VII 'Epilogo'
VII: “Epilogo”
Icirrus
City è una città difficilmente definibile in termini pratici. Una
descrizione prettamente geografica potrebbe essere quella di un
villaggio situato nella zona nordoccidentale di Unova, l'unico a
offrire un accesso diretto alla Dragonspiral Tower – se mai
qualcuno volesse andarci –, nonché uno dei centri abitati e non
più umidi della regione.
Ma
Icirrus non si può limitare a una descrizione geografica poiché
l'atmosfera è qualcosa di assolutamente unico nel suo genere, a
partire dai mulini a vento che si incontrano se vi si accede passando
per la Twist Mountain, proseguendo per la pioggia incessante che
batte la zona dal finire dell'estate al principio dell'inverno –
nonché intorno a marzo –, finendo con gli edifici sopraelevati dai
quali si possono ammirare le paludi che circondano la città.
Pur
essendo la storia narrata ambientata in estate, è opportuno
menzionare l'inverno come caratteristica saliente di Icirrus City: in
questa stagione infatti alle gocce piovane si sostituiscono eleganti
fiocchi di neve che ricoprono fin dove l'occhio può vedere i diversi
declivi del luogo, gelando gli acquitrini e aprendo grazie ai bianchi
cumuli che si formano nuove strade per alture irraggiungibili in
altro modo.
Ma,
per quanto l'inverno lì possa essere evocativo, la vicenda che vide
protagonisti i personaggi visti non si svolge in dicembre, bensì a
luglio: la tempesta che si era scatenata mentre erano ancora sulla
Dragonspiral Tower a combattere era proseguita per tutto il resto del
giorno, rivelandosi uno dei peggiori nubifragi che Unova avesse mai
conosciuto. Icirrus stessa aveva subito le conseguenze di questo
inedito temporale, diventando ricoperta di melma fangosa a perdita
d'occhio e rendendo l'intera città, eccezion fatta per i ponti
lignei, inagibile. Quanto ai tre protagonisti, impossibilitati dal
clima a tornare a Nuvema o anche solo a Undella – poiché a Nuvema
probabilmente non sarebbero rientrati nemmeno con cielo sereno,
avendo il peso di dover annunciare a una madre la morte dell'unico
figlio –, questi avevano deciso di comune accordo di restare a
Icirrus per la notte e, sperando in un miglioramento ambientale,
mettersi in viaggio il giorno successivo.
Hilda
uscì dall'hotel nella notte buia. Rispetto al pomeriggio la potenza
della pioggia sembrava essersi affievolita e la tempesta si stava
avvicinando inesorabilmente al suo epilogo. Quanto al terreno,
tuttavia, esso manteneva ancora l'aspetto fangoso descritto poco
sopra. Dopo essersi guardata attorno con aria furtiva si incamminò
verso nord, sperando in cuor suo di non sporcarsi eccessivamente.
Proseguì seguendo la strada tracciata che attraversava come
un'arteria l'intero villaggio e raggiunse rapidamente l'uscita
settentrionale, quella che quel giorno stesso aveva percorso a
ritroso: quella che conduceva alla Dragonspiral Tower.
Entrata
nella torre, la prima cosa che notò fu che il pavimento piastrellato
era bagnato, con l'acqua che arrivava quasi oltre le sue scarpe –
per la verità estive, dunque non molto adatte alla situazione.
Successivamente gettò uno sguardo a quella che non molte ore prima,
anche se Hilda non ne era al corrente poiché attribuiva il velo
idrico alle infiltrazioni, era stata identificata da Hilbert e Cheren
come una piscina, e che in quel momento era colma dei detriti. La
giovane guardò in alto: quanto restava della monumentale torre era
un massiccio pilastro centrale che entrava nel soffitto, che in
realtà non era il tetto della struttura ma solo il penultimo piano.
«
Vai, Archeops ».
