certo senso, si poteva
dire che fossero amiche. All'improvviso, però, si rese conto
che sprecare così una fetta di torta era davvero un peccato
troppo grande, e si affrettò a seguire Lavinia.
“Alors,
come va, mia cara?” Francis indossava una camicia dai colori
pastello, i suoi capelli biondi splendevano più che mai e,
forse, aveva esagerato un poco col profumo.
“Come va a te, Francis. Credevo ti fossi già
imboscato da qualche parte con la tua bella di stasera. Che ci fai da
solo?” rispose Julchen addentando uno stuzzicadenti su cui
erano infilzate delle olive.
“Mh, è andata a incipriarsi il naso.”
rispose lui facendole l'occhiolino.
“Non è abbastanza magnifica da essere degna della
tua compagnia se non si rifà il trucco ogni mezz'ora, eh?
Kesesesese, non troverai mai quella giusta, Francis.”
commentò l'amica, lanciando a casaccio lo stuzzicadenti
dietro di lei.
Francis si limitò a sorridere, portando l'attenzione sulla
folla che gremiva il resto della sala. I suoi occhi celesti finirono
inevitabilmente per cadere su una coppia bionda in un angolo. Lei era
la ragazza che Luise aveva quasi fatto ustionare con il tè
urtandola il primo giorno di scuola, i capelli sempre acconciati in due
lunghe code, lui era ragazzo alto, occhiali, ciuffo leggermente fuori
posto – quel disordine appena accennato che, tutto sommato,
faceva figo. Lei sembrava infastidita per qualcosa, e lui sembrava
trovarlo divertente.
“Non credo che guardarli serva a molto, sai?” fece
notare Antonio, ricomparendo accanto a loro con quel che rimaneva della
torta.
Francis sospirò, sempre sorridendo.
Lui, il ragazzo la cui lista di conquiste femminili (e non solo)
corrispondeva praticamente all'elenco degli studenti iscritti
all'accademia, si era sempre visto respingere dalla biondina di origini
britanniche, che sembrava invece preferire lo statunitense doc con cui
si trovava al ballo quella sera.
“...ha indossato delle scarpe da ginnastica con il completo.
Che mancanza di stile.” fece Francis con un certo disgusto,
incontrando l'assenso dei due amici.
In effetti, quelle scarpe dai colori stile insegna al neon erano facili
da notare.
Certo, non altrettanto facili quanto il vestito di Feliks, quello no.
Poco distante dalla coppia che Francis stava osservando, infatti, si
muoveva una chiazza di colore rosa shocking a forma di vestito con
tanto di orli di pizzo e maniche a sbuffo. Dalla stoffa uscivano gambe
e braccia umane, e su tutto torreggiava una testa biondissima ed
accuratamente truccata. Per contrastare con tanto sfarzo, il suo
accompagnatore era vestito interamente di nero e portava i capelli
castani legati in un codino basso sulla nuca: Toris aveva la
reputazione di essere un sant'uomo.
Inutile dire che le scarpe da ginnastica arancioni e viola
dell'americano passavano decisamente in secondo piano, accanto a
Feliks.
“Ma Matthieu non è così sciatto,
vero?” fece Francis, spostando la sua attenzione su Julchen,
abbagliato dal troppo rosa.
La ragazza sbatté le palpebre. “Chi?”
“Matthieu! Mon
Dieu, non dirmi che gli hai tirato buca!”
“Ah, Matthew. Uh. No. E' qui, da qualche parte,
credo.”
Julchen si guardò intorno, come aspettandosi di trovarlo
dietro di lei. Perché era
stato dietro di lei, fino ad un certo punto, almeno.
Invece di Matthew, però, Julchen trovò qualcun
altro.
“Uh-oh” fece Antonio.
“Coppia sgradita numero due in avvicinamento ore
tre.” gli fece eco Francis.
Sophia avanzava nella sala indossando un abito lungo bianco e lilla, un
trucco essenziale – per l'occasione, non indossava gli
occhiali - ed il suo solito contegno dignitoso. Agli occhi ridotti a
due fessure di Julchen, ogni suo passo parlava agli astanti di quale
onore fosse dato ai comuni mortali lì presenti, visto che
sua altezza reale si era degnata di fare la sua comparsa alla festa.
