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1
TRAILER
2
I
WILL ALWAYS CHOOSE
YOU
6
DOUBTS.
Damon,
lambito a metà torace dall'acqua placida del lago, le
lanciò uno
sguardo malizioso, che vibrò sulla sua pelle in un brivido
insopibile.
Che
non voleva essere sopito, forse.
Il
suo sguardo cadde involontariamente - o volontariamente ? - sul suo
petto, percorrendo i pettorali e le linee definite e seguendone il
percorso.
Un
imponente ondata di caldo la pervase da capo a piedi, facendole quasi
credere di essere immersa in acqua bollente e non in un fresco lago
di montagna.
Solo
dopo un attimo realizzò, però, che quel calore
proveniva da dentro
di lei, focalizzato soprattutto languidamente nel basso ventre in una
morsa desiderosa e sciolta.
Erano
stati i suoi occhi a scaldarla, arrossì.
Elena
si ritrovò ad annaspare in cerca di ossigeno l'attimo dopo,
il
respiro bloccato violentemente in gola da quello sguardo bruciante
che la stava facendo fremere e da quella constatazione.
Lo
vide, poi, avvicinarsi inesorabilmente sempre di più a lei,
bracciata dopo bracciata con un sorriso quasi predatorio sulle labbra
che la fece sentire in trappola.
Anzi,
praticamente lo era visto le rocce nude e scoscese che le premevano
contro le spalle.
Voleva
andarsene, ma non ci riusciva.
Una
forza nuova, sconosciuta, la teneva ancorata nel punto in cui era.
Perché
il suo corpo non rispondeva a quello che gli stava ordinando? Si
chiese allarmata e confusa, non capendone affatto il motivo.
Sembrava
divisa a metà: corpo e mente agivano diversamente. Una
diceva una
cosa e l'altra faceva l'opposto.
Volevano
soddisfare bisogni diversi che non potevano essere conciliati,
però.
E
quella strana, fremente sensazione non ne voleva sapere di smettere
di pulsare in lei.
Ansimò
sempre più agitata e incerta, mentre quel caldo continuava
ad
aumentare man in mano che la distanza fra di loro diminuiva.
Doveva
andare via di lì subito, si impose. Ma, ancora una volta, il
suo
corpo non rispose, facendo di testa sua.
Lui
diede un'altra poderosa bracciata, mettendo in mostra i muscoli
tonici delle spalle e il suo basso ventre si contrasse di nuovo,
facendole desiderare di poterli toccare.
Quel
desiderio si fece sempre più pressante, vorticoso,
offuscandole
quasi la vista, ma al col tempo la sua mente le diceva che non era
giusto.
Le
forme intorno a lei si fecero all'improvviso sfocate, sciogliendosi
in disegni astratti e colori informi fino a scomparire del tutto. Il
suo sguardo si sciolse nell'azzurro dell'acqua, confondendosi con
esso fino a diventare una fitta nebbia.
Come
risucchiata da un vortice abbandonò quel luogo, assorbita
dal buio e
da null'altro.
Aprì
di scatto gli occhi, ritrovandosi spaesata a fissare con il respiro
un po' irregolare e ansante il soffitto in travi di legno e non il
lago in cui era fino a un secondo prima.
Le
emozioni provate fino ad allora scemarono lentamente, scivolando via
nella confusione del dormiveglia.
Li
richiuse un attimo dopo con un sospiro fra il sollevato e frustrato,
realizzando finalmente che era stato un sogno. Un semplice sogno.
O
meglio un incubo visto il soggetto .
Ancora
frastornata dal brusco risveglio affondò il volto nel
cuscino
emettendo un respiro profondo nel tentativo di regolarizzare il
battito disorientato del suo cuore.
L'attimo
dopo soffocò uno sbadiglio ma, purtroppo, non i pensieri,
che le
affollavano la mente.
Come
se già non bastasse il fatto che le riflessioni - i dubbi -
la
tormentavano quando era cosciente ora lo facevano anche
nell'incoscienza del sonno, riproponendole a ripetizione ciò
che era
accaduto il giorno prima in quel maledetto lago.
Erano
una persecuzione, sbuffò.
Se
fino al giorno precedente era stato uno dei suoi posti preferiti ,
decisamente ora non lo era più.
Non
dopo quello che era successo, che le era sembrato di percepire.
Sospirò
pesantemente, percependo quelle riflessioni, instabili e fuori luogo,
tornare ad affliggerla con la loro fastidiosamente irritante
presenza.
Proprio
come lui,
ringhiò un epiteto
poco fine e gentile contro il cuscino.
Strinse
poi le labbra in una smorfia infastidita al ricordo
dell’espressione
soddisfatta e il ghigno compiaciuto che si era stampato in faccia
quando l'aveva vista uscire dall'acqua, le guance rosse e l'imbarazzo
chiaramente leggibile nello sguardo.
Si
rigirò irrequieta nel letto, sbuffando nuovamente e cercando
una
posizione più comoda che non trovò.
Si
sentiva irrequieta.
Perennemente
irrigidita da un pensiero che non ci sarebbe dovuto essere e che la
portava sempre a essere in allerta in sua presenza.
Quel
groviglio di sensazioni al basso ventre, languide e indecifrabili,
non si erano fortunatamente più presentate, ma lei aveva
sempre i
nervi tesi per paura che riaccadesse.
E
la riempiva anche di domande, che avrebbe voluto non avere ma che non
poteva fare a meno di porsi e che, come se non bastasse, non potevano
neanche essere esternate.
Il
fatto che poi avesse dormito poco e male quella notte non
l’aiutava
a essere molto lucida, a darsi una spiegazione logica, e la sua mente
continuava a riportarla al giorno precedente, come a sottolineare
infelicemente quella situazione.
Cosa
alquanto irritante e che andava a sommarsi al comportamento
contraddittorio che il suo corpo sembrava non smettere di avere.
Era
una cosa strana. Si sentiva strana.
Fattore
che peggiorava drasticamente in quelle poche occasioni in cui si era
ritrovata nella stessa stanza con Damon.
La
sera precedente, a cena, aveva mangiato poco e niente ed era stata
così in tensione da sobbalzare quasi ogni volta che per
sbaglio i
loro occhi si incontrava.
Si
sentiva bloccata dalla sua presenza, imbarazzata. Al col tempo,
però,
bastava un no nulla a farla scattare, facendole dimenticare
l'imbarazzo e scatenando in lei reazioni ed emozioni tumultuose,
implacabili.
Era
come una molla che scattava.
Si
spostò con un sonoro sbuffo un'arruffata ciocca di capelli,
che non
ne voleva sapere di restare dietro l'orecchio continuando a
solleticarle la guancia.
Ma
non era quello il reale problema. Oh si, perchè si trattava
di
problemi e il più grande di tutti era una parola che
iniziava con la
“a”.
Era
quella parola sinuosa, un po' voluttuosa, che continuava a
sconvolgerla e a renderla irrequieta dal momento esatto in cui era
uscita dall'acqua di quel maledetto lago : attratta.
Era
stata questa la spiegazione naturale, che irrazionalmente si era data
fin da subito.
Solo
dopo, riflettendoci razionalmente a mente più o meno fredda,
aveva
compreso davvero la portata di quello che aveva pensato.
In
quella frazione millesimale di secondo le era sembrato di sentirsene
attratta ma era una cosa decisamente irreale e improbabile.
Era
sicura di non esserlo.
Ne
era certa. Era come un dato evidente, innegabile: lei non era
attratta da Damon Salvatore.