Hilda
salì in groppa al Paleouccello e volò fino alle scale situate dove
una volta stava il quarto livello della Dragonspiral Tower,
precedentemente collassato durante la battaglia con Druddigon, e da
lì in poi salì fino alla cima. Quando varcò l'uscita più alta le
si aprì un imponente panorama: oltre la lastra circolare di pietra
il terribile nubifragio era divenuto nulla più di un'acquerugiola,
lasciando spazio agli occhi che potevano ammirare lo spettacolo di
Unova notturna. E quasi al centro del cerchio stava un'umida figura
seduta, o forse accasciata, che osservava la medesima vista.
«
Ciao, Hilda ».
«
Ciao, Cheren » la ragazza gli si sedette vicino.
«
Sei qua di tua volontà o per cercare me? ».
«
Per cercare te. Perché sei qui? ».
«
Mi godo il panorama ».
«
Prendendoti un raffreddore, a quanto vedo ».
Cheren
rise sommessamente « Ha importanza? ».
«
Direi ».
«
Io dico di no. Dai raffreddori si guarisce ».
«
Mai del tutto » Hilda si posizionò comoda « C'è sempre quello
starnuto di ritorno ».
«
Quanto lo odio quello starnuto. Ti fa sentire come un convalescente
anche sei stai benissimo ».
Di
nuovo entrambi risero. « Va tutto bene? ».
«
Tra poco andrà meglio ».
Hilda
si voltò verso di lui per guardarlo negli occhi « Che vuoi dire? ».
«
Siamo in estate » Cheren continuava a tenere lo sguardo dritto di
fronte a sé, forse anche per evitare il contatto visivo « Le
giornate sono lunghe. Tra poche ore ci sarà l'alba ».
«
Ma tu la vedrai? » il tono della ragazza era gradualmente mutato da
scherzoso a serio.
Il
giovane distolse gli occhi dal panorama e guardò per terra. Il
nubifragio aveva definitivamente terminato il suo transito su
Icirrus, lasciando dietro di sé solo una scia di fango e acqua «
L'hai capito subito? ».
«
Nel momento in cui non ti ho visto in hotel. Non farlo, ti prego ».
«
Ho già preso la mia decisione ».
«
Non è vero ».
«
Che vuoi dire? ».
«
Se tu ne fossi stato certo ti saresti già buttato ».
Cheren
rise ancora una volta « Immagino voi mi conosciate fin troppo.
Adesso capisco perché Hilbert vi temeva ».
«
Ti senti in colpa per aver usato Surf su di lui? ».
«
Non è quello ».
«
E allora perché vuoi ucciderti? ».
Il
ragazzo si alzò in piedi e si diresse verso l'orlo della cima. Hilda
fece lo stesso, sia per seguirlo sia per impedire che facesse mosse
avventate.
«
Guarda questo mondo. La meraviglia che lo avvolge. Ricordi com'è
stato crescere qui? Questi diciassette anni trascorsi in giro per
Unova? Trascorrere l'infanzia a Nuvema, noi quattro e nessun altro...
Nessun altro, sì, eravamo solo noi. Non ci importava del resto del
mondo. Eravamo noi. Potevamo essere quello che volevamo. Ci capivamo
al volo, non c'erano bisogno di spiegazioni. La nostra fantasia era
senza limiti, ma sapevamo completare l'uno i pensieri dell'altro.
Facevamo tutto insieme. Eravamo determinati. Avremmo dato la vita
l'uno per l'altro, ciascuno di noi era quanto di più importante vi
era per gli altri tre. Avevamo uno scopo comune, idee comuni,
combattevamo insieme. Nulla poteva buttarci giù. Eppure, eppure
avevamo anche spazio per il divertimento, avevamo trovato un
bilanciamento mistico tra il nostro desiderio di diventare grandi
allenatori e il gioco ».
«
E non è più così? ».