Accanto a lei procedeva Gary, impeccabile nel completo scuro - che,
senza dubbio, era stato scelto da lei - tutto compreso nel suo compito
di bastone per i non vedenti. Improvvisamente, Julchen si
ritrovò a sperare di possedere poteri psichici, cercando di
far inciampare la nobildonna con il solo potere dello sguardo. Come era
stato per Lavinia, però, il trucco sembrava non funzionare.
“Che tanfo, tutt'ad un tratto, eh?”
commentò asciutta.
“Oh, davvero? Cavolo... è che non sono arrivato a
fermare Lavinia prima che la buttasse nel cestino e... por favor, non
guardatemi così, stavo scherzando!”
assicurò Antonio.
“Preferirei di gran lunga frugare assieme a te nella
spazzatura, piuttosto che dovermi sorbire quei due.”
sibilò Julchen.
Stavano ballando, ora. Ballando.
Sophia era praticamente cieca, senza quei fondi di bottiglia che si
teneva incollati sul naso, perché non poteva semplicemente
cadere? Possibilmente su un tavolo, ecco, dritta in una di quelle belle
torte alla panna. Si sarebbe intonata tanto bene, a quel suo vestitino
da mille e una notte.
“Va bene, sentite, io giro al largo per un po'. La musica
è una noia e le tartine fanno schifo. Bis bald.”
Senza una parola di più, Julchen prese e se ne
andò.
“Potresti andare a parlarle.”
Contrariamente a quanto pensava Julchen, Sophia non era poi
così cieca: aveva indossato delle lenti a contatto, e queste
supplivano alla mancanza degli occhiali; non le era stato difficile,
quindi, notare la ritirata dell'altra ragazza.
“Parlarle?” Gary fece un'espressione stupita.
“E che cosa dovrei dirle?”
Sophia distolse lo sguardo, attenta a guardare dove metteva i piedi
mentre ballavano.
“Non lo so, sei tu ad aver avuto un rapporto umano con lei,
una volta. Io sicuramente non posso esserti d'aiuto.”
Gary si fermò, dubbioso. “Ma io...
veramente...”
L'altra lo guardò con un inaspettato sguardo di rimprovero
negli occhi. “Non vorresti nemmeno salutarla civilmente,
adesso che finisce la scuola? Va'. Io devo sedermi un po', in ogni
caso, queste scarpe mi stanno torturando.”
Il ragazzo la osservò mentre andava a sedersi, ostentando
un'andatura claudicante. Era la prima volta che Sophia si lamentava
apertamente di quanto fosse scomodo qualcosa da lei indossato
– e sinceramente, Gary si chiedeva spesso come facesse a
sopportare certi dei suoi capi di vestiario senza darlo a vedere,
davvero. Sospirò, lasciandosi sfuggire un sorriso, e si
affrettò verso l'uscita della palestra.
Anche se era stata Sophia ad incoraggiarlo, sospettava di non aver a
disposizione molto tempo prima che lei si pentisse del suo atto di buon
cuore nei confronti della rivale.
Non sapeva dove si fosse cacciata Julchen, ma, ricordandosi di dove era
avvenuto il loro ultimo incontro/scontro, sapeva almeno da dove avrebbe
iniziato a cercarla.
Nella sala, vicino a una delle pareti, si erano rifugiati Feliciano e
Luise. Lei sembrava un animale in trappola: spalle al muro, osservava
la maggior parte degli studenti che ormai si stava scatenando
sull'improvvisata pista da ballo. Con orrore anche maggiore, teneva
d'occhio Feliciano che batteva un piede a terra a tempo di musica.
Stava per chiederglielo, lo sapeva, stava per chiederglielo, lo sapeva,
stava per...
“Luise, balliamo?”
Lei gli rivolse un'occhiata offesa.
“Ma come ti viene in mente?!”
“Beh... siamo ad una festa, ve! E' quello... che si fa di
solito!”
“Io... io non...”
Sorridendo, Feliciano la prese per le mani e se la tirò
appresso.