E
poi come si poteva esserlo di una persona infantile, arrogante e una
sequela lunghissima di altre cose, ma che, soprattutto, non sopportava?
Era una cosa impossibile ed era sicura che se avesse
smesso di pensarci avrebbe perso di importanza ciò che era
accaduto.
Ecco,
un altro problema, forse il più grosso, era proprio questo:
non
riusciva a smettere di pensare a quel momento.
Era
più forte di lei, la sua mente la riportava sempre
lì.
A
quel lago...a quello sguardo...quelle parole...quelle sensazioni...
Sbuffò,
iniziando a ripetersi mentalmente e con sicurezza che non era nulla
di importante, in una cantilena consumata ormai.
Nulla
a cui dare importanza, chiuse gli occhi lasciandosi
andare ad
un sospiro profondo che sperava scacciasse quelle riflessioni.
Per
qualche secondo funzionò e le sue meningi, spremute dal
troppo
pensare, si quietarono per un breve attimo.
Quello
dopo, però, i pensieri ripresero a perseguitarla quasi
ossessivamente.
-
Dannazione- soffiò l'aria dalle labbra in un sibilo
stizzito,
scalciando via innervosita le lenzuola leggere e inveendo contro i
suoi stessi pensieri, contro di lui e contro quel lago maledetto.
Si
portò le mani alle tempie, massaggiandole circolarmente con
le dita
e concentrandosi.
Non
era nulla di importante, si ripeté per la milionesima volta.
Probabilmente allo sguardo di un estraneo doveva sembrare pazza. O
forse lo era già.
Eppure
quel microscopico, impalpabile dubbio continuava a perforarla,
lavorando subdolamente come un tarlo nella sua mente e sibilando
quella parola, soluzione di tutto.
Non
era nulla, continuava a ripetersi in una cantilena di
auto-convincimento ma...
Deglutì,
riaprendo di scatto gli occhi e rendendosi conto di non sapere
assolutamente come continuare la frase.
Ma…
cosa? Si chiese e aveva quasi paura di quale poteva essere una
risposta plausibile.
Aveva
il terribile sentore che sarebbe stata quella dannata parolina che
iniziava con la “a” e che continuava a vorticarle
in testa.
Solo...
avrebbe voluto qualcuno con cui parlare - sfogarsi
-, ecco.
Annuì
sicura di quella riflessione, sentendosi impercettibilmente
alleggerita da quella convinzione che si era imposta.
Si,
era così.
Era
semplicemente quella la causa di tutti i suoi pensieri: il fatto di
non poterne parlare.
Si
sa, quando i dubbi vengono esternati ad alta voce perdono di
significato rivelandosi banali suggestioni.
Solo
che non le andava di affliggere Caroline con i suoi non-problemi da
“il mio corpo non risponde a quello che gli dico e sembro
impazzita” proprio ora.
Le
sue considerazioni senza senso sarebbero state ancora lì,
purtroppo,
al loro ritorno a Mystic Falls, anche se lei sperava vivamente che
scomparissero magicamente da un momento all'altro.
Era
dannatamente vero però, aveva un bisogno assoluto di parlare.
Nonostante
si fosse data una spiegazione, infatti, necessitava di rassicurazioni
sul fatto che fosse proprio così.
Doveva
esserlo e doveva sentirselo dire.
L'unica
persona disponibile in casa era Stefan, ma decisamente non era quella
adatta con cui parlarne.
Non
osava neanche immaginare come avrebbe reagito se fosse venuto a
conoscenza di cosa era accaduto fra lei e suo fratello e decisamente
non era intenzionata a scoprirlo.
E
poi le mancava terribilmente anche Bonnie, i suoi consigli sempre
azzeccati e aveva davvero una marea di cose da raccontarle,
sospirò.
Per fortuna sarebbe arrivata quello stesso pomeriggio.
Fin
ad allora non ci avrebbe più pensato, si impose
perentoriamente
fissando il soffitto della piccola camera.
Basta
pensieri su cose inesistenti.
Si
tirò a sedere di scatto, scendendo poi con un balzo dal
letto decisa
a fare colazione e sopire così il brontolio del suo stomaco
e i
pensieri.
Si
diresse fuori dalla sua camera, percorrendo silenziosamente il
corridoio e dirigendosi poi giù per le scale a chiocciola
diretta
verso la cucina.
Un
vociare ilare misto a risate complici le giunse alle orecchie,
facendosi più nitido non appena scese l'ultimo scalino.
Tyler
e Caroline, sorrise roteando gli occhi al cielo e riconoscendo le
loro voci.
Se
quei due erano insopportabili quando litigavano, lo erano ancora di
più dopo che avevano fatto pace. Decisamente.
Erano
sempre appiccicati, come se vi fosse una sorta di colla invisibile ad
unirli, a baciarsi, ridacchiare in simbiosi e scambiarsi sguardi
melensi ogni tre per due.
Sono
semplicemente innamorati, le ricordò la sua mente
con una punta
di fastidiosa invidia, dando una spiegazione più che logica
ai loro
comportamenti.
Non
sapeva se fosse realmente così o no, ma di certo non
conoscevano
mezze misure: o si amavano alla follia o litigavano furiosamente.
Beh,
senza dubbio non avevano un rapporto noioso.
Tuttavia,
nonostante fossero insopportabilmente sdolcinati e lei si sentisse
sempre più il terzo incomodo, era felice per loro.
Si
meritavano un po' di sana serenità visto la storia
tumultuosa che
stavano cercando di portare avanti.
La
stessa identica tranquillità che, invece, sembrava mancare a
lei in
quei giorni.
Una
smorfia infastidita le inclinò le labbra a quel pensiero
fastidioso
e quantomai veritiero.
Per
un breve attimo fu sul punto di entrare in salotto e sfogarsi con
Caroline ma, dopo alcuni tentennamenti, poi desistette, tornando sui
suoi passi.
Chissà
che faccia avrebbe fatto a sapere tutto ciò che era accaduto
in quei
pochi giorni, sorrise un po' più svagata immaginandosi le
sue buffe
smorfie sorprese e i suoi commenti senza peli sulla lingua.
Con
passo deciso proseguì oltre, entrando finalmente in cucina.
Si
diresse verso la macchinetta del caffè, accendendola e
prendendo poi
un pacco di biscotti dal ripiano.
Se
ne mise uno in bocca, iniziando a mangiarlo e versandosi, poi, il
caffè fumante in una tazza.
Il
suo sguardo cadde casualmente sul tavolo in legno chiaro, dove le
ciotole con i popcorn rimanenti e la custodia del dvd dell'ultimo
The Saw erano abbandonati.
La
sera prima, infatti, avevano deciso di vedere un film horror, proprio
come facevano ai tempi del liceo.
Fortunatamente
Damon aveva surclassato il loro invito e lei non avrebbe potuto
esserne più contenta visto l'imbarazzo acuto che le
contraeva i
nervi in quei pochi momenti in cui erano stati nella stessa stanza.
Lei
aveva cercato e fatto in modo che accadesse il meno possibile, ma,
purtroppo, non aveva potuto cenare in camera ed evitarlo
così del
tutto.
Elena
aveva poi sospirato sollevata quando lo aveva visto uscire dalla
porta di ingresso, ma, ancora, non sapeva che l'avrebbe comunque
tormentata, seppur indirettamente.
Si
erano sistemati sul divano e il film era iniziato tranquillamente, ma
era riuscita a seguire seriamente solo i primi minuti e le prime
battute.