«
Ora il mondo è cambiato. Unova non è più come dieci anni fa. Forse
è anche la nostra mentalità, certo non lo nego. Ma il mondo non è
più nostro, non è più uno scrigno. È tutto conosciuto, tutto già
scoperto, non c'è più spazio per i sognatori. E le nuove
generazioni? Dove le mettiamo? Non crescono più con la gioia del
primo pokémon atteso dopo così tanto. Unova è corrotta, non è più
la meraviglia che era una volta, non è più il regno incontaminato e
innocente che noi bambini amavamo e che i bambini di oggi amerebbero.
È un concentrato di frenesia, di nuove tecnologie, di precoce
perdita dell'infanzia. Lo so, ho sempre ripudiato questi discorsi
perché usualmente fatti solo da nostalgici, solo da gente incapace
di accettare lo scorrere del tempo. Ma è così, solo ora posso
realizzarlo appieno. Non è così marcato come certuni raccontano, ma
è così ».
Hilda
era totalmente assorta, non sembrava neanche respirare più.
«
Ma una cosa, una cosa in questi diciassette anni era rimasta
invariata e pura. Una cosa era rimasta la stessa dei giorni in cui
giocavamo insieme per i sentieri di Nuvema di notte, sotto le stelle,
illuminati dai lampioni e accompagnati dalla colonna sonora del canto
dei grilli » Cheren si voltò verso la sua compagna « La nostra
amicizia. Noi quattro eravamo rimasti gli stessi, e finché fosse
rimasto così non importava quanto cambiasse il mondo, quante nuove
tecnologie potessero essere inventate, quanto il passato potesse
essere rifiutato, quando le nuove generazioni potessero essere
corrotte. Suona egoistico, lo so, ma di fatto era così: finché ci
fossimo stati noi quattro non aveva importanza dove fossimo. Eravamo
unici, speciali, uno spettacolo senza eguali, e questo era davvero
l'ultimo rimasuglio della nostra infanzia, questa l'unica vera
ragione di vita in una terra tanto degenerata, tanto depravata. Noi
eravamo noi, e nessuno poteva intaccarci ».
Il
giovane tornò a osservare in lontananza le montagne occidentali tra
cui spiccava la Twist Mountain « Ma ora, ora che Hilbert è morto,
ora che il suo ricordo stesso è contaminato dalla sua depravazione
rivelata proprio qui sulla Dragonspiral Tower... per cosa vivo? Per
un mondo corrotto? Per un passato rifiutato? Per un'illusione
cancellata? Per un futuro incerto? ».
Hilda
scoppiò in lacrime e abbracciò nella disperazione Cheren,
inumidendogli la giacca.
«
No, non posso e non voglio. Piuttosto posso imbarcarmi in un nuovo
viaggio, alla ricerca di una vita migliore. In fondo nessuno sa cosa
ci sia dall'altra parte. E se proprio lì potessi trovare una nuova
ragione per una nuova vita? Non vale più la pena di aspettare tanto
per scoprirlo. Una volta ne sarebbe valsa la pena. Ora non sarebbe
altro che un'amara attesa. Perché dovrei scegliere la via lunga e
tortuosa anziché quella breve e di facile accesso? » il giovane
alzò con le mani il capo della sua amica e la guardò negli occhi «
Non piangere per me, sono lacrime sprecate che potresti spendere per
chi ancora dovrà portare questa croce ».
Hilda
inspirò fortemente e si alzò sulle sue gambe, rinunciando al suo
appoggio « Quindi questo è un addio? ».
«
No » Cheren scosse la testa « Chissà che non ci rivediamo, lassù.
Io, te e Bianca riuniti in una terra pura, senza corruzione né
tristezza né pazzia. Sarà come tornare indietro nel tempo, tornare
a quando eravamo bambini ».
«
Allora è un arrivederci? ».
«
Allora è un arrivederci ».