Effettivamente, non brillavano per scioltezza e stile. Luise era
semplicemente troppo imbarazzata e preoccupata di non cadere dai tacchi
per riuscire a muoversi a ritmo, e Feliciano, per quanto tentasse di
farla sentire a suo agio, finiva col renderla solo più
nervosa. Prima che si decidessero a tornare a bordo pista, Luise aveva
lasciato il segno pestando un paio di piedi ed urtando altrettante
ragazze. Tornò ad appoggiarsi alla parete, scura in volto,
con Feliciano che la osservava nel panico, sospettando che fosse tutta
colpa sua.
“M-mi dispiace, Luise, ve... non avrei dovuto costringerti
a...”
Lei lo azzittì con uno sguardo gelido, ma durò
solo qualche istante. In effetti, non era colpa sua: tutti,
lì dentro, erano in grado di sculettare e muoversi a tempo
di musica senza grandi drammi. Era lei a stonare in quel contesto.
“Vuoi che... che ritentiamo?” chiese, un po'
timorosa.
“Oh, no! No no no! Va bene lo stesso!” le
assicurò lui, confortato.
Mentre lei annuiva, le guance arrossate, Feliciano le rivolse uno
sguardo innamorato.
“Non mi importa granché della festa, in
realtà.” disse semplicemente.
Luise distolse lo sguardo, rossa fino alle dita dei piedi, e lui
approfittò del breve momento in cui aveva abbassato la
guardia per circondarle la vita con un braccio.
“Ma che fai?!” protestò lei, tentando di
liberarsi. Erano in mezzo al resto della scuola, non le sembrava
proprio il momento di darsi a quel tipo di effusioni! Questa volta,
però, Feliciano non la lasciò andare, ed anzi le
passò intorno alla vita anche l'altro braccio, stringendola
a sé. Con i tacchi, Luise era leggermente più
alta di lui, ed il ragazzo poteva comodamente poggiare la fronte
nell'incavo del suo collo.
Luise si irrigidì tutta, nemmeno fosse spaventata che
potesse accadere qualcosa di spiacevole, ma, man mano che i secondi
passavano e Feliciano non si muoveva, cominciò a rilassarsi.
Intorno, sembrava essere pieno di altre coppiette in atteggiamenti
più o meno intimi e, comunque, nessuno faceva caso a loro.
Qualche momento dopo, gli posò con qualche esitazione le
mani sulla schiena, ricambiando l'abbraccio in maniera impacciata.
Feliciano, tuttavia, sembrò gradire il gesto e glielo
dimostrò sfregando il naso contro la sua spalla.
Luise si lasciò sfuggire una breve risata nervosa, ma non le
ci volle molto per sentirsi perfettamente a suo agio in
quell'abbraccio. Voltò la testa per affondare il viso nei
capelli di lui; profumava di una colonia da uomo, speziata e
fragrante.
Rimasero così, in silenzio, per un tempo indefinito.
“La prossima settimana inizieranno le vacanze.”
disse lui ad un tratto, la fronte sempre abbandonata sul suo collo.
“Non potremo più vederci tutti i giorni.”
Luise aprì gli occhi, un po' sorpresa, ma lui non la stava
guardando.
“Esistono i telefoni e le email, Feliciano...”
“Sì, ma non è la stessa cosa! Verrai a
trovarmi?” Si staccò da lei per guardarla negli
occhi, un po' accigliato. “O verrò io, se mi
inviterai.”
Luise sorrise, accarezzandogli timidamente i capelli.
“Ma certo. Dovremo... fare i compiti insieme, no?”
suggerì, imbarazzata.
Feliciano sfoderò un sorriso malizioso. “Io non
pensavo ai compiti, in realtà...”
“F-Feliciano...!”
Dal collo di Luise alla sua bocca, il tragitto per le labbra del
ragazzo fu breve.
Compiti... sì, forse si sarebbe trovato il tempo anche per
quelli. Ma erano davvero l'ultimo dei loro pensieri.