Infatti,
già dopo pochi secondi, solo i suoi occhi avevano seguito
davvero la
trama dell'ultimo The Saw, noleggiato al piccolo negozio del paese.
La
sua mente aveva vagato lontano dalle prove svolte per la
sopravvivenza di una delle varie vittime torturate, viaggiando verso
altre torture seppur mentali.
Inizialmente,
aveva tentato di riconcentrarsi sul film e scacciare quelle leziose
riflessioni, moleste proprio come colui che gliele aveva provocate.
Tuttavia
erano stati tentativi a vuoto, vani, e dopo poco aveva lasciato che
i suoi pensieri vagassero senza freni. Tanto lo avrebbero fatto
comunque e impedirlo era un inutile sforzo .
Era
paradossale, poi, di come le sue riflessioni, non propriamente
gradevoli e gentili, avessero fluttuato placidi verso una persona a
cui della famiglia importava ben poco, proprio come uno dei
protagonisti del film.
Cosa
che, per di più, l'aveva portata a chiedersi cosa fosse
venuto a
fare in montagna con loro.
Ok,
voleva rendere la vita di Stefan un inferno, per un qualcosa che lei
non aveva assolutamente capito ma che era intenzionata a scoprire.
Infondo, la curiosità è donna.
Però
addirittura prendersi la briga di fare una marea di chilometri e
passare il week-end in un paesino di montagna sperduto nella natura,
le sembrava troppo perfino per lui.
Non
aveva molto senso come comportamento ma forse proprio per questo era
tipico suo, aveva notato rendendosi conto di analizzare i suoi
atteggiamenti più accuratamente di quanto pensasse.
Non
che le dispiacesse, sia chiaro, il fatto che si vedesse poco o niente
in giro, ma di certo la portava a porsi delle domande. Anche queste
senza risposta.
Era
così la sua mente, un insieme ingarbugliato di riflessioni e
domande
le une accavallate sulle altre.
I
suoi pensieri erano poi confluiti, con un'inversione secca di marcia,
nel ricordo bruciante di cosa era accaduto quello stesso pomeriggio,
a quella strana e inspiegabile frazione di secondo in cui era come se
non fosse stata lei. Ancora.
Aveva
provato a cercare una spiegazione, il primo tentativo di una lunga
serie, ma quel formicolio al basso ventre e il rossore anomalo sulle
sue guance non erano spiegabili coerentemente e andavano contro tutto
quello che pensava di lui. Contro quello che era. Più ci
rifletteva
e più non comprendeva cosa le fosse accaduto.
E
quella parolina era tornata a vorticarle in testa insensatamente.
Una
parte remota della sua mente aveva dato infatti un nome, una
classificazione, a tutto ciò: attrazione.
Quasi
si era messa a ridere a quella riflessione ridicola, provocandosi uno
sguardo confuso da parte di Caroline nella penombra azzurrina della
televisione.
Era
un qualcosa privo di ogni qualsivoglia logica, razionalità,
e,
ancora una volta, aveva rimpianto di non potersi sfogare con nessuno.
Doveva
buttare fuori quella marea di pensieri il prima possibile e
probabilmente solo così avrebbero smesso di tormentarla.
Anche
se forse, ripensandoci bene, non ne avrebbe parlato comunque
né a
Bonnie né a Caroline.
Perché
parlare di un qualcosa che non sarebbe di certo ricapitato e che era
sicura fosse dettato da un momento di pura pazzia? Perché
lei era
certa che era così.
Doveva
esserlo, dannazione.
Il
suo flusso di pensieri, imprecazioni, fu interrotto però un
attimo
dopo proprio da colui che glieli aveva causati, portandola
irrazionalmente ad irrigidirsi in modo impercettibile.
Una
figura slanciata e tonica, rigorosamente fasciata da abiti scuri
costosamente fatti su misura e rispondente al nome diabolico di Damon
Salvatore, entrò all'improvviso in cucina.
Istintivamente
irrigidì la postura e le sue labbra si tesero
inesorabilmente,
trasformandosi in una smorfia tra l'infastidito e il corrucciato.
Quel
senso di imbarazzo tornò a pervaderla, proprio come il
giorno
precedente.
Non
sapeva neanche lei come spiegarlo. Si sentiva … imbarazzata,
ecco.
E
non era solo perché si era ritrovata davanti a lui
– totalmente
nudo, per di più!- con la sola biancheria intima addosso, ma
per
quella frazione millesimale in cui se ne era sentita... attratta.
Ed
eccola lì ancora quella parolina.
Tutto
tornava sempre a quel dannato fatto durato neanche un secondo, ma che
stava diventando sempre più importante.
Si
stava contraddicendo da sola, se ne rendeva benissimo conto, ma in
quel momento di pura pazzia era stato così.
Lui
le lanciò semplicemente un'occhiata indifferente, quasi
altezzosa,
fermandosi per una frazione di secondo sulla porta per poi dirigersi
verso la cucina.
Il
tutto senza dire neanche una sillaba come saluto.
Buongiorno
anche a te mister arroganza, disse mentalmente al suo indirizzo con
tono acido e indisponente.
Non
si prendeva neanche la briga di salutarla, ma chi si credeva di
essere quel pallone gonfiato? Inveì silenziosamente contro
il moro,
scoprendosi più infastidita di quanto sarebbe dovuta essere
da quel
comportamento presuntuoso.
Con
un po' di inspiegabile stizza, affondò il volto nella tazza
decidendo di ignorarlo.
Come
al solito le provocava emozioni irruenti ed era un'altra cosa
inspiegabile e senza senso a cui non riusciva a dare una logica.
Per
quale diavolo di ragione accadeva tutto ciò? Se lo domandava
anche
lei.
Meglio
però che non le avesse rivolto la parola, si disse con una
scrollata
di capo, almeno si era evitata battutine allusive contornate da quel
suo seccante sorriso malizioso da “cadi ai miei
piedi”.
Damon
prese una tazza dal mobile alla sua destra, il tutto nel più
denso
silenzio come se lei neanche fosse in quella stanza.
Cosa
che fece crescere ancora di più il suo nervosismo,
nonostante si
ripetesse che non le importava nulla.
Continuava
a ripeterselo ma non sembrava funzionare poi molto.
Lo
fulminò con gli occhi, lanciandogli
un’occhiataccia folgorante che
smorzò parte del suo nervosismo.
Il
perché poi la infastidisse così tanto quel
mancato saluto era un
altro dei misteri irrisolti che abitavano la sua mente.
Damon
si diresse poi verso di lei, avvicinandosi e facendole
istintivamente contrarre i muscoli.
Allarmata
da quella vicinanza si irrigidì, sentendo il cuore iniziare
a
battere in modo anomalo.
I
loro corpi quasi si sfiorarono a causa del poco spazio che
intercorreva fra il tavolo e il bancone della cucina e lei trattenne
istintivamente il fiato.
Lui
allungò un braccio alla sua sinistra, prendendo la caraffa
del caffè
e versandosene un po' nella tazza, il tutto senza allontanarsi da
lei.
Trattenne
il respiro, schiacciandosi istintivamente contro la cucina
affinché
i loro petti non si sfiorassero.
La
tensione elettrica si propagò nell'aria, vibrando e
facendola
fremere.
Quel
calore incomprensibile si focalizzò nuovamente al suo basso
ventre,
ricordandole pericolosamente il sogno. Il giorno prima al lago.
Lui
si allontanò un attimo dopo, un impercettibile sorriso di
sfida e
divertimento ad aleggiargli maliziosamente sulle labbra.