Lui
tornò a osservare il panorama notturno di Unova, lei si girò e si
incamminò verso l'entrata della torre. Nessuno dei due si voltò per
dare un ultimo sguardo all'altro, entrambi avevano il timore di non
farcela, di desistere dai propositi dopo che tanto avevano fatto per
accettare l'ineluttabile.
Quando
Hilda varcò la soglia e tornò nel buio della Dragonspiral Tower,
Cheren sospirò profondamente e osservò quanto aveva attorno. Pose
l'attenzione sul vuoto della cima circolare, sul silenzio che
avvolgeva l'atmosfera, sulle colonne marmoree che lo circondavano.
Chi l'avrebbe detto che sarebbe andata a finire così?
E
poi d'un tratto lo vide: dietro alla colonna più vicina alla sua
destra. Uno spicchio rosso, un'estremità di qualcosa che era situato
dietro il pilastro. Vi si avvicinò e lo prese in mano. Il cappello
di Hilbert. Quello che non aveva in testa il suo possessore quando
era precipitato giù dalla torre. Quello che aveva perso in preda
alla sua schizofrenia. Già, le voci, quelle di cui aveva raccontato
a Cheren due giorni prima, sul Route 13, quando si era aperto a lui,
quando ancora tutto andava bene, quando niente di tutto quello che
sarebbe successo dopo era ipotizzabile. Solo due giorni erano
passati. I ragazzo gettò un ultimo sguardo al cielo nuvolo.
«
È la fine. Ora è davvero la fine ».
~Dietro la storia~
E
così è finita. Ci sono troppe cose che dovrei dire su Vox, perciò
temo che dovrò fare una selezione. Chiedo scusa in anticipo per la
mole di informazioni inutili che sto per dare, ma mi diverte
scriverle.
Questo
racconto ha probabilmente la genesi più lunga tra tutti quelli a
tema pokémon che ho scritto. La sua stesura comincia nel marzo 2011
e ha origine da due idee distinte e poi congiunte: la prima è la
base della storia, ovvero la riflessione che Hilbert opera in cima
alla Dragonspiral Tower riguardo alla natura della musica, pensiero
come si può intuire ideato da me durante una passeggiata in
solitario e forse ispirato da qualcosa che ho sentito casualmente in
televisione; la seconda invece proviene dall'ascolto di un brano
musicale, ovvero l'arrangiamento di Maridia
– Rocky Underground Water Area
ideato da tenchux per il free album Super
Metroid Remastered – An Atmospheric Experience,
che ha suscitato in me l'idea di un viaggio nelle Abyssal Ruins (un
altro brano, Brinstar
– Plant Overgrowth Area,
ha ispirato la scena all'interno della giungla del Giant Chasm,
quindi devo a quest'uomo due situazioni chiave di Vox).
