Passò parecchio tempo, ma non
servì a lenire il dolore nell’anima di Inuyasha. Miroku in tutti i modi cercò di risollevargli il morale,
portandolo a feste di addio al celibato, locali di lapdance,
anteprime di film hard, ma l’unico risultato che ottenne fu di farsi lasciare
di nuovo da Sango.
Nulla pareva avere più attrattive
per Inuyasha. Anche il desiderio di aprire un negozio
proprio per sottrarsi al controllo di Sesshomaru era
ormai privo di importanza. Del resto, il lavoro in boutique era diventato molto
meno faticoso: anche dopo la scomparsa di Kikyo Inuyasha aveva mantenuto il nuovo comportamento compito, e
il fratello aveva deciso di dargli un ruolo maggiore nella gestione degli
affari. Ma questo riconoscimento non servì a rallegrare il mezzodemone,
che ricordava bene come il suo mutato atteggiamento era stato dovuto proprio a Kikyo, e quindi quegli apprezzamenti al suo lavoro non
facevano altro che rendere ancor più vivido il ricordo, ed il dolore.
Una sera, poco prima della
chiusura, Inuyasha stava mettendo in ordine il
registro contabile del negozio. Sesshomaru era già
andato via con Kagura, Jaken
aveva chiuso il magazzino, lui era rimasto solo. Mentre richiudeva i quaderni,
sentì una voce femminile:
“Buonasera...”
Alzò gli occhi per vedere chi
fosse, a quell’ora, e restò sconcertato: possibile? Era lei?
“Kikyo?”
La nuova arrivata lo guardò,
senza capire. Allora Inuyasha si rese conto che,
sebbene in volto fosse veramente identica a Kikyo, la
ragazza aveva di sicuro qualche anno di meno, e indossava una divisa da
studentessa che difficilmente la miko avrebbe mai
potuto avere.
“Mi scusi, l’avevo confusa per
una mia amica.”
“Ah... non importa, figurati!
Scusa se vengo così in ritardo, solo che voglio fare un regalo a mia madre,
domani è il suo compleanno, e volevo comprarle un cappello, in vetrina ne ho
visti di così carini!”
“Va bene. Se mi dice l’età di sua
madre, le porto alcuni dei modelli migliori così può scegliere.”
Mentre la ragazza osservava i
cappelli, Inuyasha osservava la ragazza.
Quest’ultima, a lungo andare, se ne rese conto, e lanciò un’occhiata infastidita
al mezzodemone.
“Hai ancora molto da guardare?”
“Prego?”
“È tutto il tempo che mi fissi,
nemmeno fossi un’opera d’arte!”
“Mi scusi, allora. Ero solo
stupito dalla somiglianza di cui le dicevo.”
La studentessa, che evidentemente
doveva aver avuto brutte esperienze di maniaci, lo guardò sospettosa. Ma nel
farlo vide i suoi occhi, e ne restò colpita: in quello sguardo c’era tanta
malinconia, e nostalgia, che davvero non si poteva credere che avesse cattive
intenzioni.
“Ma no...” disse allora lei “scusami
tu, anzi, se sono stata troppo brusca!”
“Non si preoccupi.”
“Ma dai, è vero che questo è un
negozio di classe, ma tu non sei poi molto più vecchio di me, dammi del tu.”
“Be’, l’etichetta del negozio lo
vieterebbe.”
“D’accordo, ma chi vuoi che ti
senta? Ci siamo solo io e te a quest’ora.”
“In effetti... d’accordo, come
vuoi. Ti posso chiedere come ti chiami?”
“Kagome,
molto piacere.”
“Inuyasha.”
La scelta impegnò altri venti
minuti, ma alla fine Kagome trovò ciò che le piaceva.
Inuyasha fece un pacco dono di gusto squisito e,
poiché ormai l’orario di chiusura era stato abbondantemente superato, spense
tutte le luci e accompagnò lui stesso la ragazza all’uscita.
“Beh, è stato un piacere, spero
che tornerai al negozio.”
“Certo, ci sono vestiti
bellissimi... anche se con questi prezzi mi sa che posso solo guardare e
sognare!”
Risero entrambi. Certo la
somiglianza fisica era il tratto più impressionante, ma ad Inuyasha
sembrava che, nonostante fosse molto più allegra ed estroversa, anche nel
carattere Kagome avesse qualcosa in comune con Kikyo.
“Ora devo proprio andare, o
perderò anche l’ultimo treno per tornare a casa” disse Kagome.
“Sì, certo. Però ti volevo
chiedere... se dovessi tornare al negozio, ti andrebbe di organizzare per una
sera una cena insieme?”
Kagome
lo guardò stupita, ma anche divertita.
“Un po’ improvvisa come proposta,
non credi?”
“Sì, lo so... ma non farti strane
idee, te lo chiedo solo perché mi sembri simpatica, mi piacerebbe conoscerti
meglio.”
“Beh... perché no, allora?”
rispose la ragazza.
Si guardarono, e sorrisero.
FINE
Grazie a chi ha seguito questa storia.