Sbarrò
gli occhi, sentendo l’irritazione intensificarsi alla bocca
dello
stomaco e tenderle ulteriormente i nervi, quasi dolorosamente.
Lo
faceva apposta lo stronzo ad irritarla e provocarla con quel
comportamento, allora!
Assottigliò
lo sguardo poi, duplicemente esasperata dal suo atteggiamento
indirettamente istigatore e dai pensieri che la portavano a chiedersi
come diavolo avesse fatto a provare quel che aveva provato, che
stridevano decisamente con le emozioni che la pervadevano invece in
quel momento.
Si
voltò dall'altro lato ignorandolo bellamente, imponendosi di
non
dare corda né a lui né ai suoi pensieri.
Cosa
che le infuse un piccolo senso di sadica soddisfazione.
Percepì
i suoi occhi posarsi su di lei un attimo dopo, studiando i suoi
movimenti, apparentemente pensieroso e disattento.
Nonostante
questo, lei si sentì comunque pervasa da un fremente
disagio, come
se fosse uno sguardo lussurioso.
I
suoi muscoli si irrigidirono istintivamente mentre il ricordo di
quegli stessi occhi roventi, che la percorrevano in occhiate non
propriamente caste, si proiettava nella sua mente in modo fin troppo
realistico. Di nuovo.
Un
piccolo brivido la pervase, percorrendo la sua schiena e provocandole
nuovamente quel senso di vuoto al basso ventre, come di risucchio.
Sempre
più innervosita dal suo corpo, si mordicchiò le
labbra cercando di
sopire quel formicolio di cui non comprendeva l’origine.
Non
doveva pensarci, si disse. Si stava fissando su un fatto inesistente,
frutto solo di suggestioni e nervosismo.
Continuò
a sorseggiare la sua colazione, ignorandolo e lui per fortuna si
allontanò andandosi a sedere al tavolo.
Era
lo stesso atteggiamento che aveva mantenuto per tutto il giorno
precedente, evitandolo e rifuggendo ogni possibile cosa che l'avrebbe
portata a imbattersi in lui.
Se
ne era infatti tenuta il più lontano possibile dal momento
in cui
era rincasata, bagnata e un po' sconvolta suscitando le occhiate
stranite di Stefan.
Lei
non ci aveva badato più di tanto, troppo presa a pensare ad
altro,
anche se in realtà i pensieri si erano fatti più
stressanti solo in
seguito.
Era
stato un momento, semplicemente quello, in cui il suo corpo era
impazzito. Tutto qui.
Non
poteva trattarsi che di quello.
Lanciò
un’occhiata fugace e sospettosa a Damon, come se il suo corpo
potesse avere di nuovo una reazione come quella,
tornando al
presente e convincendosi ancora di più delle spiegazioni che
si era
data.
Era
altamente impossibile al novantanove virgola nove per cento che lei
ne fosse attratta.
Cioè,
era come dire che il cielo era verde!
Era
come se in quel momento non fosse stata lei.
Proprio
come la sera in cui si erano conosciuti al Grill, anche se forse in
quella occasione era stato in qualche modo differente.
Ok,
ci era finita a letto prima ancora di sapere chi fosse ma quello era
facilmente spiegabile.
Era
mezza ubriaca, decisa a non pensare al passato e a divertirsi, e
aveva subito un po' il fascino di quello sconosciuto, che sembrava
averla inquadrata alla prima occhiata.
Interesse
che era stato amplificato dall'alcool sicuramente.
Certo,
avesse saputo cosa avrebbe comportato quel divertirsi
se ne
sarebbe decisamente rimasta a casa, pensò con una smorfia ad
inclinarle le labbra.
Ma
su quello c'era in qualche modo passata sopra, liquidando il fatto
con questa semplice spiegazione, nonostante continuasse a dolerle un
po' l'orgoglio.
Il
fatto che però avesse provato quella stessa sensazione in un
momento
in cui era fin troppo sobria e lucida non aveva alcuna coerenza con
la spiegazione che si era data. Per niente. E la irritava
terribilmente.
Era
totalmente irrealizzabile che quello zero virgola uno per cento si
stesse avverando.
Era
pura utopia, totalmente impossibile che provasse dell'attrazione nei
suoi confronti.
Non
sarebbe accaduto mai, si era detta sicura prima di
cadere in
un sonno profondo rincuorata da quella convinzione.
Un
acuto di risate, seguito dallo schioccare di un bacio si
propagò
nell'aria, raggiungendoli e richiamandola alla realtà.
Damon
assottigliò gli occhi infastidito, come se fosse afflitto
dal mal di
testa o da qualcosa di molto fastidioso, riducendoli quasi a due
fessure azzurre.
Sbuffò
poi un commento innervosito fra le labbra.
-
Barbie e Ken si stanno praticamente accoppiando sul divano- ruppe il
silenzio con voce piatta e un'evidente smorfia disgustata sul volto,
portandola a voltarsi nella sua direzione.
Aggrottò
le sopracciglia confusa e solo dopo un attimo capì a cosa, o
meglio
a chi, si stava riferendo.
-
So che per te è difficile da capire, ma sono innamorati- gli
rispose
con un tono comprensivo un po' pungente, come se stesse parlando di
una cosa a lui incomprensibile e sconosciuta.
-
Così offendi il mio povero cuore- si portò
teatralmente una mano al
petto, fingendosi offeso e ferito.
Elena
roteò gli occhi al cielo, trattenendo a stento uno sbuffo e
una
risposta acida.
-
Comunque, se continuano a tubare così, tra poco sforneranno
una
piccola Shelley - continuò pungente e un po' irritato con un
cenno
del capo a indicare l'altra stanza, tornando poi a sorseggiare il suo
caffè.
Come
era consuetudine ormai quando si trattava di lui, qualcosa
scattò
dentro di lei ed Elena si ritrovò a rispondergli prima
ancora di
rendersene conto.
-
Shelley non è la figlia di Ken e Barbie. È la
sorellina –
puntualizzò, non riuscendo a trattenersi abbastanza dal non
replicare.
Però
doveva ammettere, seppur con molta fatica che, per una volta, aveva
ragione: quei due erano sempre appiccicati.
Lui
aggrottò le sopracciglia scure, non aspettandosi forse
quella
risposta.
-
Touche – inclinò il volto, dandogliene atto.
E
questa volta fu lei a essere sorpresa. Si aspettava la solita,
interminabile sfilza di repliche e battutine e non di certo
un'ammissione di colpa.
Strano
che non avesse fatto nessun riferimento malizioso, si
rammentò
pensierosa.
-
Giocavi con le bambole da piccola, quindi?- riprese a parlare lui,
improvvisamente interessato rompendo il velato silenzio appena
creatosi.
Anche
se ad essere sinceri sembrava più una constatazione che una
domanda.
Alzò
gli occhi su di lui, fissandolo da sopra la tazza.
-
Si - mormorò in risposta, in un sussurro vago e scocciato
che voleva
chiaramente far cadere il discorso nel vuoto.
Decisamente
parlare della sua infanzia con lui era l'ultima cosa che voleva fare
in quel momento.
Non
che volesse fare qualcosa, si ritrovò ad
arrossire per quel
doppio senso involontario che la sua mente le aveva presentato.
Fece
scontrare involontariamente i loro occhi solo per una breve frazione
di secondo spostandoli un attimo dopo, provando ancora quel
tipo di imbarazzo che non sembrava volerla abbandonare.
-
Interessante...-
Il
suo sguardo diventò meno freddo, scaldandosi e luccicando di
una
giocosa allusività che lo illuminò e la fece
sentire ancora più a
disagio.