Una
volta uniti queste due semplici flash, costruirci intorno una storia
solida non è stato un lavoro facile, e in origine Vox doveva essere
in molti punti diversa dal suo aspetto finale. La prima stesura
infatti aveva come nome Sonitus (appena cominciata presentava anche
un sottotitolo, “Storia di Cheren e di come perse Hilbert”,
residuo dei titoli placeholder che affibbio ai racconti in corso
d'opera; il titolo Vox è dovuto alla schizofrenia di Hilbert, che
nella prima versione non era prevista); doveva iniziare con un
ambiguo prologo ambientato nel Desert Resort che mostrava una
conversazione postuma tra Cheren e Hilda poi rielaborata in VII:
“Epilogo” (in realtà il dialogo doveva aprire e chiudere
Sonitus, su modello di Aequor); i quattro amici dovevano alloggiare
nella villa di Undella presente anche ingame appartenente ai Riches,
e il padre di famiglia doveva assumere nel secondo capitolo il ruolo
che invece recita Lawrence Meyer; Bianca durante il litigio tra
Hilbert e Cheren dava manforte al primo, accusando unicamente l'altro
di aver mentito (ciò avrebbe però snaturato il carattere pacato
della ragazza); doveva essere incluso un viaggio che dall'Abundant
Shrine sarebbe proseguito all'interno delle montagne di Unova est per
rivelare un antro magmatico e includere le tre divinità Thundurus,
Tornadus e Landorus come nemici addizionali (nonché in una
rielaborazione successiva come avversari finali, laddove in Vox ho
preferito lasciare spazio alla figura di Kyurem come unico
antagonista ricorrente per mantenere un punto di riferimento);
infine, sebbene solo nella trama abbozzata, il musicista non doveva
essere meramente un personaggio fittizio ma assumere invece il ruolo
di orchestratore che invece è stato assegnato a Hilbert, risultando
in un turning point originariamente inesistente. Vi sarebbero molte
altre curiosità da raccontare (il fatto che il Kyurem affrontato a
Lacunosa e nel Giant Chasm inizialmente dovesse essere solo
un'illusione, o la Poké Ball che Cheren avrebbe dovuto trovare nelle
Abyssal Ruins ad indicare che non erano vergini), ma richiederebbe
troppo spazio e non sono neanche certo di ricordarmi tutto.
Vox
sembra comunque inabissarsi dopo il principio di I: “Ouverture”,
venendo abbandonata appena prima dell'arrivo di Hilbert e Cheren a
Castelia. Come tanti altri promettenti racconti prima di lui (ho
timore di nominarne anche solo uno, perché tutti potrebbero essere
ripresi in futuro), anch'esso pareva destinato a finire nell'archivio
degli incompiuti. Solo una cosa poté salvare il racconto: l'agosto
2011.
In
quel periodo, durante la mia usuale vacanza toscana, sono stato colto
da un'inaspettata vena creativa che, dopo avermi portato a scrivere
un piccolo saggio privato, mi ha condotto all'unica opera che in quel
momento sembrava essere ancora recuperata dal suo stato di standby:
Vox, appunto. Durante quella fase particolarmente feconda della mia
mente ho terminato I, iniziato e finito II e lasciato a metà causa
ritorno a casa III. Neanche la scomparsa del mio gatto Fafnir è
riuscita a fermare quella che a posteriori mi appare come
un'inarrestabile desiderio di portare a compimento un'opera, e anzi
ha ispirato una delle sezioni più cupe della storia, ovvero il
racconto della morte del padre di Hilbert motore d'azione della sua
schizofrenia. A questo periodo estivo risale anche la decisione di
legare Vox ad Aequor e di conseguenza alla Saga del Conflitto
Globale, che originariamente era una mera trilogia.
Con
il “triste epilogo” autunnale (giusto per citare il mio stesso
racconto, e il farlo mi esalta non poco) purtroppo si spegne anche
quella situazione pressoché unica e l'opera torna a rallentare. Nei
mesi successivi prosegue altalenante e non sono in grado di dare
riferimenti precisi, senonché intorno a Ognissanti Vox si trovava a
metà di V: “Destini intrecciati”, in quanto ricordo che durante
il viaggio in treno Milano-Venezia, in balia della nausea, stavo
scrivendo la riflessione filosofico-matematica di Cheren
sull'infinito (perdonatemi quei paragrafi, ma il viaggio è stato
davvero tremendo, non ho colpe).
La
parola fine viene posta, coerentemente con la mia figurazione di Vox
come “l'incubo del 2011”, negli ultimi giorni di quell'anno,
anche se le correzioni posteriori continueranno anche agli inizi del
2012, in contemporanea con la pubblicazione dei primi capitoli.
Ringrazio
tutti per la pazienza dimostrata nel sorbirvi questa inutile
appendice e chiedo scusa se pensavate ci fosse scritto qualcosa di
più interessante (diamine, persino il commento finale di Aequor
aveva più senso). Spero di non avervi tediati eccessivamente.
Novecento
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