~*~
Julchen era dove Gary se l'aspettava, seduta sulla sua altalena, e
giocherellava con le lunghe ciocche di capelli chiari, il vestito scuro
che scintillava appena alla luce del lampione lì vicino. Si
era disfatta la bella acconciatura che le aveva richiesto gran parte
del pomeriggio ed aveva lasciato cadere a terra le forcine.
Ripensava alla magnificenza dell'ultimo anno di scuola.
Beh, Antonio era sempre insieme a Lavinia e Francis non era riuscito a
farsi Alice. Per come la vedeva lei, la prima cosa non era
necessariamente positiva e la seconda non era necessariamente negativa.
Ma Lieschen si era trovata il ragazzo, e questo la rendeva una sorella
maggiore orgogliosa e felice.
E poi, che altro. Ah, già. Il guinzaglio tra cagnolino e
padrona era diventato sempre più corto, quest'anno. Che
nausea...
All'improvviso, sentì un rumore di passi alle sue spalle.
Passi cauti, come di chi volesse prenderla di sorpresa. Ricordandosi
l'episodio dell'inverno prima, si voltò inviperita, pronta
ad affrontare il nemico.
“Maledetto bastardo! Se pianifichi di tirarmi in testa
qualche tartina questa volta io...!”
Si fermò quando si rese conto che i due occhi che la
guardavano stralunati non appartenevano a Gary.
“...oh.” disse semplicemente.
Matthew spostò nervosamente il peso da un piede all'altro.
In mano teneva un piccolo vassoio di tartine.
“...ah, ehm, mi... mi dispiace... non volevo spaventarti...
ma... ti stavo cercando.... non per tirarti queste,
cioè.”
Lo sguardo di Julchen si raddolcì. “Ovviamente
no.”
Nonostante avesse voluto dirlo in maniera gentile, il suo tono sembrava
sottintendere un 'perché sapevi che altrimenti te ne saresti
pentito amaramente'.
“Siediti.” lo invitò lei con un cenno
del capo, e, dopo qualche istante di esitazione, il biondo prese posto
sull'altalena accanto a quella dov'era seduta la ragazza.
Lei lo guardò e ridacchiò: Francis aveva ragione,
niente scarpe da ginnastica.
“Mi dispiace di averti aggredito così,
kesesesesese, ma credevo fossi qualcun altro... una persona che non si
meritava un saluto più civile da parte della magnifica
me.” disse lei con un sospiro di sufficienza.
Matthew arrossì, abbassando lo sguardo.
“Non preoccuparti... mi capita spesso di essere confuso con
qualcun altro...”
Julchen lo guardò, il capo chinato da un lato con
un'espressione curiosa. Non disse nulla, perché lei stessa
si rese conto che lo stava vedendo in quel momento per la prima volta.
“V-voglio dire...” andò avanti lui,
incerto, prendendo il silenzio dell'altra come una richiesta di
spiegazioni “N-non sono, uhm, magnifico... come
te, ecco.” la guardò timidamente da sotto gli
occhiali, quasi fosse timoroso delle sue reazioni.
Lei sbatté le palpebre un paio di volte e poi
scoppiò in una risata sguaiata.
“Ma certo! Nessuno è magnifico come me, che
discorsi!” commentò con un sorriso ambiguo.
Notando lo sguardo mortificato di Matthew, tuttavia, si
raddolcì. “Nascere magnifici è un dono
raro, ma si può imparare, kesesesesese! Soprattutto se hai
un'insegnante di una tale magnificenza come la sottoscritta!”
affermò, indicandosi.
Matthew ridacchiò. “Ci
proverò.”
“Oh, no.” replicò lei, con un sorriso
sornione “Ci riuscirai.”
Sempre sorridendo, si allungò a prendere una delle tartine;
in fondo non erano così cattive.
Diversi metri dietro di loro, seminascosto dalle ombre, stava Gary,
anche lui con in mano un piatto di stuzzichini. Osservò
l'altro ragazzo sedersi accanto a Julchen, e decise di essere arrivato
troppo tardi per qualsiasi cosa avesse intenzione di dire o fare.
Sorrise tra sé e sé, voltandosi per tornare alla
festa. Sperava che Sophia fosse affamata.
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Bis bald: a
presto.
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