Perché
diavolo accadesse continuava a non comprenderlo, però.
Schiuse
le labbra, tra lo sgomento e il sorpreso fissandolo senza parole.
Era
allucinante. Quell'essere proveniente direttamente dall'inferno,
chiamato Damon Salvatore, riusciva a trovare malizia anche in un
gioco per bambini!
E
poi era irritante di come avesse sempre da ridire su tutto, lo
fulminò con gli occhi.
-
Ma a quanto vedo lo facevi anche tu - frecciò ironica,
inarcando
pericolosamente un sopracciglio e guardandolo in cagnesco per qualche
breve secondo prima di allontanare nuovamente lo sguardo dal suo.
Lui
rimase in silenzio per qualche attimo, un breve lampo di un emozione
sconosciuta e che lei non comprese a scurirgli l'iride prima che
tornasse nuovamente imperscrutabile.
Ingenuamente,
credette di averlo finalmente messo a tacere, ma un secondo dopo si
aprì in un ghigno ammaliante .
L'ennesimo.
-
Non con le bambole che intendi tu però -
soffiò
sfacciatamente malizioso, protendendosi lievemente sul tavolo verso
di lei e lanciandole un'occhiata di evidente significato ambiguo
–
E lo faccio ancora ora, se per questo – alluse placidamente,
arrossandole le guance per il tono voluttuoso con cui parlò.
Quasi
languido.
Ignorò
il senso di imbarazzo che la colpì, ancora, alla bocca dello
stomaco, aggrovigliandoglielo.
Scrollò
il capo, facendo ondeggiare i capelli sulle spalle.
-
Interessante...- lo citò
intenzionalmente, volendo avere
ostinatamente l'ultima parola e non riuscendo a fare a meno di
ribattere.
E
poi il desiderio di togliergli quel mezzo sorriso altezzoso e
irrisorio dalla faccia era una tentazione troppo forte per non
cedervi.
-
Quindi...- mormorò sciogliendo il tono di voce in una
apparente
inclinazione suadente, che catturò subito la sua attenzione.
Sorrise,
mossa ancora da quell'impulso insopibile che la portava a reagire
ogni volta.
Gesto
che non sfuggì ai suoi occhi, che la seguirono in ogni
più piccolo
suo movimento.
Inclinò
il volto poi, guardandolo in un modo più spigliato di quanto
si
sentisse in realtà sotto il suo sguardo ghiacciato.
-
… ammetti di giocare con le bambole gonfiabili?-
terminò pungente
lei, aggrottando le sopracciglia fintamente confusa e sorpresa, come
ingenuamente shoccata da quella scoperta.
Come
era accaduto in tutti i loro precedenti incontri, le provocazioni
uscivano automaticamente dalla sua bocca senza che lei riuscisse a
frenarle.
Lui
strinse le labbra in una linea netta, indurendo la mandibola,
probabilmente stizzito dalla sua frase che aveva messo in dubbio la
sua virilità.
Le
lanciò uno sguardo stralunato, facendola quasi scoppiare a
ridere
soddisfatta e divertita dalla sua smorfia piccata.
Decisamente
la ripagava di tutto il nervosismo – e pensieri- che le
provocava
inesorabilmente.
Lui
si alzò, facendo stridere la sedia contro il pavimento, e
avvicinandosi alla cucina e, quindi, anche a lei.
-
Non ho bisogno di queste cose - le disse piccato, piegando la testa
verso destra e assottigliando gli occhi al suo indirizzo fino a
ridurle a due fessure . - Ti assicuro che ho fin troppi svaghi
e tutti sotto i trenta anni - continuò, abbandonando la
tazza nel
lavabo.
Elena
inarcò provocatoriamente un sopracciglio, incrociando le
braccia al
petto e guardandolo scetticamente.
Damon
si appoggiò poi con il fianco al mobile, quasi in una
posizione
speculare in quella in cui era lei.
Quella
vicinanza la portò a irrigidirsi nuovamente, i nervi quasi
in
allerta per la distanza di sicurezza superata fra di loro.
-
Sono molto attivo sotto quel punto di vista - si vantò con
tono
vanesio, un sorriso sicuro e vanitoso a incurvargli le labbra -
Dovresti ricordartelo – soffiò
allusivo, facendola
arrossire violentemente.
Un
formicolio lieve la colpì al basso ventre a quel ricordo
sfocato e
vago, ma che le sembrò vivido come non mai in quel sussurro
un po'
roco.
Deglutì,
mentre quella risposta impossibile a tutto ciò le si
riproponeva
nella mente.
-
Cos'è, hai già una crisi di mezza età?
- frecciò cambiando
astutamente discorso, riferendosi malignamente alla sua propensione
di uscire con donne più giovani di lui cercando di non far
caso
all'imbarazzo che le imporporava le guance.
Riversò
parte del nervosismo in quella frase, sperando che funzionasse un po'
da valvola di sfogo.
-
Mi piace la carne fresca - ribatté lui, con una smorfia
sorniona e
alzando le spalle.
Il
fatto che poi trattasse le donne puramente come oggetti e le
cambiasse come i calzini era un altro motivo che non glielo faceva
andare a genio. Per nulla.
Questa
volta non gli rispose, limitandosi solo ad una smorfia dubbiosa ed a
inarcare scetticamente un sopracciglio.
Riprese
a sorseggiare il suo caffè, ormai freddo.
Percepì
però il sguardo non abbandonarla, percorrendole ancora la
curva del corpo e diventando bollente. Cosa che le provocò
un insolito
formicolio sulla pelle.
Come
brividi di caldo.
Forse
la calura la stava davvero facendo impazzire, considerò
confusa
dalle sensazioni che l'affliggevano.
Passava
dal sentirsi terribilmente in imbarazzo in sua presenza a essere
seducentemente provocatoria, rispondendo spigliata alle sue
battutine, e infine così innervosita dalle sue occhiate da
volergli
tirare un piatto dietro.
Non
aveva senso tutto questo ed era sempre colpa di quel qualcosa che
scattava dentro di lei.
Sembrava
riuscire a tirare fuori le parti più differenti, opposte,del
suo
carattere notò confusa e sorpresa al col tempo.
-
Credo che uscirò ora. - affermò improvvisamente,
avviandosi poi
alla porta scorrevole semichiusa e lei si chiese per quale ragione
glielo stesse dicendo.
Non
gliene fregava assolutamente nulla. A Elena bastava che stesse il
più
lontano possibile da lei e tutto era perfetto.
-
In paese si possono fare incontri piacevoli- le
disse con un
brillio malizioso e lei dovette mordersi la lingua per non ribattere.
Damon
si bloccò però a metà strada,
volandosi verso di lei con lo
sguardo improvvisamente illuminato da una luce divertita.
Era
come se gli fosse venuto in mente qualcosa di divertente, ilare.
-
Magari potrei andare a fare un bagno nel lago- soffiò
sfacciatamente con malizia riferendosi schiettamente al giorno
precedente e rievocando in lei il ricordo di quello che era accaduto.
Ancora.
Arrossì
violentemente, allargando gli occhi scuri.
Damon
gongolò apertamente del suo imbarazzo, ghignando soddisfatto
ed
euforico quasi.
-
Vuoi venire con me?- le chiese suadente, intenzionalmente
provocatorio, socchiudendo allusivamente gli occhi e facendo
aumentare in modo direttamente proporzionale in lei indignazione e
disagio.
-
Affogati- gli ringhiò contro facendolo ridacchiare divertito
e
provocandogli un acceso di risate .
