<< Non se ne
parla! >> ruggì Alejandro, con gli
occhi spalancati << Non uscirai di qui, non
m’importa se senti di dover
andartene… qui si tratta di salute, Heather, non ho
intenzione di transigere su
questo… >>
<< Nemmeno
io >> replicò Heather, lapidaria.
<< Non rimarrò in ospedale a farmi iniettare
acqua fisiologica, non sono
stupida. Se dovrò morire, succederà nel mio
letto. Mi sono spiegata? >>.
Alejandro si trattenne a
stento dallo schiaffarsi una mano
in fronte; con Heather qualunque discussione sarebbe stata una
battaglia persa
sin dal principio.
**
La dottoressa Cuddy, il
capo dell’ospedale dov’erano
ricoverate le due ragazze, per la prima volta non sapeva che cosa fare;
rigirò
ancora una volta la minacciosa lettera tra le mani per poi firmare, un
po’
perplessa, l’autorizzazione del rilascio di Gwen Fahlenbock e Heather Wilson.
Lanciò
un ultimo
sguardo sospettoso alla lettera; forse avrebbe potuto far uscire le
ragazze
dall’ospedale, ma di certo non fermare House.
Sorrise,
scettica:
se Gregory House si fosse impuntato su quel caso, nessuno avrebbe
potuto
dissuaderlo dall’intervenire. Neanche lei. Neanche lui.
**
Il giorno dopo, molto
prima che i timidi raggi del sole
s’insinuassero tra le pieghe delle persiane bianche, le
valigie di Gwen e
Heather facevano bella mostra di sé sul letto dove prima
giacevano le loro
proprietarie, accuratamente impacchettate da una perplessa infermiera e
dai
ragazzi, le cui espressioni erano a dir poco furiose.
<< Che cosa
diavolo ti frulla in testa, Gwen? Credevo
che almeno tu avessi un po’ di sale in zucca, santo cielo!
>> sbraitava
Trent da almeno mezz’ora, << Tu stai male! Entrambe state male, e ti dirò
di più: potreste rimetterci anche la
pelle! Per tutti i santi, Gwen, mi stai ascoltando? >>.
La diretta interessata, in
realtà, aveva mantenuto
un’espressione neutra durante tutta l’eterna
sfuriata di Trent: il suo volto
cinereo non mostrava alcun segno d’interesse o di reazione.
<<
Sì. >> asserì semplicemente,
stringendo in
una linea sottile le labbra pallide e, stranamente, prive di rossetto
colorato.
<< E allora
si può sapere perché non rinsavisci? Posso
capire la testardaggine di Heather, sarà uno dei suoi soliti
colpi di testa, ma
mi stupisce la tua completa mancanza di buonsenso! Duncan, diglielo
anche tu!
>> ringhiò il chitarrista, ancora furioso:
Gwen realizzò, ascoltando una
vocina flebile nella sua testa, che probabilmente Trent non si era mai
arrabbiato tanto prima d’ora.
Il punk fece una smorfia
pensierosa, quasi buffa.
<< No. Se
vuole uscire, va bene: a quanto ho capito
non le stanno somministrando alcun farmaco, giusto? Che differenza fa
se rimane
qui o se torna a casa? >>.
Trent serrò le
labbra e sgranò gli occhi, impietrito.
Era una congiura, quella?
Si vedeva costretto a desistere;
<< Va bene >> sospirò
tristemente << ma al primo malore
torneremo immediatamente. Chiaro? >>.
Gwen si limitò
ad alzare un sopracciglio, vagamente
divertita: Trent proprio non ce la faceva a sembrare autorevole,
neanche ne
andasse della sua stessa vita.
<< Andata
>> acconsentì, scrollando le spalle
magre.
D’altronde, che
differenza avrebbe fatto?
***
Alejandro
sospirò profondamente per raccogliere tutta la
pazienza che gli era rimasta in corpo.
<< Heather, querida,
luce dei miei occhi… ti prego, ripensaci. Hai tutta
l’aria di chi sta per
svenire da un momento all’altro. >>
La ragazza lo
fulminò con lo sguardo, sillabando
chiaramente, senza bisogno di parole, che non aveva alcuna intenzione
di
ascoltarlo.
L’ispanico si
passò una mano sulla faccia, esasperato,
cercando inutilmente di contenere la disperazione.
<< Voglio
tornare a casa. Adesso.
>> la voce di Heather, seppur vagamente afona,
pronunciò quelle poche parole con il tono imperioso di chi
è abituato a
comandare: sapeva che Alejandro l’avrebbe accontentata anche
quella volta.
**
La macchina percorse il
vialetto ben lastricato della villa,
frenando dolcemente per parcheggiare: dall’auto sportiva
scesero Alejandro e,
da lui sorretta, Heather, che esibiva un’espressione di
palese e profonda
irritazione.
Il finestrino del
conducente si abbassò, rivelando la
slanciata figura di un ispanico, di circa ventitré anni, che
guardava Alejandro
con aria piuttosto preoccupata.
<< Ehi, Al,
la chica
non ha una bella cera. >> disse << Vuoi che
ti aiuti o resto qui?
>>.
Alejandro ebbe un fremito
involontario, ma non aveva tempo
per rimproverare il fratello per l’odioso soprannome.
<< No,
Carlos, me la cavo da solo. Resta qui. >>
rispose, distratto da Heather che bussava alla porta
d’ingresso di casa sua con
nervosa debolezza.
Gli occhi di Carlos, di un
castano caldo e rassicurante, si
adombrarono sotto il peso di un cipiglio inquieto.
<< Okay, ma
chiamami, se serve aiuto. >>
borbottò, ma le sue parole si persero tra il suono secco del
finestrino che si
chiudeva e il frastuono insopportabile dei pensieri di Alejandro.
**
<< Oh, cara
>> esalò Margaret Wilson, quasi
incredula nel vedere la figlia e poterla finalmente stringere tra le
braccia
<< Heather… tesoro…
>> le parole le morivano in gola e le lacrime
premevano dolorosamente per uscire, incastrandosi tra le ciglia come
piccoli
cristalli.
Sua figlia, che i medici avevano dichiarato morta e, dopo poche ore,
miracolosamente resuscitato, stava in piedi davanti a lei, cerea come
un
fantasma, tanto che la madre dubitò dei suoi occhi: una
triste vocina nella sua
testa le suggeriva che poteva essere solo l’immagine
di Heather, la stessa pallida figura che aveva sognato con la disperata
forza
di una madre che ha perso la figlia.
<< Ciao,
mamma >> la voce di Heather fu lieve e
fioca, ma per la madre era più che sufficiente per
convincersi che era davvero
sua figlia, la ragazza pallida che si reggeva appena in piedi, e non
l’ennesima
ombra distorta della sua mente.
Margaret regalò
uno dei suoi rari sorrisi al ragazzo ispanico
che sorreggeva Heather, e si scambiò con lui uno sguardo
carico di gratitudine;
non ci fu bisogno di parole.
Angolo Autrice
Ehm
ehm... buonasera! :D perdonate il lieve ritardo, ma ho dei problemi con
il pc che, purtroppo, non so quando potranno essere risolti...
perciò spero perdonerete la mia assenza forzata,
è a causa di forza maggiore ^^''
Ma
non temete, in qualche modo riuscirò ad aggiornare :)
Vi
lascio con l'ennesimo capitoletto insapore in attesa di più
interessanti scene (che ho già scritto, of course, e saranno
online a breve... spero) e corro a rispondere alle vostre recensioni!
Ringrazio tutti i lettori! Un
bacio, Luna.
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