Era
un suono allegro, seppur un po' roco e lei si ritrovò
inaspettatamente a notare di come avesse un non so che di musicale.
-
Sarà per la prossima volta allora – le disse
allargando gli occhi
azzurri.
Scomparì
oltre la porta in un soffio, quasi il tempo di un respiro, proprio
come quando era arrivato.
Sospirò
lievemente sollevata appoggiandosi con i fianchi alla cucina, il
cuore che batteva però in modo anomalo nel petto e il
nervosismo a
scorrerle ancora nelle vene.
Era
irritante quell'essere diabolico rispondente al nome di Damon
Salvatore. Tremendamente.
La
sua risata però continuò a ronzarle
fastidiosamente nelle orecchie,
in un eco che non sembrava voler scemare via.
Scrollò
il capo, abbandonando la tazza ormai vuota nel lavello e
apprestandosi a salire in camera.
Le
ci voleva una doccia rinfrescante per scacciare i pensieri molesti e
sciogliere i nervi tesi dal irritazione e dall'imbarazzo.
Tuttavia,
non sapeva ancora che quel suono frastagliato e un po' gutturale, un
misto tra malizia e divertimento,avrebbe sovrastato anche il rumore
della doccia continuando a risuonarle in testa
************************
-
Un the freddo - ordinò con un sorriso leggero e svagato, le
guance
un po' arrossate dal caldo e gli occhi luminosi di allegria.
Prese
poi posto su uno degli sgabelli alti liberi vicino al bancone, in
attesa della sua bevanda.
Il
barista annuì, posandole davanti il bicchiere pieno e
ghiacciato in
meno di un secondo.
Lo
ringraziò con un altro sorriso e poi lo afferrò,
prendendone
voracemente un sorso rinfrescante.
Accavallò
le gambe, canticchiando a mezza voce la canzone che passava il dj.
Era
contenta quella sera. Dannatamente.
Cosa
l'aveva resa così di buon umore dopo un avvio non proprio
dei
migliori? Beh, diciamo che Bonnie aveva portato con se un ospite quel
pomeriggio: Jeremy.
Sarebbe
dovuto tornare a casa la settimana successiva ma le lezioni al
college erano terminate prima e così le aveva fatto una
piacevolissima sorpresa, presentandosi alla casa sul lago.
Quando
aveva aperto la porta, ritrovandoselo davanti, aveva esitato qualche
attimo, sbarrandogli gli occhi, prima di buttargli le braccia al
collo in una abbraccio soffocante che l’aveva convinta che
non era
un’allucinazione.
Rivederlo
dopo tutti quei mesi di lontananza, fatta solo di chiamate e
messaggi, l'aveva messa tremendamente di buon umore, spostando in
secondo piano persino i suoi pensieri e la stressante convivenza
forzata con Damon.
Le
era mancato davvero tanto, più di quanto si fosse resa conto
e solo
ora lo capiva appieno.
Ma
non era esclusivamente questo ad aver alzato il suo umore di una
ottava.
Oh
no, aveva infatti contribuito enormemente l'assenza di pensieri.
Non
sapeva come o perchè, ma quei piccoli, subdoli dubbi, che si
insinuavano nelle sue riflessioni proponendole soluzioni senza senso
e che non potevano decisamente essere reali, erano miracolosamente
scomparsi. Puff, annullati.
Come
dissolti nel nulla, non si erano più presentanti a
tormentarla
lasciandola finalmente in pace.
Neanche
nelle sue più rosee speranze aveva sperato in una
risoluzione così
veloce e indolore.
Erano
semplicemente scomparsi, come una bolla di sapone scoppiata, e lei
non poteva esserne più felice.
Si
sentiva enormemente sollevata, come se un grosso macigno non le
pesasse più addosso.
Motivo
che l'aveva spinta a non dire nulla a Bonnie quando le aveva chiesto
se andava tutto bene.
Non
aveva più senso parlare di un qualcosa che non c'era
più e lei era
sempre più convinta che quello che aveva pensato –
provato-
era stato dettato da un momento di pazzia dettato dal caldo.
E
il fatto che fossero scomparsi all'improvviso così come
erano
arrivati ne era la prova lampante.
Si,
era dannatamente felice.
Si
guardò allegramente poi intorno, continuando a sorseggiare
la sua
bevanda.
Era
un bel locale, con le caratteristiche tipiche del luogo e sviluppato
su due piani differenti: la parte al chiuso e con il bar al piano
terra e la terrazza, con vista sulla valle, al piano superiore.
Loro
avevano preso un tavolo nella parte più riservata e bella,
ma Elena,
stufa di ballare e di stare in mezzo alle coppiette, aveva deciso di
andarsi a prendere qualcosa da bere di fresco al bar.
Una
figura maschile a lei nota, avvolta nella solita camicia nera,
l'affiancò all'improvviso.
Il
suo profumo forte, mentato e pungente le solleticò le narici
facendole riconoscere il proprietario prima ancora che parlasse,
facendo la sua ordinazione.
Stranamente
la solita sensazione di fastidio non la pervase, chiudendole lo
stomaco nella consueta morsa innervosita, seppur non l'avesse neppure
salutata come suo solito.
Forse
qualsiasi nervosismo o irritazione era stata surclassata dal buon
umore che sembrava non abbandonarla.
Meglio
così, si disse decidendo di non lasciarsi rovinare la serata
dai
pensieri o da lui.
Lo
fissò di sottecchi mentre ordinava con voce lenta e
strascicata una
bevanda decisamente più alcolica della sua, in una
situazione
esattamente speculare a quella che aveva vissuto quando si erano
incontrati la prima volta.
Si
ritrovò a sorridere istintivamente, senza quasi rendersene
conto,
provando una sensazione di languido deja-vù alla bocca dello
stomaco
a quel pensiero che la disarmò.
Era
sconcertante di come il destino fosse beffardo, a volte.
Sembrava
la stessa identica situazione della sera in cui si erano incontrati,
notò aggrottando leggermente le sopracciglia in
un'espressione
vagamente corrucciata mentre quella sensazione insolita e ambigua si
intensificava.
-
E’ la seconda volta in due giorni che sorridi in mia
presenza-
affermò all'improvviso Damon con un tono tra il canzonatorio
e quasi
sovrappensiero, continuando però a non guardarla e a
mantenere lo
sguardo puntato davanti a se.
Elena
quasi sobbalzò, colta alla sprovvista da quell'interruzione
inaspettata del flusso sconnesso dei suoi pensieri.
Solo
allora, Damon, si voltò verso di lei, senza però
avvicinarsi,
appoggiando il fianco contro il bancone e lanciandole uno sguardo
frizzante e ilare che forse non gli aveva mai visto.
Era
uno sguardo limpido, non adombrato dalla solita
imperscrutabilità o
dalla malizia cosa che la sorprese non poco.
Anche
lui sembrava sereno e svagato quella sera, notò attenta.
Inaspettatamente
e senza un'apparente ragione le sue guance si velarono di un leggero
rossore e il senso di imbarazzo tornò a pervaderla.
Tuttavia
lei lo ignorò, non dandogli peso.
Era
solo perchè l'aveva colta di sorpresa, si disse .
-
Dovrei ritenermi lusingato?- ammiccò con solito sorriso
sbieco ad
incurvargli le labbra.
Non
sapeva bene il perché o come mai stesse accadendo, ma di
nuovo,
stranamente, nessuna reazione tumultuosa di violento nervosismo la
colse alle sue parole sarcastiche.
Forse
era causa del suo tono non troppo serio, quasi divertito.
O
forse semplicemente per una volta non aveva voglia di ribattere
seccata e pungente.
Non
se lo chiese più di tanto, decidendo di non darci
assolutamente
alcun peso.
-
Si, in effetti dovresti - ammise leggera con un'alzata di spalle,
sorprendendolo per la mancanza della solita punta di acidità
nella
voce.
Percepì
distintamente il suo sguardo sulla sua pelle cambiare mentre la
lambiva in una occhiata indagatrice, passando velocemente da confuso
a sorpreso e infine intrigato.
-
Posso sapere il motivo di questa...- fece un gesto vago con la mano,
non continuando la frase e aspettando che fosse lei a farlo.
Insolitamente,
non sembrava avere altri intenti o battutine ambigue da lanciarle.
Sembrava
solo...cordiale, se ne stupì.
Già,
per quanto fosse una cosa inconcepibile e che pensava non sarebbe mai
accaduta, quella era una normale conversazione.
-
Non posso essere semplicemente contenta?- gli disse in risposta,
ricevendo un'altra occhiata scettica e dubbiosa.
Era
così impossibile ai suoi occhi che lei fosse allegra? Si
chiese
sorpresa da quella constatazione.
-
Sono di buon umore stasera - puntualizzò con una scrollata
di capo
lanciandogli una occhiataccia per tutta quella dubbiosità,
di quelle
tipiche che caratterizzavano i loro incontri.
Lui
non disse nulla, prendendo un'altro sorso della sua bevanda e le
similitudini con quella sera le si fecero ancora
più palesi.
Sembrava
quasi la stessa situazione, a dire il vero.
-
Stavo … notando come questa situazione sia una sorta di
deja-vù -
gli disse senza un reale motivo dopo un attimo di esitazione.
Non
ci fu bisogno di specificare altro perché lui
capì subito.
Damon
si aprì,infatti,in un mezzo sorriso malizioso, socchiudendo
gli
occhi in quel modo tipico che lo caratterizzava e che stranamente le
provocò ancora quella insolita sensazione alla bocca dello
stomaco.
Non
era una morsa dolorosa e neanche fastidiosa, piuttosto assomigliava
ad un lieve groviglio.
Cosa
significava?
Magari
nel the avevano messo qualcosa che le stava provocando il mal di
stomaco.
-
Mmh – mormorò in un soffio gutturale che la fece
irrigidire
istintivamente - E' un modo implicito per farmi capire che vorresti
finisse nello stesso modo?- ammiccò al suo indirizzo, un
scintillio
malizioso negli occhi chiari.
Mosse
un passo in avanti avvicinandosi, sovrastandola con la sua altezza e
facendo sfiorare i loro corpi in un tocco appena percepibile,
annullando la distanza che vi era fra di loro fino ad un secondo
prima.
Quell’elettricità,che
aveva provato già il giorno prima, torno a vibrare
prepotente
nell’aria, diradandosi a spirali dal punto esatto in cui si
erano
toccati fino al suo basso ventre.
Trattenne
di riflesso il respiro, non poco sconcertata.
-
Perché se così fosse, non dovresti neanche
chiedere - le sussurrò
suadente inclinando il volto verso destra, verso di lei, fino a
sfiorare quasi col naso i suoi capelli.
Allarmata
da quella vicinanza e, soprattutto, da cosa le stava provocando
internamente si tirò leggermente indietro con il busto,
frapponendo
centimetri, preziosi per la sua sanità mentale, fra di loro.
-
Neanche nei tuoi sogni migliori- gli disse sprezzante e decisa,
facendolo ridacchiare in risposta.
Una
punta di acuta irritazione la pervase a quella reazione, andando ad
accavallarsi al lieve formicolio al basso ventre in un miscuglio di
sensazioni improbabile.
E
nuovamente ebbe la dimostrazione di come riuscisse a farla passare
rapidamente da stati d'animo opposti.
-
O forse nei tuoi, Gilbert ?- sussurrò suadente e tentatore,
lanciandole un'occhiata inequivocabile che la portò ad
arrossire
ancora.
-
Non sono sogni quelli in cui ci sei tu, ma incubi- frecciò
tagliente, non potendo però al suo basso ventre di contrarsi
piacevolmente per quel tono e per il ricordo di quello che aveva
sognato quella mattina.
Dannazione,
imprecò mentalmente, il suo corpo stava ricominciando ad
avere
comportamenti strani.
-
Quindi ammetti di sognarmi- ghignò compiaciuto rigirandosi a
suo
piacimento ciò che aveva appena detto, un brillio di
divertita
vittoria negli occhi.
Cosa
che la innervosiva parecchio, per inciso.
Sbuffò
sentendo ora distintamente il nervoso montare dentro di lei,
avvolgendola e portandola a domandarsi cosa diavolo le fosse passato
prima per la testa da poter considerare il loro dialogo pacifico e
cordiale.
-
Credo che tornerò dagli altri- affermò decisa,
scendendo dallo
sgabello,ma dal lato opposto di quello in cui si trovava lui per
evitare qualsiasi contatto fortuito.
Il
suo corpo sembrava essere impazzito già così, non
c'era bisogno di
provocarsi reazioni ulteriori
che
non voleva.
Lui
annuì silenziosamente, dando quasi l'impressione di non
averla
neanche sentita e finendo tutto in un sorso il contenuto ambrato del
suo bicchiere.
Fece
per pagare ma prima ancora che avesse tirato fuori il portafoglio
dalla borsa Damon aveva già allungato una banconota da venti
dollari
sul bancone.
-
Cosa stai facendo?- gli chiese sconcertata dal suo gesto,
un'espressione tra l'allarmato e il sorpreso stampata in faccia.
Stava
per caso facendo un gesto galante nei suoi confronti ? Si chiese
alternando lo sguardo alternativamente dalla banconota a lui.
No,
doveva essere un'allucinazione sicuramente.
-
Sto pagando - le disse tranquillo, il tono di voce quasi indifferente
e scocciato.
Ecco,
assottigliò lievemente gli occhi, se lei passava da
un'emozione
all'altra lui era davvero lunatico e scostante.
-
Non ce ne è bisogno - gli disse sicura e un po' irritata dal
suo
tono, cercando di allungare la mano per bloccarlo.
-
Non puoi semplicemente accettare e dire grazie?- sbuffò
annoiato,
quasi brusco, spostandole il braccio e beccandosi subito una sua
occhiataccia.
Lo
fulminò con gli occhi, percependo il nervoso vibrare in lei.
-
Non ti ho chiesto io di offrimi da bere quin..- affermò
brusca,
riservando un po' di quel nervosismo che era tornata a pervaderla su
di lui, ma non riuscì a terminare la frase che fu interrotta
da una
terza voce.
-
Se vuoi ti offro io da bere, bellezza – li interruppe una
voce
spavalda, un po' burbera.
Si
voltò di scatto per vedere chi fosse, ritrovandosi davanti
un uomo
dalla corporatura robusta e dai capelli biondi tagliati a spazzola
qualche posto più in là del suo.
-
No, grazie - rispose decisa, cercando di essere comunque educata.
-
E non solo quello - rise gutturalmente, scaturendo le risate dei due
amici che lo circondavano quasi a formare un capannello e che solo in
quel momento notò.
Non
gli rispose, lasciando cadere nel vuoto la provocazione.
L'ultima
cosa che voleva era scatenare mettersi a litigare o peggio scatenare
una rissa.
Gli
diede nuovamente le spalle, facendo per allontanarsi ma
parlò di
nuovo quell'uomo.
-
Oh andiamo non fare la restia e andiamo a fare un giro-
affermò
afferrandola per un braccio affinché si girasse verso di
lui. - Lo
sappiamo tutti che voi della città amate divertirvi-
Le
stava dando della poco di buono?
Irritata
e innervosita dalla piega che stava prendendo quella situazione
cercò
di andarsene.
Con
un gesto secco del polso tento di liberarsi ma non ci riuscì
visto
che la presa era più salda di quello che sembrava.
-
Lasciami andare – gli intimò cercando di essere il
più sicura
possibile ma la sua voce tremolò impercettibilmente.
Era
inutile negarlo, quella situazione stava prendendo un brutto
risvolto.
Percepì
la presenza di Damon farsi più pressante alle sue spalle,
rincuorandola minimamente.
-
Hai sentito cosa ha detto? Lasciala andare immediatamente –
si
intromise lui con tono duro e freddo, affiancandola e frapponendosi
quasi fra lei e quell'energumeno di montagna.
Gli
lanciò un occhiata allarmata, più per la
circostanza che si stava
venendo a creare che per il fatto che la stesse ancora trattenendo
per un braccio.
-
Fatti i fatti tuoi bamboccio – gli disse a muso duro,
lasciandola
però andare finalmente.
Lasciò
andare un respiro profondo, rendendosi conto solo allora di averlo
trattenuto.
Si
massaggiò il polso un po' dolorante, non distogliendo
però gli
occhi da Damon che sembrava pericolosamente alterato.
Sembrava
trattenersi a stento, la linea della mandibola stretta in
un'espressione dura.
-
Damon...- lo chiamò preoccupata, cercando di evitare a
priori
qualsiasi sua reazione avventata.
Lui
non la calcolò minimamente, come se non l'avesse neanche
sentita.
-
Guarda te sto idiota- disse l'altro ragazzo ai suoi amici .
Accadde
tutto velocemente in seguito, un susseguirsi di azioni imprevedibili
che non riuscì ad evitare.
E
poi fu la fine.
Salve!
Come state? Spero bene e che il capitolo vi sia piaciuto! E ora
passiamo alla solita spiegazione per punti:
1-
Innanzitutto mi voglio scusare
per
l'enorme ritardo con cui ho aggiornato questa storia. Per vari motivi
ho dato precedenza alle altre due storie e vari impegni ( studio ed
esami dell'università) e problemi vari mi hanno impedito di
aggiornare prima. Quindi scusatemi per avervi fatto aspettare
così
tanto e Grazie di cuore a chi mi ha aspettato!
2-
Passiamo al capitolo ora, visto che c'è abbastanza da dire.
È un
capitolo importante, non ancora di svolta ma comunque rilevante per
la storia anche se so che ad un primo sguardo potrebbe apparire
abbastanza noioso e transitorio. Ma se leggete tra le righe e i loro
comportamenti capirete che qualcosa inizia a cambiare.
Le
acque iniziano a muoversi in questo chappy e in parte è a
causa di
quello che è accaduto nello scorso capitolo. I dubbi
iniziano a
insinuarsi in Elena, è il suo stesso corpo in qualche modo a
provocarglieli come si è visto anche se non è
ancora cosciente.
Altra
cosa. A volte, nel corso del capitolo, può sembrare che
abbia
comportamenti contraddittori e opposti ma è una cosa voluta.
Un
momento è irritata dai comportamenti di Damon quello dopo se
ne
scopre interessata e anche il fatto che si faccia tutte quelle
domande vuol dire qualcosa. Inizia a voler dire qualcosa. Quindi
è
una cosa voluta in un certo senso. Ovviamente spero però che
il
capitolo abbia un senso, così come i comportamenti di Elena,
e il
tutto sia risultato chiaro e coerente.
Elena
non è ancora consapevole di esserne attratta, si
è solo insinuato
il dubbio che l'accompagnerà anche nel prossimo capitolo.
Non ne ha
ancora preso coscienza.
3-
Vorrei sottolineare una cosa: noi vediamo tutto dalla
prospettiva di Elena,
attraverso i suoi
occhi. Quindi sappiamo cosa pensa lei e come agisce e tutte le azioni
degli altri personaggi sono filtrate attraverso i suoi occhi. Questo
discorso lo faccio perché è importante quando si
tratta di Damon.
Quindi quando Damon parla viene interpretato da Elena, ma non
è
detto che quello che Damon vuole dire\fare sia quello. È un
fatto
importante per la storia perché di fatto le vere intenzioni
di Damon
o cosa pensa non si sa, se non per quello scorcio del capitolo 4 che
era dal suo punto di vista. Non so se mi sto spiegando bene, ma
tenete presente questa cosa anche per i capitoli futuri.
4-
Il titolo del capitolo è “Doubts” che
tradotto vuol dire appunto
Dubbi. Che
lo voglia o meno ormai si sono insinuati in lei e nel prossimo
capitolo dovrà farci decisamente i conti.
5-
Personalmente non mi convince molto come capitolo, ma spero che vi
sia piaciuto e sta a voi il giudizio finale. In realtà,
inizialmente, prevedeva anche una terza parte ma ho deciso all'ultimo
momento di toglierla per un motivo preciso. Il prossimo capitolo
inizierà quindi dove è finito questo, facendoci
cosa è accaduto.
6-
Un GRAZIE è
doveroso per tutti quelli che hanno aspettato questo capitolo,
nonostante il mio imperdonabile ritardo. GRAZIE
alle splendide 10
persone che hanno recensito lo scorso capitolo e a cui
risponderò
tra pochissimo. E, infine, GRAZIE
a tutte le persone che mi hanno sostenuto durante la stesura del
capitolo, non vi nomino una ad una perchè sono sicura che se
no
dimenticherei qualcuno.
Vorrei
anche ringraziare in particolar modo anche chi mi ha sostenuto e
sopportato nel periodo pre-esame e Cla e Ali che hanno cercato di
aiutarmi quando non trovavo una frase adatta ( visto che vi ho citato
cmq anche se non avete trovato la frase?!).
Grazie
ad Ali ( Missdelena97)
che ha cambiato la grafica alla fanfiction e ha fatto i video trailer
che vi invito a vedere. La nuova immagine come potete vedere presenta
delle frasi, alcune sono spoiler e le troverete nei capitoli a
venire.
7-
Uh ultima cosa: nell'ultima parte del capitolo, in particolar modo
quando si presenta quel ragazzo di montagna, non so se la reazione di
Damon sia coerente con il suo personaggio e con la sua
caratterizzazione. Inoltre sono anche dubbiosa sulle frasi e
“insulti” che gli dice ma non ho trovato nulla di
meglio, quindi
scusatemi se non è un gran che quella parte. Spero di
rifarmi con i
prossimi capitoli.
Ah, altra cosa che
è uno spoiler, ma visto che avete aspettato ve lo meritate:
All'inizio del capitolo Elena fa un sogno. Bene vi annuncio che i sogni
torneranno presto a farle visita...ma non vi dico di che tipo saranno!
Direi
che non c'è altro da dire se non che spero vi sia piaciuto
il
capitolo.
Non
l'ho riletto perchè sono di fretta ma spero che vi sia
piaciuto e
che non ci siano errori.
Se
volete farmi contenta lasciatemi una recensione!
PS:
la prossima storia che aggiornerò non so ancora con
precisione quale
sarà, ma sicuramente sarà o... DESTINED
FOR ETERNITY
oppure
I WILL
ALWAYS CHOOSE YOU.
Baci
Live in Love.
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